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Autore Discussione: BERSANI -  (Letto 67682 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Febbraio 05, 2013, 06:56:22 pm »

IL LEADER DEL CENTROSINISTRA

Bersani: «Pronti a collaborare con Monti»

La replica: «Disponibile con chi vuole riforme»

Il candidato del centrosinistra a Berlino: «Disposti a lavorare con chiunque sta contro leghismo e berlusconismo»


«Noi siamo prontissimi a collaborare con tutte le forze contro il leghismo, contro il berlusconismo, contro il populismo. E quindi certamente anche con il professor Monti» Pierluigi Bersani a Berlino lancia la proposta a Monti. Un'apertura che è stata raccolta dal premier uscente con queste parole «Apprezzo ogni apertura e ogni disponibilità e anche questa frase che Bersani ha detto dalla Germania, dove, mi pare, la politica fatta in quest'ultimo anno con l'aiuto del Parlamento, è stata apprezzata», così il premier Mario Monti, a Pordenone, ha commentato le parole del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Io - ha assicurato - sarò disponibile ad alleanze con tutti e solo coloro che saranno seriamente impegnati sul piano delle riforme strutturali».

LAVORO E PENSIONI - Parlando al German council on Foreign Relations, il segretario del Pd ha ripercorso la parabola della discesa in campo del premier. «Monti è arrivato da solo. Era il professor Monti. Non aveva una forza politica né una maggioranza parlamentare. Gliele abbiamo date noi. Noi abbiamo voluto Monti, noi abbiamo affrontato il popolo che ha visto la riforma del lavoro e delle pensioni. Ci riteniamo protagonisti nel bene e nel male di questo anno e mezzo».

LE REAZIONI - L'apertura di Bersani a Monti consente alla sua concorrenza a sinistra di incalzarlo: «Bersani ha fatto la sua scelta. Quella di stare dalla parte dei poteri forti tutelati da Monti anziché dei cittadini senza potere che evidentemente siamo solo noi a tutelare. Gli elettori ne prendano atto», ha detto il leader di Rivoluzione civile, Antonio Ingroia. Non mancano le critiche anche dal centro destra: «Bersani si dice "prontissimo a collaborare con Monti. Che c'entri una certa banca di Siena? Più dell'onor potè l'inciucio...», ha scritto su Twitter Roberto Maroni. Mentre Sandro Bondi, senatore del Pdl commenta: «È evidente che, al di là della cortina fumogena appositamente concordata, dopo le elezioni Monti e Bersani si propongono di formare una intesa di governo che garantisca la Germania, come rivela l'incontro di Bersani con il custode del rigore del governo tedesco. Solo gli elettori possono sventare questo patto ai danni dell' italia».

Redazione Online

5 febbraio 2013 | 16:56© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_febbraio_05/bersani-pronto-collaborare-con-monti_eb6fd228-6f9c-11e2-b08e-f198d7ad0aac.shtml
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« Risposta #76 inserito:: Febbraio 26, 2013, 10:12:01 pm »

«Non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi»

Bersani: noi per un governo di combattimento

«Il Movimento 5 Stelle è il primo partito, ora Grillo ci dica cosa vuole fare. Ciascuno si prenda le sue responsabilità»


La faccia è scura. Preoccupata. Tirata. È il momento di Pier Luigi Bersani. Il primo commento del segretario del Pd dopo i risultati delle elezioni. Si parte con una ammissione: «È chiaro che chi non riesce a garantire governabilità non può dire di aver vinto. Non abbiamo vinto anche se siamo arrivati primi e questa è la nostra delusione». E sono «due elementi di fondo» che secondo Bersani hanno influito: «Il primo della crisi: la recessione più grave del dopoguerra a oggi.E la disoccupazione giovanile».Ma soprattutto «c'è stato un rifiuto della politica così come si è presentata in questi anni, di istituzioni inefficienti e di una politica apparsa moralmente non credibile».

I PUNTI DEL PD -Il pallino, per ora, è in mano al Pd. Ed elenca i tre punti da cui non vuole prescindere. «Perché non è l'ora della diplomazia». Dunque i temi da affrontare per la prossima legislatura sono riforme istituzionali, quella «della politica e dei suoi costi, poi la legge sui partiti e una moralità pubblica e privata». Un programma essenziale. Perché Bersani dice di no «a discorsi a tavolino su alleanze. Ognuno si deve prendere le responsabilità in Parlamento».

IN PARLAMENTO E IL PDL - Una certezza c'è: «Bisogna cambiare». Per questo lui vuole fare un «governo di cambiamento». Anzi, «di combattimento». E su una cosa chiarisce: «No a discorsi a tavolino sulle alleanze». Per questo «consegneremo al presidente della Repubblica le nostre impressioni. Le nostre valutazioni. E alla fine sarà lui a dire chi è in grado di poter fare il governo in questo passaggio difficile». In ogni caso «noi ci rivolgeremo al Parlamento». Quindi è escluso un «governissimo con il Pdl». Certo, «ci confronteremo ma non penso che atteggiamenti diplomatici corrispondano al cambiamento che dicevo, dobbiamo ribaltare lo schema, non credo che il paese tolleri balletti di diplomazia...si riposassero».

IL M5S - Scartata dunque una possibile alleanza con il Pdl, Bersani guarda a Grillo che per stessa ammissione del segretario è il primo partito. Quindi, «ora è lui che ci deve dire che cosa vuole fare». E attende « l'insediamento del Parlamento. E lì ci saranno le possibilità istituzionali». Per le presidenze di Montecitorio e Palazzo Madama, Bersani si dice «favorevole alla co-responsabilità. Il Movimento 5 Stelle è primo alla Camera. Ciascuno si prenda le sue responsabilità». Ma su una cosa chiarisce: «Certamente un'Italia che si staccasse dall'Europa sarebbe un disastro, questa è matematica non è un'opinione». Certo, altro discorso è «se si dice che bisogna chiedere una rivisitazione della politica economica e ci sono proposte dei progressisti».

IL SINDACO DI FIRENZE - A chi gli chiede se non era meglio far correre Renzi, lui risponde «Non se avremmo vinto. Io ho fatto le primarie. Di più non potevo fare».

Benedetta Argentieri

bargentieri@corriere.it

26 febbraio 2013 | 18:08© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/politica/speciali/2013/elezioni/notizie/26-febbraio-bersani_8dc898c2-802b-11e2-b0f8-b0cda815bb62.shtml
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« Risposta #77 inserito:: Marzo 03, 2013, 11:19:34 pm »


PD – Partito Democratico

Il mio piano per governare

Intervista a Pier Luigi Bersani di Massimo Giannini - La Repubblica

pubblicato il 1 marzo 2013 ,

Chiamatelo come volete: governo di minoranza, governo di scopo, non mi interessa. Mercoledì prossimo lo proporrò in direzione, poi al Capo dello Stato: io lo chiamo un governo del cambiamento, che mi assumo la responsabilità di guidare, che propone sette o otto punti qualificanti e che chiede in Parlamento la fiducia a chi ci sta». Pierluigi Bersani si gioca così le ultime carte. Chiuso nel suo ufficio, tormenta il solito toscano spento. Ma appare molto più battagliero della mesta conferenza stampa di martedì scorso. Il leader del Pd prova a uscire dall'angolo rilanciando la sfida a Grillo («i suoi insulti non mi spaventano»), aprendo alle ipotesi di offrire le alte cariche dello Stato a M5S e Pdl «sui ruoli istituzionali siamo pronti a esaminare tutti gli scenari») ma chiudendo definitivamente la porta a qualunque "governissimo" con Berlusconi («ora basta, di occasioni per dimostrarsi responsabile ne ha avute e le ha sprecate tutte»).

Segretario, partiamo dall`inizio. Il giorno dopo lo tsunami. Cos`ha provato, lunedì sera?

«Come ho già detto: una delusione per una governabilità a rischio».

Vogliamo dirlo? Queste elezioni le avete perse.

«Anche se per la prima volta un partito di centro sinistra ha avuto la maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato questo non ci ha consegnato di per sé la soluzione, come avverrebbe in altre democrazie del mondo...».

Non parli in politichese. Avete vinto numericamente, ma avete perso politicamente. Il Pd ha dilapidato 3 milioni 600 mila voti, con il neo-liberismo in crisi, l`onda lunga delle sinistre in Europa, la destra berlusconiana distrutta in Italia. Quando vi ricapiterà un`occasione del genere?

«Certamente questa ondata di protesta ed esigenza di cambiamento ci è arrivata in casa. Ma non è vero che le "condizioni di sistema" erano così favorevoli. Sul terreno sociale non lo erano affatto. E questo io l`avevo percepito. Si vada a rileggere tutto quello che ho detto in campagna elettorale, e vedrà se non è vero».

