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Autore Discussione: Antonello CAPORALE.  (Letto 33110 volte)
Arlecchino
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« Risposta #45 inserito:: Settembre 28, 2015, 07:52:08 pm »

Mondo
Immigrazione, ci stiamo comprando l’Africa (migranti inclusi)

Di Antonello Caporale | 25 settembre 2015

Antonello Caporale Giornalista

Roberto Rosso, l’uomo che dai jeans ha ricavato un mondo che ora vale milioni di euro, qualche giorno fa si domandava: “Come mai spendiamo 34 euro al giorno per ospitare un migrante se con sei dollari al dì potremmo renderlo felice e sazio a casa sua?”. Già, come mai? E perchè non li aiutiamo a casa loro? Casa loro? Andiamoci piano con le parole. Perché la loro casa è in vendita e sta divenendo la nostra. Per dire: il Madagascar ha ceduto alla Corea del Sud la metà dei suoi terreni coltivabili, circa un milione e trecentomila ettari. La Cina ha preso in leasing tre milioni di ettari dall’Ucraina: gli serve il suo grano. In Tanzania acquistati da un emiro 400mila ettari per diritti esclusivi di caccia. L’emiro li ha fatti recintare e poi ha spedito i militari per impedire che le tribù Masai sconfinassero in cerca di pascoli per i loro animali. La loro vita.

E gli etiopi che arrivano a Lampedusa, quelli che Salvini considera disgraziati di serie B, non accreditabili come rifugiati, giungono dalla bassa valle dell’Omo, l’area oggetto di un piano di sfruttamento intensivo da parte di capitali stranieri che ha determinato l’evacuazione di circa duecentomila indigeni. E tra i capitali stranieri molta moneta, circa duecento milioni di euro, è di Roma. Il governo autoritario etiope, che rastrella e deporta, è l’interlocutore privilegiato della nostra diplomazia che sostiene e finanzia piani pluriennali di sviluppo. Anche qui la domanda: sviluppo per chi?

L’Italia intera conta 31 milioni di ettari. La Banca mondiale ha stimato, ma il dato è fermo al 2009, che nel mondo sono stati acquistati o affittati per un periodo che va dai venti ai 99 anni 46 milioni di ettari, due terzi dei quali nell’Africa subsahariana. In Africa i titoli di proprietà non esistono (la percentuale degli atti certi rogitati varia dal 2 al 10 per cento). Si vende a corpo e si vende con tutto dentro. Vende anche chi non è proprietario. Meglio: vende il governo a nome di tutti. Case, villaggi, pascoli, acqua se c’è. Il costo? Dai due ai dieci dollari ad ettaro, quanto due chili d’uva e uno di melanzane al mercato del Trionfale a Roma. Sono state esaminate 464 acquisizioni, ma sono state ritenute certe le estensioni dei terreni solo in 203 casi. Chi acquista è il “grabbatore”, chi vende è il “grabbato”. La definizione deriva dal fenomeno, che negli ultimi vent’anni ha assunto proporzioni note e purtroppo gigantesche e negli ultimi cinque una progressione pari al mille per cento secondo Oxfam, il network internazionale indipendente che combatte la povertà e l’ingiustizia. Il fenomeno si chiama land grabbing e significa appunto accaparramento della terra.

I Paesi ricchi chiedono cibo e biocombustibili ai paesi poveri. In cambio di una mancia comprano ogni cosa. Montagne e colline, pianure, laghi e città. Sono circa cinquanta i Paesi venditori, una dozzina i Paesi compratori, un migliaio i capitali privati (fondi di investimento, di pensione, di rischio) che fanno affari. E’ più facile trasportare una tonnellata di cereali dal Sudan che le mille tonnellate d’acqua necessarie per coltivarle. E allora la domanda: aiutiamoli a casa loro? Siamo proprio sicuri che abbiano ancora una casa? Le cronache sono zeppe di indicazioni su cosa stia divenendo questo neocolonialismo che foraggia guerre e governi dittatoriali pur di sviluppare il suo business. In Uganda 22mila persone hanno dovuto lasciare le loro abitazioni per far posto alle attività di una società che commercia legname, l’inglese New Forest Company. Aveva comprato tutto: terreni e villaggi. I residenti sono divenuti ospiti ed è giunto l’avviso di sfratto…Dove non arriva il capitale pulito si presenta quello sporco. La cosiddetta agromafia. Sempre laggiù, nascosti dai nostri occhi e dai nostri cuori, si sversano i rifiuti tossici che l’Occidente non può smaltire. La puzza a chi puzza…

