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Autore Discussione: Scomparso l'ex vicedirettore che aveva portato Pasolini al «Corriere»  (Letto 3250 volte)
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« inserito:: Luglio 13, 2007, 12:25:13 pm »

Scomparso l'ex vicedirettore che aveva portato Pasolini al «Corriere»

Barbiellini Amidei, testimone del nostro tempo

Aveva 72 anni. Cattolico di spirito laico. Credeva nella centralità della scuola.

E' morto a Roma 
 

ROMA - Diceva che l'uomo è come le agavi, piante che vivono molti anni e che quando arriva la stagione della fioritura appassiscono all'improvviso, annunciando la loro morte. Gaspare Barbiellini Amidei se ne è andato, a 72 anni, come fanno le agavi della sua isola adorata, l'Elba, dove era nato e dove trascorreva lunghe estati, in realtà senza cercare riposo, ma continuando a lavorare, pensare, scrivere nel sottotetto della sua villetta, immersa nel verde della Biodola. Si è spento quando la sua stagione di fioritura intellettuale aveva raggiunto la pienezza dell'elaborazione e la finezza leggera, quasi distaccata, dello stile. Dopo aver bruciato le tappe della carriera — vicedirettore del Corriere della Sera e responsabile delle pagine culturali a meno di quarant'anni, poi vicedirettore vicario negli anni Ottanta, quindi direttore del Tempo — Barbiellini Amidei ha speso gli anni della piena maturità e del tramonto nel «mestiere » che più gli si confaceva, quello di editorialista e scrittore.

Con schiettezza toscana (aggettivo che non gli sarebbe piaciuto, perché si considerava elbano fino al midollo) non negava le sue ambizioni, la voglia di misurarsi con ruoli di dirigenza e in fondo di potere. Il che gli è sempre riuscito piuttosto bene, nei giornali e in tv come all'università. Ma la voce di dentro era un'altra, in sintonia con la formazione culturale, la sensibilità umana e l'inquietudine del credente di fronte alla complessità del mondo moderno. Barbiellini amava Borges, Montaigne, Pascal, Kant. Credente, cattolico praticante, sentiva la questione della laicità come un obbligo civile, riuscendo così ad essere contemporaneamente difensore di valori e testimone del suo tempo.

Liberale di orientamento conservatore, Barbiellini Amidei è stato un punto di riferimento importante nel Corriere di Piero Ottone, quotidiano schierato a favore del divorzio e testimone controverso della società italiana in mutazione, che andava a sinistra. Come vicedirettore, toccava a Barbiellini «gestire» i rapporti con Pier Paolo Pasolini (che lui stesso aveva portato al Corriere), Eugenio Montale, Alberto Moravia, coordinare coraggiose inchieste sul Mezzogiorno, sulle morti sul lavoro, sull'ambiente. I giovani che entravano allora in via Solferino, ricordano un vicedirettore aperto e sensibile, capace di scommettere sull'entusiasmo dell'inesperienza e di assumersi la responsabilità piena di una parola o di una scelta di fronte a grandi fatti o a questioni complesse: il referendum sul divorzio, di cui si è detto, le trame oscure della P2 all'interno del giornale, il terrorismo che fra l'altro avrebbe ucciso «uno di noi», Walter Tobagi.

Chi scrive non può dimenticare l'uomo piegato dal dolore di fronte a quella morte e il «direttore» che decide di spedire in un rifugio lontano (Sansicario, dove lui andava a sciare) i suoi cronisti minacciati. Forse per questo i suoi editoriali sul Corriere e alcuni suoi libri rimangono riferimenti importanti per chi abbia voglia di «tessere, scrivere e pensare», «per non smarrire il filo della propria esistenza e il centro del proprio equilibrio» per usare le parole del suo libro di maggior successo, Le domande di tutti.

Barbiellini raccontava la Chiesa e spiegava le encicliche senza essere «vaticanista», cercando sempre di afferrare le chiavi essenziali di un messaggio universale. Professore universitario, illustrava con straordinaria efficacia i guasti della scuola pubblica, i ritardi di riforme mai veramente attuate, i problemi della ricerca scientifica. Attento osservatore del costume, sapeva parlare a genitori e figli, raccontando in libri e rubriche i «nostri ragazzi » e il mestiere d'insegnante e padre. La profonda competenza gli consentiva inoltre una straordinaria semplicità di scrittura e analisi, sostenuta dalla freschezza dell'intellettuale mai appagato.

Era «giovane» dentro, Barbiellini. Capace di scrivere in poche decine di minuti il pezzo richiesto a tarda sera, di padroneggiare computer e Internet, esplorandone le conseguenze («il tempo compresso, lo spazio dilatato») per l'uomo dominante-dominato nel rapporto con le nuove tecnologie. Era «giovane» anche nel suo atteggiamento elegantemente trasandato, con una punta di civetteria: gli occhiali inforcati sulla fronte, il capello un po' in disordine, il nodo della cravatta allentato, le camiciole estive di una taglia in più. Era «giovane» per la capacità di ascoltare e la curiosità. Appena rimessosi da un doloroso intervento alle corde vocali, che ricordava con rabbia, perché gli aveva impedito per un po' la parola, aveva ricominciato a lavorare.

Nelle ultime settimane era stato in Cina, in attesa di raggiungere l'Elba, dove la sua personalità complessa, capace anche di sfuriate di nervi e battute velenose, trovava un sereno equilibrio: la pesca in solitudine, la mondanità contenuta delle serate letterarie, gli amici e la famiglia. Andato a dirigere Il Tempo, Barbiellini era tornato al Corriere come editorialista. Negli ultimi mesi, aveva accettato un incarico di prestigio in un altro gruppo editoriale, ma il Corriere gli era rimasto nel cuore. Era la sua seconda famiglia, dopo la moglie Clarice, i due figli e i nipoti, tutti spesso attorno a lui nella casa dell'Elba. E il Corriere era un po' la sua «malattia », se i sintomi si giudicano dalle energie spese e dal tempo passato a parlarne.

Massimo Nava
13 luglio 2007
 
da corriere.it
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