Se fosse vero, gli italiani l`avrebbero votata in massa. Se non è successo la colpa di chi è? Degli italiani che non hanno capito, odi voi che non vi siete spiegati?

«Ne vedo tanti di dotti, medici e sapienti che sdottoreggiano col senno di poi. Io non ho mai pensato che se non vinciamo la colpa è degli italiani che non ci capiscono. E neanche penso che quel che è avvenuto sia riconducibile a errori della campagna elettorale che possono sempre esserci. Si sono fronteggiati una destra che proponeva soluzioni fiscali oniriche e Grillo che proponeva la palingenesi. Mi vuol far dire che avremmo dovuto coltivare anche noi un messaggio che si inserisse tra l`impossibile e l`irrazionale? Avremmo dovuto essere un po` meno "realisti"? Non sono convinto di questo. In campagna elettorale ho sempre detto che il cuore della crisi italiana nasceva dai temi sociali, dall`impoverimento e dall`allargamento della forbice delle disuguaglianze».

L`impressione è che siate rimasti ingabbiati tra la solita paura di scoprirvi a sinistra e la solita necessità di aprire al centro, tanto più che sapevano tutti che dopo il voto avreste fatto l`accordo con Monti.

«E' innegabile che la necessità di non rompere con Monti ci ha condizionato. E in questo condizionamento qualcosa abbiamo pagato».

In più avete sottovalutato la rabbia degli italiani, che mentre pagavano l`Imu vedevano moltiplicarsi gli scandali e non vedevano limiti ai privilegi della casta.

«Ho sempre avuto chiaro quanto contassero anche i nodi dei costi e dei meccanismi della nostra democrazia, che via via sono diventati una pregiudiziale ineludibile per tanti elettori che hanno scelto il Movimento 5 Stelle...».

Ma lo tsunami vi ha travolto lo stesso. Evidentemente il messaggio sul cambiamento è stato vago, o non abbastanza forte.

«No, su questo non ci sto. Si può dire che non siamo riusciti ad evitare che il fenomeno del voto del disagio e della protesta ci venisse in casa. Ma non mi si venga a dire che non avevamo visto il pericolo. Se non l` avessi visto non avrei fatto le primarie, mettendomi in gioco, e non avrei fatto le "parlamentarie". E oggi lo tsunami non l`avremmo preso di striscio, ma in piena faccia. Se abbiamo un Parlamento tutto nuovo il grosso del merito è nostro: il 42% dei nuovi sono donne, e su 340 deputati dei nostri eletti alla Camera io ne conosco al massimo il 10%. In campagna elettorale ho passato giorno e notte a divincolarmi, tra chi mi chiedeva a quanti centimetri di distanza il Pd dovesse stare da Monti o da Vendola. Mi sono sgolato a rispondere "voi siete matti, non vedete che il problema non è questo?"».

 Lei si sgolava pure, ma non si chiede perché non l`abbiamo sentita?

«Vuol dire che abbiamo sbagliato qualcosa in campagna elettorale? Accetto anche questo. Ma vede, insistere su questo vuol dire rimuovere la questione di fondo. Le ragioni che spiegano la novità del voto le ho indicate più volte e ora devo solo rafforzarle. Negli ultimi due anni la riduzione di Pil e la distruzione di valore aggiunto e posti di lavoro è comparabile solo con quello che è successo dopo l`ultima Guerra Mondiale. Di fronte a questo dramma la politica è apparsa impotente o immorale. Chiedersi "quanto ci costa un parlamentare" è l`altra faccia del chiedersi "a che serve un parlamentare". La democrazia rappresentativa ha dimostrato di non padroneggiare l`avvitamento in atto tra austerità e recessione. E un tema europeo, ma è un tema ancora di più italiano. Questa crisi ha creato correnti fortissime, l`opinione pubblica si è divisa tra istanze di innovazione, proteste radicali, linee di fuga utopiche, scorciatoie per cercare il meglio dal peggio, tipo "usciamo dall`euro". Qui, in questo punto, sta il che fare...».

Bene, ce lo spieghi. Che fare?

«Prima di tutto c`è da rispettare l`esito del voto. In secondo luogo c`è bisogno che ciascuno si assuma le sue responsabilità. A noi spettata prima parola perché abbiamo la maggioranza, larga alla Camera e relativa al Senato. E allora, per noi responsabilità significa cambiamento. Il cambiamento non è un`esclusiva di M5S. Anche noi l`abbiamo chiesto, l`abbiamo praticato e oggi e lo invochiamo con ancora più forza».

In che modo? Qual è la sua proposta per dare governabilità al Paese?

«Voglio ribaltare lo schema. Mercoledì prossimo in direzione mi assumerò la responsabilità di formali fare la proposta di un governo di cambiamento, che segnali in modo netto il cambio di fase con sette - otto punti programmatici. Il primo tema è l`Europa.Voglio che il prossimo governo ponga una questione dirimente, di cui ho parlato al telefono con Hollande l`altroieri: l`austerità da sola ci porta al disastro. In sede europea, tutti devono mettersi in testa che il rientro dal debito e dal deficit è un tema che va spostato nel medio periodo: ora c`è un`altra urgenza assoluta, il lavoro. Il secondo tema è quello sociale. Il disagio è troppo forte, i comuni devono poter aprire sportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della PA alle imprese e introdurre sistemi universalistici negli ammortizzatori sociali. Il terzo tema è la democrazia. Il nuovo governo, immediatamente, deve dimezzare il numero dei parlamentari, abbattere gli stipendi al livello di quelli dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti, che inaspriscano drasticamente le norme anti-corruzione e che regolino finalmente i conflitti di interessi. Ciascuno di questi punti si tradurrà in un specifico disegno di legge, che giorno dopo giorno farò pubblicare in rete già da giovedì mattina. Questo mi offrirà la gradevole opportunità di rilanciare anche qualche vecchia idea, come la creazione di un ministero per lo Sviluppo Sostenibile, visto che l`economia verde deve essere il cuore del nuovo governo che ho in testa».

Perfetto. E con questa piattaforma programmatica cosa ci farà, una volta ottenuto il via libera dalla direzione del Pd?

«Quando il Capo dello Stato mi chiamerà per le consultazioni, io presenterò questa piattaforma come base per un governo di cambiamento...».

... Di cui lei si candida a fare il presidente del Consiglio?

«Sì. Questa sarà la mia proposta a Napolitano. Con questa piattaforma io mi presento in Parlamento, perché è ora che questo Parlamento fortemente rinnovato torni a svolgere fino in fondo il suo ruolo. Con questa piattaforma io mi rivolgo a tutte le forze politiche, per vedere chi è pronto ad assumersi le proprie responsabilità».

E questo cosa sarebbe? Un governo di minoranza, un governo di scopo, che si va a cercarei voti dove li trova, senza maggioranze precostituite?

«Lo chiami come vuole. Per me è un govemo di cambiamento, che come tutti i governi chiederà la fiducia. La mia partita la gioco a viso aperto, e questo vuoi dire che non ci sono tavoli segreti, inciuci o caminetti».

Grillo dice: "sceglierò legge per legge cosa votare"...

«Leggendo la nostra costituzione, votare legge per legge non è sufficiente, perché un governo nasce con un voto di fiducia o non nasce per niente. Ora sta a lui scegliere. Il cambiamento non lo fai con quelli che di una torta si vogliono mangiare solo la ciliegina. Il Paese va governato, non può essere lasciato allo sbando di fronte all`Europa e ai mercati».

D`Alema propone di cedere a M5S e al Pdl la presidenza di Camera e Senato. Lei è d`accordo?

«Non mi discosto da quello che ho detto in campagna elettorale. Chi arriva primo non ha l`esclusiva sulle cariche istituzionali. Ma ci sono due aspetti che mi preme sottolineare. Il primo: l`emergenza non si affronta con i vecchi schemi da cittadella assediata della politica. Il secondo: quando ci sono in ballo le istituzioni sono aperto a tutte le ipotesi, ma quando si parla di governo non possono esserci ambiguità...».

Appunto, Hic Rhodus. Se salta lo schema del suo "governo di cambiamento" lei è pronto o no a fare il patto col diavolo, cioè un governo di larghe intese con il Berlusconi "statista" che dice "questa è l`ora della responsabilità"?

«Senta, in questi anni Berlusconi di "ore della responsabilità" ne ha avute a bizzeffe, e le ha mancate tutte. La responsabilità lui non la concepisce al di fuori degli interessi suoi e dei suoi. Dunque, lo voglio dire con assoluta chiarezza: l`ipotesi delle larghe intese non esiste e non esisterà mai».