Chi ha fame vende. Anzi regala. L’Etiopia ha il 46 per cento della popolazione a rischio fame. E’ la prima a negoziare cessioni ai prezzi ridicoli che conosciamo. Seguono la Tanzania (il 44 per cento degli abitanti sono a rischio) e il Mali (il 30 per cento è in condizioni di “insicurezza alimentare”). Comprano i ricchi. Il Qatar, l’Arabia Saudita, la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, anche l’India. E nelle transazioni, la piccola parte visibile e registrata della opaca frontiera coloniale, sono considerate terre inutilizzate quelle coltivate a pascolo.

Il presidente del Kenya, volendo un porto sul suo mare, ha ceduto al Qatar, che si è offerto di costruirglielo, 40mila ettari di terreno con tutto dentro. Nel pacco confezionato c’erano circa 150 mila pastori e pescatori. Che si arrangiassero pure!

L’Africa ha bisogno di acqua, di grano, di pascoli anzitutto. Noi paesi ricchi invece abbiamo bisogno di biocombustibile. Olio di palma, oppure jatropha, la pianta che – lavorata – permette di sfamare la sete dei grandi mezzi meccanici. E l’Africa è una riserva meravigliosa. In Africa parecchie società italiane si sono date da fare: il gruppo Tozzi possiede 50mila ettari, altrettanti la Nuova Iniziativa Industriale. 26mila ettari sono della Senathonol, una joint-venture italosenegalese controllata al 51 per cento da un gruppo italiano. Le rose sulle nostre tavole, e quelle che distribuiscono i migranti a mazzetti, vengono dall’Etiopia e si riversano nel mondo intero. Belle e profumate, rosse o bianche. Recise a braccia. Lavoratori diligenti, disponibili a infilarsi nelle serre anche con quaranta gradi. E pure fortunati perchè hanno un lavoro.

Il loro salario? Sessanta centesimi al giorno.

Il Fatto Quotidiano, 25 settembre 2015
Di Antonello Caporale | 25 settembre 2015



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« Risposta #46 inserito:: Aprile 13, 2017, 06:10:03 pm »

Consip: alzati e cammina, partito della nazione

Di Antonello Caporale | 12 aprile 2017   
 
I tentativi di spartirsi il più succulento appalto pubblico d’Europa e l’intenso traffico di influenze che intorno a esso andava componendosi trasfigurano fino a perdersi nell’oscurità grazie al macroscopico errore – capiremo presto se e quanto doloso – di cui si è reso protagonista il capitano dei carabinieri Scafarto. La manipolazione, atto di indubitabile gravità, si trasforma così in una piattaforma galleggiante dove un gran numero di nuotatori finora in difficoltà cerca sollievo. Inzuppati d’acqua, ma salvi iniziano a darsi la mano: aiutami tu che t’aiuto anch’io e piano piano, come l’orlo di un vestito da sartoria, alle dichiarazioni degli esponenti del Pd si aggiungono quelle del centrodestra.

La mano cuce e il dito accusatore avanza: parla per primo Matteo Renzi e dichiara che “la verità viene a galla sempre”, che il babbo Tiziano piange per la gioia e la commozione di essere stato scagionato dall’inchiesta. Non è propriamente vero, la sua posizione certamente si alleggerisce ma non si annulla. Però ora conta ciò che appare, non ciò che è.

La vicenda Consip – da enorme questione morale nazionale – col passar delle ore diviene, nell’ordine, un modo per sabotare la leadership di Matteo Renzi, un complotto ai danni del Pd, fino al giudizio definitivo: si tratta di eversione di Stato. A grappolo, come le bombe americane in Vietnam, le dichiarazioni dei sottoposti. La quantità di fuoco è impressionante e già poche ore dopo la pubblicazione della notizia a Lineanotte del Tg3 si recita il requiem per l’inchiesta Consip. Semplicemente non esiste più. Morta e sepolta sotto il fango della manipolazione e chissà quali trame oscure, quali agganci mediatici, quali intenti sovversivi. Meraviglia.

Il mattino dopo la zattera prende così il largo e gli occupanti, volendo continuare a fare festa, abbandonano gli ormeggi e trascinano al largo anche Report, la trasmissione televisiva che due sere fa ha mandato in onda un’inchiesta sull’opacità dell’acquisto da parte di Pessina del pacchetto azionario del l’Unità. L’industriale del mattone l’ha fatto per amore dell’editoria o di altro? Domanda più che legittima e inchiesta più che documentata.

