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Autore Discussione: Chi è Ingrid BETANCOURT  (Letto 6401 volte)
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« inserito:: Luglio 03, 2008, 06:47:20 pm »

LA SCHEDA

Chi è Ingrid Betancourt

 
 
«Madre di due bambini, da lungo tempo strenua nemica della corruzione, è stata rapita in Colombia»: da cinque anni rimbalzano su tv, giornali e web le prime due righe dell'appello internazionale per la liberazione di Ingrid Betancourt, sequestrata dalle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, la più agguerrita e potente formazione insurrezionale dell'America Latina.

L'ICONA ANTI-CORRUZIONE - Simbolo della lotta a corruzione e narcotraffico in Colombia, l'ex candidata dei Verdi alle presidenziali del 2002 fu fermata a un posto di blocco il 23 febbraio dello stesso anno, lungo la strada per San Vincente de Caguan, capoluogo della zona di distensione che per tre anni era stata affidata alla guerriglia e utilizzata per i negoziati tra le milizie delle Farc e il governo di Bogotà. Con lei viaggiavano la responsabile della campagna elettorale, Clara Rojas, un membro de suo staff e una fotografa francese. Gli ultimi due proseguirono il viaggio, Betancourt e Rojas furono invece «trattenute» dalle Farc. La trasferta a San Vincente era stata sconsigliata dalle autorità colombiane perché i colloqui di pace con le Farc, rilanciati ciclicamente, erano in quel periodo in una fase di stallo. Nata 46 anni fa da un'ex Miss Colombia, nota per il suo impegno in favore degli orfani di Bogotà, e da padre francese, che negli anni '60 fu ministro dell'Educazione proprio in nel Paese sud-americano, Betancourt è cresciuta tra quest'ultimo e la Francia. Nel 1990, dopo la laurea in Scienze Politiche a Parigi, decide di trasferirsi nella patria materna, e da subito lancia la sua sfida alla corruzione e al traffico di droga. Nel 1994 si candida alle elezioni ed è eletta deputato in Parlamento, grazie soprattutto alla sua originale e coraggiosa campagna che ha per simbolo un preservativo: lei stessa ne distribuisce per le strade «perché la corruzione è come l'Aids».

LE BATTAGLIE - Nel 1998 è eletta senatrice, e le sue battaglie contro politici corrotti e narcotrafficanti diventano sempre più incalzanti. Tanto da subire minacce e attentati. Decide allora di rendere pubblica la sua lotta in tutto il mondo. Nel 2001 pubblica il libro «Forse mi uccideranno domani», tradotto tra l'altro in francese, inglese, italiano e persino in giapponese, ed edito in Italia dalla Sonzogno. Nel 2002, la svolta politica: Betancourt fonda il partito «Ossigeno Verde» e si candida alle presidenziali di maggio. La sua corsa si è fermata due mesi prima del voto, sulla strada per San Vincente. Ora che si è avuta conferma del fatto che è ancora viva, quella corsa potrebbe forse, finalmente, riprendere.



02 luglio 2008

da corriere.it
« Ultima modifica: Settembre 01, 2008, 11:52:37 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 03, 2008, 06:48:04 pm »

2008-07-02 22:35

Liberata "come in un film"


BOGOTA'  - Dopo oltre sei anni, è finito oggi il calvario di Ingrid Betancourt: l'esercito colombiano ha liberato l'ex candidata presidenziale e altri 14 ostaggi in mano alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc) - tre americani e undici militari colombiani - in un blitz nella regione meridionale di Guaviare. Lo ha annunciato il ministro di Difesa, Juan Manuel Santos, in una conferenza stampa a Bogotà, nella quale ha definito il blitz "una operazione senza precedenti, che passerà alla storia", e al termine della quale ha invitato i giornalisti ad accompagnarlo alla base militare di Tolemaida, dove sono stati portati gli ostaggi liberati, per incontrarli.

Il blitz per liberare la franco-colombiana Betancourt, 46 anni, è stata, secondo il ministro dell'Interno Fabio Valenzia, un'operazione come "uno non se la immaginerebbe nemmeno in un film". La liberazione, ha precisato, è stata resa possibile da un inganno: ai guerriglieri che detenevano gli ostaggi è stato comunicato un falso ordine interno delle Farc secondo cui i sequestrati dovevano passare sotto il controllo del comandante del gruppo armato, Alfonso Cano. E' così, ha raccontato Valencia, che è stato possibile mandare un elicottero nella zona dove si trovavano gli ostaggi senza destare i sospetti dei guerriglieri. Da parte sua, il generale Jaime Padilla de Leon, descrivendo in dettaglio la "Operazione Scacco" con la quale sono stati liberati gli ostaggi, ha aggiunto che due guerriglieri delle Farc sono stati catturati durante il blitz.