Eppure sembra che anche nel Pd ci siano forti pressioni su di lei.

«Pressioni ce ne sono tante, e di tutti i tipi. Anche la base preme, e in direzione opposta a quella delle larghe intese. Per fortuna siamo un grande partito, che discute e decide in organismi collegiali. Proposte di governissimo finora non ne ho sentite. Sarebbero la morte del Pd, sarebbero risposte di una politica che rifiuta la realtà e si chiude in se stessa. Io ho un`altra idea: come ho detto sempre in campagna elettorale serve un governo di combattimento, e io sono pronto a guidarlo».

Ma se Grillo le risponde picche, e le ripete che lei è "un morto che cammina" che si fa?

«Mi aspettavo che Grillo rispondesse così. Ma sbaglia di grosso, se pensa di aver davanti uno che si impressiona. A Grillo voglio solo dire che accolgo il suggerimento di Vasco Rossi: "fottitene dell`orgoglio". Lui può insultare finché vuole, ma deve venire in Parlamento a dirmelo. Gli lancio questa sfida. Il governo di cambiamento che propongo non risponde solo al sentire del suo popolo, ma anche del mio. Finora il suo slogan è stato "tutti a casa". Bene, ora che dentro la casa c`è anche lui dica con chiarezza se vuole andare via anche lui o se è interessato a ristrutturare la casa».

Non mi ha detto se nel suo pacchetto c`è anche la riforma della legge elettorale, visto gli ennesimi disastri prodotti dal Procellum.

«È certamente una priorità. Bisognerà verificare le posizioni altrui. Noi la nostra proposta l`abbiamo già presentata in Parlamento:maggioritario a doppio turno, sul modello francese».

D`Alema, evidentemente per blandire il Pdl, propone di inserire il presidenzialismo. Lei condivide?

«Nella nostra proposta deliberata dall`Assemblea nazionale il presidenzialismo non c`è».

Senta, ma se il suo governo di cambiamento fallisce che succede? Si torna a votare?

«Non ho subordinate. Questa è la mia proposta. Deciderà il presidente della Repubblica, con la sua consueta saggezza».

Lei si sta giocando l`osso del collo. Non ha mai pensato di dimettersi, in questi giorni? E che farà se la sua proposta non va in porto?

«Dimissioni? Sono due anni che dico che questo 2013 per me è l`ultimo giro. Lo so e l`ho sempre saputo. Ma da mozzo o da comandante, io non lascio la nave...».

Segretario, dica la verità. Quanto pesa l`istinto di sopravvivenza delle nomenklature?

«Non scherziamo. Qui c`è un Paese da salvare. Per quel che riguarda me chi pensa che sia in gioco una questione personale o è un meschino, o è un cretino».

Fonte: La Repubblica

DA - http://www.partitodemocratico.it/doc/251447/il-mio-piano-per-governare.htm
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« Risposta #78 inserito:: Marzo 07, 2013, 11:07:19 pm »

Il sudoku del post voto: dal piano di Bersani al governo del presidente.

Ecco le 5 ipotesi

di Vittorio Nuti

7 marzo 2013Commenti (9)


La direzione nazionale del Pd ieri ha approvato in massa la linea del segretario Bersani, incardinata su un governo di minoranza che strizza l'occhio ai grillini grazie ad un programma di 8 punti vicino ad alcune istanze del Movimento. Il sudoku del post voto è però tutt'altro che risolto, perché l'ipotesi Governo di minoranza è solo una tra le molte sul tavolo del capo dello Stato, tutte con quotazioni oscillanti a seconda della giornata e degli umori dei vari leader. Passiamole in rassegna.

Incarico a Bersani e governo di minoranza targato Pd
È l'ipotesi sostenuta da Pier Luigi Bersani: grazie al premio di maggioranza imposto dal "Porcellum", il Pd ha tre volte i deputati di Grillo, il doppio di quelli di Berlusconi, e si candida a guidare il governo contando sulla possibile uscita dall'aula del Senato dei grillini, che negli ultimi giorni hanno però sempre confermato il loro «no» ad ogni possibile appoggio ai democrats. Il Quirinale, anche per questa ragione, è molto freddo all'idea di concretizzare la cosa. Ma Bersani non demorde, anche perché la direzione Pd (per ora) non ha chiesto un cambio di rotta. «Da questa riunione di ipotesi B non ne sono venute, è venuta una iniziativa A», ha sottolineato il segretario nella sua replica finale, per poi ammettere: «è un sentiero molto stretto, o lo si supera e si comincia con un governo che cambi davvero le cose, o almeno questo sentiero lo si sgombrerà dalla nebbia». Una soddisfazione, in tempi così incerti.

Da valutare poi il ruolo di Renzi, che ha assistito alla relazione Bersani del mattino ma poi ha lasciato la riunione senza commentare: chi tace acconsente - come sostiene Vannino Chiti - o chi tace sta zitto, come crede chi conta in una scelta attendista da leader di riserva? Lo capiremo nei prossimi giorni.

Governo di scopo tecnico istituzionale o "del Presidente"
Se la prima ipotesi, come sembra assai probabile, non andrà in porto, prenderà corpo come "piano B". Non dei democratici ma del Quirinale, che potrebbe essere costretto a giocare la carta del governo "politico istituzionale" cui affidare come compito principale quello di modificare la legge elettorale, di mettere in cantiere alcune riforme istituzionali e di varare i provvedimenti necessari a sostenere l'economia prima del ritorno alle urne. Chi lo guiderebbe? Sarebbe sicuramente un governo a termine, composto da figure di riconosciuta autorevolezza a cavallo tra il modo politico e quello istituzionale, in grado di ricevere il consenso di un'ampia maggioranza in Parlamento.

Monti-bis e prorogatio del Governo del Professore dimissionario
Non è fantapolitica, ma una ipotesi che Napolitano potrebbe essere costretto a percorrere se le due precedenti formule non trovassero i voti necessari in Parlamento. Il programma, in questo caso, non potrebbe essere molto diverso da quello di un Governo di scopo, quindi legge elettorale in tempi brevi e misure tampone in economia per tranquillizzare i mercati. Un contributo in questa direzione potrebbe arrivare dal dialogo che lo stesso Monti ha aperto con il sindaco di Firenze Matteo Renzi, uscito sconfitto dalle primarie del Pd per il candidato premier. Intanto, mentre si cercano soluzioni di governo, il premier dimissionario Monti va comunque avanti e governa in regime di "ordinaria amministrazione".

Spazio agli ultimi arrivati: Governo "a 5 stelle"
Al momento non ci pensa davvero nessuno, neanche i diretti interessati, anche per la dichiarata inesperienza dei grillini, ma nei partiti "tradizionali" potrebbe affacciarsi la tentazione di "mettere alla prova" i nuovi arrivati.

Governissimo Pdl-Pd o esecutivo di "Grande coalizione"
Insieme alla precedente, nella scala delle probabilità, è l'ipotesi che più si avvicina allo zero, almeno sotto forma di un'alleanza diretta tra il maggiore partito del centrodestra ed il maggiore partito della sinistra: la distanza tra Pd e Pdl è antropologica e culturale, ribadita in tutte le salse dall'ultima direzione dei democratici. Il centrodestra, Berlusconi in testa, però ci spera, convinto che sia l'unico modo per giocare ancora un ruolo "pesante". Per rimetterla in pista, da qui al 15 marzo quando si riuniranno per la prima volta le Camere, dovrebbero davvero cambiare troppe cose negli assetti e negli equilibri della sinistra. Da registrare, comunque, la posizione solitaria di un peso massimo come Massimo D'Alema, che ieri in direzione ha messo in guardia da chi teme che si arrivi ad un accordo con i berluscones: «Vogliamo liberarci dal complesso, dalla malattia psicologica dell'inciucio? Gramsci diceva che la paura dei compromessi é l'emanazione di una subalternità culturale che serpeggia nelle nostre file. Il fatto che in un Paese in cui da vent'anni le forze politiche non sono d'accordo su nulla il dibattito sia dominato dall'inciucio é segno di fragilità culturale». Poco prima, si era rammaricato «che non sia possibile l'unità nazionale. Colpa di Berlusconi, non ce ne possiamo rallegrare: il tentativo di comprare parlamentari é un attentato alla democrazia. Lo steccato sta nel leader che guida la destra». E se Berlusconi facesse un passo indietro? Al momento è impossibile, ma domani, chissà…

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da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-03-06/piano-bersani-prova-sudoku-212049.shtml?uuid=AbWMfZbH
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« Risposta #79 inserito:: Marzo 18, 2013, 05:12:40 pm »

17 marzo 2013 - 11:31

Così Bersani giaguaresca un po'

La frase di Pier Luigi Bersani più smentita dai fatti e dallo stesso Bersani non è quella sul giaguaro, ma quella sul fatto che di tattica si possa anche morire.

