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Autore Discussione: BERSANI -  (Letto 67759 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Luglio 26, 2011, 11:24:49 am »

Il caso Penati - «Non rivendichiamo una diversità genetica ma politica»

Bersani: «Pd turbato, ora occhi aperti»

Il leader dei Democratici al Corriere: «Non siamo immuni da rischi».

«Una legge sul bilancio dei partiti»


Caro Direttore,

ci si chiede se i recenti fatti giudiziari mettano in discussione qualcosa della natura del Partito democratico. Voglio rispondere con chiarezza. Noi non rivendichiamo una diversità genetica. Noi vogliamo dimostrare una diversità politica.

In primo luogo, a proposito dell'inchiesta di Monza così come in ogni altra occasione, noi diciamo: la magistratura faccia serenamente e fino in fondo il suo mestiere. Abbiamo fiducia nella magistratura. Confidiamo che Penati possa vedere presto riconosciuta l'innocenza che rivendica con forza. Intanto, Penati ha fatto con correttezza e responsabilità un passo indietro. Questo è infatti il nostro secondo criterio: in caso di inchieste le istituzioni e il partito, in attesa che le cose si chiariscano, non devono essere messi in imbarazzo e devono poter agire in piena serenità.

I nostri principi sono dunque: fiducia nella magistratura, rispetto assoluto delle istituzioni, presunzione di innocenza secondo il principio costituzionale. Teniamo altresì fermo il principio secondo il quale, verificata l’assenza di «fumus persecutionis» un parlamentare è un cittadino come gli altri. Se le leggi vanno cambiate, si cambiano. Finché ci sono esse valgono per tutti, per un immigrato come per un deputato o un senatore. Così ci siamo comportati sia nel caso Papa sia in quello Tedesco, per il quale abbiamo indicato l’opportunità di un passo indietro.

Chiediamo una legge sui partiti che garantisca bilanci certificati, meccanismi di partecipazione e codici etici, pena l’inammissibilità a provvidenze pubbliche o alla presentazione di liste elettorali. A differenza di altri, noi abbiamo già fatto molto per predisporci autonomamente a quella prospettiva. Abbiamo in vigore un codice etico più restrittivo rispetto alle garanzie del percorso giudiziario. Abbiamo recentemente approvato un codice da sottoscrivere da parte dei nostri amministratori per garantire trasparenza dei loro redditi e nelle procedure di appalto e di gestione del personale. Abbiamo applicato per i candidati alle recenti elezioni il codice suggerito dalla commissione Antimafia. Unico fra tutti i partiti italiani, fin dalla sua nascita il Partito democratico sottopone il proprio bilancio ad una primaria società indipendente di certificazione.

Il Partito democratico (e non solo perché nella vicenda principale non esisteva ancora!) è totalmente estraneo ai fatti oggetto di indagine a Monza e altrove. Ci tuteliamo e ci tuteleremo in sede legale contro chiunque affermi o insinui il contrario. Infine, abbiamo predisposto nel nostro programma un elenco di norme da cancellare e di riforme da fare per dare limpidezza alla gestione pubblica, per evitare gli eccessi di intermediazione amministrativa, per abolire procedure speciali e opache oggi in vigore per la gestione della spesa pubblica. Bisogna approvare la legge anti corruzione, da troppo tempo insabbiata dal governo in Parlamento. Tutto questo, appunto, per togliere l’acqua in cui la corruzione può nuotare.

A prescindere dalle loro conclusioni, non neghiamo dunque il turbamento che ci viene dalle indagini in corso. Sappiamo, anche per il futuro, di non poter essere immuni da sospetti più o meno fondati e da rischi. Sappiamo che anche noi dobbiamo aprire quattro occhi e fare tutto quanto ci è possibile per migliorare procedure di garanzia ed evitare che venga oscurata la nostra missione. I principi ispiratori all’origine del Pd sollecitano comportamenti civici esigenti, sobrietà e rigore nell’azione di governo e sensibilità verso il problema e i rischi della corruzione. La sfida quotidiana della buona amministrazione sta nell’applicare canoni severi anzitutto verso se stessi e i propri amici. Questo è ciò che pensiamo.

Sia altrettanto chiaro tuttavia che tuteleremo con ogni energia e in ogni direzione il buon nome del Partito democratico. Lo dobbiamo innanzitutto ai grandi valori ai quali ci riferiamo, che ci sono stati consegnati dal sacrificio di tanti e che ci impegniamo a non tradire. Lo dobbiamo alle centinaia di migliaia di donne e uomini che ci sostengono con onestà e convinzione, come si può vedere fisicamente in questi stessi giorni nelle feste che organizziamo ovunque; donne e uomini fortunatamente sensibilissimi ai temi del civismo e dell’etica pubblica. Lo dobbiamo in particolare al nostro Paese che ha bisogno per la sua riscossa di una forza politica responsabile, aperta e pulita. È per questo che niente potrà scoraggiarci e nessuno potrà intimorirci.

Al di fuori di una politica che sappia migliorarsi e farsi rispettare, c’è forse un’altra strada per l’Italia? Vogliamo forse continuare sulla strada di soluzioni eccezionali e sconosciute alle altre democrazie del mondo? Vogliamo affidarci ad ulteriori scorciatoie dopo quello che abbiamo visto in questi anni? Sarebbe disastroso. Tocca a noi evitarlo, certamente. Ma non solo a noi. Non c’è bisogno di negare i problemi della politica, in ciascuno dei suoi lati. C’è solo bisogno di non spargere sale sul buono che già vive o che sta nascendo. C’è bisogno che nessuno si senta esentato dal compito di contribuire, in ogni campo, in ogni situazione, alla riscossa civica del Paese.

Pier Luigi Bersani

26 luglio 2011 09:13© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/11_luglio_26/bersani-lettera-legge-sui-bilanci-partiti_d7fdf76a-b747-11e0-bc88-662787a705c0.shtml
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« Risposta #61 inserito:: Agosto 15, 2011, 10:21:52 am »

L'INTERVISTA

Bersani: "Manovra ingiusta e dannosa governo di transizione per l'emergenza"

Il segretario del Pd: "Paghino i grandi patrimoni e chi ha esportato capitali". Pronto un pacchetto di emendamenti per modificare le norme presenti nel decreto del governo. Apertura su Iva e pensioni: "Ma meglio lavorare sull'evasione"

di ROBERTO MANIA


ROMA - "Non so se Tremonti resterà ministro dell'Economia. Francamente penso che non lo sappia nemmeno lui", risponde Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, che sulla conversione del decreto con la stangata da 45 miliardi di euro punta a giocare in Parlamento una partita-chiave. Una risposta che conferma il nuovo quadro con le divisioni laceranti che attraversano la maggioranza.

Tremonti non è più una pedina insostituibile nel governo. E anche questo apre a nuovi possibili scenari. Bersani ha preparato un pacchetto di emendamenti per cambiare la manovra e ha deciso di confrontarsi con tutti: opposizioni, forze sociali, e partiti di maggioranza. Obiettivo: "Far pagare a chi evade e a chi non ha ancora pagato nulla come i possessori dei grandi patrimoni immobiliari".

Sullo sfondo - perché no? - prove di nuove grandi alleanze, di quel "governo di transizione" per presentarsi nel mondo "con una faccia diversa da quella di Berlusconi".

Perché a luglio avete permesso che in Parlamento la manovra da 48 miliardi venisse approvata rapidamente e ora vi preparate a dare battaglia su un decreto non molto diverso?
"Per la verità quella manovra è arrivata in Parlamento già blindata, con l'impegno del presidente del Consiglio di porre la fiducia e con l'improvvisa catastrofe dei mercati. Ma Berlusconi, per ora, ha detto che stavolta non intende ricorrere al voto di fiducia. E non perché vuole dialogare con me, ma perché ha problemi seri a casa sua. Resta il fatto che la manovra è ingiusta sul piano sociale e recessiva sul piano economico. Si colpisce esclusivamente chi paga l'Irpef e si tagliano i servizi di base. Nella batosta si accomunano i ceti medi con i ceti popolari. Riassumendo: paga chi ha sempre pagato e non paga chi non ha ancora pagato. Questa manovra va profondamente cambiata ed è per questo che abbiamo messo in campo le nostre proposte che, posso assicurare, stanno in piedi".

Sta davvero in piedi la proposta di ritassare i capitali rientrati in Italia attraverso lo scudo fiscale di Tremonti?
"Intanto voglio dire che questa è l'unica misura una tantum, e in fondo si chiede di pagare il 20% a chi, rimanendo anonimo, ha pagato il 4 o 5%. Le altre hanno tutte natura strutturale. Sono pronto a sfidare chiunque sulla possibilità tecnica della nostra proposta e sulla sua costituzionalità. Noi stimiamo di ricavare non meno di 15 miliardi da destinare alla crescita e al lavoro. Ma gli altri sono tutti interventi strutturali: la tracciabilità dei pagamenti per prestazioni e servizi, le norme antievasione, il ripristino dell'elenco fornitori-clienti, le dismissioni del patrimonio pubblico, le liberalizzazioni, la politica industriale, i tagli ai costi della politica, l'introduzione di un'imposta molto progressiva sui patrimoni immobiliari rilevanti a partire da un determinata soglia che indicheremo anche in ragione dell'esito della discussione in Parlamento".

Ma questa sarebbe una vera patrimoniale?
"Questa sarebbe semplicemente una tassa sul valore di mercato degli immobili. Esiste in tutti i paesi. Noi la faremo fortemente progressiva e con larghe esenzioni".

Con questi emendamenti punta a trovare in Parlamento nuove alleanze con gli altri partiti dell'opposizione?
"Prima di arrivare in Parlamento voglio confrontarmi con le forze sociali e con i partiti di opposizione. Sono pronto a recepire suggerimenti. Quanto alla maggioranza, parla sempre di dialogo - parola per me fumosa - bene, la metta in pratica confrontandosi con noi. Io voglio parlare con tutti".