L'operazione, ha spiegato, era organizzata in tre fasi: la prima ha consistito nell'individuazione della zona dove gli ostaggi erano trattenuti dalle Farc, nella regione di Guaviare (sud del paese) un "lavoro di intelligence e infiltrazione" della cupola del gruppo guerrigliero e la seconda nell'operazione di riscatto. La terza fase, ha aggiunto Padilla de Leon, consisteva nel piano alternativo preparato in caso l'operazione di riscatto fallisse, il che non è avvenuto. L'operazione militare è stata definita "brillante" e "un grande successo" dal Dipartimento di Stato americano, che ha sottolineato che Washington "é stato informato prima" sul blitz ma non ha avuto alcun ruolo nel suo svolgimento. I tre 'contractors' statunitensi liberati sono Thomas Howes, Marc Gonsalves and Keith Stansell. In Colombia si trova in queste ore, tra l'altro, anche il candidato dei repubblicani alla Casa Bianca, il senatore John McCain. A Parigi, il figlio di Ingrid, Lorenzo Delloye, ha espresso una "gioia indescrivibile". "Aspetto di parlare al telefono con mia madre - ha detto all'Afp - e dirle che le voglio bene e che mi è mancata", ha detto, aggiungendo di voler partire al più presto per Bogotà. Il Papa Benedetto XVI, ha detto a Roma il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, si è "rallegrato" per "questa notizia molto bella che suscita molta soddisfazione e motivi di speranza".

(ANSA). 
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« Risposta #2 inserito:: Luglio 03, 2008, 07:25:33 pm »

Rivoglio il suo sorriso


Walter Veltroni


Che gioia. Ingrid è libera. L’avevamo sperato mille volte ma ora la notizia finalmente arriva. Sei anni lunghissimi, sei anni che sembravano infiniti imprigionata nella foresta. Ma questa donna, che il mondo non conosceva e che ha imparato ad amare, non si è fatta piegare da una prova così dura. Con l’Unità ho condiviso anche quest’ultima campagna per la candidatura di Ingrid Betancourt al Nobel per la pace. È stata una campagna utile, perché mobilitare le coscienze è come tenere accesa una luce capace di squarciare quel buio che i suoi carcerieri volevano rendere impenetrabile attorno a lei. Per lei, ormai da anni, in tanti si erano impegnati. A Roma il suo ritratto era stato tante volte sulla grande scalinata del Campidoglio, personalmente ero stato a Caracas per manifestare coi sindaci di altre capitali per la sua liberazione e nelle mani di suo marito avevo consegnato il premio che la capitale assegna a chi è più impegnato per la pace.

Ingrid ha sempre combattuto per la pace nel suo Paese, per la libertà e la giustizia per il suo popolo. E quindi l’idea di una combattente per la libertà che riconquista la propria libertà non può che riempirci di gioia. Per prima cosa mi viene da pensare alla sua famiglia: anche in questi giorni mi ero tenuto in contatto con la madre, avevo colto una grande voglia di sperare, ma anche un terribile dolore. Per lei, per il marito e i figli di Ingrid è la fine di un lunghissimo incubo, è una felicità enorme.

Ora aspetto, aspettiamo, una sua immagine: per essere rassicurati sulla sua salute che tanto ci aveva preoccupato, per rivederla libera, con un sorriso sul volto. Voglio rivedere i suoi occhi non più bassi ma sorridenti e coraggiosi.

Pubblicato il: 03.07.08
Modificato il: 03.07.08 alle ore 8.34   
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 03, 2008, 07:29:39 pm »

Betancourt ricorda gli altri ostaggi

"Vi porteremo fuori dalla giungla"

Un grande successo politico per Alvaro Uribe che ha raccolto ringraziamenti da tutti i leader

 

BOGOTÀ - Sorridente, commossa, emozionata. Così è apparsa Ingrid Betancourt, che ha ringraziato tutti quelli che si sono prodigati per la sua liberazione. Dopo aver abbracciato la madre, ha ringraziato a più riprese il presidente e l'esercito colombiano - sia in un incontro con la stampa che in un'intervista a una radio locale - e ha ripetuto più volte che è stata un'"operazione impeccabile". Quindi ha promesso che adesso si batterà per il ritorno degli altri sequestrati. "Siamo stati prigionieri di questi guerriglieri, ma non proviamo odio per loro, ma non dobbiamo dimenticare gli altri ostaggi, ancora nella giungla".

Ingrid Betancourt, liberata insieme a tre contractor statunitensi e undici militari, ha incontrato i giornalisti insieme al presidente colombiano e ha annunciato che partirà per Parigi per incontrare il presidente Nicolas Sarkozy. Il trasferimento in Francia avverrà con lo stesso aereo sul quale sono volati a Bogotà il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner, e i parenti della Betancourt residenti a Parigi.

