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Autore Discussione: Un gasdotto cambierà il mondo  (Letto 2039 volte)
Admin
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« inserito:: Giugno 07, 2008, 10:53:14 am »

7/6/2008
 
Un gasdotto cambierà il mondo
 
 
 
 
 
GIANDOMENICO PICCO
 
Recentemente il presidente iraniano Ahmedinejad si è recato in Pakistan e in India per rilanciare il progetto di un gasdotto lungo 2600 chilometri (da Assaluyeh sulla costa del Golfo Persico alla costa nord occidentale dell’India), che attraversa i tre Paesi, costa 7 miliardi di dollari e supera la dimensione economica per entrare in quella strategica. Se ne parla dal 1994. India, Pakistan e Iran hanno una collocazione geopolitica molto diversa soprattutto nei rapporti con gli Usa. L’India non ha mai avuto con Washington rapporti così buoni come oggi e ha fitte relazioni con Israele. Mentre continua a crescere come potenza economica. Il Pakistan, vicino agli Usa ma anche alla Cina in funzione anti-indiana, ha dovuto riscrivere i propri rapporti con Washington dopo l’avventura talebana a Kabul e gli effetti dell’11 settembre. L’esperienza degli studenti islamici in Afghanistan sarebbe stata impossibile senza l’appoggio pachistano, e quell’impresa conteneva un elemento anti-iraniano ma anche un elemento anti-indiano.

L’Iran negli ultimi dieci anni ha cooperato con gli Usa sul fronte afghano, specie durante gli accordi di Bonn nel dicembre 2001 dove nacque il nuovo Afghanistan. In seguito ha di fatto partecipato alla coalizione che ha rimosso Saddam Hussein. Poi ha riconosciuto subito il nuovo corso iracheno, nel quale gli sciiti locali, legati ai potenti sciiti iraniani, giocano un ruolo chiave. Ma l’Iran è anche il Paese del progetto nucleare contro il quale il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha già adottato tre risoluzioni di sanzioni. La dimensione nucleare unisce e divide questi tre Paesi. Pakistan e India non hanno firmato il Trattato di non proliferazione, possiedono bombe atomiche e tuttavia non sono demonizzati da Washington. Lo stesso giorno in cui iniziava la visita a New Delhi del presidente iraniano la stampa locale riportava la notizia significativa che gli Usa hanno offerto all’India aerei da caccia più sofisticati di quelli in possesso del Pakistan, alleato privilegiato di Washington. L’ostilità tra Iran - firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare ma sotto sanzioni Onu per il suo programma atomico - e gli Usa, è un elemento chiave nella geopolitica della regione. Washington si è sempre opposto al progetto del gasdotto. L’Iran è potenzialmente il secondo produttore al mondo di gas ma è anche molto in ritardo nell’assicurarsene i mercati. Per sviluppare il settore energetico servono imponenti investimenti stranieri, ma le compagnie occidentali restano molto prudenti di fronte all’ostilità tra Teheran e Washington. Non a caso nel progetto del gasdotto c’è anche un accordo per grossi investimenti indiani nel settore degli idrocarburi in Iran e un invito alla Cina - sempre alla ricerca di rifornimenti energetici - perché partecipi alla sua realizzazione.

Il caso del gasdotto Iran-India sembra dare ragione a chi pensa che viviamo in un mondo dove non ci sono più alleanze consolidate ma allineamenti occasionali. Un accordo sul gasdotto non è stato ancora raggiunto, anche se il presidente pachistano ha suggerito una riunione ministeriale a tre per fine giugno. Una infrastruttura che unisca i tre Paesi avrebbe un valore politico non indifferente: un contributo al rapprochment India-Pakistan; un legame tra un alleato e un partner economico di Washington come Pakistan e India e un avversario come l’Iran; e presumibilmente un grande posticipo, se non la fine, del progetto alternativo di un gasdotto da Turkmenistan all’India via Afghanistan e Pakistan che gli Usa hanno sempre favorito. L’accordo finale richiederebbe anche l’offerta di vantaggi economici per la popolazione Baluci del Pakistan alla frontiera con l’Iran, dove la sicurezza del gasdotto non è data per scontata. Ma bisogna ottenere la «non opposizione» da Washington. Difficile, allo stato attuale dei rapporti Usa-Iran. A meno che il gasdotto diventi parte di un «quid pro quo» con l’aiuto dei Paesi interessati del Sud Asia. Si delinea insomma una variazione strutturale che incide sui rapporti di mezzo mondo. O forse di tre-quarti del mondo.

da lastampa.it
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