Ha in mente un "governissimo"?
"Questo governo non ha alcuna credibilità. Se non cambia rischiamo di rendere inutili tutti i nostri sforzi. Ci vuole un governo di transizione per affrontare l'emergenza e cambiare la legge elettorale. Serve un altro volto che non sia quello di Berlusconi per presentarsi nel mondo. Detto e ribadito questo, sia chiaro che noi anche in questo quadro politico avanzeremo le nostre proposte alternative".

Come pensa che i mercati accoglieranno il decreto del governo?
"Abbiamo la fortuna che nei nostri confronti ci sia un occhio responsabile da parte della Bce e della Commissione di Bruxelles. Siamo troppo grossi perché non ci venga data qualche sponda".

La Marcegaglia ha invitato anche l'opposizione a cambiare il decreto aumentando l'Iva e bloccando le pensioni di anzianità. Cosa risponde?
"Non ho pregiudizi di principio, ma gli effetti potrebbero essere negativi. Non è meglio lavorare sull'evasione e sui significativi patrimoni immobiliari?".

E sulle pensioni di anzianità? Sono un tabù per la sinistra, come per la Lega?
"Possibile che tutti gli anni si sollevi questa questione? Si metta fine una volta per tutte introducendo un meccanismo di flessibilità di uscita dal lavoro entro una forchetta, per esempio tra i 62 e i 70 anni".

Dunque non è contrario ad aumentare l'età effettiva di pensionamento?
"Sono sicuramente d'accordo ma giunti a questo punto con meccanismi volontari e di convenienza poiché le riforme degli ultimi anni ci hanno sostanzialmente messi in equilibrio".

Su licenziamenti e derogabilità dell'articolo 18 lei sta con la Cgil che protesta o con la Cisl che la considera una buona soluzione?
"Io sto con il Pd. Certo, dopo il recente accordo tra le parti sociali e con tutti i guai che abbiamo, accendere una miccia di quel tipo mi pare una cosa pazzesca".

Perché ha informato il Capo dello Stato del tentativo di Tremonti di nominare, quasi con un blitz, Vittorio Grilli nuovo governatore della Banca d'Italia al posto di Mario Draghi?
"Era un dovere. Ritenevo corretto accertarmi che il Presidente della Repubblica, in quanto parte in causa rilevante, fosse a conoscenza di questo tentativo che va oltre ogni immaginazione".

(15 agosto 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2011/08/15/news/bersani_manovra-20450944/
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« Risposta #62 inserito:: Novembre 13, 2011, 10:47:18 am »

LE DIMISSIONI DEL GOVERNO

Bersani: «Oggi è un giorno di liberazione»

Il segretario del Pd e le reazioni del mondo politico

MILANO - «Oggi è una giornata della liberazione». Con queste poche battute Pierluigi Bersani ha festeggiato la caduta del governo Berlusconi nella storica sezione del Pd di via dei Giubbonari, a Roma. «Anche io - ha detto fra l'altro Bersani- ho dato il mio contributo per mandare a casa Berlusconi. Alle primarie avevo detto che il più antiberlusconiano di tutti sarebbe stato quello che lo avrebbe mandato a casa. Non mi riferivo alla persona, ma al mio partito. Ed è stato il Pd che lo ha mandato a casa».

BINDI: GUARDARE AVANTI - PerRosy Bindi, il premier dimissionario «ha fatto bene ad evitare la folla davanti al Quirinale e davanti a palazzo Grazioli, anche se vedo gente più festosa che non arrabbiata, ma era prevedibile che ciò avvenisse». Ospite dello speciale di Ballaro dedicato alla crisi, il presidente del Pd ha ribadito che «Berlusconi non ha avuto la capacità di apparire credibile ai mercati. Ora dobbiamo guardare avanti, con una persona di assoluta fiducia come Monti».

IL PARERE DELLA CAMUSSO - Il leader della Cgil Susanna Camusso cerca di guardare lontano: «Gli storici si domanderanno se si è dimesso in ragione dello spread o se si è dimesso in ragione del giudizio del paese». Ebbene, Berlusconi «si è dimesso per il giudizio del Paese», perchè «si sono fatte poliche sbagliate».

LA GIOIA DELL'IDV - «Abbiamo detronizzato il satrapo», esulta il capogruppo IdV al Senato, Felice Belisario. E il suo leader Antonio Di Pietro: «Bisogna ricostruire un Paese dalle macerie. Ora siamo in attesa di sapere cosa vorrà fare il Governo nuovo. Ci comporteremo come San Tommaso».

IL TERZO POLO PENSA AL GOVERNO - È tutta protesa sul prossimo governo l'attenzione del Terzo Polo. «Non complichiamo la vita al manovratore, cerchiamo di semplificargliela: per noi Monti può fare il governo che vuole». Sostiene Pier Ferdinando Casini. Con Fli l'Udc ha votato sì al ddl di stabilità, smarcandosi dal resto delle opposizioni (il Pd non ha partecipato, l'Idv ha votato no). La ragione ufficiale l'ha spiegata il capogruppo di Fli alla Camera, Benedetto Della Vedova, in Aula: «Non è la nostra legge, non ci piace, non ci sono molte delle cose che ci sarebbero piaciute ma il nostro è un sì di fiducia, di prospettiva, un semaforo verde a una stagione nuova che deve partire da lunedì». In realtà, secondo alcuni parlamentari terzopolisti, si è trattato di pura tattica per nascondere il fatto che oggi la maggioranza avrebbe superato quella quota 308 raggiunta sul Rendiconto.

LA POLVERINI: RISPETTO DEL VOTO - Sul governo tecnico il Pdl ha chiesto al Quirinale «paletti di garanzia e in particolare il rispetto della scadenza elettorale. Non una data certa, ma abbiamo chiesto di capire le intenzioni del Capo dello Stato». Lo ha detto la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, al termine dell'Ufficio di Presidenza del Pdl, che ha avuto ad oggetto, sottolinea Polverini, «una discussione importante su argomenti seri».

Redazione Online
12 novembre 2011(ultima modifica: 13 novembre 2011 00:18)© RIPRODUZIONE RISERVATA

da - http://www.corriere.it/politica/11_novembre_12/opposizione-bersani_18568072-0d77-11e1-a42a-1562b6741916.shtml
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« Risposta #63 inserito:: Novembre 15, 2011, 11:41:28 am »

Politica

15/11/2011 - SECONDA GIORNATA DI CONSULTAZIONI

Bersani: "Pieno sostegno a Monti"

Oggi anche l'incontro con il Pdl


ROMA

10,33 - Bersani: "Sostegno a Monti senza condizioni"
«Abbiamo confermato pieno e convinto sostegno a questo sforzo e tentativo» del professor Monti e dunque «non abbiamo posto termini al governo». Lo ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, al termine dell’incontro con il presidente del Consiglio incaricato Mario Monti.

Mario Monti è pronto ad accettare che i partiti si tengano alla larga dal suo esecutivo, pur sapendo che ciò rischia di indebolirlo notevolmente anche in previsione dei «sacrifici» che dovrà chiedere al Paese; ma non ad acconsentire che sul suo governo sia posta una data di scadenza. Perchè in questo caso è pronto a dire no. È un Monti pragmatico quello che alle otto di sera, un po' inaspettatamente, affronta per il secondo giorno di fila le telecamere al termine della prima, lunga giornata di consultazioni nel corso della quale ha visto tutte le formazioni minori, ma anche il terzo polo e l’Idv. Non la Lega, con la quale ha avuto una «consultazione» solo telefonica.
Tutti, Carroccio a parte, gli hanno assicurato il loro appoggio. Dal Terzo Polo è arrivata "carta bianca". Meno rassicurante, invece, il sostegno dell’Italia dei Valori che ha ammonito: in caso di modifica della legge elettorale a causa del referendum le urne in primavera sarebbero inevitabili.

Ma sostanzialmente il Professore ha incassato l’appoggio di tutti. Tuttavia non ha sciolto alcuni nodi fondamentali, soprattutto con i partiti più grandi: Pdl e Pd, che incontrerà oggi. I partiti di Silvio Berlusconi e di Pier Luigi Bersani, per ragioni simili, si oppongono all’ingresso di loro esponenti nell’esecutivo. Entrambi timorosi delle conseguenze che ciò potrebbero avere sui propri elettori e sulle rispettive alleanze. Monti, invece, preferirebbe che entrassero «ai massimi livelli» e cioè almeno da ministri, per garantirsi una seria "camera di compensazione" tra Palazzo Chigi e Parlamento. Una opportunità che non potrebbero garantirgli solo dei tecnici puri.
Insomma, una sorta di "polizza" sulla vita dell’Esecutivo (anche in vista delle misure che dovranno essere varate) con il coinvolgimento diretto dei partiti : ma se così non fosse è pronto a farsene una ragione.

«È un desiderio», spiega in conferenza stampa, ma che non «drammatizzereì» perchè la presenza di un segretario «non è indispensabile».
L’appoggio dei partiti al suo governo, precisa, sì: «Che siano presenti nel governo non è condizione indispensabile, ma è indispensabile invece un convinto appoggio» al governo.

Altrettanto dirimente è il fatto che non gli vengano posti limiti temporali: «La predeterminazione della durata toglierebbe credibilità al governo» e «non accetterei una definizione temporale», ammonisce. L’orizzonte che Monti deve poter vedere davanti a sè è quello della
«fine della legislatura». Anzi, molte delle misure - spiega - avranno effetti che andranno al di là del 2013.
Perchè parte dei provvedimenti - come ha ripetuto durante le consultazioni - saranno strutturali.

E porteranno a «sacrifici», ma non a «lacrime e sangue», termine che preferisce non usare. Anche perchè, se la situazione è «seria» ed impone misure «impopolari» è altrettanto vero che accanto al risanamento dei conti serve la crescita. E parte delle risorse dovranno necessariamente essere destinate alla ripresa senza la quale il rigore è inutile.

L’ex Commissario chiede quindi alla politica «coesione» per trasformare la crisi in una «opportunità» di cambiamento e auspica che
«l’epoca» delle polemiche sia finalmente chiusa. Annuncia di aver aggiunto alla lista delle parti da consultare anche i rappresentanti del mondo femminile e dei giovani. A rischio di rendere ancor più nervosi i mercati che oggi sono tornati al segno negativo.
«Non trascuro l’importanza mercati, ma agiamo in democrazia e sono necessari determinati tempi», sostiene Monti, secondo il quale
«l’impazienza» degli investitori sarà temperata dalla «razionalità».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/429907/
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« Risposta #64 inserito:: Gennaio 04, 2012, 07:42:32 pm »

La lettera

L'agenda di Bersani per le riforme

"È il momento del dialogo sociale"

La missiva del segretario del Partito Democratico sulle sfide che l'Italia deve affrontare.