Parole di soddisfazione per la liberazione degli ostaggi e ringraziamenti per Uribe e l'esercito colombiano sono arrivati da numerosi capi di governo, a partire da Sarkozy. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon e il presidente della commissione Europea, José Manuel Barroso, hanno espresso sollievo e gioia, così come Benedetto XVI che si è rallegrato per la "bella notizia".

L'ex ostaggio ha rivolto parole di gratitudine per l'appoggio dei media internazionali: "Devo molto ai mezzi di comunicazione, se non fosse per loro, forse adesso non sarei viva". E ha concluso dicendo di aspirare ancora alla carica di presidente: "La rielezione di Uribe nel 2006 è stata molto positiva per la Colombia, finora è stato un buon presidente ma continuo ad aspirare alla sua carica. Anche se per ora sono solo un soldato in più".

Uribe ringrazia militari colombiani. Il presidente colombiano ha affermato che la liberazione senza ricorso alla violenza è un fatto "comparabile alle grandi epopee della storia dell'umanità", ed è stata effettuata con successo "senza aver versato una goccia di sangue, senza aver sparato un solo colpo d'arma da fuoco". Uribe si è felicitato con la forza pubblica del suo paese, "le forze armate colombiane, l'esercito della nostra patria, i nostri soldati e poliziotti, che sono entrati a far parte della storia degli eroi dell'umanità e hanno scritto il nome della Colombia a caratteri d'oro nel mondo democratico". Il presidente colombiano ha anche offerto alle Farc di avviare un processo di pace con il suo governo, che porti alla liberazione degli altri ostaggi.

Il mondo riconosce trionfo di Uribe. La liberazione di Betancourt segna il trionfo di Uribe. I leader di tutto il mondo ringraziano lui e l'esercito colombiano. Dall'Eliseo Sarkozy elogia "l'impegno di Uribe" e anche i figli di Ingrid, Melanie e Lorenzo, e la sorella Astrid, accanto al presidente francese, rendono omaggio al presidente colombiano. I familiari dell'ex candidata presidenziale in passato avevano aspramente criticato Uribe, accusandolo di aver ostacolato il tentativo di mediazione del presidente venezuelano Hugo Chavez.

Scontati gli elogi di George W. Bush, il principale alleato di Uribe, definito "un leader forte" dal presidente americano. Sulla stessa linea il premier spagnolo José Luiz Rodriguez Zapatero che ha inviato un telegramma di congratulazioni al presidente colombiano. Elogi anche dal rappresentante della politica estera dell'Ue, Javier Solana, che in un comunicato si è felicitato "con il presidente colombiano Alvaro Uribe e con le forze armate" di Bogotà. In Sudamerica il segretario generale dell'Organizzazione dei Paesi americani (Osa), José Miguel Insulza, ha ringraziato il presidente colombiano per l'operazione. E anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso "gioia e sollievo" per la liberazione e "i più vivi rallegramenti" a Uribe.

Arrivati in Texas i tre americani. Sono arrivati in Texas i tre vigilanti a contratto del Pentagono, catturati dalle Farc nel 2003 e liberati insieme a Ingrid Betancourt. L'aereo con a bordo Marc Gonsalves, Keith Stansell e Thomas Howes, tutti cittadini americani, è atterrato nella notte nella base aerea di San Antonio e i tre sono poi stati trasferiti in elicottero all'ospedale militare di Fort Sam, a Houston.

(3 luglio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #4 inserito:: Luglio 05, 2008, 09:48:37 am »

Una donna

Elena Stancanelli


Com’è bello quando la vita ci smentisce e ci fotte. Quando i castelli di teorie vengono giù con un soffio, come la casa dei tre porcellini. Quando tutte le Cassandre devono ringhiottire le loro profezie, e gli avvoltoi invertire la rotta. Almeno per oggi, con la liberazione di Ingrid Betancourt, tacciano i cantautori del virtuale, i filosofi dell’apocalisse, i poeti del nulla e del mai più. Almeno per oggi hanno vinto le parole. Le parole semplici ma perfette, lontanissime di quel balbettio che ormai ci avevano assegnato come unica competenza. Le parole scritte, e scritte a mano su un foglio di carta per sovrappiù di anacronismo e improbabilità. Le parole intense e colte, vibranti e luccicanti. Quelle che, ci dicevano, non sarebbero mai più tornate a disposizione dell’umanità. E invece eccole, nelle mani e nel cuore di questa donna, magra e forte come un albero. Che in poche pagine ha dimostrato che la coerenza la verità e persino l’emozione, sono ancora moneta corrente. E valgono molto di più del sotterfugio e la miseria morale.

