BRUTTE e tristi STORIE...

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Arlecchino:
Brutte storie
Antonio Padellaro


Mentre alto ferve il dibattito sulla crisi della politica che non decide, da Napoli e da Roma Fiumicino rimbalzano su tutti i tg i relativi spot. Montagne di rifiuti date alla fiamme tra nuvole di diossina e rischio epidemie. Bivacchi di viaggiatori inferociti in attesa di un volo che non c’è. Ne risulta un’immagine pessima del nostro povero paese di cui il governo Prodi dovrebbe (o forse avrebbe dovuto) farsi carico con drammatica urgenza, e non solo perché lo chiede Napolitano. Indignato dalla visione della sua città sommersa dalla spazzatura, il capo dello Stato parla di situazione tragica puntando il dito sui colpevoli ritardi di quei parlamentari e amministratori che invece di risolvere i problemi «alimentano polemiche e capeggiano rivolte».

Si riferisce ai masanielli che impediscono l’apertura della discarica di Serre, facendosi forti anche della contrarietà espressa dal ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio. Si riferisce al comportamento del governo che non è in grado di far rispettare un suo decreto. Altre domande suscitano invece le deprimenti scene aeroportuali.

Sacrosanto protestare contro il muro di silenzio che avvolge il destino di migliaia di lavoratori Alitalia. Ma è uno sciopero contro chi visto che la vecchia proprietà statale non c’è più e i privati che dovrebbero acquistare non ci sono ancora? Due brutte storie italiane con hanno in comune soprattutto l’abitudine a far marcire i problemi e a mangiarci sopra strafregandosene dei diritti dei cittadini.

Da una parte, come ci ha raccontato Enrico Fierro, tredici anni di consulenze d’oro, poltrone per trombati di lusso, rimborsi spese miliardari, mentre la “monnezza” saliva. Dall’altra, la compagnia di bandiera distrutta e spolpata da stuoli di manager inetti (nel migliore dei casi) sistemati dai politici di turno.

Vogliamo dibatterne?

Pubblicato il: 23.05.07
Modificato il: 23.05.07 alle ore 11.55

l'Unità.

Arlecchino:
Giovedì, 24 Maggio 2007
 
 
Tutti i nomi dei 111 indagati: ci sono ancora 18 "Mister X" pizzicati solo nelle intercettazioni
 
 
Vicenza
NOSTRO INVIATO

Un lungo elenco con 129 posizioni diverse, 111 di persone identificate e quindi formalmenete indagate, altre 18 mister X" la cui voce è stata ascoltata nelle intercettazioni, ma che non hanno ancora un nome e un cognome. Spuntano dalle pieghe dell'inchiesta per Appaltopoli, dopo i 19 arrestati dell'altro giorno, anche coloro che risultano iscritti nel registro degli indagati, a diverso titolo, ma con un reato che ruota comunque attorno all'ipotesi di associazione per delinquere. Riportiamo qui di seguito coloro (una settantina) che vivono nel Nordest, tralasciando piemontesi, lombardi ed emiliani. Vi troviamo 15 vicentini, 11 padovani, 20 trevigiani, 14 veneziani, 2 rodigini, 4 veronesi, 2 pordenonesi, 1 goriziano e 2 bellunesi. Tra parentesi il numero degli appalti per i quali sono stati tirati in ballo. In realtà l'elenco si compone di due parti. La prima è quella del cosiddetto "cartello" vicentino, la seconda quella del "cartello" trevigiano.