E invece, sbam: Renzi querela. E già che c’è querela anche Bonifazi il tesoriere del Pd. E querela non soltanto Report ma anche Il Fatto Quotidiano colpevole di aver dato l’anticipazione della trasmissione. Piano piano, Consip trascina al largo Report e Forza Italia prende a navigare nel solco delle onde mosse dal Pd. Cosicché Matteo Renzi e Silvio Berlusconi si ritrovano di nuovo vicini vicini.

Renzi ha dovuto subire la gogna mediatica e giudiziaria? Sapeste Berlusconi! A Daniela Santanchè viene in mente il martirio berlusconiano, “quel che ha dovuto subire Silvio” che un po’ le consente di solidarizzare con Renzi, anch’egli secondo la Pitonessa trascinato nel gorgo delle accuse, dei ricatti mediatici, dell’astio di “certi” giudici. Santanchè aveva letto l’editoriale di Alessandro Sallusti sul Giornale al quale la prova del complotto sembra certa e inoppugnabile. E di “complotto” parla anche Pier Ferdinando Casini, di “pericolo per la democrazia” pure Manuela Repetti. Risorge, sulla scorta di quella che pure resta e vogliamo ripeterlo una macroscopica e ingiustificabile manipolazione, una linea del Piave comune, un sentire comune, un’ansia da prestazione comune. Un’allerta contro le devianze dei Pm e il pericolo grillino, una chiamata alle armi per fermare la deriva autoritaria. Certo, qualche parola dissonante esiste. Malan (Forza Italia) riflette perplesso: “Non basta un errore per far cadere un’indagine”. Ma è una considerazione isolata. La settimana pasquale, ora che Berlusconi ha così fraternizzato con l’agnellino, si apre all’insegna della necessità di fare muro, anzi Patto.

Tutto sembra girare per il verso giusto, al punto che Maurizio Gasparri – un temerario ante litteram – sottolinea lo scandalo di vedere Milena Gabanelli dirigere Raiweb, “che è una struttura che neppure esiste. E poi, diciamolo, la Gabanelli controlla ancora Report”. Trasmissione falsificatrice, inchiesta intimidatoria, servizi che puzzano di marcio e in qualche modo complottano per nuocere al Pd. Un grande complotto, quello Consip, che “è stato organizzato” in modo inoppugnabile, come afferma disperato Casini, e un piccolo complotto, che prende il nome di Report, una redazione che dovrebbe vergognarsi secondo Michele Anzaldi, il nuovo portavoce di Renzi, di fare quello che ha fatto: cioè “cattivo giornalismo”.

La sartoria sforna il vestito, anche l’ultimo orlo è cucito. Consip non esiste più, e chissà se Alfredo Romeo sarà riconosciuto un eroe nazionale. Report ha qualche speranza ancora ma deve cambiare passo. Le elezioni si avvicinano, la democrazia dev’essere salvata. In trincea c’è Renzi. Un passo dietro di nuovo Silvio Berlusconi (con l’agnellino in braccio).

Di Antonello Caporale | 12 aprile 2017   
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« Risposta #47 inserito:: Maggio 25, 2017, 11:03:58 pm »

Media & Regime

Se Bruno Vespa è un artista, Porta a Porta è solo cabaret?   

Di Antonello Caporale | 24 maggio 2017
Giornalista

Bruno Vespa ha appena avvertito la Rai di sentirsi artista a tutti gli effetti. L’arte è una passione che ti prende da piccolo, ed egli evidentemente la subì in fasce. L’artista, notoriamente un creativo, allenato dalla fantasia e chiamato al teatro della vita dal suo impellente bisogno di esercitarla quotidianamente, chiede rispetto per il suo talento e soprattutto per il suo portafogli. Potrebbe mai la Rai, ritenendolo solo un bravo giornalista, condannarlo a un assegno di povertà da 240mila euro?

E’ chiaro che Vespa è un artista e come tale ha diritto alle libagioni previste per gente della sua classe. Ne consegue, se non capiamo male, che Porta a Porta in questi anni è stata solo un cabaret, un modo per far sollazzare il telespettatore incapiente e demoralizzato organizzandogli un trastullo in seconda serata.