Che sono addirittura l’unica moneta davvero spendibile, persino all’inferno. Quando sei prigioniera nella foresta da un tempo infinito, dove la vita non è più vita ma un lugubre spreco di tempo, e, per fortuna, non hai più voglia di niente.

Ingrid Betancourt è libera.
Perchè qualche coraggioso poliziotto colombiano si è infiltrato nelle Farc, perchè un elicottero dipinto di bianco è atterrato in mezzo alla foresta e un manipolo di uomini che si fingevano guerriglieri, travestiti con le magliette di Che Guevara, ha caricato i prigionieri e li ha portati via. Perchè alcuni capi di Stato hanno spostato l’ordine delle priorità mettendo la vita di questa donna in cima alla lista. Ma in cima a tutta questa catena d’azioni c’è un gesto, all’apparenza minuscolo, che ha determinato tutto quanto.

Ingrid Betancourt è libera perchè ha scritto una lettera a sua madre. Una lettera che tutti abbiamo letto.

E che nessuno ha più dimenticato. Una lettera talmente potente da costringere i capi di Stato a cambiare l’ordine delle loro priorità, da spingere i poliziotti a rischiare la vita infiltrandosi tra i dannati della foresta. Chissà se i guerriglieri si erano resi conto di cosa contenesse quel foglio che avevano incautamente fatto filtrare fuori dalla prigionia. Sapevano che avrebbe innescato un meccanismo che nessun fucile avrebbe mai più potuto fermare?

Ci sono donne, scrittrici, così. Simone Weil, Cristina Campo, Marina Cvetaeva Etty Hillesum. Sono solo le prime che mi vengono in mente. Donne che hanno saputo vivere la loro vita con la stessa precisione con cui scolpivano le loro pagine, parola per parola. Non esistono porte chiuse, scrive Cristina Campo, ma solo porte dalle quali si sceglie se passare o no. A giudicare da quello che abbiamo visto e sentito ieri, non sembra che Ingrid Betancourt abbia intenzione di ritirarsi a vita privata, non sembra fiaccata o spaventata. Ha detto anzi, che aspira ancora alla massima carica dello Stato. Un’altra porta attraverso la quale passare. Ingrid Betancourt presidente della Colombia: chi avrebbe osato immaginarlo, soltanto ieri l’altro?

Pubblicato il: 04.07.08
Modificato il: 04.07.08 alle ore 13.24   
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« Risposta #5 inserito:: Luglio 16, 2008, 10:13:58 am »

15/7/2008
 
Ingrid non merita quel Nobel
 
 
 
 
 
CLAUDIO SABELLI FIORETTI
 
Chiedere che venga assegnato il premio Nobel per la Pace a Ingrid Betancourt, lasciatemelo dire, è una boiata pazzesca. Si tratta di uno di quegli anfratti della società dello spettacolo dove noi accettiamo, come fossero un obbligo morale o un dovere civico, delle azioni meravigliose e di grande visibilità. È politicamente corretto, stupendamente virtuoso. Si può negare una gratificazione mondiale a una donna che ha tanto sofferto? Non fa male a nessuno e ci fa sentire più buoni. Eppure è una boiata pazzesca. Ingrid merita molto di più e non un semplice automatismo della coscienza collettiva. Ingrid merita la stima incondizionata e consapevole di tutti. Merita la nostra ammirazione e la nostra simpatia. Merita soldi e successo. Merita le più alte cariche del suo Stato. Ma non merita un riconoscimento che non c’entra nulla con la sua vicenda. Esiste il Nobel per la Sofferenza? Diamoglielo. Ma considerare il Nobel per la Pace un contentino da dare a coloro ai quali vogliamo bene è un nonsenso.
Milioni di persone sopportano enormi sofferenze senza avere una vicenda mediaticamente e simbolicamente eclatante. Nessuno li propone per il Nobel per la Pace. Il Nobel per la Pace ad Ingrid Betancourt fa parte di quella zona di paccottiglia che ormai è diventata luogo comune. Come dare la laurea honoris causa ai campioni dello sport ed alle pop star. Vogliamo dire che siamo riconoscenti a Valentino Rossi e a Lucio Dalla? Perfetto: andiamo in tribuna a vedere i Gran Premi o negli stadi ad assistere ai concerti. Osanniamoli. Facciamoli diventare miliardari. Nominiamoli cavalieri e commendatori. Ma la laurea è frutto di studi e di esami, di estati passate a sudare sui libri e di sacrifici economi.
E anche ammesso che si debbano dare lauree honoris causa, bisogna darle a persone che hanno raggiunto nella vita conoscenze ed esperienze pari e superiori a quelle che la laurea se la sono conquistata. La laurea si dà a chi studia, il Nobel per la Pace a chi ha contribuito alla pace nel mondo. E già che ci siamo: la smettiamo di applaudire ai funerali? Il morto non ci sente più. E anche se ci sentisse ci pregherebbe di lasciarlo andare via in silenzio. Gli applausi riserviamoli a Valentino Rossi e a Lucio Dalla. Se li meritano. Subissiamoli di applausi affinché dimentichino di andare a caccia della laurea honoris causa.

