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Autore Discussione: PERSONAGGI: Il lato umano di diciotto giganti della scienza  (Letto 2852 volte)
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« inserito:: Luglio 12, 2007, 12:46:39 pm »

NEWS
12/7/2007 - PERSONAGGI
 
Einstein & C. l’altra faccia della genialità
 
Il lato umano di diciotto giganti della scienza
 
 
PIERO BIANUCCI
 
Ci sono molti modi di essere un genio. Einstein arrivò alle sue scoperte più rivoluzionarie facendo esperimenti mentali. Bohr elaborava sintesi concettuali come potrebbe fare un filosofo. Pauli esercitava un senso critico freddamente razionale ma poi aveva il coraggio di immaginare soluzioni che ragionevolmente sembravano impossibili. Von Neumann, un padre del computer, possedeva una memoria che potrebbe rivaleggiare con un hard disk. Yang impiegò anni prima di capire quanto fosse stato importante il suo lavoro per lo sviluppo della fisica teorica. Storie che si leggono in Ritratti di scienziati geniali di Abraham Pais (Bollati Boringhieri, pp. 478, e40), da qualche giorno in libreria: un viaggio nel mistero della creatività scientifica.

Nato nel 1918 e morto nel 2000, Pais ebbe la sorte di frequentare molti dei più illustri scienziati del suo tempo: fu allievo di Bohr, collega di Einstein, Neumann, Lee e Yang all'Institute for Advanced Study di Princeton, collaboratore di Pauli. Come fisico teorico diede contributi brillanti. Gli mancò però lo scatto del fuoriclasse, e forse per questo dedicò poi gran parte della sua vita alla storia della fisica. Le sue biografie di Einstein, Bohr e Oppenheimer (quest'ultima appena uscita da Mondadori) rimarranno punti di riferimento definitivi.

Ritratti di scienziati geniali nasce da appunti e documenti che Pais aveva raccolto in sovrabbondanza per le sue opere storiche maggiori. Ma qui si abbandona anche all'autobiografia: ricordi personali, aneddoti, curiosità per il lato umano dei 18 scienziati - quasi tutti premi Nobel - di cui disegna i medaglioni. Un fiume carsico che attraversa tutto il libro, con frequenti affioramenti.

La creatività scientifica ha molte facce. Einstein concepì la relatività speciale del 1905 domandandosi come gli sarebbe apparso il mondo se avesse rincorso un raggio di luce alla sua stessa velocità. La relatività generale del 1916 è legata a un altro esperimento mentale. Immaginò di trovarsi chiuso in un ascensore in caduta libera: non avrebbe avvertito la gravità, sarebbe stato senza peso. In entrambi i casi Einstein rovescia il punto di vista. Non guarda il raggio di luce passare davanti a sé ma lo cavalca. Non osserva la caduta di un corpo ma cade con esso. Bellezza, eleganza e semplicità, cioè fattori estetici, guideranno poi la costruzione teorica intorno alle intuizioni iniziali.

Bohr seguiva un filo di ragionamenti aggrovigliati che spesso sfuggivano ai suoi allievi perché certi passaggi logici non li rendeva espliciti, li proiettava solo sullo schermo della propria mente. Il suo maggior contributo alla fisica, il principio di complementarietà che scioglie un nodo fondamentale della meccanica quantistica, non si può neppure definire una scoperta: è la sistemazione di cose note e contraddittorie in una cornice che le tiene insieme. È una pietra miliare, ma elusiva. Mentre l'afferri, ti sfugge. Perla di saggezza di Bohr raccolta da Pais: «Non esprimetevi mai più chiaramente di come pensate». È il miglior elogio dell'oscurità e della sua potenza rivelativa.

Max Born è invece l'esempio di uno scienziato che si fa ispirare da chi lo ha preceduto. Nei suoi lavori sul dualismo onda/particella sviluppa un'idea di Einstein, che aveva concepito il fotone come una particella di luce in corsa dentro una specie di tunnel, un «campo fantasma». Negli anni Venti Einstein abbandona la sua idea, che però continua a vivere di vita autonoma, come l'opera d'arte si stacca dall'artista e vive nelle interpretazioni dei suoi fruitori. Born la recupera, la sviluppa, la supera.

La scoperta non sempre è istantanea. A volte è un processo lentissimo. Sono molti gli scienziati che hanno apprezzato con forte ritardo la portata dei propri risultati. Ma la vicenda di Yang e Mills e della loro teoria dei campi è sorprendente: «Negli anni Cinquanta - scrive Yang - consideravamo il nostro lavoro elegante. Ne compresi l'importanza negli anni Sessanta, e il grande rilievo per la fisica negli anni Settanta».

C'è un rapporto tra memoria e intelligenza? Di solito no. Invece nel caso di John von Neumann la risposta è sì. Aveva una «memoria assoluta», era capace «di leggere un libro e ripeterlo a memoria parola per parola: poteva farlo anche ad anni di distanza senza esitazione». Paradossalmente uno dei problemi che si trovò ad affrontare fu la scarsa memoria dei computer del suo tempo.

Infine, Wolfgang Pauli. Il suo senso critico era così forte che in altri sarebbe diventato paralizzante. Ma quando era necessario riusciva ad azzerare ogni inibizione. Fu così che nel 1929 inventò una nuova particella, il neutrino: verrà poi effettivamente scoperto un quarto di secolo dopo. Pauli denuncia anche il guaio di sapere troppo. «Voi sapete tante cose?» domanda a Pais. Quando lui con modestia risponde di no, Pauli decide che la loro collaborazione può essere fruttuosa.

Gli psicologi individuano due vie principali della creatività: l'illuminazione improvvisa o una serie di prove ed errori. La prima è un'autostrada. La seconda un sentiero tortuoso. Ma la realtà è più sfumata. Genialità, caso, fortuna e incontri umani si intrecciano. C'è posto anche per l'irrazionale. Pauli dava a Jung i suoi sogni come materia da analizzare. Ed era affascinato dalla numerologia: lo turbò il fatto di essere ricoverato nella stanza 137 di un ospedale di Zurigo perché 1/137 è la «costante di struttura fine» introdotta da Sommerfeld, un numero cardine della fisica atomica. In quella stanza morì a 58 anni, due giorni dopo un intervento per cancro al pancreas. Del resto Arthur Koestler ha descritto Keplero come un sonnambulo in bilico tra scienza e magia. Come diceva il chimico Robert Williams: «La creatività è figlia illegittima della razionalità e dell'immaginazione».
 
da lastampa.it
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