Con le elezioni di Pietro Grasso e Laura Boldrini alla presidenza del Senato e della Camera, infatti, Bersani ha dimostrato che di tattica si può anche sopravvivere un po'. Male che gli vada, ha iniziato nel migliore dei modi la sua campagna elettorale all'insegna dell'inseguimento dei voti di sinistra andati a Beppe Grillo alle elezioni del giaguaro non smacchiato, bene che gli vada si ritrova premier di un governo fatto dalla ricompattata alleanza di centrosinistra (con Boldrini alla Camera il partito unico Pd-Sel è quasi fatto) più spezzoni vari di dissidenti vari al Senato. Poi al paese forse servirebbe un governo forte, coraggioso e capace di fare riforme profonde. Ma questo è un altro discorso, da rinviare magari a dopo le prossime elezioni. Si vedrà.

da - http://danielebellasio.blog.ilsole24ore.com/danton/2013/03/cos%C3%AC-bersani-giaguaresca-un-po.html
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« Risposta #80 inserito:: Marzo 26, 2013, 11:23:15 pm »

Consultazioni, Bersani alla prova dei partiti.

Alfano: "Posizioni distanti, così si va al voto"

Il leader democratico incontra oggi le formazioni politiche.

Dal Pdl ancora un no a qualsiasi forma di sostegno che non passi da una "grande coalizione".

La neo parlamentare del Pd Alessandra Moretti: "Giovedì al Quirinale il segretario andrà con l'esito delle consultazioni e chiederà a Napolitano di andare in Parlamento e di presentare gli otto punti"


ROMA - "La via migliore è la collaborazione". Lo ha detto Angelino Alfano al termine dell'incontro con Pierluigi Bersani nell'ambito del quarto giorno di consultazioni sulla formazione del nuovo governo. Il segretario del Pdl ha aggiunto che "la soluzione più sperimentata in Europa è quella della corresponsabilità tra le forze principali". "Questa collaborazione - ha precisato - non può non tenere conto che il turno elettorale coincide con l'elezione del presidente della Repubblica. Le forze politiche che hanno avuto massima rappresentanze vanno coinvolte in momento così delicato".

Da Maroni ok ad Alfano. "Noi non abbiamo posto preclusioni su nessuno ma considereremmo incomprensibile un atteggiamento di chiusura da parte di chi ha vinto solo con uno scarto dello 0,3% di voti e se così fosse mancherebbe in assoluto e in ogni forma il nostro sostegno alla nascita del governo Bersani", ha detto ancora Alfano. Dopo di lui ha preso la parola il segretario della Lega Nord Roberto Maroni, spiegando di condividere in pieno le parole dell'ex ministro della Giustizia. "Auspichiamo un governo a guida politica - ha commentato - basta con i tecnici. Serve un governo di legislatura che duri, solo così si affrontano e risolvono i problemi e lo dico in veste di governatore".

Alfano ha chiarito poi  che al momento tra Pd e centrodestra "le posizioni restano molto distanti e se così resteranno anche nelle ultime 48 ore ribadiremo che l'unica strada è tornare al voto".

Consultate da sabato a ieri parti sociali di assai diverso ordine e grado, da oggi sono iniziati per Bersani gli incontri con le forze politiche, dopo aver respinto al mittente l'offerta di Berlusconi su Alfano come vice e aver incassato ieri la fiducia piena dalla direzione Pd, in una riunione lampo durata meno di un'ora.

Giovedì al Colle. I colloqui con i partiti dureranno oggi e domani. Giovedì Bersani è atteso al Quirinale per fare le sue valutazioni e richieste e mettere Napolitano in condizione di tirare le somme sull'incarico: mettere la parola fine all'esplorazione del segretario Pd, dare il via libera alla nascita di un suo governo che vada la prossima settimana alle Camere a chiedere il voto di fiducia.

La neo parlamentare del Pd Alessandra Moretti si dichiara ottimista: "Giovedì al Quirinale Bersani andrà con l'esito delle consultazioni e chiederà a Napolitano di andare in Parlamento e di presentare gli otto punti". "Se avessi Berlusconi qui davanti a me - ha continuato in un'intervista al Tgcom24- gli chiederei  di fare un passo indietro". Ribadendo che "noi apriamo al Pdl per quanto riguarda le riforme costituzionali, ma sull'attività di governo ci sono delle incompatibilità evidenti a partire dalla figura di Berlusconi".

Alle 17.45 è previsto il faccia afaccia tra Bersani e i montiani di Scelta Civica. Passaggio tutt'altro che scontato perché un loro eventuale no al governo Bersani senza accordo certo con il centrodestra potrebbe tagliare la gambe definitivamente al lavoro del leader Pd.

M5S mercoledì. Domani, invece, il leader democratico chiude le consultazioni con gli alleati di Sel di Nichi Vendola, i capigruppo del suo partito e con il Movimento Cinque Stelle. Non è ancora dato sapere se Beppe Grillo in persona bisserà la consultazione come fatto con Napolitano la scorsa settimana al Quirinale, onde evitare tentazioni di voto autonomo di qualcuno dei suoi parlamentari. E' invece certa la richiesta di diretta streaming del colloquio con Bersani venuta dai grillini, onde fugare anche solo il sospetto di  "accordi non rivelabili" fra il Movimento e il leader Pd. Oggi una parziale apertura a Bersani è arrivata dal deputato del M5S Matteo Dall'Osso. "Vogliamo un governo a cinque stelle non dei cinque stelle, ovvero un governo con personalità estranee alla politica", ha affermato a Radio 24, elencando alcuni nomi: "tipo i giornalisti Saviano, Gabanelli, come premier magari Zagrebelsky, ex giudice della corte costituzionale". Perché non Bersani premier? "Lui - ha risposto ancora il parlamentare - è stato ministro dell'industria e non delego una persona così. Non la diamo la fiducia a lui, se vuole crea un Governo con personalità superpartes che ne sanno del proprio lavoro non legate ai partiti. Se vogliono metterci in difficoltà devono fare così".

Sì alla fiducia da Union Valdotaine e Gruppo Misto. Le consultazioni di oggi si sono aperte alle 10 con la delegazione del gruppo della Minoranza linguistica della Valle d'Aosta, che si è dichiarato "pronto ad appoggiare quella che sarà la proposta di governo". "Ci sono state date garanzie sulle autonomie", spiegano  il loro rappresentanti Albert Laniece, Rudy Franco e Margue Rettaz. Appoggio a Bersani e no deciso alle larghe intese anche da parte del Gruppo Misto al Senato: "E' necessario e auspichiamo che si possa arrivare alla formazione di un governo su dei punti chiari che sono gli otto punti di Bersani, ma ce ne possono essere anche altri", ha detto la senatrice Loredana De Petris. "Non saremo mai d'accordo- aggiunge De Petris- a ipotesi di governo di coalizione Pdl-Pd, perchè non farebbero bene al Paese".
 
Sostegno anche dal Psi alleato del Pd nella coalizione di centrosinistra. Il segretario Riccardo Nencini auspica un "esecutivo di cambiamento aperto alle eccellenze". Vasco Errani, in rappresentanza della Conferenza delle Regioni, manifesta la volontà di collaborare a un "governo allargato del Paese" e chiede che vengano "assicurate date certe per le riforme istituzionali". Propone, inoltre, che venga ristabilito il fondo sanitario nazionale e si attui una revisione del patto di stabilità interna per le regioni. Occorre poi evitare l'aumento dell'Iva e rivedere l'Imu sulla prima casa.

L'incontro con Bagnasco. Pier Luigi Bersani ha incontrato anche il presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), il cardinale Angelo Bagnasco.

Le consultazioni dei giorni scorsi. Ieri si erano sono svolti gli incontri con Cgil, Cisl, Uil, Ugl; con Rete imprese Italia; con una rappresentanza del mondo ambientalista; con don Luigi Ciotti; con il Forum delle associazioni giovanili e del consiglio nazionale degli studenti; con il Consiglio italiano del movimento europeo, con il Movimento federalista europeo e la Gioventù federalista europea.

Domenica, invece, Bersani aveva incontrato Confagricoltura, Cia, Copagri, Confcooperative, Coldiretti, il presidente Censis Giuseppe De Rita, Confindustria, Alleanza cooperative italiane, Confapi, Confprofessioni, Abi, Ania.  Le consultazioni di Bersani erani iniziate sabato con Anci e Forum terzo settore. Oltre a un colloquio telefonico con Roberto Saviano. Mentre venerdì, dopo aver ricevuto l'incarico al Quirinale, il leader Pd aveva incontrato prima i capigruppo del suo partito e poi i presidenti del Senato e della Camera Pietro Grasso e Laura Boldrini.
 