www.sabellifioretti.it

da lastampa.it
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« Risposta #6 inserito:: Settembre 01, 2008, 11:53:15 am »

Visita in Italia di Ingrid Betancourt per 3 giorni di incontri


L'ex ostaggio delle Farc Ingrid Betancourt è arrivata a Roma. Stanca ma sorridente, tailleur pantalone blu scuro e camicetta bianca, è sbarcata all'aeroporto di Fiumicino domenica sera, 31 agosto, con la madre Yolanda Pulecio, che la accompagna ovunque da quando è stata liberata e che a Roma ha compiuto numerose visite dallo scorso gennaio, quando la figlia era ancora prigioniera, per contatti e appelli per la liberazione della figlia.
Ingrid, con la sua famiglia - oltre alla madre, la sorella e i due giovani figli di quest'ultima, un maschio e una femmina - resterà nella capitale per quattro giorni. Domenica sera la prima visita alla Comunità Sant'Egidio, una delle associazioni che più si è battuta per la sua liberazione. «Questo è un luogo dove si
respira la pace - ha detto - e dove si sente la forza della fede nell'alleviare i dolori e le sofferenze». Betancourt si è raccolta qualche minuto in una preghiera rivolta agli ostaggi che ancora attendono la liberazione nella cappella della chiesa di Sant'Egidio.


Subito dopo la cena, che si è svolta in privato, con l'ex sindaco della capitale Walter Veltroni che insieme al collega di Parigi Bertrand Delanoë per primo ha esposto la sua foto in Campidoglio per chiederne la liberazione. Lunedì è in programma invece la visita a papa Benedetto XVI nella residenza di Castel Gandolfo, su in collina, ai Castelli romani.

Poi dopo l'incontro con il pontefice, nel pomeriggio sarà ospite di Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, a Palazzo Valentini, dove è prevista anche una conferenza stampa.

Martedì Ingrid avrà un incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con il capo della diplomazia italiana Franco Frattini, oltre che con il presidente della Camera Gianfranco Fini. Dovrebbe infine concludere la sua permanenza a Roma con una visita personale alla senatrice a vita e premio Nobel Rita Levi Montalcini, di cui Ingrid Betancourt ha sempre detto di avere una enorme stima come donna e come scienziata.


L'ex candidata alla presidenza della Colombia per il piccolo partito ambientalista di centro-sinistra «Partido Verde Oxígeno», detenuta come ostaggio per sei lunghi anni dai guerriglieri delle Farc e liberata con un blitz il 2 luglio scorso, è ora al centro di una campagna - che ha visto l'Unità in prima fila - per candidarla come prossimo Nobel per la pace come simbolo di speranza e di riscatto per tutti le persone che nel mondo hanno dovuto o devono ancora vivere il suo stesso calvario di ostaggi, ridotte a oggetti di visibilità e di scambio per guerre che spesso non hanno voluto e contro cui si sono impegnati. E il comitato che raccoglie le firme per questa iniziativa è sorto in Toscana all'indomani del meeting internazionale di san Rossore al quale la stessa Betancourt ha partecipato in videoconferenza.

Finito il tour romano, dunque, si recherà in seguito a Firenze dove il sindaco Leonardo Domenici gli conferirà la cittadinanza onoraria della città e il Giglio d'oro con una cerimonia a Palazzo Vecchio. Il viaggio in Italia si concluderà il giorno dopo quando, dopo una visita a Pisa, partirà nel pomeriggio per New York.


Pubblicato il: 31.08.08
Modificato il: 01.09.08 alle ore 10.08   
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« Risposta #7 inserito:: Settembre 08, 2008, 10:16:51 pm »