CARO DIRETTORE, come tutti dicono, abbiamo davanti un anno arduo e non semplice da interpretare. Vale forse la pena di "progettarlo" un po', togliendo di mezzo un eccesso di fatalismo. Vorrei cominciare con qualche prima idea.

1. La scena si apre sull'Europa. Fino ad ora le decisioni sono state deboli. L'agenda da qui a marzo di per sé non rassicura. Nelle opinioni pubbliche è ancora dura come il marmo quell'ideologia difensiva e di ripiegamento che le destre europee hanno coltivato, ricavandone inutili vittorie, e che i progressisti non hanno potuto o saputo contrastare, ricavandone larghe e dolorose sconfitte.

Inutile illudersi. O si mette in comune rapidamente e seriamente la difesa dell'Euro (vincoli di disciplina, strumenti efficaci e condivisi contro la speculazione e per la crescita, politiche macroeconomiche coordinate) o sarà il disastro. Se davvero l'Italia è troppo grande sia per fallire che per essere salvata, allora è troppo grande anche per stare zitta.

È tempo che ciascuno di noi faccia la sua parte in Europa; il Partito Democratico sta lavorando per la piattaforma comune dei progressisti europei. Ma è tempo anche di fare qualcosa assieme, qui in Italia. Governo e forze politiche possono determinare una posizione nazionale. Il Parlamento (che non esiste solo in Germania!) può articolarla e assumerla. Il nostro Presidente del Consiglio può interpretarla e gestirla al meglio. Le idee ci sono e vedo su di esse la possibilità di una larga convergenza.

Il biglietto da visita delle nostre idee in Europa potrebbe essere così concepito: noi continueremo le nostre riforme e ci riserviamo ogni ulteriore iniziativa per rafforzare la nostra credibilità. Ma non faremo più manovre. A chi raggiunge il 5% di avanzo primario che cosa altro si può chiedere? Nel caso, nessuno pensi di trattarci come la Grecia. Come si diceva, siamo troppo grandi e quindi parecchio ingombranti. Se ne tenga conto.

2. Torniamo qui ai nostri compiti. Salvare l'Italia significa, al concreto, contrastare la recessione, produrre crescita e occupazione, dare una prospettiva alla nuova generazione. Salvare l'Italia è possibile solo se cambiamento e coesione si danno la mano. Se coesione e cambiamento diventassero un ossimoro, non ci sarebbe speranza.

L'azione di governo deve dunque possedere un metodo fondamentale e un fondamentale messaggio. Quanto al metodo, emergenza e transizione pretendono una forma particolare di dialogo sociale tale da sollecitare partecipazione e corresponsabilità, salvaguardando comunque la decisione tempestiva. Si può fare e, a parer mio, si deve fare.

Ma voglio sottolineare in particolare il metodo politico. Il Governo troverà la sua forza in un rapporto stabile, permanente e ordinato con i Gruppi Parlamentari; un rapporto da allestire anche nella fase ascendente delle decisioni. Si parli di mercato del lavoro, o di liberalizzazioni, o di politica industriale, di pubblica amministrazione, di immigrazione, di Rai e di cento altri temi, esistono in Parlamento, da ogni lato, idee inevase da anni e non necessariamente divisive.

Dica il Governo il suo piano di lavoro, raccolga dal Parlamento orientamenti e idee e avanzi quindi le sue decisioni e le sue proposte. Noi non pretendiamo il cento per cento di quel che faremmo, e così sarà per gli altri. Ma la trasparenza e la chiarezza servono a tutti. Quanto al messaggio fondamentale, se nell'emergenza è in gioco il comune destino del Paese, si deve innanzitutto promuovere un'idea di comunità degli italiani. Ci si ricordi allora che la solidarietà è la materia prima di una comunità, è ciò che la distingue da una accozzaglia anarchica di interessi.

Se vogliamo farcela, tutti assieme, i riflettori vanno dunque puntati su chi è più in difficoltà. Bisogna predisporre l'aiuto a chi sta vivendo e vivrà le condizioni più difficili, come l'assenza di lavoro, l'insufficienza di reddito o una disabilità abbandonata. Su questo, non ci siamo ancora. Occorre fare di più, cominciando col cancellare qualche inutile asprezza di alcune misure già adottate che suscitano un giusto risentimento.

3. La grande parte delle forze politiche e parlamentari si dichiarano interessate e disponibili ad una iniziativa di riforma delle Istituzioni e della politica. Il Presidente della Repubblica la sollecita autorevolmente. È evidente che un simile percorso significherebbe stabilità per il Governo e maggiore credibilità della politica e delle Istituzioni nella prospettiva della nuova legislatura.

Sto parlando della già avviata adozione di parametri europei nei costi della politica, di riduzione del numero dei Parlamentari, di riforma del bicameralismo, di radicale aggiornamento dei regolamenti parlamentari e, alla luce delle prossime decisioni della Corte, di riforma elettorale. Su tutto questo esistono proposte e appaiono possibili convergenze significative.

Si intende fare sul serio? Intendiamo davvero passare dalle parole ai fatti? Questo pronunciamento tocca innanzitutto ai segretari dei partiti, ovviamente non solo a quelli che hanno votato la fiducia al Governo, ma a partire da loro. C'è poco tempo ed è quindi ora di prendersi impegni pubblici, espliciti e dirimenti.

I tre punti che ho segnalato dovrebbero essere, a parer mio, l'agenda di gennaio. Infine una parola per chi, nel gioco ormai stucchevole fra tecnica e politica, si predispone a promuovere, chissà in quali forme nuove, l'edizione 2012 dell'antipolitica. L'Italia ha già dato.

Per quello che ci riguarda il Partito Democratico ha compiuto un gesto propriamente politico, trasparente e generoso, nel sostenere questa transizione e si predispone ad offrire agli elettori, quando sarà il momento, una proposta riformista e democratica di ricostruzione, alternativa al decennio populista.

Siamo pronti a riconoscere in termini nuovi i codici e i limiti della politica. Anche in questo difficile passaggio, tuttavia, siamo convinti di poterne rafforzare la dignità e l'indispensabile ruolo.
 

(03 gennaio 2012) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/politica/2012/01/03/news/lettera_bersani-27522924/?ref=HRER1-1
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« Risposta #65 inserito:: Gennaio 09, 2012, 05:38:54 pm »

Politica

09/01/2012 - INTERVISTA

Bersani: "Ora i partiti siano coinvolti di più"

Pierluigi Bersani, segretario  Pd, auspica che «si arrivi ad una nuova legge elettorale meditata e migliore di quella che abbiamo oggi»

Il leader Pd: «Nuovo metodo con chi sostiene il governo»

FEDERICO GEREMICCA
Roma

«E' chiaro che con l'anno che comincia bisogna darsi un metodo...». Un metodo, dice Pier Luigi Bersani: che semplifichi il lavoro del governo nel suo confronto con i partiti e renda più trasparente il rapporto tra i partiti e tra loro e il Parlamento. Il tutto, naturalmente, per lavorare meglio e di più. Così, chi temeva (o sperava) di trovare alla ripresa un Bersani dubbioso circa le scelte fatte - e magari tentato da un qualche disimpegno ora sa come stanno le cose. Si va avanti ventre a terra, perché il Paese ne ha bisogno e soluzioni migliori all'orizzonte per ora non ce ne sono.

Naturalmente, bisogna cambiar passo. Prima di tutto in Europa, ma anche qui da noi: bisogna accelerare sul versante della crescita e correggere qualcosa di quanto fatto (sulle pensioni, per esempio). Ma sono soprattutto certi veti europei a preoccupare il leader del Pd, che dice: «Veti ideologici... La globalizzazione ha imposto una ideologia nuova e micidiale: in economia i mercati hanno sempre ragione, in politica ognuno difenda se stesso. Bene, per quanto mi riguarda non può essere così».

E' un po' che lei sembra più preoccupato da certe dinamiche europee che da quanto accade qui da noi.

«Non è precisamente così, ma è importante ricordare come da questa crisi si esce un passo dietro l'altro, e muovendo tutte e due le gambe. La gamba italiana il suo lo sta facendo, è ora che si muova quella europea».

Che è ferma, invece.

«L'universo degli economisti, degli osservatori e del mondo politico conviene sul fatto che non siamo su una strada corretta. In Europa ancora non facciamo gesti inequivocabili che dicano: difenderemo l'euro, di qui non si passa. Questo messaggio non è arrivato: anzi, non è neanche partito. Ora abbiamo un po' di tempo per farlo: con gesti che non possono essere solo il pur importante bricolage di rafforzamento della disciplina dei bilanci».

E cosa pensa?

«A tre questioni. La prima: accelerare sul fondo salvastati, rendendolo credibile e dotandolo di risorse. Finché non saremo lì bisogna consentire maggiore possibilità di intervento alla Bce. La seconda: teniamola pure sullo sfondo, ma la partita degli eurobond deve essere avviata (un'anticipazione potrebbe essere, come chiede Monti, una emissione europea dedicata agli investimenti). La terza: nonostante quel che dicono gli inglesi, sempre tanto preoccupati per la city - ma noi non possiamo mangiare pane e city, perché alla fine non ci sarà più neanche il pane -, è ora che la finanza paghi qualcosa di quel che ha provocato. Insomma, una tassa sulle transazioni finanziarie va allestita».

Non chiede poco.

«Qualcosa di questo deve essere messo in moto. E senza che il giorno dopo, con una intervista o della Merkel o di Sarkozy, si dica: abbiamo scherzato. Perché è così che è andata fino a oggi, anche se tutti sanno che senza una qualche mossa di questo genere finiamo nei guai. Tutti: Germania compresa. Allora: perché non si fanno queste cose?».

Già, perché non si fanno?