"CARTELLO" VICENTINO: Lidio Gelmini, Conco, ditta individuale (13 appalti);Gregorio Gelmini, Conco, ditta individuale (13);Marianna Miotti, Marostica, Co.Ge.Mi srl (4);Paola Ruzza, Megliadino San Fidenzio (Pd), Ruzza Costruzioni srl (11);Nazario Marangon, Grumolo delle Abbadesse, titolare di ditta omonima (1);Mario Marangoni, Torri di Quartesolo, Impresa Edile Abbadesse (9);Patrizia Andriolo, Grumolo delle Abbadesse, Impresa Marangoni e Abbadesse (9);Ugo Cavallin, Jesolo, Secis srl (7);Fabio Contestabile, Mestre, Secis srl (7);Alfredo Muttin, Marostica, Mu.Bre Costruzioni srl (11);Eugenio Zago, Ceggia, Edil Lavori snc di Zago (5);Claudio Zago, Ceggia, Zago srl (4);Giuseppe Michieletto, Martellago, Fratelli Michieletto Strade (5);Gianluca Grosselle, Fontaniva, Grosselle Costruzioni srl (6);Monica Grosselle, Riva del Grappa, Grosselle Costruzioni (6);Ruggero Gobesso, Mogliano Veneto, Dani Costruzioni (4);Matteo Gobesso, Mogliano Veneto, Dani Costruzioni (2);Valter Antonio Montagna, Brogliano (Vi), Meccaniche Idroelettriche Service Arzignano (1);Renato Bertinato, Montecchio Maggiore, Meccaniche Idroelettriche;Roberto Neodo, Rovigo, Opra Costruzioni srl (1);Maurizio Biasuzzi, Treviso, Costruzioni Generali Biasuzzi (2);Mario Meucci, Mestre, Costruzioni Semenzato (3);Michelangelo Meucci, Mestre, Costruzioni Semenzato (3);Cecilia Simonetti, Venezia, Sacaim spa - Cementi Armati ing. Mantelli (2);Adriano Fracasso, Padova, dipendente Sacaim (2);Paolo Farronato, Romano d'Ezzelino, Co.Ma.C srl (11);Gastone Zeviani, Legnago, Zeviani Gastone srl (3);Giovanni Zeviani, Legnago, Zeviani Gastone srl (3).

"CARTELLO" TREVIGIANO: Matteo Freschi, Ponzano Veneto, Fratelli Paccagnin (18);Giuseppe Brion, Riese Pio X, Andreola Costruzioni Generali (20);Armando Cavallari, Preganziol, Ecis Scarl Edilizia Civile Industriale (1);Michele Da Rin, Marcon, Ecis (1);Fausto Toffoli, San Biagio di Calallta, Impresa Simonetti e Toffoli (1);Paolo Toffoli, San Biagio di Callalta, Impresa Simonetti e Toffoli (1);Arnaldo Giomo, Silea, Impresa Costruzioni Giomo srl (1);Silvano Martin, Treviso, Simi Impianti srl Installazioni Elettriche (1);Sante Casonato, Castelfranco veneto, Vilnai spa (3);Roberto Vilnai, San Martino di Lupari, Vilnai (3);Bruna dell'Agnese, Pordenone, Cave Asfalti Dell'Agnese (3);Alberto Fiocco, Motta di Livenza, Cave Asfalti Dell'Agnese (3);Monica Baù, Monselice, Monselasfalti srl (4);Demitri Castellin, Monselice, Monselasfalti (4);Sandro Spagnolo, Rotzo, Cooperativa Popolo di Rotzo (6);Federico Martini, Vo (Pd), Martini Silvestro srl (4);Simone Beozzo, Villa Bartolomea (Vr), Beozzo Costruzioni srl (17);Fabio Beozzo, Villa Bartolomea (Vr), Beozzo Costruzioni (18);Luigi Balin, Fontaniva (Pd), Brenta Lavori srl (15);Marco Battagello, Riese Pio X, Brenta Lavori srl (15);Giuseppe Zen, Riese Pio X, Pentaservice (17);Roberto Borsa, San Zenone degli Ezzelini, Pentaservice (16);Silvana Brisotto, Conegliano, Brussi Costruzioni del Gruppo Grigolin (18);Alberto Santamaria, Nervesa della Battaglia, Brussi Costruzioni (18);Luigi Giorgio Susanna, Noventa di Piave, Susanna Costruzioni (14);Italo Luigi Tonet, Santa Giustina (Bl), Tonet srl (6);Paolo Bombarda, Volpago del Montello. Impresa Costruzioni Guarise srl (20);Oriano Livotto, Nervesa della Battaglia, Impresa Costruzioni Guarise (11);Flavio Pellizzer, Fonte (Tv), Tessarolo Com. Giuseppe (6);Lucio Tessarolo, Silea, Tessarolo (6);Eugenio Furoni, Crespadoro (Vi), Furgoni Cav. Eugenio (2);Furgoni Massimo, Altissimo (Vi), Furgoni Cav. Eugenio (2);Sisto Romor, Ponte nelle Alpi (Bl), Romor Aurelio & Gino spa (5);Domenico Gerotto, San Donà di Piave, L'Edilve srl (9);Fernando Mazzaro, Campolongo Maggiore, Consorzio Edili Veneti (10);Carlo Nolli, Conegliano, Impresa Polese spa di Sacile (7);Maria Pighin, Sacile, Impresa Polese (7);Giorgio Basso, Sandrigo, Basso e Busatta spa (7);Arone Roni, Sedico (Bl) Roni Angelo spa (15);Alberto Costantini, Romano d'Ezzelino, Ottorino Costantini srl (12);Mario Durighello, Pederobba (Tv), Cedes srl (14);Paolo Fornasier, Susegana (Tv), Co.Ge.For srl del gruppo Grigolin (15);Stefano Guiducci, Badia Polesine (Ro), Euroscavi srl (13);Alessandro Crestani, Montebello Vicentino (Vi), Edilstrade (8);Paolo Bastianello, Preganziol, Veneta Scavi srl (11);Antonio Comelli, Gorizia, Edilnord srl (3).