(26 marzo 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/03/26/news/consultazioni_bersani_alla_prova_dei_partiti_pdl-lega_ma_senza_berlusconi_poi_i_montiani-55369058/?ref=HRER3-1
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« Risposta #81 inserito:: Aprile 08, 2013, 11:12:28 am »

Bersani a Repubblica: "No al governissimo altrimenti arriveranno giorni peggiori"

Lettera del segretario del Pd: "Io ci sono solo se sarò utile, ma non sarò d'intralcio. L'importante è non fare un governo che viva di equilibrismi o di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico".

Ma nel partito cresce la fazione del 'no al voto' che critica il leader


ROMA - Pier Luigi Bersani ribadisce il suo no al governissimo e lo fa con una lettera aperta a Repubblica. Testo in cui inoltre sottolinea, ribadisce, che un governo di cambiamento, "che non viva di equilibrismi", può anche prescindere dalla sua persona. Lo dice: "Non voglio essere d'intralcio". E' la risposta del segretario Pd alle tensioni che in questi giorni di crisi muovono, e in parte spaccano, il partito, tra chi pensa di aprire al Pdl di Berlusconi e chi invece non ne vuole sapere.
 

Caro direttore,
nell'articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme con tante considerazioni che mi trovano d'accordo, c'è un passaggio che mi offre l'occasione di una precisazione. Scalfari scrive: "Non condivido la tenacia con cui Bersani ripropone la sua candidatura". L'osservazione è inserita, al solito, in un contesto amichevole e rispettoso di cui ringrazio Scalfari. Devo registrare tuttavia che una valutazione simile si fa sentire anche in contesti ben meno amichevoli. Nelle critiche aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni, nelle inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino nelle analisi psicologiche di chi si è avventurosamente inoltrato nei miei stati d'animo, non è mai mancata la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano.

Ecco dunque l'occasione per precisare. La proposta che ho avanzato assieme al mio partito (governo di cambiamento, convenzione per le riforme) non è proprietà di Bersani. Ripeto quello che ho sempre detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l'esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona? Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire: per chi crede nella dignità della politica e conserva un minimo di autostima, queste sono ovvietà! È forse meno ovvio ribadire una mia convinzione profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese è davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico. In questo caso, predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori.

È un momento difficile per il Partito democratico, uscito miglior perdente alle elezioni di febbraio, con un'ampia maggioranza alla Camera ma senza possibilità di formare un governo. Tra i vertici del partito si rafforza la fazione del 'no al voto', posizione che è una diretta critica all'operato del segretario. Il sindaco di Firenze tuona sul "fare presto", "o governo o voto" ma garantisce di non volere l'accordo con Berlusconi; Dario Franceschini ha aperto a un patto con il Pdl e l'ha detto usando una formula molto dura: "Basta con i complessi di superiorità, hanno preso gli stessi nostri voti"; e il ministro Fabrizio Barca ha presentato una piattaforma di idee per il Pd pur dicendo "non voglio fare il segretario".

Intanto, mentre il segretario cerca di ricompattare il partito, il Pd ha annunciato ieri una manifestazione di piazza per sabato 13 aprile "contro la povertà".

(08 aprile 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/04/08/news/lettera_bersani_a_repubblica-56165981/?ref=HREC1-1
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« Risposta #82 inserito:: Aprile 08, 2013, 11:14:02 am »

Il segretario domani riunirà i gruppi: se la proposta cambia, sono io che non ci sto

Bersani accerchiato difende la linea: le aperture sono nel nostro percorso

Il no al governissimo e il sospetto del pressing per fare spazio a Renzi. L'obiettivo resta far partire il governo di minoranza


ROMA - «Non ho alcuna intenzione di gestire questa partita delicatissima in una logica da bunker, non ho mai pensato che tutto debba ruotare attorno a me...». Pier Luigi Bersani smentisce la descrizione di un leader isolato e arroccato, rinchiuso nella ridotta emiliana e pressato ai fianchi dai dirigenti «dialoganti» del Pd. Ma il segretario resta convinto che la sua linea sia l'unica spendibile e che non ci siano alternative alla logica del «doppio binario». Confronto «con tutti» sul Quirinale e poi «governo del cambiamento».

La tenaglia in cui lo hanno stretto uno dopo l'altro Veltroni, D'Alema, Renzi, Fioroni, Franceschini è riuscita, se non altro, a smussare gli spigoli di una posizione che spacca il partito. Il ragionamento di Bersani è adesso più flessibile e morbido nei confronti del Pdl. Ma la sostanza non cambia di molto: «Nessuna grande coalizione, un governissimo è per noi impensabile, non è questa la soluzione che sblocca il Paese. Ci siamo già passati con Monti e non ha funzionato. Sarebbe la palude... E poi, a parte un paio di renziani, tra i parlamentari del Pd non c'è nessuno che lo voterebbe, un esecutivo così».

A giudicare dalle riflessioni di Bersani in queste ore, la traiettoria non è granché mutata. Se Matteo Orfini teme che sia in atto «una conversione a u», il percorso politico non si discosta troppo dal tracciato originario: «Larghissima condivisione sulle riforme e nella scelta del nuovo capo dello Stato». Bersani non ha in mente strappi e intende procedere col suo stile, «un passo alla volta». Prima si vota il capo dello Stato, poi si pensa al governo. Dario Franceschini ha parlato di «esecutivo di transizione» e l'intervista che l'ex segretario ha rilasciato al Corriere è stata letta come una svolta, se non come una plateale rottura. Bersani, anche per ricompattare il partito, vuole invece che si sappia come le aperture al Pdl di Franceschini e Roberto Speranza «stanno dentro al percorso che abbiamo scelto». «Bersani non è isolato - assicura Davide Zoggia -. Anche quelle posizioni si muovono nel solco della direzione nazionale». La chiave del piano di Bersani è la responsabilità per il bene del Paese, ma senza scambi sottobanco o accordi al ribasso. La formula è quella che il direttore Claudio Sardo sintetizza su L'Unità con l'espressione «compromesso democratico». L'idea, cioè, di consentire la nascita di un governo «sotto la responsabilità del Pd» in un momento drammatico per l'Italia, fiaccata da una crisi che può portare al suicidio. In cambio di cosa? La domanda, che molto infastidisce Bersani, è destinata per ora a restare senza risposta. Certo non in cambio di un Guardasigilli amico o di un presidente scelto come garante dei «problemi personali di Berlusconi», come ha lasciato intendere il capogruppo al Senato Luigi Zanda.

Per ora, nelle trattative che preparano l'incontro di metà settimana con il Cavaliere, i bersaniani in soldoni hanno offerto pochino: legittimazione piena sul piano politico, la guida della Convenzione per le riforme e qualche strapuntino parlamentare. La richiesta invece è corposa, si tratterebbe in sostanza del via libera di Berlusconi alla nascita di un esecutivo Bersani. Prospettiva che il segretario non ha affatto abbandonato, come certifica su Twitter il portavoce Stefano Di Traglia: «Il governo di cambiamento che nascerà dovrà dare risposte vere ai fatti di Civitanova e non inseguire il confuso teatrino di questi giorni». Ma come dovrebbe nascere, questo benedetto governo di minoranza? Nel Pd nessuno lo sa. «Ci sono tanti modi per farlo partire», allude a stratagemmi parlamentari un dirigente molto vicino al leader, il quale delinea un esecutivo di minoranza che, in un anno o due al massimo, dovrebbe metter mano alla riforma elettorale e ad alcune misure urgenti per la crescita. Dove il non detto è la speranza di ottenere un sostegno trasversale, anche dai dissidenti grillini... Domani Bersani riunirà i gruppi, per concordare la strategia sul presidente della Repubblica e anche per tastare il polso ai democratici, in grandissima fibrillazione. «Elucubrare sul governo è inutile» avverte Enrico Letta, il vice che fa da cerniera tra il segretario e quanti guardano a un governo del presidente come piano B: «L'elezione del Quirinale sarà determinante per capire se la legislatura muore o va avanti».

La sensazione prevalente, vista anche la manifestazione annunciata da Bersani contro la povertà, è che il voto si stia avvicinando. Al Nazareno aleggia il sospetto che il fronte dei «dialoganti» miri a costringere Bersani al passo indietro per far largo a Renzi. Il leader a lasciare non pensa affatto, eppure, per allentare l'accerchiamento, ribadisce che se il problema è lui è pronto a farsi da parte. Ipotesi che diverrebbe concreta se mai prendesse forma lo scenario delle larghe intese con il Pdl: «Se la proposta cambia, sono io che non ci sto».