In viaggio con Ingrid

Maurizio Chierici


Mentre scrivo, Ingrid Betancourt sta parlando in teleconferenza dal palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. L’Unesco l’aveva invitata a Parigi ma Ingrid ha lasciato l’Italia per andare a New York. Melanie, la figlia, è sotto esami: la immagina nervosa come ogni ragazza sui libri prima delle domande. Adesso che può non la lascia sola. Frequenta la stessa università di Martina, ragazza grande di Veltroni; abitano nello stesso quartiere. Durante la cena familiare (famiglia Betancourt, famiglia Veltroni, Lella e Stefano Angelini, amici che la accompagnano ovunque) Ingrid scopre che le ragazze vivono vicine senza conoscersi. Chiede telefono e indirizzo. Le riunirà per sentirle parlare. I cinque giorni italiani sono finiti a Pisa nella burocrazia che le compagnie americane impongono dopo l’11 settembre. Sul suo passaporto francese (come nel pass di ogni altro paese Ue) manca l’indirizzo della residenza. C’è solo la città. Ingrid sperduta: «Non so cosa dire... ». Si aggrappa alla madre che fa il nome della strada di Parigi dove abita Astrid, l’altra figlia di Yolanda. I controllori tranquillizzano: «Non si preoccupi, signora. La conosciamo bene. Sapesse quanto abbiamo sperato. Adesso è qui... ». Prima di infilarsi nell’aereo parole d’addio: «Ho visto tante gente, ho ricevuto tanto affetto. È stato come se qualcuno avesse appoggiato un ramo di fiori sul mio cuore. Ne avevo bisogno, lo porterò sempre con me». La sera dell’arrivo a Roma si preoccupava per le domande, sempre le stesse, e per quello stringersi attorno fino a soffocarla mentre i servizi invisibili francesi e nostrani sgomitavano per farla respirare. Ingrid pallida, Ingrid dagli occhi bassi. L’ossessione del pericolo a volte ritorna. Ha attraversato Roma, Firenze Pisa come straniera che riscopre un mondo un po’ perduto e un po’ sconosciuto. In un angolo del palazzo della Provincia di Roma, Giuliana Sgrena si scioglie dal lungo abbraccio con l’affetto di chi ha provato lo stesso smarrimento quando è tornata. «Vuoto che non passa mai. A volte la gente non capisce. Dopo tanto tempo, davanti a un foglio bianco, può ancora succedere di non trovare le parole». Ma i giornalisti, le Tv, gli editori e i lettori vogliono sapere. «E tutti vogliono un libro. Come vivevo e con quali pensieri. Se ero disperata e quando riuscivo a sperare. È troppo presto per mettere ordine ai ricordi. Bollono dentro. Si mescolano a ciò che ritrovo. Più avanti, fra mesi, vedremo». Sei anni e sei mesi di niente sono il limbo che ha congelato la memoria. Scopre come certe abitudini siano cambiate. Telefonini che fotografano, blackberry per leggere le lettere che piovono all’indirizzo internet. Vuole imparare. Ha perso tempo e la rincorsa le sembra lunga. Astrid le spiega come funziona. Jorge Andrés, cugino amato, che studia pianoforte l’ha raggiunta a Roma e sulla tovaglia della cena Ingrid insiste: devo capire bene. Mette da parte il piatto. Il cibo è il piacere che ritrova anche se mangia solo prosciutto, melone e mozzarella. Assaggia per cortesia il boccone del piatto dopo. «Sono abituata a poco. Non riesco a mandar giù altre cose». Adesso ha fretta: non sopporta la solitudine. Dorme a strappi. Gli incubi scuotono il sonno. A volte l’umore riaccende la curiosità, ma una parola, un’immagine o le domande di che le ricorda (appena arrivata a Roma) che proprio a Roma le Farc coltivano le amicizie milionarie di Rifondazione Comunista, rivelazione copiata dal Tiempo di Bogotà: cugini Santos proprietari del giornale, vice presidente e ministro che governa le forze armate dell’Uribe del quale vorrebbe prendere il posto. Insomma, intrighi di uno scontro politico lontano, che si avvicina nel provincialismo di una certa Firenze. Le pagine locali del Corriere della Sera se la prendono col presidente dell’assemblea comunale Cruccolini: ha regalato a Ingrid la bandiera della pace, arcobaleno della sinistra di Rifondazione «tra i finanziatori dei guerriglieri delle Farc» proprio quelli che la tenevano in catene. Ecco che l’angoscia in apparenza sepolta raggiunge Ingrid con la malinconia del silenzio. «Ma io cosa c’entro?». Occhi improvvisamente stanchi.