G. P.
 
 
da gazzettino.quinordest.it

Arlecchino:
31/5/2007 (8:26) - IL CASO SULLE FIAMME GIALLE

Visco, allarme per la maggioranza
 
Tutta la vicenda è iniziata quando il comandante della Gdf Speciale aveva denunciato pressioni da parte di Visco per il trasferimento di quattro ufficiali che indagavano sulle scalate dell'Unipol

«Via la delega sulla Gdf», si allarga il fronte a Palazzo Madama


GUIDO RUOTOLO
ROMA

I segnali ci sono tutti perché al primo significativo appuntamento parlamentare del dopo elezioni amministrative, il governo inciampi, scivoli, si faccia male insomma. E l’appuntamento - al quale dovrebbe intervenire lo stesso presidente del Consiglio, Romano Prodi - è quello di mercoledì al Senato, quando l’Aula discuterà l’ordine del giorno dell’opposizione che chiede al governo di ritirare le deleghe sulla Guardia di finanza al viceministro Vincenzo Visco. Palazzo Chigi non può più contare su una maggioranza compatta. Dopo i quattro senatori di Italia dei Valori, ieri si sono aggiunti tre dell’Ulivo (Bordon, Manzione e D’Amico) hanno chiesto ufficialmente al viceministro di fare un passo indietro.

A questo punto, è l’appello a fine giornata di Giovanni Russo Spena, Rifondazione, «il presidente del Consiglio deve convocare per lunedì un vertice di maggioranza». Avverte Russo Spena: «Il rischio è che una pallina si trasformi in una valanga che sommerge tutti. Sono stupefatto dell’inerzia assoluta di fronte a un esito che oggi è scontato».

Quella di ieri è stata una giornata di «mobilitazione» dei dissidenti interni alla maggioranza e di una apparente immobilità dei vertici dell’Ulivo. Mentre Sinistra democratica, per il momento, continua a chiedere un (pre)vertice chiarificatore con il governo e fa sapere che potrebbe presentare una interrogazione parlamentare, Italia dei Valori ha reso noto il testo che presenterà in Aula. Non la mozione annunciata martedì sera, perché per farlo avrebbe avuto bisogno del sostegno di altri quattro senatori, e per evitare una «campagna acquisti» che avrebbe provocato una ulteriore fibrillazione nella maggioranza, - già aveva dato il suo assenso il senatore Sergio De Gregori - ha fatto un passo indietro, anche perché i tre dissidenti della pattuglia dell’Ulivo avevano fatto sapere che non l’avrebbero sottoscritta, non avendola concordata.

Una retromarcia solo da un punto di vista formale, perché il testo che Idv comunque presenterà mercoledì in Aula non è cambiato di una virgola: «Sarebbe opportuno che il ministro competente (Padoa-Schioppa, ndr) riprendesse in capo a se stesso la delega concernente la Finanza». Ma se non lo dovesse fare, Idv chiede al governo di revocare temporaneamente la delega al Visco, «al fine di evitare la permanenza di una situazione in cui potrebbe non risultare garantita la piena e totale imparzialità di tutti i soggetti interessati».

