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Autore Discussione: Bonanni. «Competitività, intesa in tre fasi»  (Letto 2764 volte)
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« inserito:: Giugno 26, 2008, 09:29:51 am »

INTERVISTA

Raffaele Bonanni Segretario generale della Cisl

«Competitività, intesa in tre fasi»

di Alberto Orioli


Se non fosse per le turbolenze – e che turbolenze – create dalla politica, il percorso negoziale che ha in testa Raffaele Bonanni, leader della Cisl, avrebbe una sua accattivante linearità. Dice Bonanni: «Le parti sociali devono arrivare a un avviso comune sui temi strategici come energia, infrastrutture, istruzione e innovazione. È l'unico modo vero per creare le pre-condizioni di sistema trasformabili poi in quelle risorse che la riforma della contrattazione deve redistribuire». L'energia continua a costare il 30% in più dei concorrenti, le infrastrutture sono quello che sono. Il ragionamento di Bonanni è semplice: «Se in una fabbrichetta dell'entroterra della Sardegna, ma il discorso vale anche per alcuni dei Comuni dell'industrialissimo Nord Est, l'imprenditore riesce a far lavorare al massimo i suoi operai, magari arrivando al top degli straordinari e dell'uso flessibile del lavoro, azzerando i pezzi difettosi e facendo girare gli impianti quasi al 100%, quando poi, quei pezzi prodotti, li deve mettere sul mercato sconta un extra-costo della bolletta energetica, subisce la lentezza dei tempi di trasporto e, insomma, perde competitività rispetto ai concorrenti anche se i suoi lavoratori esprimono la massima produttività possibile». «Non era Tremonti - aggiunge - a chiedere tempo fa che in Europa gli investimenti non venissero calcolati ai fini del patto di Maastricht? Perché non se ne parla più? Questa è un'idea che può aiutare l'Italia a uscire dalla trappola debito-tagli-investimenti zero».

È evidente che il Paese ha bisogno di misure di sviluppo, «anti-cicliche», precisa Bonanni. «Il tema è questo: far crescere la torta per poi spartirla. Il resto deve venire di conseguenza, anche la riforma della contrattazione. È un bene che le forze sociali convergano tutte sull'obiettivo di aumentare la produttività con il riassetto dell'architettura contrattuale. È chiaro che noi della Cisl siamo favorevoli a un potenziamento del secondo livello cui deve corrispondere una nuova missione per il contratto nazionale: contenere le regole di quadro, di sistema».

C'è un terzo modulo, nella visione cislina: quello del patto fiscale che dovrebbe – anche in termini formali e pattizi – agganciare alla crescita del Pil l'aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente o dei pensionati. «Sono i veri "ultimi" del nostro Paese. Da sempre portano la croce di un fisco ogni giorno di più squilibrato. I 400 euro dati con la carta prepagata per comprare pasta e latte? Uno sfizio - commenta Bonanni - un'idea che fa fare i titoli sui giornali ma non serve a creare vera equità sociale. Ma, sia chiaro ogni Governo ha il suo sfizio: Prodi ad esempio ha fatto la stessa operazione con la mancia data agli incapienti, con in più il rischio che, con quel sussidio, si potevano anche incentivare i furbi, gli evasori totali».

Dunque una terza fase per un nuovo accordo in stile concertativo che potrebbe consentire di arrivare all'autunno con i «contenitori sociali» pronti: «Stabilite le priorità strategiche, modificato il sistema contrattuale, indicata la strada per l'equità fiscale al Governo spetterebbe di dare corpo politico alle misure di facilitazione di questo processo. Innanzitutto con l'uso della leva degli incentivi e degli sconti fiscali e magari anche creando una nuova dote finanziaria per la diffusione dei premi di risultato da legare - e qui Bonanni è categorico - agli accordi tra azienda e sindacati e non ai premi elargiti dall'impresa».

Ma c'è di mezzo la politica. Bonanni si tiene alla larga dai travagli del Pd e dalla nuova linea del Pdl ma sa che c'è una tenaglia dalla quale la Cisl resterebbe stritolata: un non-accordo sulla politica economica (dai contratti alle priorità infrastrutturali) che potrebbe portare come riflesso la fuga delle imprese verso il salario deciso unilateralmente. «Sarebbe davvero singolare se una nuova stagione di conflitto sociale, di cui purtroppo si vede qualche premessa, portasse a una sparizione del sindacato sui luoghi di lavoro proprio per effetto dello "scippo" del tema salariale. Sarebbe singolare: manifestazioni in piazza e salario "ad nutum", decisi secondo i capricci dell'imprenditore come erano i licenziamenti negli anni 50. Non credo che la Cgil di Epifani voglia davvero una rottura sociale, ma vedo che la politica rischia di inquinare i pozzi e di creare le condizioni perché la parte più massimalista possa tentare di farci cambiare le voci di quell'agenda riformista che invece ci ha imposto il Paese».

E il Dpef con il tasso di inflazione all'1,7%? «È un errore da riparare o con un nuovo indicatore o con un diverso sistema per tutelare il potere d'acquisto. Un tema che, tra l'altro, ci rimanda anche alla necessità di entrare nel dettaglio dei sistemi di misurazione del caro-vita. A causa della metodologia europea, in Italia sfugge, ad esempio, il vero peso degli extracosti dell'energia così come non viene rilevato il dramma delle famiglie che hanno visto esplodere la rata del mutuo. Non basta indicare un numero e sentirsi la coscienza a posto. Anche se lo chiede la Bce».


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