«Lo dico da due anni: il problema è ideologico. Che le ideologie siano morte è uno dei grandi inganni degli ultimi decenni. Forse sono morte quelle vecchie... Ma con la frusta della globalizzazione, sull'Europa è calata una nuova ideologia, interpretata dalla destra e subita troppo passivamente dalla sinistra. Una ideologia di ripiegamento, difensiva, corporativa, che dice: in economia i mercati hanno sempre ragione, in politica ognuno faccia gli affari suoi».

E quindi?

«Quindi occorre anche una battaglia politica. Io credo molto a una piattaforma dei progressisti europei, e su questo abbiamo già fatto molti incontri. E' già fissato un appuntamento a marzo, in Francia, per avviare un'offensiva su questo tema. E' ora che qualcuno dica alle opinioni pubbliche europee che da solo non si salva nessuno».

E l'Italia?

«Le forze che sostengono Monti - che dovrebbe andare in Europa a dire che c'è un Parlamento anche qui e non solo in Germania - possono affermare: abbiamo il 5% di avanzo primario e faremo il pareggio di bilancio nel 2013, cosa che non fa nessuno. Insomma, noi abbiamo dato: e a questo punto o c'è un altro passo europeo o non è che possono pensare di trattarci come la Grecia...».

Vuol forse dire che in Italia non c'è altro da fare?

«C'è moltissimo da fare. Ma all'Italia, dopo quanto già fatto, non possono esser chieste altre manovre, magari recessive. Possono sollecitarci ad andare avanti in un processo di riforme, cioè di messa in efficienza del sistema. Politiche di crescita, insomma. E qui, è chiaro, abbiamo un campo enorme di cose da fare».

Crede che la politica, cioè il rapporto tra i partiti e il governo, lo permetterà? Insomma, quanto si può continuare così, con distinguo più o meno quotidiani?

«Adesso che si imposta il lavoro di un anno, bisogna stabilire un metodo. Che secondo me è fatto di tre punti. Sulle questioni europee e internazionali, Monti può trovare un rapporto diretto con i segretari dei partiti che gli consenta di rappresentare posizioni unitarie e nazionali su punti strategici; poi, occorre un modo ordinario e ordinato di avere una sede tra governo e gruppi parlamentari che consenta di costruire l'agenda di lavoro e renderla effettiva; infine, bisogna prendere una iniziativa - e io farò la mia parte - per definire un'agenda per riforme istituzionali e costituzionali: per altro, sulla modifica dei regolamenti parlamentari, sul bicameralismo e la riduzione dei membri di Camera e Senato c'è un lavoro sedimentato. Anche sulla legge elettorale si è cominciato a lavorare. E' chiaro, inoltre, che questa terza questione accentuerebbe la stabilità del governo. Insomma: penso che sia ora che i leader dei partiti dicano esplicitamente e pubblicamente se sono disposti a convenire su un'agenda da affidare, poi, ai gruppi parlamentari».

Un'ultima domanda sulla Consulta e sul referendum. Che decisione auspica? E pensa anche lei che un sì al voto destabilizzerebbe il governo?

«Quel che auspico è che, referendum o non referendum, si arrivi ad una nuova legge elettorale meditata e migliore di quella pessima che abbiamo oggi. Anche un ritorno al "mattarellum" sarebbe meglio, ma l'esperienza ha dimostrato che quel sistema non è perfetto. Quanto a eventuali crisi, dico solo questo: penso che finché non saremo messi su binari solidi, abbiamo bisogno di non prendere la responsabilità di destabilizzare il Paese in un momento così. Non sarebbe capito da nessuno, né qui né in giro per il mondo...».

da - http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/437387/
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« Risposta #66 inserito:: Aprile 08, 2012, 05:26:30 pm »

L'intervista

Bersani: «Nuove regole in pochi mesi sul finanziamento . Nessuno si metta di traverso»

«Senza controlli sui bilanci dei partiti, codici etici e regole sulle candidature l'Italia non è una democrazia moderna»


ROMA - Onorevole Bersani, che cosa l'ha spinta ad appellarsi ad Alfano e Casini per promuovere una legge sui bilanci dei partiti?

«Io sono convinto che nei prossimi dodici mesi dovremo affrontare un passaggio drammatico: o saremo in grado di consegnare all'Italia un assetto costituzionale occidentale del nostro sistema politico, riformandolo, o ci arrenderemo a un'eccezione italiana, passando da un populismo all'altro. Siccome il nostro obiettivo è il primo, è chiaro che dobbiamo riuscire ad affermare una democrazia moderna in cui i partiti non rispondano solo ai loro elettori e iscritti. Per raggiungere questo traguardo dobbiamo riuscire a varare una legge seria perché le forze politiche abbiano bilanci certificati e controllati, codici etici, meccanismi trasparenti di partecipazione alla vita interna, regole per le candidature. In questo senso vanno previste anche delle sanzioni, come l'esclusione dai finanziamenti ed eventualmente anche il divieto di presentazione liste. Noi avevamo presentato per tempo una nostra proposta e ora diciamo "acceleriamo assolutamente", perché i fatti che stanno emergendo sono allucinanti».

Si riferisce alla Lega?
«Sì ma non solo, e in ogni caso c'è un punto da sottolineare: in questi anni siamo slittati verso una personalizzazione talmente accesa, con la costituzione di partiti quasi personali, che, com'era inevitabile, ha portato alla creazione di cerchie ristrette, familismi, corti, sistemi feudatari di vassalli valvassori e valvassini, con imperatori capaci di nominare anche i cavalli. Insomma, in queste condizioni non poteva non prendere piede un sistema opaco. Quando io tre anni fa dicevo che non metterò mai il mio nome sul simbolo non volevo fare demagogia, ma intendevo dire che i partiti devono essere un patrimonio collettivo, quasi istituzionale, non posso essere piegati a una logica personale, che tra l'altro ci ha consegnato una legge elettorale dove sono stati possibili casi come quelli di Calearo e Scilipoti che lasciano esterrefatti. Dobbiamo correggere queste derive e prendere esempio dalle normali democrazie occidentali che non hanno questi fenomeni perché lì i leader sono leader pro tempore, secondo regole che i partiti si danno».

Lei pensa che i partiti italiani abbiano gli anticorpi necessari?
«Assolutamente sì, guardi noi: per esempio, le primarie, che pure sono un meccanismo da migliorare, rispondono proprio all'esigenza di avere un partito, per così dire, all'aria aperta. Lo stesso dicasi per la decisione che abbiamo preso a suo tempo di far certificare i bilanci. Per lo stesso motivo affermo che dopo Bersani ci saranno le primarie, niente cooptazioni, ma meccanismi di partecipazione. La strada è questa e non riguarda solo noi che per primi abbiamo adottato questo meccanismo, dovrà riguardare tutti se vogliamo un sistema trasparente e democratico».

Sarete in grado di fare questa legge o ancora una volta toccherà al governo cavarvi d'impaccio?
«Un minimo comune denominatore tra i partiti per fare una legge sui finanziamenti c'è e ci può essere. C'è tutta la possibilità di lavorare su questo nelle prossime settimane».

Non le sembra di peccare d'ottimismo?
«Voglio dire la verità: io avevo scritto questa lettera dicendo di tenerla riservata e di lavorarci sopra, sono stati Alfano e Casini a dirmi "no, tiriamola fuori e impegniamoci a fare queste cose". Questo significa che la volontà c'è. Immagino perciò che nei prossimi giorni si avvierà una discussione approfondita non solo tra noi tre. Se ci mettiamo seriamente all'opera ce la possiamo fare in poco tempo. Faccio un esempio, nella mia proposta di legge si prevede di mettere a sistema un meccanismo di primarie, ma se gli altri non sono pronti, possiamo vedere questa questione più avanti; però sulla certificazione dei bilanci, sulla necessità di inserire una soglia molto bassa per cui bisogna dichiarare i soldi che un partito ha ricevuto, sull'obbligatorietà di pubblicazione su Internet dei nostri bilanci possiamo metterci d'accordo rapidamente».

E poi verrà varato un decreto per fare velocemente?
«Per quel che riguarda lo strumento, per me può anche essere un progetto di legge di pochi articoli, che abbia una corsia ultrapreferenziale. Non escludo nemmeno, una volta stabilito il contenuto, sentito il governo, e, naturalmente il presidente della Repubblica, che ci si possa avvalere di uno strumento straordinario come il decreto. A me interessa la sostanza: in pochi mesi dobbiamo arrivare a una soluzione».

Intanto continuerete a prendere rimborsi senza spenderli tutti per le attività elettorali.
«Vorrei chiarire subito una cosa. C'è già stata una drastica riduzione del finanziamento della politica perché nel 2010 erano stanziati 289 milioni di euro, che diminuendo di anno in anno arriveranno ai 143 del 2013. Inoltre non è più vero che se si interrompe la legislatura continua il finanziamento. Dal 2011 non è più così. Con questa tagliola significa che non sarà più nemmeno possibile che partiti ormai morti ricevano dei soldi. Con queste novità, il finanziamento della politica in Italia diventerà inferiore a quello che è in Germania, in Francia o in Spagna. Ciò detto, è vero che il meccanismo adesso lascia un margine d'ambiguità. Sotto il titolo rimborso elettorale c'è, come negli altri Paesi, un forfait che riguarda il finanziamento dell'attività politica e non solo quello della campagna elettorale. Si può riconsiderare questo aspetto, ma l'importante è essere d'accordo su due punti di fondo. Primo, il finanziamento alla politica da Clistene e Pericle in poi c'è sempre stato nelle democrazie per evitare plutocrazie, oligarchie e dominio. Secondo, è vero che bisogna adeguarsi ai parametri europei, laddove non ci fossimo ancora, ma è soprattutto necessario prevedere un sistema di controllo che ora non c'è. Bisogna dire quali sono le regole, scriverle in una legge e avere qualcuno che le certifichi. Su questo fronte l'Italia adesso non è a posto. Senza certificazione regolare non deve essere più possibile prendere i soldi: i partiti non sono associazioni private per cui possono anche mantenere le famiglie dei loro leader, sono l'ossatura della democrazia».