Se Nuccio Cusumano garantisce che la pattuglia dei tre senatori dell’Udeur (Mastella compreso) farà quadrato attorno a Palazzo Chigi e a Visco, pur chiedendo di «rimuovere le ombre» che ci sono, i mal di pancia nella maggioranza hanno contagiato diversi senatori. Non è un mistero, per esempio, che anche Lamberto Dini sia scocciato, anche se ieri non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. Il problema, si interrogavano ieri sera autorevoli esponenti della maggioranza, a palazzo Madama, «è chi richiamerà all’ordine i dissenzienti?», «quale sarà la linea del governo?».

Per drammatizzare ancora di più il clima, c’era anche chi sussurrava che in queste ore Prodi avrebbe invitato Visco a valutare la situazione, insomma ad accogliere il suggerimento di fare un autonomo passo indietro. Ma delle intenzioni di Visco, per il momento, non trapela nulla ufficialmente, se non che sta preparando il suo dossier: un documento chiarificatori su tutti i punti «oscuri» della vicenda.

Se la situazione dovesse rimanere così come si presentava ieri sera, l’appuntamento di mercoledì si presenta con una grossa incognita. Perché è vero che Bordon-D’Amico-Manzione non voteranno mai l’ordine del giorno dell’opposizione, ma non è detto che il centrodestra non voti quelli della maggioranza critica. E a quel punto, gli sviluppi davvero sarebbero imprevedibili.


da lastampa.it

Arlecchino:
Il generale Speciale sembra avere comunque le ore contate

Ecco come è stata costruita la trappola per il viceministro dell'Economia

Palazzo Chigi ha deciso cambierà il capo della Gdf

Un suggeritore dietro la campagna de "Il Giornale"

E' lo stesso comandante generale: solo lui sapeva certe cose

di CARLO BONINI
 

ROMA - Alla maggioranza non è rimasto più tempo. E ora, dunque, raccontano a Palazzo Chigi che il "caso Visco" sarà sciolto in tre mosse. Presto. Molto presto. Il generale Roberto Speciale, comandante generale della Guardia di Finanza, sarà destituito dal comando e destinato ad altro incarico. Il viceministro dell'Economia si autosospenderà dalle deleghe alla Guardia di Finanza in attesa che la magistratura lo "ripulisca" anche solo dal sospetto di indebite pressioni sui vertici delle Fiamme Gialle.

E a chiederglielo sarà Romano Prodi prima del dibattito e del voto di mercoledì al Senato, facendo coincidere la sua richiesta con il ritiro della mozione di Antonio Di Pietro.

Non è detto, evidentemente, che la maggioranza abbia la forza di fare ciò che pensa di dover o poter fare. Né, soprattutto, che Visco accetti di prendere una decisione che, fino a ieri sera, nessuno gli ha neppure accennato. Resta però un fatto: il generale Speciale ha le ore contate. In questi dieci giorni, ha lasciato le sue impronte digitali e quelle del suo ex capo di stato maggiore, Emilio Spaziante (oggi vicesegretario del Cesis), nella campagna condotta dal "Giornale", il quotidiano della famiglia Berlusconi, sul viceministro dell'Economia. E lo ha fatto in modo grossolano, accreditando circostanze inesatte, manipolando significativamente passaggi decisivi dell'affare.

Speciale era l'unico, per averne fatto esplicita richiesta all'Avvocatura dello Stato (che ne conservava copia in cassaforte), in possesso dei verbali di testimonianza che lui stesso, come i generali Spaziante, Pappa e Favaro, avevano reso un anno fa sul caso Visco. E quei verbali (con la sola curiosa eccezione della testimonianza di Spaziante) sono stati pubblicati dal "Giornale". Speciale era l'unico a disporre del carteggio integrale avuto con i generali Pappa e Favaro in cui i due alti ufficiali davano conto dei loro incontri con Visco nel luglio del 2006. E quel carteggio è finito sulle pagine del "Giornale".