Le Parole Negli incontri pubblici o colloqui privati parla ovunque degli «ostaggi da liberare col dialogo, non con le armi che allargano la diffidenza allontanando la pacificazione alla quale la gente ha diritto. Gli ostaggi nelle mani delle Farc non sono prigionieri solo del terrorismo, sono anche prigionieri di chi li ha dimenticati». Lo ripete accanto a Nicola Zingaretti, Provincia di Roma davanti a 240 registratori e telecamere arrivate non solo dall’Europa, ma Messico, Cile, Stati Uniti, Giappone. Lo ripete nella sala dei Cinquecento del palazzo Vecchio di Firenze rispondendo al sindaco Leonardo Domenici, lo ripete a Pisa quando il sindaco Filippetti le consegna il premio Donne per la Solidarietà. Gianfranco Fini chiede cosa pensa delle Farc. S’intendono in francese. Ingrid é precisa: «Sono convinti di appartenere alla sinistra rivoluzionaria e non si accorgono di comportarsi come la destra». Gli occhi del Presidente vagano nel vuoto. Forse non ha capito, mormora qualcuno. Con la sua voce quieta Ingrid fa sapere di voler organizzare una rete di solidarietà per liberare chi è costretto alla prigionia, ovunque, nel mondo. Ma prima è necessario «cambiare noi stessi. Dobbiamo cercare la pace nei nostri cuori. E non condividere la politica dei conflitti ma la politica dei ponti e del dialogo». E quando hanno voluto sapere come ci ha trovati dopo sette anni di niente, Ingrid è categorica: «Male. Si nega il diritto a chi scappa dalle guerre e dalla miseria di cercare un posto dove mangiare in pace. Li si tratta da intrusi. Li si sospetta di ogni delitto. So come ci si sente quando si ha fame e ti si nega il cibo. Quando si è disperati e nessuno ti sorride». Come Fini, come Alemanno, anche il ministro Frattini l’accoglie con discrezione affettuosa. L’Italia appoggerà il Nobel per la Pace. E Ingrid ringrazia: non so se davvero lo merito.

Il Papa e la fede Quando domenica sera arriva a Roma, Ingrid sfoglia il programma che pianifica gli appuntamenti e si scoraggia. Un filo d’angoscia allunga il ritardo dell’appuntamento a Trastevere dove l’aspetta la Comunità di Sant’Egidio ma anche un piazza gremita di telecamere e giornalisti. Quando Ingrid si inginocchia per la preghiera della sera, chiude gli occhi sotto i flash che l’assediano sui gradini dell’altare di Sant’Egidio. Ma non rinuncia a testimoniare la fede ritrovata una sera dopo 80 chilometri di marcia: stava per lasciarsi andare quando accesa la radio (che ogni tanto funzionava) la sorprende la voce di Benedetto XVI. All’Angelus chiede la sua libertà. La interpreta come uno segno che lega ad un altro segno: dal quel momento si affida. Intrecciata ad un piccolo braccialetto c’è la corona del rosario messa assieme con i grani raccolti nella foresta. Non se ne separa mai. A Castel Gandolfo sconvolge il cerimoniale afferrando le mani del Papa. Subito dopo racconta l’emozione dell’udienza alla folla dei giornalisti che aspettano nella sala della Provincia. In mezzo Giuliana Sgrena che un po’ si arrabbia per la disumanità imposta dal mestiere. «Sono atea ma ognuno di noi quando si trova in certe situazioni cerca una strada per resistere. Le cose che erano importanti non lo sono più». Quando visita San Pietro o il Duomo di Firenze, Ingrid si raccoglie in ginocchio nelle cappelle appartate. Davanti alla tomba di Giovanni Paolo II recita ad alta voce il Padre Nostro. Con la pazienza di chi sa cos’è il dolore, cerca di trasmettere la sua speranza anche negli incontri privati sfuggiti alle cronache. A volte non è facile. Una madre e due sorelle dei sei italiani scomparsi sull’aereo delle vacanze davanti a Los Roques, isola venezuelana, vogliono sapere se ha sentito parlare di loro nel pianeta Farc. L’aereo non è stato ritrovato; una ipotesi lo vuole dirottato dai guerriglieri colombiani. Ingrid ascolta tenendole per mano. Quando allungano le foto dei due bambini, bacia la madre della ragazza scomparsa. «Spero di raccogliere notizie che possano consolarvi».