Che cosa risponde a chi dice che i partiti si sono svegliati solo ora che sono ricoperti dagli scandali? Lo sapete che gli elettori non hanno più fiducia nelle forze politiche.
«Veramente sono due o tre anni che noi del Pd abbiamo elaborato quattro-cinque progetti in materia che ora abbiamo unificato. E voglio essere chiaro: se non riusciamo a risolvere un problema di questo genere ci meritiamo come sistema politico la sfiducia degli italiani. Su questo sconti non se ne faranno. Adesso partiamo, troviamo una soluzione e chi si volesse mettere di traverso se ne prenderà la responsabilità. Facciamo quattro articoli e poi parliamo con la Lega, con l'Idv, con chi sta in Parlamento. Il resto lo vedremo più approfonditamente dopo».

La gente non ha più fiducia nei partiti: perché dovrebbe accettare che vengano finanziati pubblicamente?
«Se vogliamo somigliare alle democrazie europee dobbiamo prevedere che la politica venga finanziata. Altrimenti ci ribeccheremo un miliardario che suona il piffero con tutti che gli vanno appresso».

Maria Teresa Meli

8 aprile 2012 | 9:16© RIPRODUZIONE RISERVATA

DA - http://www.corriere.it/politica/12_aprile_08/nuove-regole-in-pochi-mesi-nessuno-si-metta-di-traverso-maria-teresa-meli_1429dd06-8148-11e1-9393-421c9ec39659.shtml
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« Risposta #67 inserito:: Luglio 14, 2012, 03:59:07 pm »

IL CASO

Legge elettorale, Bersani rilancia "Non ci arrendiamo al porcellum"

Il segretario interviene all'assemblea del Pd e ribadisce la posizione del partito: "Basta buttare la palla in tribuna, pronti al compromesso, ma serve il premio di governabilità e la possibilità di scegliere i parlamentari".

Poi annunia primarie entro l'anno, ma è scontro con Renzi: "Pensa di metterci in saccoccia, ma si sbaglia"


ROMA - "Davanti alle preclusioni della destra non ci arrendiamo davanti all'idea di tenerci il porcellum che, lo abbiamo ripetuto mille volte, è una causa principe del discredito della politica". Pier Luigi Bersani, aprendo l'assemblea del Partito democratico, torna sulle difficoltà che stanno caratterizzando il tentativo di riformare la legge elettorale prima della scadenza della legislatura.

"Siamo pronti a ragionare su soluzioni di compromesso ma non a rinunciare a due principi - prosegue il segretario del Pd - i cittadini la sera delle elezioni devono sapere chi è in grado di organizzare e garantire credibilmente la governabilità e quindi chiediamo un credibile premio di governabilità" che deve essere attribuito "a chi arriva primo sia nella forma di una lista singola sia nella forma di liste collegate". Ed il cittadino, sottolinea ancora Bersani, "deve poter decidere sul suo parlamentare".

"L'Italia - aggiunge - ha il diritto di costruire un bipolarismo saldamente costituzionale, temperato, flessibile, che metta a confronto progetti alternativi per il Paese. Con le prossime elezioni, o ci sarà una scelta fra progetti alternativi, o l'alternativa si rischia di farla fra populismi e resto del mondo".

"La strada per la riforma elettorale - ricorda il leader democratico - è intralciata dalla beffa costituzionale di Pdl e Lega che buttano la palla in tribuna per propaganda col rischio di bloccare ogni riforma.
Siamo pronti a approvare almeno la norma sulla riduzione del numero dei parlamentari". All'opposto, secondo il segretario del Pd, cì invece il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che "ringraziamo ancora per quello che sta facendo per sollecitare il cambio della legge elettorale".

"Per noi - precisa Bersani - la proposta migliore è il doppio turno di collegio. Davanti alle preclusioni della destra dichiariamo di non volerci arrendere al Porcellum che e' la causa principe del discredito della politica".

Prima delle elezioni, il Pd passerà però dalle primarie che Bersani assicura si svolgeranno "entro la fine dell'anno". Non saranno il congresso del Pd, ripete il segretario: "Dalla direzione è venuto un criterio di apertura, che suggerisce di privilegiare l'allargamento della partecipazione piuttosto che l'allestimento di barriere". Un criterio di cui "sono personalmente molto convinto" che corrisponde "all'idea di investire, anche rischiando qualcosa, sul rapporto fra politica e società che oggi è largamente in crisi. In nome di questa logica, mentre ho ritenuto giusto dichiarare da subito la candidatura del segretrario del Pd, anche in ossequio alle regole statutarie, ho chiesto e chiedo che questa sia in via di principio una candidatura esclusiva. Avremo modo, nel tempo giusto, di investire l'assemblea dei temi regolamentari e statutari e di prendere assieme le decisioni conseguenti".

Ma a mettere in guardia il leader democratico ci pensa Matteo Renzi. "I giovani del Pd - avverte il sindaco di Firenze - non faranno come Alfano". "E' stato desolante - dice - vedere tanti giovani del Pdl che si sono immediatamente rimessi in ordine appena Berlusconi ha detto 'scendo in campo io'. Noi faremo l'opposto". Poi attacca frontalmente il segretario: "Rinviando il discorso sulle primarie tutto a settembre, Bersani pensa di metterci in saccoccia. Si sbaglia di brutto peché noi in questo mese ci organizziamo, ci organizziamo sul territorio e a settembre siamo pronti".

(14 luglio 2012) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2012/07/14/news/bersani_basta_procellum-39041855/?ref=HREC1-2
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« Risposta #68 inserito:: Agosto 04, 2012, 09:45:02 am »

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Bersani Vendola e l’Udc.

Il leader Sel boccia Di Pietro. L’ex pm: “Tradisce i lavoratori”


Il presidente della Puglia spiega di essere pronto per coalizioni che comprendano "tutti quelli che vogliono modernizzare l'Italia" e che abbiano al centro "i diritti sociali e civili delle persone, come i diritti delle coppie gay".

Donadi (Idv): "Di Pietro chieda incontro". E Cicchitto (Pdl): "Ulivo aggiornato. Bacio della morte per Casini"

di Redazione Il Fatto Quotidiano
1 agosto 2012


Il duo Bersani (Pd)-Vendola (Sel) apre all’Udc di Casini ed estromette Di Pietro. Dalla riunione tra i due leader sembra arrivare l’apertura al partito dell’ex presidente della Camera (che solo ieri avevano aperto uno spiraglio all’alleanza invocando i partiti ad “ammainare le bandiere di parte”) e l’esclusione del numero uno di Italia dei Valori. Che a stretto giro fa sapere che non ci crede: “Mi rifiuto di pensare che Vendola possa rinunciare alle nostre battaglie sui diritti dei lavoratori”.

In quella che sembra una nuova alleanza, a legge elettorale ancora in alto mare, il leader di Sel mette fuori dai giochi l’Idv con queste parole: “Il propagandismo esasperato di Di Pietro lo sta portando alla deriva”.  Il presidente della Puglia spiega quindi di essere pronto a partecipare a coalizioni che comprendano “tutti quelli che vogliono modernizzare l’Italia” e che abbiano al centro “i diritti sociali e civili delle persone, come i diritti delle coppie gay” rispondendo a una domanda proprio sull’Udc. Argomenti che solo ieri il segretario dei Democratici ha elencato nella carta di intenti come prioritari. Allo stato quindi le porte sembrano chiuse per l’Idv perché “non sta mostrando interesse” per la costruzione di un’alleanza di centrosinistra. Eppure solo un mese fa Vendola e Di Pietro avevano inaugurato il “cantiere del centrosinistra” e lanciato un aut aut ai democratici. In caso di alleanza con Casini sarebbe venuta meno la foto di Vasto. I due partiti dicevano di aver fatto fronte comune (“Niente coalizione se non ci siamo entrambi”), con il governatore pugliese che proteggeva l’ex magistrato gettando sul tavolo il suo clamoroso successo nelle ultime amministrative. ”Credo che sia difficile, direi impossibile, per Sel, il partito di Nichi Vendola, rompere con l’Italia dei Valori, perché vorrebbe dire rompere con le battaglie in difesa del lavoro – fa sapere Antonio Di Pietro - Mi rifiuto di pensare che Vendola possa rinunciare alle nostre battaglie sui diritti dei lavoratori. L’alleanza vera si fa sui programmi. Oggi noi siamo andati in Corte di Cassazione e abbiamo depositato due quesiti referendari, sull’art. 18 e sull’art. 8, entrambi in difesa dei lavoratori: quelli licenziati ingiustamente e quelli a cui viene tolto il contratto collettivo di lavoro. Chi pensa di fare a meno dell’IdV nella costruzione di una nuova area riformista, di una coalizione che mette insieme sviluppo e solidarietà, pensa forse di poter fare a meno degli elettori. Anche dei suoi elettori. Mi rifiuto di pensare che Vendola possa rinunciare alle nostre battaglie sui diritti dei lavoratori”.

Invece oggi Vendola apre ai moderati dicendo: “Il centrosinistra è il soggetto fondante dell’alternativa e non deve aver paura di portare con sè chi intende arricchire il suo orizzonte se l’agenda ha al centro i diritti socialie civili. Io non pongo veti a nessuno”. Sel “è disponibile ad essere un soggetto fondatore al pari del Pd di un polo della speranza per costruire l’alternativa a 30 anni di liberismo che hanno portato l’Italia in grande crisi”.Il governatore della Puglia però smentisce, bollando come “Fantapolitica”, l’ipotesi di una lista unica Pd-Sel. ’‘Con Bersani abbiamo discusso a lungo dei contenuti della carta di intenti - spiega Vendola – e tra qualche ora ci sarà un documento di Sel che vuole interloquire nel merito dei temi. A Bersani ho sottolineato la necessità di una rottura molto più limpida con politiche di liberismo che hanno segnato 30 anni e portato l’Italia in una condizione di grande crisi”. Per il leader di Sel “è necessario costruire un polo della speranza, una coalizione del futuro per offrire una prospettiva alle giovani generazioni a partire da un piano straordinario del lavoro”. Per Vendola è necessaria “una coalizione larga e plurale per essere un credibile punto di svolta ne costituisca punto di svolta per l’Italia vampirizzata dal berlusconismo”. Vendola non crede però nella aggregazione di Pd e Sel in una lista unica: “ho fondato un partito e sono molto orgoglioso di rappresentare un punto di vista molto critico verso il liberismo. La reductio ad unum non è un vantaggio”. Vendola ha parole anche per quelli che non sarebbero stati mai presi in considerazione come alleati: “Fini vuole ricostruire il centrodestra, il mio progetto è il centrosinistra. E’ difficile che le strade possano coincidere”.