Speciale era l'unico a conoscenza di una circostanza che lui solo poteva conoscere in modo parziale e inesatto e che in modo parziale e inesatto viene riferita dal "Giornale" il 23 maggio scorso: l'esistenza di un'inchiesta della Procura militare di Roma a carico dei generali Pappa e Favaro per aver raccolto e sostenuto le asserite pressioni di Visco. L'istruttoria, infatti, è figlia di un esposto che lo stesso Speciale ha presentato alla Procura militare nell'agosto del 2006.

Ma sul dettaglio temporale, il generale preferisce che "il Giornale" glissi, per dare la sensazione di un'inchiesta in movimento che, ad horas, potrebbe portare "all'iscrizione al registro degli indagati dei primi nomi". Le cose non stanno così. Pur non avendo ancora formalmente archiviato la pratica, il procuratore militare Antonino Intelisano ha da tempo concluso che il comportamento dei due generali "non configura nessuna responsabilità penale militare". Né quella, in astratto, prevista dal codice penale militare di pace, dell'"attentato ai poteri del comandante", né quella del codice penale ordinario dell'abuso di ufficio. Il che, evidentemente, ha un significato importante, se non decisivo.

Se i due generali - Pappa e Favaro - non hanno attentato ai poteri di Speciale, a maggior ragione non può averlo fatto il viceministro che a quei due generali si era rivolto, nel luglio 2006, sollecitandoli a concordare con il comandante generale i trasferimenti della catena di comando della Guardia di Finanza di Milano. Tutto questo, evidentemente, il generale Speciale non lo sa (e infatti fa cadere in errore "il Giornale"). O, se lo sa, preferisce tacerlo, come ha già taciuto il contenuto della lettera di ossequi con cui, il 14 luglio 2006, informava il viceministro Visco di aver dato tempestivamente corso alla procedura di trasferimento degli ufficiali di Milano ("Sempre ai suoi ordini", scriveva).

Del resto, commette un'altra imprudenza il comandante generale. Il 17 luglio 2006, ha annotato (o registrato?) non tanto il giorno, ma l'esatto minutaggio (le 9,26) della sua conversazione telefonica con Visco (quella in cui sarebbe stato "minacciato"). "Il Giornale" ne dà fedelmente conto. Con un particolare. Che, ancora una volta, tradisce la fonte dell'informazione. Di quella telefonata esistono dei testimoni. E uno di loro è il maggiore Giovanni Cosentino, aiutante di campo del generale. La telefonata con il viceministro era forse in "viva voce" ed ha potuto ascoltarla o registrarla? O a Cosentino ne ha parlato il Comandante generale?

Non è dato saperlo, ma, per dirne una, il maggiore Cosentino, indagato dalla procura di Salerno per falso ideologico, è un ufficiale che, in Campania, finisce sotto inchiesta per aver comprato in contanti una Mercedes in un concessionario controllato dalla criminalità organizzata (40 milioni di lire della cui provenienza decide di non dare spiegazioni al magistrato che lo interroga come indagato, avvalendosi della facoltà di non rispondere). Il comandante Speciale lo tiene in grande considerazione. Lo riempie di encomi. Al contrario dell'ufficiale (Francesco Di Tommaso) che, proprio a Salerno, comanda il nucleo provinciale della Guardia di Finanza e che su questo brutto affare lo scorso gennaio ha fatto luce. Per lui, Speciale, ha pensato a un bel trasferimento.

(1 giugno 2007)
 
da repubblica.it

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CRONACA

Viaggio nei paesi europei alla ricerca di un'integrazione possibile

Nel continente sono tra i 9 e i 12 milioni: ma non esistono censimenti

I rom e l'Europa, dal rigore tedesco alla Francia modello "bastone e carota"