Monica Guerzoni

8 aprile 2013 | 7:39© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/13_aprile_08/leader-accerchiato-difende-la-linea-guerzoni_655dad76-a00d-11e2-b85a-0540f7c490c5.shtml
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« Risposta #83 inserito:: Agosto 31, 2013, 08:49:01 am »


Bersani: "Imu non si scarichi su affitti Servirebbe governo del cambiamento"


Stoccata al premier Letta dell'ex segretario dem: "Bisogna occuparsi degli inquilini, ma questo può farlo un altro tipo di esecutivo".

Affondo anche su Renzi: "Chi c'è dietro il tradimento dei 101? Chiedetelo a lui". Sondaggio Swg: 70% contro la crisi


ROMA - Ne ha per tutti e due, Enrico Letta e Matteo Renzi. Presente e futuro del Partito democratico, di cui Pierluigi Bersani è stato fino a pochi mesi fa segretario. La prima stoccata riguarda il premier in carica e l'ultimo provvedimento approvato dal governo, la riforma dell'Imu: "Anche noi abbiamo detto che l'imu andava riformato. La formula che è uscita- spiega Bersani a Rainews 24 - risente di un compromesso" con il Pdl. "Ma adesso si dice che transiteremo verso la service tax. Benissimo, si può fare - spiega l'ex segretario - ma non si può scaricare l'eventuale beneficio dei proprietari sugli inquilini. Un certo contenuto patrimoniale quell'imposta deve averla". "La tassa sulla proprietà è una buona cosa ma adesso bisogna occuparsi dell'affitto - spiega l'ex segretario democratico -, se no il paese si irrigidisce troppo. E questo può farlo solo un governo di cambiamento". "Il governo è un compromesso, ma noi siamo un'altra cosa - insiste Bersani -, come ha sempre detto anche Enrico Letta che non se l'è cercata lui, questa cosa".

Sul futuro dell'esecutivo pendono comunque le vicende giudiziarie del Cavaliere. "O si prende atto subito che il destino di Berlusconi e quello del Pdl devono in qualche modo distinguersi - mette in guardia l'ex segretario -, e se lo si fa subito il governo può andare avanti e l'italia evitare dei traumi, oppure spiega l'ex segretario del Pd - diversamente, si arriverà comunque a questo tema, tra tre mesi, tra sei mesi, ma la differenza è che nel frattempo può saltare il governo e possiamo avere come paese dei traumi molto seri".

Stoccata a Renzi. L'altro affondo di Bersani riguarda il tradimento dei 101 parlamentari dem a danno di Romano Prodi, durante l'elezione del Capo dello Stato. Un episodio che ha determinato le sue dimissioni dalla segreteria. "Credo che i 101 siano frutto di tante ragioni, anche contingenti, ma che abbiano avuto l'idea di una manovra per impedire l'elezione del candidato a presidente della Repubblica e che mi smontassero".
Alla domanda del giornalista se anche Matteo Renzi si trovasse nella "regia" che ha frenato l'elezione di Prodi al Quirinale, Bersani risponde: "Chiedetelo a lui. Per me è chiusa lì. Il problema è che non succeda mai più. Per l'Italia, non per Bersani. Perché l'Italia ha bisogno di un partito riformista serio".

Pd non sia protesi del leader. Quanto alla sfida per la leadership del partito, per Bersani è il discussione il modello stesso di Pd: "C'è un problema di come configuriamo questo partito - conclude l'ex segretario dem -. Il congresso deve dirci che conformazione politica vogliamo creare: vogliamo una protesi del leader? Pensiamo che questa sia la modernità? Questa modernità non esiste in nessun un paese del mondo, nemmeno negli Usa".

Italiani contro la crisi di governo. Intanto secondo il 70% degli italiani Silvio Berlusconi dovrebbe lasciar proseguire l'azione di governo.
E' il risultato che emerge da un sondaggio dall'Istituto Swg in esclusiva per Agorà. Ad esserne convinta è un'ampia fascia dell'elettorato di centrosinistra (87%). Favorevole a far continuare l'esecutivo è anche oltre la metà degli elettori di centrodestra (53%), contro il 39% di questo stesso elettorato che auspicherebbe invece l'apertura di una crisi di governo.
 
(30 agosto 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/08/30/news/bersani_imu_non_si_scarichi_su_affitti_servirebbe_governo_del_cambiamento-65544474/
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« Risposta #84 inserito:: Gennaio 11, 2014, 04:10:03 pm »

politica
06/01/2014

L’anno più lungo del leader generoso rimasto troppo solo
Dalla “non vittoria” al disastro sul Quirinale, tradito dal suo partito
L’Italia giusta, slogan della «non vittoria» 2013


Conviene prenderla per il verso dal quale la prenderebbe lui, PLB, uno che non ha mai avuto paura di niente, se non – forse – di dimenticare da dov’è partito, e infatti su Facebook l’ha stampato bello chiaro.

«Sono nato a Bettole, Comune montano della valle del Nure, e la mia è una famiglia di artigiani, mio padre Giuseppe era meccanico e benzinaio...». Gente concreta, poco dire e tanto fare; gente che se gli parli di «emorragia subaracnoidea» strabuzza gli occhi e poi ti dice «ma va là, che vuoi che sia, ne ha viste di peggio quello lì...».

Di peggio non sappiamo, ma di brutte, di tristi e dolorose, Pier Luigi Bersani ne ha viste certamente a pacchi: e come il destino a volte scrive, quasi tutte assieme. E quasi tutte – impietosamente – una volta giunto su, che più su non si può. Ormai anche le pietre mandano a memoria il fatto che i guai di PLB sono iniziati con una vittoria, quella del 2 dicembre 2012 contro «Matteo lo schiacciasassi», una vittoria che altro che quella di Pirro contro i romani, perché da lì è cominciato il precipizio.

Da allora a qui, un anno vissuto dolorosamente, trascinandosi di delusione in delusione: e se con un tratto di penna si potesse cancellare un pezzetto di vita, certo Bersani casserebbe l’inverno-primavera del suo calvario, febbraio-marzo-aprile dell’anno che fu. Doveva vincere le elezioni – sì, doveva – e non andò così; doveva guidare un governo – certo che doveva – e non ci riuscì; doveva eleggere un nuovo Presidente della Repubblica – altroché se doveva – e invece naufragò.

Per un errore di strabismo si discettò – tutti noi discettammo – della «sconfitta di Bersani». Pochi capirono che non era quello il punto, che il tempo aveva voltato un’altra pagina e che altro che PLB: quell’inverno-primavera aveva liquefatto una generazione, un modo di intendere la politica e – forse – addirittura qualcosa in più. Pier Luigi Bersani ha pagato per tutti – e più di tutti – perché era «il capo», ed è stato inevitabile e giusto che andasse così: ma adesso, in quest’altro inverno-primavera coi nervi a fior di pelle, si vede bene come il conto sia arrivato – stia arrivando – non soltanto per lui.

«Ma va là, Pier, smacchiamo ’st’emorragia», verrebbe da augurargli adesso, sapendo (sperando) che gli farebbe piacere. Quel gusto per la metafora, per il detto popolare, lo coltiva e lo perseguita da sempre, ma è diventato un must giusto nell’anno del calvario. Non se ne è risparmiata e non ce ne ha risparmiata nessuna, compresa quella (incomprensibile) che segnò il suo confronto televisivo con Renzi che lo sfidava alle primarie: «Meglio un passerotto in mano che un tacchino sul tetto». Chissà quanti, in quei giorni e anche dopo, gli avranno consigliato di non eccedere, di darci un taglio: la risposta era sempre la stessa, un sorriso e poi dritto per la sua strada.

Strada che ha ripreso a percorrere dopo un’estate non proprio felice e un autunno che gli ha rimesso di fronte quel Matteo Renzi inizio e origine di ogni incubo e di ogni guaio. Altre primarie: il rottamatore contro Cuperlo e Civati. Partita segnata in partenza, e qualcun altro (molti, del resto, lo hanno fatto) avrebbe chinato la testa e messo le vele al vento. E invece «io sto con Cuperlo, ci mancherebbe. Di Renzi, poi, non ho capito che Pd vuole». Quando poi l’ha capito – o ha cominciato a capirlo – non è che abbia fatto finta di non aver inteso..

«Renzi deve dirci qual è la sua idea di Pd... Il Partito democratico deve decidere se essere spazio o soggetto politico, se essere impermeabile ai potentati oppure no». E se la sua idea non fosse stata sufficientemente chiara, ecco il resto: «Non si può usare la clava, questa è una ruota. Va benissimo il rinnovamento, ma serve anche l’esperienza. Matteo Renzi, insomma, deve ricordare che se siamo dove siamo è perché qualcuno ci ha preceduto, e ha portato la fiaccola fin qua».

