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« inserito:: Luglio 01, 2008, 04:00:15 pm » |
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1/7/2008 L'invincibile armata dell'angliano CLAUDIO GORLIER Robin Hood ha lasciato temporaneamente la sua foresta, per comparire sugli schermi di Mediaset. È uno degli effetti della legge - scusate, tax - che porta il suo nome. Se, abbandonata la foresta di Sherwood, ormai ridotta a qualche fila di alberi (la conosco) tentasse di rifugiarsi, per equivoco, nello «shadow cabinet», il governo ombra di Veltroni? Si consumerebbe un altro capitolo di ciò che io definisco «angliano», ossia l’uso ormai inarrestabile di parole inglesi, spesso di matrice americana, nel linguaggio quotidiano, particolarmente quello politico o giornalistico. L’immortale Robin potrebbe, per un fatale errore, essere incalzato a Milano dalle ronde chiamate «city angels», che in America sono tutt’altra cosa.
Per conto mio, il primato dell’angliano si trova nel «precarity day» organizzato a suo tempo a Napoli dall’ex onorevole Caruso, perché il termine in inglese non esiste, e quindi si tratta di una felice contaminazione. La Lega, dopo la sua vittoria elettorale, rappresenta una «golden share», e dopo un’attenta ricerca ho scoperto che si tratta di una quota di maggioranza. Mi è costata maggior fatica la decifrazione di «due diligence», necessaria per affrontare la crisi di Alitalia. Pare si tratti di un’attenta verifica, di un’indagine preventiva. Si tratta di spiegare alla gente l’efficacia di certe scelte. Lo chiarisce in televisione il senatore Castelli: ci vuole una «moral suasion». Ora si serve di questa espressione anche il Presidente della Repubblica. Ecco, allora, la necessità incalzante di una «class action». Credo di capire, ma ancora esito, che sia una specie di risarcimento.
Mi ha colpito che un quotidiano impegnato come il manifesto arrivi a titolare di uno «spin doctor». L’espressione risale a non molti anni or sono e nel nostro modesto quotidiano sta per «consigliere».
In effetti, sembra che il centrosinistra e la sinistra pratichino largamente l’angliano. La sede centrale a Roma del partito democratico si chiama il «loft». È in programma a Torino una manifestazione di rilancio della sinistra arcobaleno, tesa a riconquistare la classe operaia. Dovrebbe chiamarsi, prevedibilmente, «pride», termine sicuramente corrente alla Fiat Mirafiori. Niente da stupire. Prima di congedarsi, il ministro Ferrero ha regalato ai colleghi un calendario popolare, e spiritosamente lo ha intitolato «Very invisible people». Gli invisibili conoscono tutti l’inglese.
Penso che valga la pena di proporre un premio per gli esempi più efficaci di angliano. Allora: da prendere in viva considerazione un commento del giornale Raiuno, a proposito di una «overdose di gossip»: che doppietta, ragazzi. Tra le acquisizioni più recenti, rimbalzate più volte sui giornali negli ultimi tempi, una prende le mosse addirittura in sede parlamentare. Dunque, bisogna adottare provvedimenti per colpire lo «stalking». Per prima cosa vi invito ad esercitarvi per apprendere la corretta pronuncia. Poi, se ancora non lo avete capito, vi informerò che si tratta di molestia sessuale, molto più ampia del «mobbing».
Del resto, siamo forse l’unico governo al mondo a chiamare correntemente in inglese un ministero. È il «welfare», e mi incuriosirebbe tentare una verifica parallela della sua pronuncia, poniamo, a Reggio Calabria e a Bergamo.
Caso limite, «authority». Viene spesso usata in originale, ma quando la si traduce il risultato è negativo. Infatti, non vuol dire «autorità», ma ente, comitato. Il paradosso supremo sta comunque in un’altra parola chiave, uno degli esemplari angliani più diffusi. Mi riferisco a «bipartisan». Il termine ricorre sulla stampa, ma il bello arriva quando appare in televisione o alla radio. Pronunciarlo all’inglese, cioè grosso modo com’è scritto, o all’americana, «baipartisan»? Non esiste un accordo; e ascoltiamo entrambi. L’ultima comica si è affermata in occasione degli esami di maturità, con un testo per la prova di inglese piuttosto risibile. L’angliano ha raggiunto i piani più alti del ministero.
da corriere.it
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