”L’Idv ha fatto la sua scelta da un p0′di tempo, ha scelto un’altra strada” spiega Bersani che elogia la riunione con Vendola e apprezza il titolo lanciato sulla coalizione “polo della speranza”: “Un incontro molto buono e molto utile. Si possono fare passi avanti molto importanti, c’è lavoro da fare ma vedo tutte le prospettive positive. Abbiamo bisogno di qualche mese per garantire l’impegno ad un governo dai contenuti seri”. “Abbiamo parlato – prosegue Bersani – di Italia, di lavoro, di temi sociali per profilare un’alternativa di governo alla destra”. Ora, aggiunge il segretario Pd, “Vendola e Sel proporranno una proposta interlocutoria con un documento e noi continuiamo negli incontri che saranno un pò di profilo politico, un pò con i soggetti sociali, a partire domani dal forum del terzo settore”.

L’ufficio stampa di Sel però fa arrivare un comunicato stampa che sembra ammorbidire le dichiarazioni del leader: “Nessuna svolta, nessuna apertura all’Udc. Leggiamo in alcuni titoli di agenzie di stampa, e di alcuni siti online che Nichi Vendola avrebbe aperto all’alleanza con l’Udc, che siamo alla svolta, che avrebbe scaricato Di Pietro. Invitiamo tutti a non equivocare le parole del leader di Sel: semplicemente ha ripetuto le stesse parole che negli ultimi mesi sono state dette sul tema delle alleanze. Non vogliamo subire veti, non poniamo veti né ultimatum a nessuno. Ma occorre essere chiari: se si è d’accordo nel superare le politiche liberiste delle destre, se si vogliono difendere i diritti sociali e l’equità sociale a partire dall’art.18, se si vogliono difendere i diritti civili a partire dai diritti delle coppie di fatto e gay, tutti sono benevenuti”. Alle 15.30 è comunque prevista una conferenza stampa.

‘Mi auguro che Di Pietro rinvii al mittente le accuse di non voler far parte della coalizione di centrosinistra e chieda al più presto un incontro con Bersani e Vendola –  commenta Massimo Donadi, capogruppo dell’Idv alla Camera – Quello che è certo è che un partito come Italia dei Valori non può lasciare che decisioni di questo rilievo siano prese da altri o, semplicemente, che accadano senza averle decise. Anche perché la decisione di una rottura col centrosinistra sarebbe letteralmente antitetica a tutto quanto deciso nell’ultimo congresso nazionale e dall’esecutivo di Vasto dello scorso anno. Organismi che, in caso contrario, dovranno essere al più presto riconvocati. Non può bastare una dichiarazione, nemmeno di Bersani e Vendola, per sancire l’esclusione di Italia dei Valori dalla coalizione di centrosinistra, di cui Idv fa parte da quasi dieci anni, con la quale amministra, insieme a Pd e Sel, gran parte degli enti locali italiani. Tuttavia non si può più nemmeno fingere di non vedere che Idv, ormai da mesi, non sembra avere alcun interesse per la costruzione di tale coalizione, rincorrendo il massimo di conflittualità con i potenziali alleati oltre che con le più alte istituzioni politiche del Paese. La ventilata ipotesi di alleanza elettorale con Grillo, poi, ancor più che pregiudicare la coalizione di centrosinistra, rischia di essere un fatto che snatura per sempre l’identità stessa di Idv. Servono al più presto posizioni nette e chiarificatrici”.

Sull’incontro Vendola Bersani arriva la riflessione di Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera Pdl: “Da un lato si profila la riproposizione con nomi aggiornati dell’Ulivo visto che Bersani e Vendola si incontrano e danno a Casini il bacio della morte, dall’altro certamente l’attacco di Bersani ad Alfano sul terreno della banalità è del tutto privo di fondamento. Dovrebbe esserne consapevole visto che egli è una delle massime autorità in materia”. 

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/01/incontro-bersani-vendola-aperti-ad-alleanza-con-ludc/312735/
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« Risposta #69 inserito:: Gennaio 25, 2013, 04:39:06 pm »

 Elezioni 2013: Pierluigi Bersani Ad Agorà Si Difende Sulla Vicenda Mps: "Si Sparano Menzogne, Non Accetto Lezioni Di Morale"

E Sugli Esodati: "Mario Monti Deve Dare Delle Risposte"

E Sul Salario Minimo Garantito: "Ci Vuole Una Norma"

Pubblicato: 24/01/2013 08:43 CET  |  Aggiornato: 24/01/2013 10:50 CET


Alza gli scudi Pierluigi Bersani, lo fa ad Agorà su Raitre. Si difende e difende il Partito Democratico sulla vicenda Monte dei Paschi di Siena: "Visti gli attacchi ricevuti soprattutto da destra sul coinvolgimento del Pd nel caos della banca senese: "Non accetto il lezioni da altri", attacca il centrodestra e sopratutto la Lega: "Dico solo una parola, Creditnord" e poi ammette "Il sistema delle banche va rivisto, alcuni localismi devono essere riformati". Sul problema del controllo degli istituti bancari da parte dagli enti locali: "In prospettiva - spiega Bersani - è un legame eccessivo che va in parte spezzato".

Il segretario del Partito Democratico superato lo scoglio Mps, entra poi nel vivo dei temi della campagna elettorale:

Il lavoro. "E' diventato vulnerabile - dice il segretario del Pd - chi lo perde non riesce a riconquistarlo. Bisogna creare un meccanismo di convenienza perché dalla precarietà si passi a contratti a tempo indeterminato". Critica la proposta di Silvio Berlusconi, che promette assunzioni esentasse per 3 o quattro anni: "Speriamo non incentivi a lasciare a casa due persone intanto che se ne assume una". In tema di reddito minimo garantito Bersani risponde così: "Per chi va sotto la soglia vitale ci vuole una norma, il resto - ha aggiunto - sono politiche sociali affidate agli enti locali".

Per chi non ha contratto nazionale serve salario minimo,in generale politiche sociali che diano servizi di cittadinanza @agorarai @paticchio
January 24, 2013 7:59 am via Twitter for iPad Rispondi Retweet Preferito

L'Imu e la patrimoniale. Sul tema Bersani mantiene la linea della progressività, ossia: "Bisogna - spiega - inserire un'imposta progressiva in base al valore delle proprietà. Non intendo - dice - tassare il ceto medio che paga le tasse e fa girare i consumi".

Esodati. Visti le notizie circolate in questi giorni legati a un possibile aumento del numero reale: "cominciando dal tema esodati, non vorrei che questo sia solo un problema del futuro governo". Pone poi alcune domande al governo Monti: "In un anno di recessione siamo a posto con gli ammortizzatori? Abbiamo soldi sufficienti per la cassa Integrazione? E le missioni all'estero?".

Spesa pubblica.. Usa il termine riparazione il segretario Bersani: "No ai tagli lineari - dice - ragioniamo settore per settore" E fa qualche esempio: "Prendiamo le aziende pubbliche: che ogni singola amministrazione si faccia un piano industriale e se non lo fa non gli deve essere concesso il turn over. In questo caso il pubblico deve comportarsi come il privato". Sulla spending review:"Basta con la politica dei commissari straordinari, possono bastare i ragionieri dello Stato".

Alleanze. Risponde all'appello di Ingroia che ieri su Sky aveva chiesto al Pd una tregua: "Io non mi sento in guerra con nessuno, mi preoccupa solo che lui dica che il suo avversario non è Berlusconi. Per me l'avversario è il Cavaliere" Bersani non da per nulla scontata la vittoria: "La destra in questo paese esiste e non bisogna sottovalutarla". In tema di voto utile dice: "Tutti sono utili, quelli di
testimonianza, appartenenza e protesta. Ma per battere la destra di voti utili ce n'è uno solo".

La squadra di governo . "Ho già in mente alcune persone ma non le dico non vorrei che al vertice di Davos ci fossero dei problemi. Toto governo non ne faccio. D'Alema e Veltroni? "Chi può dare una mano la dia".

Il futuro del centrosinistra.. "Renzi - dice - ne farà sicuramente parte". Monti? "Non è di questa squadra, non lo definirei un progressista".

da - http://www.huffingtonpost.it/2013/01/24/pierluigi-bersani-parla-ad-agora_n_2539705.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #70 inserito:: Gennaio 25, 2013, 04:42:08 pm »

Bersani: "Non tasserò il ceto medio. Monti pericoloso su Cgil"

Il leader del Pd torna a parlare di imposte ("Imu c'è già, ma poco progressiva"), ma soprattutto di lavoro ("Serve fondo per esodati").

Poi attacca il professore sui sindacati: "Cade in luoghi comuni della destra".

E annuncia: "Ho già in mente ministro dell'Economia"


ROMA - "Non intendo tassare il ceto medio che paga le tasse". Lo ha detto, intervenendo ad Agorà su Raitre, il candidato premier del centrosinistra Pier Luigi Bersani. L'Imu, ha aggiunto, "è già una patrimoniale sugli immobili. Il problema è che è poco progressiva". Il leader del Pd è tornato a parlare di conti pubblici e di lavoro, attaccando il premier uscente per le dichiarazioni sulla Cgil: "Mi stupisco che Monti cada in luoghi comuni insufflati dalla destra, mentre quando governi sono tutti figli tuoi. Un'organizzazione come la Cgil con oltre 4 milioni di iscritti non puoi in premessa metterla fuori, dirti contro. È un sindacato non un partito, è un elemento del paesaggio, è pericolosa una linea di questo genere, caccia fuori in premessa un pezzo di Italia"

Lavoro . Il leader democratico è tornato sulla vicenda degli esodati, che già ieri lo aveva visto polemizzare con Monti (VIDEO). "Quando sento dimenticare troppo facilmente alcune questioni allora mi inalbero un po'. Vorrei che nella famosa Agenda Monti mettesse questa parola, esodati. Ci hanno bacchettato dicendo che non siamo tecnici e poi si è visto chi è tecnico...". Nel merito, il candidato del centrosinistra sostiene che per affrontare il problema
"serve un fondo da rimboccare mano a mano che si affacciano le situazioni. Tuttavia - ha aggiunto - il problema può riproporsi, per cui è il meccanismo in uscita che deve essere flessibile". Il leader del Pd, poi, ha parlato di salari minimi per chi non ha contratto: "Penso ci voglia una norma sul salario minimo garantito, il resto sono politiche sociali indispensabili affidare agli enti locali".