Onestà intellettuale, coraggio e dedizione cieca alla causa: ma poiché questo non è un de profundis, un omaggio o un addio, non è che Pier Luigi Bersani sia solo e tutto qui. Errori ne ha fatti, ci mancherebbe: e i più seri e insistiti li ha commessi forse proprio in quel febbraio-marzo-aprile del suo calvario. Troppa sicurezza di aver già vinto le elezioni di febbraio; troppa ostinazione nell’inseguire i Cinque Stelle per arrivare a Palazzo Chigi; troppe oscillazioni nella lunga guerra per il Quirinale. E troppa solitudine – ecco la colpa che nel partito non gli hanno perdonato – troppa separazione nei giorni in cui i suoi unici interlocutori erano i fedelissimi del cosiddetto «tortello magico». Una lenta ma incessante parabola...

Ma è così che a volte va la vita, la si imbrocca e poi si sbaglia; si vince, si perde e qualche volta ci si arrangia e si pareggia. Anche a Pier Luigi Bersani è andata, sta andando così. E ora cosa dire, allora? Un incoraggiamento. O magari una banalità sulla battaglia più difficile, quella da vincere per forza. Sicuri che Bersani annuirebbe, rispondendo – molto seriamente – a modo suo: «Ma sì, che vinceremo. Non siam mica qui a dare la cera in autostrada...». 

Da - http://lastampa.it/2014/01/06/italia/politica/lanno-pi-lungo-del-leader-generoso-rimasto-troppo-solo-dLyE8SjFlKBr50wkfzzfTL/pagina.html
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« Risposta #85 inserito:: Febbraio 28, 2014, 07:28:32 pm »

LA GIORNATA DELL’EX SEGRETARIO DEL PD
Bersani, il ritorno tra abbracci e baci
«Renzi reggerà, ma il Paese ora vuole fatti»
«Da domani il Paese vorrà misurare lo spread tra le sue parole e le sue azioni»

Un lungo e caloroso applauso ha accolto Pier Luigi Bersani al suo arrivo nell’Aula della Camera. L’ex segretario del Pd nel gennaio scorso era stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico per un’improvvisa emorragia cerebrale, e questo è stata la sua prima riapparizione sulla “trincea” politica.

IN AULA - L’abbraccio con Letta è il più lungo e intenso, commovente, inquadrato dai cameraman e dai fotografi. Poi l’ex segretario si concede anche, con più moderate strette di mano, a colleghi di tutti gli schieramenti. Prima di andarsene, dopo il voto, Pierluigi Bersani consegna il suo ultimo pensiero ai cronisti: «Per come si è svolta questa vicenda e per come il presidente del Consiglio ha interpretato questo voto di fiducia - ha detto ai microfoni di Ballarò - da domani gli italiani vorranno misurare lo spread tra parole e fatti».

Bersani: "Gli italiani misureranno lo spred fra parole e fatti"

25 febbraio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Online

Da - http://www.corriere.it/politica/14_febbraio_25/bersani-ritorno-abbracci-baci-renzi-reggera-ma-paese-ora-vuole-fatti-4ec5a924-9e68-11e3-a9d3-2158120702e4.shtml
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« Risposta #86 inserito:: Maggio 10, 2014, 06:47:16 pm »

Elezioni Politiche 2013
14/02/2013 - verso il voto


Bersani attacca sulle tangenti: “Basta”
Il leder del Pd: «Non credo nella giustizia a orologeria».

Silvio Berlusconi il re lo vede nudo e trova naturale, mentre il caso Finmeccanica varca gli oceani e diventa indiano, dirlo urbis et orbis. «La tangente è un fenomeno che esiste, non si possono negare le situazioni di necessità se si va trattare nei Paesi del terzo mondo o con qualche regime». Altrimenti, se si vuole indulgere a «moralismi assurdi», meglio non fare gli imprenditori. Il Pd insorge: è gravissimo che il leader di uno schieramento politico, più volte premier del Paese, faccia «apologia della tangente, che non sarebbe un reato ma una commissione estera».

Pier Luigi Bersani nega parallelismi tra questa campagna elettorale puntellata da inchieste ed il ’92: «Non siamo in una nuova Tangentopoli». Ma invita a darsi codici di comportamento e dice: «Basta con le tangenti e basta con Berlusconi». Per il segretario del Pd sarebbe però «da pazzi» vendere gioielli di famiglia come Finmeccanica, Eni, Enel.

Roberto Maroni, segretario della Lega Nord, chiede che il sistema delle tangenti sia «combattuto ovunque», ma tuona ancora contro la giustizia ad orologeria, ribadendo l’estraneità della Lega. Il Cavaliere rilancia invece difendendo Giuseppe Orsi «ottimo amministratore, il migliore». «Tutte le inchieste su Eni, Finmeccanica, ma anche le cose contro Fitto - conclude perciò - servono a sviare l’attenzione dal macroscopico scandalo di Mps». Berlusconi si lancia quindi nell’ennesimo attacco ai pm giacobini che «mostrano autolesionismo puro», «una magistratura rossa che è un cancro per la democrazia, una patologia enorme del vivere civile», affonda proponendo intanto di reintrodurre l’immunità parlamentare.

Reagisce l’Anm: «Sono inaccettabili le dichiarazioni sulle tangenti e la corruzione internazionale non è una condotta eticamente censurabile, ma un reato da perseguire». Una pioggia di attacchi arriva sul Cavaliere anche da parte di Antonio Di Pietro («Berlusconi giustifica le mazzette»), Antonio Ingroia («Berlusconi si conferma un corruttore della vita politica, economia e morale del Paese, si autoassolve come fosse un giudice e giustifica la corruzione come un’attività normale e necessaria»), Gianfranco Fini («Berlusconi si è confessato. Parlava di sé stesso?»).

Ad una decina di giorni dal voto prosegue intanto lo scontro a distanza tra Mario Monti e Nichi Vendola. Apre le danze il leader Sel, con un affondo sul professore: «Monti in questo periodo è prodigo di idee miracolistiche sul futuro e fa concorrenza a Berlusconi». Vendola aggiunge che sulla scuola il premier «fa pubblicità ingannevole» e che è «impossibile discutere di alleanze a prescindere dalle idee». «Io e Vendola siamo lontani anni luce come visione del mondo», ribatte Monti, perché sia chiaro che da parte sua non c’è alcuna intenzione di allearsi con Sel (a meno che sia Vendola a «cambiare opinione»). Quanto alle proposte del governatore della Puglia su esodati e ammortizzatori sociali, il prof è tranchant: “Il presidente Vendola, che io rispetto, non ha nessun titolo per darmi nessuna lezione, non è compito suo».

Uno scambio polemico al quale dà il suo contributo Bersani, che conferma l’alleanza con Sel ed annuncia di volere un «superministero dello sviluppo»: escluso però che questa casella decisiva del futuro governo possa essere occupata da Monti. Contro il premier anche Berlusconi («Non capisce nulla di economia, è un professorino»), che non è più tenero con Fini («un traditore degli elettori») e Grillo («un pericolo per la democrazia, che pensa solo a picconare l’establishment esistente, ma non propone nulla di costruttivo»)

Da - http://lastampa.it/2013/02/14/italia/speciali/elezioni-politiche-2013/bersani-attacca-sulle-tangenti-basta-ukPpAE4Pyo8mrr4qTC5FSK/pagina.html
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« Risposta #87 inserito:: Ottobre 19, 2014, 05:26:12 pm »

Pier Luigi Bersani, legge di stabilità: "Nella manovra c'è del coraggio ma bisogna lavorare per aggiustarla"

Andrea Carugati, l'Huffingtonpost
Pubblicato: 17/10/2014 13:14 CEST Aggiornato: 17/10/2014 13:14 CEST

“In questa manovra c'è del coraggio e alcune buone scelte, come l'alleggerimento delle tasse sul lavoro, ma perché sia davvero espansiva bisogna lavorare bene per aggiustarla. Altrimenti, non vorrei che poi qualche commentatore si scandalizzasse se i Comuni non riescono più a spazzare le strade”. Pier Luigi Bersani parla con Huffpost della prima finanziaria targata Renzi. E avverte: “Nelle prossime settimane bisogna fare una discussione seria, non possiamo più permetterci discorsi superficiali e approssimativi. Vogliamo che una siringa costi uguale a Milano e in Calabria? Ecco, così, procedendo con i tagli lineari, non ci si arriverà mai...”.