Di Antonello Caporale | 24 maggio 2017

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/24/se-bruno-vespa-e-un-artista-porta-a-porta-e-solo-cabaret/3610974/
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« Risposta #48 inserito:: Giugno 02, 2018, 12:01:33 pm »

Governo M5s-Lega, per la prima volta i sommersi vincono sui salvati (col rischio che la rabbia prevalga sulla ragione)

Di Antonello Caporale | 31 maggio 2018

Sarà il governo dei sommersi. Per la prima volta in Italia i precari, i disoccupati, le tute blu, i piccoli imprenditori, i giovani, gli esclusi in genere, vedono il loro voto – che il 4 marzo è andato in due distinte direzioni – congiungersi e farsi maggioranza. E per la prima volta in Italia sono i salvati, la media e alta borghesia, e in genere coloro che non sono stati vittime della crisi economica e delle nuove povertà, ad andare all’opposizione. La novità, per certi aspetti clamorosa (diciamo pure scandalosa), è che la sinistra nelle sue varie tonalità di rosso (da Pd a Leu) rappresenta, insieme a Forza Italia, gli italiani scampati, i salvati, coloro che hanno perso le elezioni. L’enorme spostamento di classi sociali da una parte all’altra (gli iscritti operai alla Cgil hanno prevalentemente votato Cinquestelle o Lega) perfora i simboli del Novecento, la divisione del mondo e la stessa concezione della vita tra progressisti e conservatori. La vittoria dei sommersi sui salvati porta con sé un’altra conseguenza: vince la rabbia sulla ragione, la paura sulla logica, la voglia di cambiare tutto e a prescindere. E’ questo il più grande rischio a cui andiamo incontro: un governo potenzialmente vittima del suo stesso destino, stressato già all’atto di nascita, dalla necessità di cambiare, cambiare, cambiare. E magari nemmeno pensare.

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Di Antonello Caporale | 31 maggio 2018

da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/31/governo-m5s-lega-per-la-prima-volta-i-sommersi-vincono-sui-salvati-col-rischio-che-la-rabbia-prevalga-sulla-ragione/4395703/
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« Risposta #49 inserito:: Giugno 20, 2018, 05:32:29 pm »

Cercherò di leggerla ma se anche in quella si parla di "Aiuti all'Africa", non cambierò la mia sintetica e superficiale valutazione, su come non ci si dovrebbe esprimere.

L'occidente l'ha derubata, bombardata e molto altro, l'Africa merita molto più che un "aiuto".

Ho spiegato il mio perchè.

ciaooo
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« Risposta #50 inserito:: Giugno 30, 2018, 04:55:02 pm »

Ovunque vince la destra. In Italia come in Europa, nei governi nazionali e in quelli locali, come accaduto ieri nelle città. Se vince la destra, chi ha perso? La sinistra dovremmo dire. Invece a me pare che da tempo non ci sia più né pratica né idea di cosa è la sinistra, di quali valori essa esprime, di quali e quante responsabilità pone in capo ai suoi elettori. Infatti la sinistra non esiste più da anni e coloro che hanno occupato quello spazio sono degli abusivi.
Essere di sinistra costa perché ci intima perennemente di essere virtuosi. Solidali, cioè altruisti, sinceri più che bugiardi, dignitosi invece che indegni. E il vizio? E quel diavoletto che fa capolino quando meno ce lo aspettiamo e che ci consiglia di fregare sulla fattura, rubacchiare un po’ di tempo al lavoro, far finta di non vedere lo scippo, e non denunciare quando serve? Quel diavoletto che ci consiglia che alla fine una spintarella non è un granché, e il nostro talento ben può compensare l’aiutino? Che dichiarare ogni reddito significa impoverirsi?
La verità è che la destra è più accomodante, comprende di più i nostri vizi e ci salva l’anima, ci perdona sempre. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ecco, pietre a volontà per tutti.
A noi in effetti piace la destra con la cravatta: chiede poco e dà poco, accetta quel che intendiamo per uguaglianza, giustizia, solidarietà e quando può ci frega.
Noi vorremmo un governo così e così, anche un po’ corrotto (è il potere, signora mia!) ma un po’ no; un po’ efficiente ma un po’ lassista; un po’ sincero e un po’ bugiardo.
Il troppo storpia, vero?
Chi di voi ha visto “L’ora legale” di Ficarra e Picone? Tutti a votare il sindaco integerrimo, tutti a esultare per l’onestà in Municipio. Ma poi, ai primi provvedimenti, un urlo di sdegno e un coro di scontento.
Noi siamo così. Anzi, se vogliamo dirla tutta, così e così.

Da – Fb del 25 giugno 2018 (Antonello Caporale)
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