Spesa pubblica. Bersani invita moderare gli appelli alla riduzione della spesa pubblica: "Se togliamo la spesa per interessi sul debito e quella per pensioni il resto della spesa pubblica è ai livelli bassi per l'Europa", ha sottolineato il leader Pd: "Esiste un livello della spesa pubblica sotto il quale alcuni elementi di civilizzazione europea non stanno in piedi. E allora non raccontiamoci che si possono tagliare d'amblais 80 miliardi di spesa corrente". Semmai la spesa pubblica va razionalizzata, "dobbiamo mettere il cacciavite settore per settore e poi tenerla ferma". C'è, però, una voce di spesa che lo Stato può ridurre: "Dobbiamo rivedere gli impegni sugli f35. Anche il Canada lo ha fatto", dice Bersani.

Ministro dell'Economia. Come ministro dell'Economia "penso a persone di livello, qualcosa ho in mente. Ma non lo dico, non vorrei che a Davos ci fossero dei problemi ". Il leader del Pd ammette di aver pensato a chi potrebbe occupare la poltrona, ma non si sbottona. Poi, rispondendo a una domanda su un eventuale coinvolgimento nell'esecutivo di D'Alema e Veltroni: "Totogoverno non ne faccio. Su queste due, e su altre personalità, penso che in ogni caso in pensione dalla politica non vanno, ne avremo bisogno. Si vedrà fisicamente, al governo e in Parlamento, che sta arrivando nuova gente, giovani e donne. Dopodiché non c'è solo il governo e il Parlamento. Chi può dare una mano la dia".

Foto di gruppo. "Non ho ancora visto una foto di gruppo Monti-Casini e Fini o Berlusconi-Maroni-Alfano... Io oggi mi presento, faccio la foto con Vendola e Tabacci, che è certo criticabile, ma vorrei vedere anche la loro, loro che garantiscono il progetto comune, la governabilità...", ha detto Bersani. Immediata la risposta del presidente della Camera: "Se Bersani le vuole, di nostre foto gliene mandiamo dieci. Piuttosto aspetto Bersani e Vendola che nello stesso comizio parlino del governo Monti. È quello il punto dolente di quella coalizione. Lo stesso punto dolente che hanno Berlusconi e Maroni: nelle due coalizioni si sono alleati partiti che sostenevano Monti e chi lo avversava", ha detto Fini ospite di Omnibus, su La7

Monti e il Colle. Mario Monti può ancora ricoprire un ruolo istituzionale, a partire dalla presidenza della Repubblica? "Nel caso bisogna parlare con lui", sostiene Bersani. "Io non ho bisogno di nascondere che fino a sei mesi fa ho sempre immaginato per lui un compito di natura istituzionale. Dopo di che il presidente Monti ha avuto questa passione per la politica. Immagino che ora nella sua testa possa avere altre idee...". Quanto al Colle, Bersani non lo nasconde: "La cosa è diventata più problematica, non c'è dubbio".

Germania. Se Bersani diventasse il premier italiano, ''Ad Angela Merkel direi che non voglio litigare con la Germania, che noi non abbiamo fatto i compiti a casa e loro sì, ma senza litigare serve ragionare perché si prosegua con il rigore, ma si dia anche sostegno agli investimenti e al lavoro perché tra un po' entrano in recessione anche loro'', ha detto.

(24 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/01/24/news/bersani_non_tassero_il_ceto_medio_e_su_mps_accuse_da_campagna_elettorale-51177412/?ref=HREC1-4
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« Risposta #71 inserito:: Gennaio 25, 2013, 04:42:57 pm »

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F-35. Salvate il soldato Bersani

di Toni De Marchi | 24 gennaio 2013


Anche l’Aeronautica militare scende (o sale, vedete voi) a gamba tesa in campagna elettorale e convoca un po’ di giornalisti amici allo stabilimento di Cameri, la lampada di Aladino, l’antro delle meraviglie, dove dovrebbero nascere gli aerei a cui affidare le sue magnifiche sorti e progressive. Lo fa il giorno dopo che Bersani ha scatenato un mezzo putiferio dicendo quello che in tanti, e non solo a sinistra, da tempo pensano: bisogna rivedere la spesa per gli F-35.

Forse la vicinanza dei due eventi è casuale, ma certo non è un caso che la Difesa faccia propaganda all’F-35 in piena campagna elettorale. Una scorrettezza istituzionale grave, ma dal ministero dell’ammiraglio Di Paola non ci si può aspettare granché. Naturalmente manda in passerella non le bombe o i missili (che, si sa, non sono granché glamour) ma fa sfilare gli imprenditori e i posti di lavoro che l’F-35 dovrebbe portare con sé. Ripete, un po’ vergognandosi, la storiella dei diecimila operai, ma nessuno ci crede più. E d’altronde i numeri sono lì, implacabili: alla Vitrociset cinquanta occupati sull’F-35, trenta all’Omi, cinquanta alla Oma, centoventi all’Aerea secondo quanto riporta Giampaolo Cadalanu su La Repubblica.

Coincidenza o meno, la conferenza stampa dell’Aeronautica è la conferma del panico che si è impadronito dei nostri vertici militari dopo le disastrose notizie sul programma F-35. Che non sono solo i serbatoi che possono esplodere, o le fessure sulle ali che hanno messo a terra a metà gennaio tutti i prototipi della versione B (destinata anche alla nostra Marina) o l’annuncio che la Turchia ha posticipato sine die l’ordine per due F-35 già annunciato lo scorso anno o lo stop del Canada al programma. La Difesa in realtà teme la crescente opposizione che sta montando nel Paese contro il programma e che la competizione elettorale potrebbe amplificare.

Perché Bersani non ha detto una cosa di sinistra affermando che bisogna rivedere la spesa per gli F-35. Ha detto una cosa di buonsenso, che naturalmente piace, e molto, a sinistra e a Vendola in particolare, ma trova da tempo consensi anche in aree politiche più moderate.

Per questo, nel silenzio assoluto degli autoproclamatosi “moderati” che tacciono perché nessuno si vuole esporre sostenendo questo programma, mi è francamente incomprensibile il clamore dei “rivoluzionari civili”. Di Pietro, Ingroia, Lotti tutti si sono affrettati a rinfacciare al segretario Pd le precedenti scelte del suo partito. Lo sappiamo, l’ho scritto anche su questo blog, che l’F-35 è stato concepito ed è stato svezzato dai governi Prodi e D’Alema e amorevolmente allevato dai governi di Berlusconi e Monti.

Lo sappiamo che nel Pd di oggi e di ieri la lobby militare-industriale è vivace e ben rappresentata. Oltre a Prodi che lanciò il programma, ci sono Arturo Parisi, l’uomo che sdoganò l’operazione Dal Molin a Vicenza, il senatore Lorenzo Forcieri, il primo che da sottosegretario raccontò alla Camera la frottola dei 10mila posti di lavoro, la genovese “generalessa” Roberta Pinotti. Ma Bersani ha detto una cosa precisa, ed è la prima volta che un segretario del Pd nonché candidato premier si pronuncia in modo così netto e mediaticamente forte sulla necessità di ridimensionare un programma militare. Diamogli credito.

Avrebbe potuto dire cancelliamo gli F-35? Certo, ma nessuno gli avrebbe davvero creduto. Siamo onesti: ha detto l’unica cosa realisticamente possibile perché seriamente ed effettivamente fattibile: riduciamo la spesa, riduciamo il danno. L’unica cosa che può seriamente preoccupare i sostenitori “senza se e senza ma” dell’F-35, che può turbare i ministri-ammiragli e tenere svegli i lobbisti di tutti i colori.

Anziché proposte impraticabili, dovremmo semplicemente chiedere al segretario del Pd una piena accountability rispetto alle sue proposte, che diventi o meno il prossimo presidente del Consiglio. Per il momento, cerchiamo di salvare il soldato Bersani dai crociati della Lockheed e dai profeti di una resa invincibile.

da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/24/f-35-salvate-soldato-bersani/479028/
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« Risposta #72 inserito:: Gennaio 31, 2013, 07:24:20 pm »

Mps, Monti: "Tenere partiti via dalle banche, io ho vietato gli incroci pericolosi nei cda"

Il premier rivendica le misure introdotte con il decreto Salva Italia: "Un primo passo concreto e importante per arginare la commistione tra politica e finanza".

Bersani punge: "Benissimo, ma fuori anche i banchieri dai partiti"


ROMA - "Sono stato accusato di presiedere un governo di banchieri" ma "ho vietato le presenze incrociate nei consigli di amministrazione di banche e compagnie assicurative concorrenti". E' stato "un passo concreto per arginare la commistione politica-finanza, che ho già definito una brutta bestia".  Mario Monti torna oggi sugli interrogativi sollevati dal caso Monte dei Paschi di Siena.

"Teniamo i partiti lontani dalle banche", insiste il presidente del Consiglio. "Ricordo solo - prosegue - che il decreto Salva Italia, voluto dal nostro governo, ha vietato le presenze incrociate nei consigli di amministrazione di banche e compagnie di assicurazioni concorrenti. Sono anche questi intrecci di persone a generare i conflitti di interesse, le distorsioni al mercato e i danni al sistema finanziario". 

"La nostra misura - rivendica ancora il premier - è stata una scelta coraggiosa e apprezzata all'estero, che migliora la concorrenza del mercato, a vantaggio dei cittadini. Un provvedimento che non può certamente essere etichettato come un favore ai 'salotti buoni' della finanza, anzi è un primo passo concreto e importante per arginare la commistione tra politica e finanza, che ho già definito una brutta bestia. Per il bene di tutti - conclude - dobbiamo tenere i partiti lontani dalla gestione delle banche".