Anche lei critica i tagli a Regioni ed enti locali?
“Se mandiamo in default le Province, poi bisogna anche fare un decreto per impedire che il prossimo inverno nevichi, visto che non ci sarà nessuno a far andare gli spazzaneve. Insisto, con l'approssimazione si rischia di pagare un prezzo che riguarda la vita dei cittadini. I servizi fondamentali non devono essere messi in discussione, altrimenti per bastonare il cane si finisce per bastonarsi i piedi. Per questo auspico che dentro la manovra ci si guardi bene, perché le intenzioni del governo sono quelle di una manovra espansiva, ma lì dentro ci sono delle contraddizioni che rischiano di portare al risultato opposto”.

Si riferisce in particolare ai tagli alla Sanità?
“E' troppo facile dire “le Regioni”, o usare l'accetta. Se si taglia linearmente il Fondo sanitario, c'è il rischio che dove sei all'osso si taglino i servizi fondamentali e magari metti alcuni in condizione di non ridurre gli sprechi.

Condivide la battaglia dei governatori, Chiamparino e Zingaretti su tutti?
"Mi pare molto imprudente liquidare le loro obiezioni, visto che stiamo parlando di gente seria. Bisogna assolutamente evitare un ulteriore aumento delle tasse locali, altrimenti la gente non spende e l'economia non si rimette a girare. E ' un film già visto. Per questo dico ragioniamo, miglioriamo questa manovra, senza accendere fuochi”.

Nella legge di Stabilità ci sono anche alcune idee di Visco su come ridurre l'evasione fiscale...
"Ho visto, ma sull'evasione credo che si possa fare molto di più. La proposta di Visco riguarda non solo l'Iva ma anche l'Irpef: è tutto scritto, basta andarseli a leggere, nessuno pretende che venga adottata integralmente”.

Pensa che l'Europa si metterà di traverso?
“Mi auguro che a Bruxelles prevalga il buon senso. Le macro-cifre di questa manovra non vanno messe in discussione, perché lì si vede il coraggio e lo sforzo espansivo. Se l'Europa dovesse contestare il quadro dei numeri saremmo tutti pronti a reagire in sintonia con il governo. Sono i meccanismi interni della legge di Stabilità quelli che andrebbero aggiustati.”

Crede che sarà possibile cambiarli nel percorso parlamentare?
“Ci sono tutte le condizioni per fare una discussione seria, che include anche una ulteriore razionalizzazione delle spese di Regioni ed enti locali. Ma senza bastonare i servizi fondamentali per i cittadini...altrimenti non sono solo i presidenti di Regione che salgono sulle barricate, ma è l'obiettivo stesso della manovra che rischia di non essere raggiunto”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/10/17/bersani-legge-stabilita_n_6001766.html?utm_hp_ref=mostpopular
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« Risposta #88 inserito:: Novembre 16, 2014, 05:39:12 pm »

Convegno a Milano

Bersani: «Il Patto del Nazareno fa bene al titolo Mediaset»
L’ex segretario alla riunione dell’area riformista polemizza con Renzi: «Nessuno può dare lezioni di innovazione alla sinistra di governo»

Di Redazione Milano online

«Il Pd è nato come l’incontro tra culture riformiste e non tra modernisti e cavernicoli. Non mi risulta che il Pd sia nato alla Leopolda». Lo ha detto l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani, nel corso del suo intervento al convegno organizzato dall’area riformista del partito. «Nessuno può dare lezioni di innovazione alla sinistra di governo- ha aggiunto Bersani -. Il Pd è casa nostra sul serio. Certo la nostra ispirazione certe volte ha difficoltà perché è difficile cantare fuori dal coro quando i cori sono assordanti. Cerchiamo di lanciare un messaggio di unità delle culture che si possono richiamare alla sinistra di governo e teniamo accesa la fiammella. Se non c’è la fiammella, fra cinque anni viene giù tutto». Bersani ha poi concluso ammettendo che a volte è «difficile cantare fuori dal coro, quando i cori sono assordanti».

«Parlamento disponibile»
«Non ho mai visto un parlamento così disponibile verso il governo: 28 fiducie, che forse arriveranno ad una trentina, in otto mesi»: Pier Luigi Bersani lo ha detto confutando «l’idea che si è voluto dare che c’è un cavaliere, paladino Orlando, che affronta i mori conservatori. Non siamo frenatori, ma gente che dice che non si fa abbastanza non si va abbastanza a fondo. Non è solo una questione di riforme: nelle periferie ci sono problemi che una politica ridotta a comunicazione non riesce a dare voce. La comunicazione si accorge della periferia solo quando esplode. Senza una politica che vada a mediare sui problemi fuori dai riflettori siamo nei guai».

Il Patto del Nazareno
«Forse nessuno si è accordo che l’altro giorno dopo l’incontro del patto del Nazareno, la Borsa ha perso il 2,9% mentre Mediaset ha guadagnato il 6%. Se il patto del Nazareno funziona così allarghiamolo a tutte le imprese». Pierluigi Bersani ha ironizzato sul patto del Nazareno durante il suo intervento alla riunione dell’area riformista. Bersani ha poi aggiunto che «non c’è bisogno del patto del Nazareno, ma di fare le riforme e farle con tutti, parlando con tutti. Non c’è bisogno di legarsi a una forma che sia un patto». L’ex segretario del Pd intravede il rischio «che ci possa essere un trasversalismo paludoso, che lascia ai margini chi urla. Non può funzionare così il Paese. Abbiamo bisogno di un bipolarismo reale, due progetti di Paese per fare in modo che la democrazia respiri. La democrazia cammina su due gambe».

Martina: né yesman né signor no

«Noi di Area riformista nel Pd non siamo né signor no né Yes man. Con le nostre idee lavoriamo per cambiare il Paese, rafforzare il Pd e vincere la sfida di Governo». Così il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, durante il suo intervento a Milano all’incontro «La sinistra di Governo» di Area riformista
15 novembre 2014 | 12:58
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Da - http://milano.corriere.it/notizie/politica/14_novembre_15/graffio-bersani-il-pd-non-nato-leopolda-09bc9afc-6cbe-11e4-b935-2ae4967d333c.shtml
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« Risposta #89 inserito:: Dicembre 03, 2014, 03:20:14 pm »

Bersani: i capilista bloccati sono un problema insuperabile
2 dicembre 2014

Da Algeri Matteo Renzi nega sia possibile qualunque collegamento fra riforma elettorale e riforma costituzionale, ma dà la disponibilità a una clausola all’interno della legge elettorale che ne fissi l’entrata in vigore a gennaio 2016. Poi, Il premier non vuole restare prigioniero delle possibili meline sulla riforma del Senato, ma lancia l’amo per risolvere il nodo spinoso del rischio di elezioni anticipate che potrebbe paralizzare o rinviare l’Italicum. A confermare, però, che la strada per la riforma è tutta in salita è intervenuto Pier Luigi Bersani, che ha definito «un problema insuperabile» la soluzione dei capilista bloccati con le preferenze per gli altri. E un altro bersaniano, Alfredo D’Attorre, boccia come «balzana» l’idea della riforma dal 2016: «Qui non si tratta di ammansire il Parlamento permettendo ai parlamentari di rimanere in carica un anno in più».

Domani scade il termine per gli emendamenti
Oggi in commissione Affari costituzionali del Senato è entrata nel vivo la discussione generale sull’Italicum, che andrà avanti fino a giovedì. Ben 53 gli iscritti a parlare, ma la presidente Anna Finocchiaro (Pd) ha confermato la deadline di giovedì, non escludendo sedute notturne. Domani alle 20 scade il termine per presentare gli emendamenti. L’impressione generale a Palazzo Madama, dopo l’intervento di Renzi ieri in direzione, è che il testo sia “blindato” secondo le revisioni concordate nella maggioranza e con Forza Italia (nonostante i malumori): aumento al 40% della soglia oltre la quale scatta il ballottaggio; sbarramento unico al 3%; capilista bloccati e ritorno delle preferenze per gli altri.

Bersani: i capilista bloccati sono un problema
Dopo il dissenso manifestato dalla minoranza Pd che alla direzione di ieri non ha partecipato al voto sull’ordine del giorno finale, oggi Pier Luigi Bersani ha definito «un problema insuperabile» il sistema dei capilista bloccati. «Sono un meccanismo non razionale - ha detto l’ex segretario Pd al Gr1 - che crea una differenza tra un partito che sta sopra il 20% e può eleggere qualcuno con le preferenze e un partito sotto il 20 che nomina e basta. Quindi si crea una disparità tra gli elettori e questo mi sembra un problema insuperabile. Bisogna adottare un altro schema che consenta alla grande maggioranza dei deputati di essere scelti dai cittadini».

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Da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-02/renzi-si-clausola-salvaguardia-far-entrare-vigore-legge-elettorale-gennaio-2016-174946.shtml
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