I Rapporti della Divisione Roma and Travellers del Consiglio europeo

L'Italia ha la maglia nera. Ovunque esistono Uffici centrali nazionali

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Sono "qualcosa" che non può essere ignorato. "Esistono" e devi farci i conti. Sono, spesso, un "problema" per gli altri, cioè "noi"; ma soprattutto per se stessi: condizioni igienico sanitarie pessime, massimo della devianza, nessuna integrazione. Tutto vero. Eppure se cerchi di capire come l'Europa affronta la questione rom e zingari rimbalzi in un muro di vaghezza e pressapochismo. Nonostante gli sforzi del Dipartimento Roma and Travellers (Rom e camminati, due delle varie etnie zingare), l'ufficio nato nel 1993 a Strasburgo nell'ambito del Consiglio Europeo per fronteggiare la questione rom e che ogni anno produce pagine e pagine di relazioni, rapporti internazionali, raccomandazioni, manca totalmente un progetto esecutivo. Dalle parole non si riesce a passare ai fatti. Risultato: se l'Italia non sa da che parte cominciare per affrontare la questione rom, l'Europa è messa più o meno nelle stesse condizioni.

"Purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione" dice Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio di Europa. "La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la questione con un proprio approccio politico. Negli ultimi venti anni le cose stanno cambiando e il Consiglio d'Europa se ne sta facendo carico sul fronte dei diritti umani, dei diritti delle minoranze e in funzione dell'integrazione sociale".

Negli anni, attraverso numerose Raccomandazioni - ad esempio sulle condizioni abitative (2005), sulle condizioni economiche e lavorative (2001), sui campi e sul nomadismo (2004) - si è cercato di dare almeno una cornice di riferimento, linee guida ai vari stati per gestire la continua emergenza rom. Buone intenzioni, quindi, ma scarsi risultati. Secondo il Rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze presentato al Parlamento Europeo il 23 novembre 2005, i Rom risultano la popolazione più discriminata d'Europa. Svantaggiati nel lavoro, nell'alloggio, nell'istruzione e nella legislazione ma anche vittime regolari di continue violenze razziste. Il Rapporto - va detto - non si occupa dell'aspetto devianze, cioè criminale, che caratterizza da sempre la popolazione rom e che tanto pesa nel non-inserimento sociale degli zingari.

Una minoranza di 9-12 milioni di persone - Uno dei file più aggiornati della Divisione Roma and Travellers sono i numeri. Che vista l'assenza di censimenti della popolazione rom - per il timore che possano diventare strumenti discriminatori - è già tantissimo. In Europa si calcola che viva un gruppo di circa 9-12 milioni di persone, in qualche paese del centro e dell'est europa - Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia - arrivano a rappresentare fino al 5 per cento della popolazione. Scorrendo i fogli delle statistiche ufficiali europee (aggiornate al giugno 2006), colpisce come nei paesi della vecchia Europa, nonostante la presenza e l'afflusso continuo di popolazione rom, manchi del tutto un loro censimento. Eppure conoscere i contorni del problema dovrebbe essere il primo passo per approcciarlo. Sono censiti solo gli zingari che vivono nei paesi dell'est Europa, dal 1400 la "casa" dei popoli nomadi in arrivo dall'India del nord est.

La Romania guida la classifica dei paesi con maggior numero di gitani: l'ultimo censimento ufficiale del 2002 parla di una minoranza che si aggira tra il milione e 200 mila e i due milioni e mezzo. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria a pari merito (800 mila), Serbia e Repubblica Slovacca (520 mila), Francia e Russia (tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto di Dominique Steinberger del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di zingari), Regno Unito (300 mila), Macedonia (260 mila), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila). L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un censimento, che si aggira sui 120 mila. Sappiamo che oggi quel numero è salito fino a 150-170 mila. Facendo un confronto con i paesi della vecchia Europa, è una stima inferiore rispetto a Spagna e Francia, Regno Unito e Germania. Sui motivi di queste concentrazioni la Storia conta poco: se è vero che la Germania nazista pianificò, come per gli ebrei, lo sterminio degli zingari (Porrajmos) e nei campi di concentramento tedeschi morirono 500 mila rom, in Spagna la dittatura di Franco ha tenuto in vigore fino agli anni settanta la legislazione speciale contro i gitani eppure gli zingari continuano ad essere, e sono sempre stati, tantissimi.