Le ore serene Dopo la visita a Sant’Egidio, nella prima sera di Roma, si incammina rasserenata verso la casa di Veltroni: l’aspettano per la cena. Telefona Benigni e dopo un secondo Ingrid scoppia a ridere. Astrid e la madre si guardano contente: da quando è tornata non ha mai riso come una volta. Ma è il racconto di Ingrid ad intrigare Benigni. Prima di cadere prigioniera aveva visto «La vita è bella» e nei giorni vuoti della foresta la storia del film incantava i prigionieri. I quali si passavano parola da uno spostamento all’altro obbligati dalle Farc che rimescolavano, disperdendoli. Ogni legame, ogni amicizia andava tagliata. E quando Ingrid arrivava in un posto nuovo, qualcuno la avvicinava per sapere: «Sei tu quella che ha visto il film dei prigionieri di Hitler?». Ricominciava il racconto. Una sorpresa l’aspettava sulla terrazza del ristorante di un hotel che si affaccia sui fori romani. Ladislatz, figlio piccolo di Ingrid, compiva 11 anni; famiglie Betancourt che fanno festa. Dall’ascensore esce un ragazzo con la chitarra sulle spalle. Comincia a cantare, Ingrid si alza e lo abbraccia dopo l’ultimo verso. «L’ho sentita e riascoltata: la so a memoria». Accenna al ritornello sul pianoforte. Michele Fariselli, è Michael Bug dei Bugs, formazione rock. La canzone che le ha dedicato - «Words from hell» - ha fatto il giro del mondo internet. E Ingrid vi si è imbattuta e l’ha scaricata. Ma anche radio Caracol e France 24 continuano a trasmetterla. «Quando ero via», si lascia andare Ingrid, «avevo voglia di rivedere le bellezze perdute. E l’Italia incontrata la prima volta ancora bambina era la bellezza che mi faceva compagnia». Colosseo, Fontana di Trevi dove la gente la riconosce e il gelataio le regala il gelato. Cappella Sistina quando i turisti hanno sfollato. L’attraversa col passo leggero di chi ha camminato tanto. Ascolta il monsignore che racconta l’affresco di Michelangelo. Ma si distrae. Piega lo sguardo su Caronte: col remo spinge i peccatori verso Minosse avvolto da serpenti. Ne sembra ipnotizzata. Le trombe degli angeli dell’Apocalisse non la distraggono. «Avevi paura dei serpenti?». «Un inferno». Il passato è in agguato in ogni immagine, sotto ogni parola. Uscendo dal Campo dei Miracoli di Pisa, l’arcivescovo Benozzo che l’accompagna, spiega perché è stato costruito l’ospedale di Sant’Anna. Il clero pisano aveva incatenato vescovi e alti prelati diretti a Roma. E il Papa li aveva scomunicati. Per cancellare la scomunica hanno dovuto costruire l’ospedale. «Vescovi incatenati?». Ingrid diventa seria. Sa cosa vuol dire una catena: «Con catene d’argento per rispetto alla loro autorità». Attorno ridono, Ingrid non ride. Il momento del congedo. Apre la borsa per cercare il biglietto. Spunta una Tshirt piegata. «L’ha portata Veltroni da Denver. È quella di Obama. La infilo prima dello sbarco. Melanie non sa bene quando arrivo, eppure sarà lì ad aspettare. Voglio farle la sorpresa».



Pubblicato il: 08.09.08
Modificato il: 08.09.08 alle ore 8.54   
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« Risposta #8 inserito:: Febbraio 27, 2009, 11:47:23 pm »

2009-02-27 08:06


COLOMBIA: EX OSTAGGI FARC; BETANCOURT? ERA UN'ARPIA


 BOGOTA' - In Colombia si torna a parlare di Ingrid Betancourt: i tre americani liberati con lei dalle Farc nel giugno dell'anno scorso hanno pubblicato un libro in cui esprimono forti critiche nei confronti dell'ex candidata alla presidenza colombiana, sottolineando tra l'altro il suo "egoismo" e "prepotenza".

 Thomas Howes, Keith Stansell e Marc Gonsalves, i tre 'contractor' americani che sono stati fatti prigionieri dalle Forze armate rivoluzionarie della Colombia nell'ottobre del 2003, hanno pubblicato un libro (Out of captivity, 457 pagine), dove raccontano i propri ricordi della lunga prigionia trascorsa insieme alla Betancourt nella selva colombiana.

A usare parole particolarmente dure sono Howes e Stansell, che criticano soprattutto l'atteggiamento della Betancourt. Secondo Stansell, al loro arrivo, Ingrid li avrebbe accolto con grande freddezza, lamentandosi con i guerriglieri che non ci fosse più spazio disponibile nelle celle dove le Farc custodivano gli ostaggi.

 I rapporti non sarebbero migliorati con il tempo, aggiunge Stansell, visto che la Betancourt aveva un atteggiamento "egoista e manipolatore", capace di essere alternativamente "una donna di carisma", "un anfitrione cordiale" oppure "un'arpia".

 Anche Howes concorda sostanzialmente con il giudizio dato dal compagno dicendo che Ingrid "voleva esercitare potere su tutti noi (gli ostaggi). Io credevo però che ne avessimo già abbastanza con un 'capo' solo (le Farc), senza bisogno che ce ne fosse un altro".

L'unico dei tre a serbare un ricordo positivo dell'ostaggio più noto nella storia delle Farc è Gonsalves, il quale - sostiene la stampa locale, sulla base di quanto afferma il libro - intrattenne con la Betancourt una relazione molto stretta, poi terminata a causa di una serie di ragioni (gelosie, pressioni e nervosismo) esplose durante la prigionia. 

da ansa.it
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