L'uscita del presidente del Consiglio è stata occasione per l'ennesima scintilla con Pierluigi Bersani. "Monti ha detto via i partiti dalle banche? Sono d'accordo dieci volte. Io aggiungo via i banchieri dai partiti. Così siamo a posto", ha commentato il leader Pd con una battuta che non può non far pensare alla lunga collaborazione tra il premier e Corrado Passera alla formazione della nuova formazione centrista, collaborazione saltata solo in extremis.

(31 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/01/31/news/monti_banche_partiti-51650367/?ref=HREA-1
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« Risposta #73 inserito:: Febbraio 02, 2013, 11:35:56 am »

Elezioni, Bersani con Renzi a Firenze.

Il sindaco attacca Monti e Berlusconi

Il segretario del Pd e il primo cittadino al teatro Obihall, per un'iniziativa in vista del voto che li vede entrambi protagonisti.

Renzi: "Non sottovalutare Berlusconi ma nemmeno il mago Silvan riuscirebbe a far scomparire quello che ha fatto".

E sul premier: "Si confonde, nel 1921 è nato lui forse". E su Twitter spopola l'hashtag #pdbrothers


FIRENZE - Un lungo applauso ha accolto Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi al Teatro Obihall di Firenze per il comizio elettorale del Pd. Abito grigio e cravatta azzurra Bersani. Renzi sceglie un vestito nero e una camicia bianca, prende per primo la parola. "Mi sono messo anche la camicia bianca d'ordinanza delle primarie", scherza appena prende la parola e prima di salutare "in modo particolare il prossimo presidente del consiglio Pier Luigi Bersani", dice. Poi ricordando le primarie aggiunge: "Ha vinto lui, io lo sostengo. Abituiamoci alla lealtà". "Noi siamo fatti così", aggiunge. "Prima siamo stati al Comune, e quando tornerai da premier ti verremo a cercare e firmerai il libro d'onore di Palazzo Vecchio - spiega Renzi - . E lo dico io che sono abbastanza bravo ad andare a cercare i presidenti del Consiglio, anche in sedi non istituzionali...".

Almeno tremila persone hanno riempito il teatro per il comizio, il primo dove sono presenti i due ex sfidanti dopo le primarie del centrosinistra del dicembre scorso. Una folla di centinaia di persone non è riuscita ad entrare all'interno per motivi di sicurezza.

Renzi attacca Monti e Berlusconi.
Renzi non perde tempo e attacca gli avversari politici Mario Monti e Silvio Berlusconi. "Oggi Monti ha detto che il Pd è nato nel '21... deve aver confuso con la sua carta d'identità. Monti per mesi ha detto che non si sarebbe candidato e sarebbe rimasto sopra le parti e ora è nel ring della politica di tutti i giorni con persone molto lontane da lui. Forse non ha capito che Fini non è quello dei tortellini ma quello della Bossi-Fini". Poi ricorda che non va sottovalutato Berlusconi. "Dobbiamo sapere che può anche ingaggiare Balotelli, ma anche se ingaggiasse il mago Silvan, non servirebbe a far sparire le cose che ha fatto. E soprattutto quelle che non ha fatto".

Poi un riferimento alla questione del rapporto fra finanza e politica. "Dal governo di centrosinistra noi ci aspettiamo un governo capace di un rinnovato rapporto tra finanza e politica. Ma di questo sarà Pier Luigi Bersani a parlarne, com'è giusto", ha detto Renzi. Durante il comizio Bersani dovrebbe parlare di Mps. Un punto proprio quello del rapporto fra politica e banche che era stato oggetto della sfida fra Bersani e Renzi durante le primarie del partito.

Bersani si toglie la giacca. Poco dopo interviene Bersani che inizia il suo comizio con un "primo omaggio a Matteo", togliendosi la giacca come fa sempre il sindaco di Firenze. "Se lo merita". "Noi non siamo oggi a contarci in un gioco di correnti", qui "non ci sono Bersaniani e Renziani. Qui c'è il Pd" che è "di tutti", spiega. "Invece di discutere della crisi più grave dal dopoguerra, in questa campagna elettorale siamo ancora soltanto al festival delle promesse oppure all'attacco dell'avversario, mentre si evita di parlare del futuro dell'Italia", dice.

"Prodi mandato a casa, io non farò così".  "A chi non ha votato per me vorrei dire che non è sempre stato facile discutere ma non dobbiamo avere paura di chi non la pensa come noi, non dobbiamo pensare che chi dissente è un nemico. Meglio dirci prima le cose sennò i finti unanimismi hanno fatto sì che per due volte Romano Prodi è andato a casa. Non lo faremo". Mentre sul premier uscente attacca: "O girano promesse o aggressioni, un pò di bastonate come suggeriscono i guru. In un anno Monti non ci ha mai trovato un difetto e ora da 15 giorni ce ne trova uno al giorno. Quella di oggi sul Pd nato nel '21 e' veramente infelice. Si può dire di tutto ma non ferire un progetto di cui non ha neanche una vaga idea". E poi sul caso Mps spiega: "Non siamo mammolette e non accettiamo che ci faccia la predica chi ha cancellato il falso in bilancio, che noi reintrodurremo il primo giorno di governo. Noi proponiamo una commissione di inchiesta sull'utilizzo dei derivati e per una regolamentazione più stringente". In campagna elettorale "siamo ancora o al festival delle promesse o all'attacco generico all'avversario", con "promesse e favole invereconde e non degne di un paese serio", aggiunge Bersani.

Poco prima di arrivare al teatro i due leader del Pd si sono incontrati a porte chiuse a palazzo Vecchio, sede del municipio.   Su Twitter intanto spopola l'hashtag #pdbrothers per dimostrare che le ostilità tra i due sono finite con le primarie. Anche il sito del largo del Nazareno, apre la propria homepage con un pdoodle che mostra la foto dei Blues Brothers e la scritta in inglese "Everybody Needs Somebody".
 

(01 febbraio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/02/01/news/migliaia_di_persone_per_il_comizio_di_bersani_e_renzi-51731422/
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« Risposta #74 inserito:: Febbraio 02, 2013, 05:45:20 pm »

POLITICA
02/02/2013 - LA POLEMICA POLITICA

Caso Mps, Bersani al contrattacco

Maroni e Ingroia contro Napolitano

L’Ue: “La supervisione Bce aiuterà”


Il leader Pd: «Non accetto che chi ha tolto il reato di falso in bilancio sollevi questi polveroni contro il Pd»

ROMA

Il monito del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla vicenda Mps infiamma lo scontro politico. I partiti continuano a fronteggiarsi con toni sempre più accesi sullo scandalo che ha travolto la banca senese. E se da un lato Bersani si schiera con il capo dello Stato, altri - dalla Lega a Ingroia - criticano l’intervento del Colle.
 
Il segretario del Pd, intervistato a “Studio Aperto”, passa al contrattacco: sugli istituti di credito «abbiamo sempre detto che il peso delle fondazioni non può essere predominante» e «bisogna rivedere anche altro» ma io dico «sbrano» perché alla fine «emergeranno tre titoli: il falso in bilancio che non c’è più; il meccanismo dei derivati lasciato troppo correre e lo scudo fiscale che ha consentito rigiri anche di cose poco pulite. Queste cose hanno un nome e un cognome e io non accetterò un polverone da parte di chi le ha messe».
 
Ieri il Presidente della Repubblica aveva sollecitato tutti a evitare il cortocircuito tra stampa e giustizia e aveva invitato a guardare al richiamo «piuttosto brusco» della «Procura della Repubblica di Siena, di fronte alla pubblicazione di notizie» dichiarate «totalmente infondate» e che l’ha portata a «ventilare provvedimenti per aggiotaggio e insider trading». «Abbiamo spesso quasi dei cortocircuiti - è stato il ragionamento di Napolitano - tra informazione, che tende ad avere il massimo di elementi per poter assolvere a un ruolo di propulsione alla ricerca della verità e riservatezza necessaria delle indagini giudiziarie e rispetto del segreto d’indagine».
 
Una tesi che però non convince molti, a partire dal Pdl. No all’uso di «due pesi e due misure», commenta poco dopo il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. Gasparri parla di «scandalo gigantesco. Maroni è durissimo: «Conosco e stimo Napolitano, non voglio pensare questo, ma la brutta impressione è che sia sceso in campo per coprire lo scandalo Mps e attenuare i riflessi negativi che sta avendo sulle sorti elettorali del Pd». Sul fronte opposto anche Ingroia non risparmia una stoccata a Napolitano: «Non credo che l’aspetto più grave sia il cortocircuito tra informazione e giustizia - afferma il leader di Rivoluzione civile - . Il cortocircuito più grave è quello tra politica, banche e finanza, lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, dei soldi che non si sa dove siano finiti, che Monti abbia dato soldi al Mps togliendoli alle tasche degli italiani senza controllare come sarebbero stati spesi e che i partiti sono ancora dentro la gestione delle banche attraverso le fondazioni. Queste mi sembrano le cose gravi».
 
Di Pietro si augura che «i magistrati siano lasciati in pace a fare il loro dovere». «Mai come ora i cittadini devono sapere», dice il leader Idv. Bersani invece difende l’intervento del Quirinale: «Voglio sottolineare le parole del capo dello Stato. I magistrati devono fare il loro delicato lavoro serenamente e deve esserci rapporto sereno tra magistratura e informazione». Sulla vicenda si fa sentire anche Bruxelles. Con i poteri di «supervisione alla Bce si assicurerà un controllo più efficace» che aiuterà a evitare anche casi come quello di Mps, afferma un portavoce della Commissione rispondendo a chi gli chiedeva se con la supervisione unica si riduce il rischio di incorrere in casi come quello dei derivati Mps.

da - http://www.lastampa.it/2013/02/02/italia/politica/caso-mps-bersani-al-contrattacco-maroni-e-ingroia-contro-napolitano-BnuAzCkiF9ywc1BmYfFqON/pagina.html
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