Admin
Utente non iscritto
|
|
« Risposta #1 inserito:: Luglio 05, 2008, 05:04:00 pm » |
|
POLITICA
Il premier ora si lamenta, ma prima si è dato pubblicamente in pasto
Nessuno come Berlusconi ha trasformato il personale in pubblico
Nella terza Repubblica del gossip Silvio vittima del chi la fa l'aspetti
di FILIPPO CECCARELLI
La sera dell'8 aprile di quest'anno, all'apice della campagna elettorale, l'uomo politico che in questi giorni condanna gossip negativi e pettegolezzi inquinanti ha rivelato a una sua giovanissima e omonima fan incontrata sui bastioni di Alghero di essere stato concepito dai suoi genitori in un boschetto: "E' per questo che mi chiamo Silvio, che viene da "selva"". E quindi: "Indaga anche tu con i tuoi... ".
Nella penultima campagna elettorale, del resto, nel febbraio 2006, sempre in Sardegna l'allora presidente del Consiglio Berlusconi aveva pubblicamente promesso la propria astinenza sessuale, che sarebbe una faccenda piuttosto privata, in cambio della vittoria. All'offerta votiva, del tutto inedita nella storia politica italiana, era stato chiamato a cerimoniere un incauto sacerdote. Qualche giorno dopo si è saputo che nottetempo, in un estremo e inusitato sforzo propagandistico, il Cavaliere aveva telefonato a una hot-line - trovando peraltro un'operatrice già ampiamente convinta di votare Forza Italia. L'intemerata berlusconiana contro la "pornopolitica" (espressione coniata alla fine degli anni settanta da Mino Pecorelli) era comunque di là da venire.
Pochi giorni fa, in prima fila alla messa Vip di Portorotondo, il presidente ha ritenuto di aprire platealmente la questione della comunione ai divorziati rivolgendosi al vescovo, durante la liturgia. Che la fede sia una questione personale è tutto da dimostrare, anche se in genere si tratta di argomenti delicati, che non si vanno a strombazzare. Ebbene: di Berlusconi, da un paio di giorni severo cultore della serietà e della riservatezza, il giorno dopo i maggiori quotidiani hanno intervistato non uno, ma due confessori, don Corsani e don Zuliani, entrambi giustamente prodighi di buone parole.
L'esistenza di un terzo confessore, don Rossi, "cappellano di Arcore", si deve allo stesso Cavaliere, che ne ha parlato di recente dal palco durante un'altra indimenticabile performance davanti ai circoli di Dell'Utri. Don Rossi "era molto generoso quando gli confessavamo le nostre birichinate, io ero più birichino di Marcello". Nell'accordargli una piccolissima penitenza, secondo Berlusconi, il sacerdote dava conto della propria benevolenza: "Se io fossi nelle sue condizioni, non sa cosa farei!". Il problema, continuava il futuro nemico del gossip fra le risate del pubblico, è che "mia moglie l'è venuto a sapere": dal che don Rossi venne allontanato.
Tutto questo per indicare i contenuti e le modalità espressive attraverso i quali di norma - ma gli esempi possono riempire un volume d'enciclopedia - a partire da se stesso il presidente del Consiglio concepisce, misura e fissa i confini tra sfera pubblica e privata. Ma tutto questo, anche, per chiedersi se ci si rende conto dell'importanza che il gossip ha assunto nel discorso pubblico. Se non sia divenuta l'unità di misura della macchina comunicativa e un elemento distintivo dell'odierna classe politica. E se per caso non sia sfuggito di mano a quest'ultima, con esiti al momento del tutto imprevedibili. Come quel cartello comparso a Vicenza nel corteo contro l'allargamento della base militare americana: "Veronica, scrivi una lettera anche a Prodi!".
Perché Berlusconi può anche aver ragione rispetto ai colloqui telefonici intercettati. O comunque si può umanamente capire. Ma al tempo stesso egli è davvero l'ultimo a potersi lamentare della cultura del pettegolezzo; e non solo per i modelli che da Dinasty al Grande Fratello la tv commerciale ha introdotto nell'immaginario italiano. Il punto vero è che quell'entità che con qualche pigrizia si definisce gossip è la classica arma a doppio taglio. E nessuno come Berlusconi a tal punto l'ha utilizzata da aver trasformato ciò che era personale in pubblico. Vedi il riverbero della sua immagine che straborda, il valore assegnato alla ricchezza, l'energia del lusso, la suggestione dei paesaggi e della compagnia, l'insediamento di uno stile signorile e cortigiano (maggiordomo, cuoco, musico, trainer, guardie, servi). Vedi ancora l'ostensione dei graffi e dei lividi dopo i bagni di folla e la barzelletta, la canzonetta, la battuta galante o machista. E il rito dello shopping, i gioielli alle parlamentari, i cambi di costume di scena, gli interventi estetici e sanitari, il linguaggio, i gestacci, i desideri e tutto quanto insomma da sempre Berlusconi innesca come spontaneo dispositivo per attirare l'attenzione su di sé nel modo più efficace: dandosi in pasto.
Difficile pensare che questa auto-cannibalica visibilità non abbia un prezzo, o non comporti un contrappasso. Così come al netto del moralismo, dell'ipocrisia o di qualsiasi impostazione berlusco-centrica, è facile pensare che nel vuoto delle ideologie e nel deserto dei progetti il gossip sia già diventato qualcosa che certo influenza la narrazione di questa Terza, forse, Repubblica.
Si pensi alla partita giocatasi attorno alla malattia di Bossi; alle vicissitudini coniugali di Fini; alle implicazioni economiche che tengono insieme il leader centrista Casini e il suocero. Si pensi al fatto che durante l'ultimo congresso ds si parlò di "mobbing"; o all'assai plausibile ipotesi che fra le concause del disastro elettorale di Rifondazione ci siano le frivolezze e le vanità mondane dei Bertinotti. Tutto è talmente pubblico, oggi, e tutto è al tempo stesso così terribilmente privato da far venire il sospetto che non si possa fermare vietando o distruggendo delle intercettazioni telefoniche.
(5 luglio 2008)
da repubblica.it
|