Il caso italiano - A scorrere i Rapporti del Consiglio europeo, l'Italia sembra avere la maglia nera nella gestione della questione rom. La lista delle "mancanze" italiane è lunghissima. Contrariamente agli altri paesi della vecchia Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno mentre in altri paesi hanno la carta di soggiorno e anche i passaporti. Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la cittadinanza col risultato che migliaia di bambini rom nati in Italia risultano apolidi; gli stessi bambini non vanno a scuola e non hanno accesso all'educazione; non sono riconosciuti come minoranza linguistica. L'Italia, soprattutto, continua ad insistere nell'errore di considerare queste persone nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre invece sono persone a tutti gli effetti stanziali. Si legge a pag. 29 del rapporto: "Non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata in modo valido". Bocciati, su tutta la linea. Persino "puniti" nel dicembre 2004 per la violazione della disposizione sul diritto alla casa. "Puniti" anche Bulgaria e Grecia.

Gli Uffici centrali - Il nome di per sé evoca scenari da tragedia, liste, schedature, concentrazione di informazioni. Nel 1929 a Monaco nacque "L'Ufficio centrale per la lotta contro gli zingari in Germania", furono schedati, nel 1933 furono privati di tutti i diritti, poi lo sterminio. Eppure un Ufficio centrale sembra essere l'unico modo per affrontare seriamente la questione rom, capire quanti sono, dove vivono, di cosa hanno bisogno, tenere sotto controllo arrivi, partenze, doveri e responsabilità oltre che diritti. All'estero esiste un po' ovunque qualcosa di simile, in Germania, in Francia, in Olanda, Belgio e in Spagna. "In questi uffici - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi - lavorano anche i rom, sono mediatori culturali, parlano la lingua e i dialetti, conoscono le abitudini dei vari gruppi, dettagli per noi insignificanti e invece per loro fondamentali. Non si può prescindere da questo se si vuole affrontare il problema con serietà e concretezza". Ministero dell'Interno e Solidarietà sociale hanno avviato dei "tavoli tecnici" con esperti e rom. Ma il ministro Giuliano Amato sta pensando a qualcosa di più: un Ufficio governativo e una conferenza europea per avere gli strumenti e il luogo dove fronteggiare la questione.

Lo statuto francese - Nonostante "la grande preoccupazione" del Consiglio europeo "per i ritardi e l'emarginazione", la Francia (con 340 mila o un milione di manouche) sembra aver adottato il modello migliore sul fronte dell'accoglienza per i rom. Un modello che si muove tra l'accoglienza e la tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la legge Besson (la prima versione risale al 1990, una successiva è del 2000) che prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un'area di accoglienza; dall'altra la stretta in nome della sicurezza dell'ex ministro dell'Interno, attuale presidente, Nicolas Sarkozy che nel febbraio 2003 ha voluto la stretta e ha previsto (articoli 19 e 19 bis della legge sulla sicurezza interna) sanzioni particolarmente pesanti contro le infrazioni allo stazionamento. Chi non rispetta le regole dei campi e dell'accoglienza è fuori per sempre. E chi occupa abusivamente un'area può essere arrestato e il mezzo sequestrato. La legge Besson immagina i campi come una soluzione di passaggio e prevede, contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.

Di tutto ciò è stato realizzato poco ma comunque qualcosa. Nella regione di Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni (ne servirebbero tra i 6 e gli 8 mila) e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo di quelli necessari. Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in vecchi quartieri. Pagano affitto, luce e acque. "Siamo responsabilizzati - racconta Arif, rom kosovaro, un pezzo della cui famiglia vive in Francia - viviamo nei centri abitati, non siamo emarginati, facciamo lavori come facchino, gommista, piccolo trasporto, pulizie, guadagniamo e firmiamo un Patto di stabilità per cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed è vietato chiedere l'elemosina. Se siamo disoccupati per sei mesi abbiamo il sussidio - un mio parente prende 950euro al mese - e abbiamo anche gli assegni familiari. Certo chi sbaglia, chi delinque, chi ruba, chi non manda i figli a scuola, viene cacciato dalla Francia. E su questo punto siamo noi i primi ad essere d'accordo". Un altro risultato, visibile, è che in Francia difficilmente si vedono zingari in giro, ai semafori o nelle vie dei centri cittadini. E' vietata l'elemosina e l'accattonaggio. Recentemente l'ex ministro dell'Interno Sarkozy ha sottoscritto un piano con la Romania per il rimpatrio dei rom romeni.

Il caso tedesco - Il Rapporto del Consiglio europeo, datato 2004, parla di "svantaggi sociali, pregiudizio, discriminazione per quello che riguarda la casa, il lavoro e la scuola e di casi clamorosi di razzismo" . Detto tutto ciò in Germania i 130 mila circa tra Rom e Camminanti sono considerati per legge "minoranza nazionale". Hanno diritti e doveri. "Dagli anni sessanta, con la caduta del modello socialista titino - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi italiana - e con le prime diaspore rom dall'est europeo verso l'occidente europeo che poi si sono ripetute negli anni ottante e novanta con le guerre nei Balcani, la Germania ha accolto queste migliaia di persone in fuga con un progetto di welfare. Sono state assegnate case, singole o in palazzine popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in condizione di lavorare. Tutto questo - continua Converso - al prezzo di rispettare i patti e la legge. Altrimenti, fuori per sempre. Ci sono stati anni in cui interi gruppi stavano per lunghi periodi in Germania, poi venivano in Italia dove invece non è mai stato pensato un vero, severo e anche rigido piano di accoglienza e dove gli zingari hanno avuto da sempre maggiori e diverse fonti di reddito, ben più remunerative perché spesso illegali".

La Spagna come la Bulgaria - Nonostante Franco, le leggi speciali e le persecuzioni, la Spagna ha una delle comunità gitane più popolose e in Europa occupa il terzo posto dopo Romania e Bulgaria con 800 mila presenze. Dalla fine degli anni Ottanta il governo centrale ha elaborato un Programma di sviluppo per la popolazione rom anche se il budget annuale sembra abbastanza ridotto (3,3 milioni di euro a cui però si aggiungono i finanziamenti delle singole regioni e delle ong). Anche in Spagna ogni regione ha un Ufficio centrale che coordina gli interventi e le politiche per gli zingari in cui lavorano sia funzionari del governo che rom con funzioni di mediatori culturali. Il risultato è che non esistono quasi più campi nomadi, quasi tutti - chi non lavora ha un sussidio di circa 700 euro al mese per sei mesi - vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, nelle periferie ma anche nelle città. Dipende dal livello di integrazione. Che è in genere buono anche se resta alto il tasso di criminalità: furti ma soprattutto spaccio di droga. Sono zingare il venti per cento delle donne detenute nelle carceri spagnole. Negli ultimi mesi nelle periferie delle grandi città, a Barcellona come a Madrid, a Siviglia e a Granada, stanno rispuntando baraccopoli e favelas: sono gli ultimi arrivati, i rom della Romania, la nuova emergenza.

La ricetta del "politico" gitano - La Spagna ha saputo produrre, finora, l'unico europarlamentare gitano: si chiama Juan de Dios Ramirez Heredia, è stato rappresentante dell'Osservatorio europeo contro il razzismo e la xenofobia e nel 1986 ha fondato la Union Romanì, federazione della associazioni gitane spagnole. Heredia , in un'intervista rilasciata al magazine europeo Cafè Babel , immagina il futuro della comunità rom: "Potrà essere migliore solo se sapremo mantenere una certa dose di sopravvivenza e riusciremo ad essere presenti dove si prendono decisioni politiche. Non ha senso che in paesi come la Spagna, dove siamo 800 mila, non ci sia un solo gitano deputato o senatore". A gennaio scorso, per la prima volta, la Serbia - 600 mila rom ufficiali senza contare quelli partiti negli anni e ora in giro per l'Europa senza documenti - ha accettato in Parlamento due deputati dei partiti delle minoranze gitane, l'Unione dei rom e il Partito dei rom.

Sono 36 milioni gli zingari nel mondo. Diciotto milioni vivono ancora in India. Un milione circa è riuscito ad arrivare anche negli Stati Uniti. A parte poche migliaia di loro che sono riusciti ad avere una vita normale e ad emergere, ovunque sono rimasti gli ultimi nei gradini della società.
(3 fine)


da repubblica.it

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