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Autore Discussione: BERSANI -  (Letto 67575 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Giugno 24, 2009, 04:17:51 pm »

L'ex ministro ha annunciato la sua candidatura alla guida del PD

"Bene Franceschini, ma adesso c'è bisogno di un nuovo radicamento"

La sfida di Bersani al segretario "Adesso ricostruire il partito"

 

ROMA - Alla candidatura per la segreteria del Pd annunciata ieri da Pierluigi Bersani, si è aggiunta oggi quella di Dario Franceschini.

L'ex ministro del governo Prodi aveva spiegato ieri, in un post sul suo blog, le ragioni della sua decisione. Questi i passaggi salienti: "Con i ballottaggi si è chiuso un appuntamento elettorale difficile. Bisogna riconoscere l'impegno e la mobilitazione senza risparmio di centinaia di migliaia di militanti, candidati e dirigenti, segretario in testa. Abbiamo davvero combattuto e non sono mancate le buone prove, sia dove abbiamo vinto sia dove abbiamo perso. Nell'insieme non è stato un risultato buono per noi, ma non tanto cattivo da impedirci di vedere che la destra deve ridimensionare le sue aspettative e che noi possiamo riprendere il cammino".

"C'è un duro lavoro da fare per costruire un radicamento popolare del nostro partito e rispondere così a una destra che quando vince, vince nel popolo.
C'è un lavoro da fare per collegarci alle forze produttive del paese, lavoratori e imprenditori, nel pieno di una crisi che ridefinirà anche il loro rapporto con la politica. C'è un lavoro da fare per convincere l'Italia a guardarsi con gli occhi delle nuove generazioni e costruire così nel senso comune una idea di futuro".

"Di tutto questo dobbiamo discutere, e in nome di questo, dobbiamo discutere anche di noi, cioè della nostra effettiva capacità di essere utili ad una Italia migliore".

In conclusione Bersani ha dato appuntamento ai suoi sostenitori a Roma il primo luglio, in un incontro nel quale esporrà il suo programma: "Quel che penso intendo rivolgerlo in primo luogo alla nuova generazione che è già in campo. Non credo che dobbiamo inventarci una nuova generazione, né evocarla per simboli. Credo che ci sia già, nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito. Con questi giovani che sono già in campo farò il mio primo intervento pubblico il 1 luglio a Roma. Parlerò di politica e presenterò le mie idee".

(24 giugno 2009)
da repubbica.it
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« Risposta #31 inserito:: Luglio 02, 2009, 06:08:23 pm »

Pd, Pierluigi Bersani si candida archivia il veltronismo e riesuma i Ds
 
 
 
 ROMA (2 luglio) - Lode a Pierluigi Bersani per il pregio della chiarezza. Un’ora di intervento all’insegna del concretismo emiliano, senza sorvolare sui problemi, anzi, e senza segnali di fumo. L’ex ministro quel che aveva da dire non l’ha mandato a dire. Il partito che ha in mente? «Di sinistra, laico, del lavoro». L’autosufficienza? «Da soli non si va da nessuna parte». Le primarie? «Voglio un partito degli iscritti», le primarie devono essere di coalizione e dovranno servire per gli eletti nelle istituzioni non per i dirigenti del partito, ha spiegato con altre parole. Il ricambio, i giovani, l’innovazione? «Basta con queste categorie inafferrabili».

Conclusione: «Il prossimo dovrà essere il congresso fondativo di questo partito».

Non detto ma sottinteso: finora abbiamo scherzato, da quando Romano Prodi lanciò nel 2004 l’idea di Uniti nell’Ulivo si è solo fatto finta, il nuovo, il vero inizio sarà a ottobre 2009. Il Pd conosciuto finora non è mai esistito. Con parole puntute come spilloni e schiaffoni di quelli che fanno male, Bersani archivia in un’ora di discorso in uno dei templi del veltronismo, l’Ambra Jovinelli, Veltroni la stagione del Pd veltroniano e il veltronismo tout court.

La platea che era lì voleva sentirsele dire, queste cose, e più volte è esplosa in un applauso liberatorio. In particolare quando l’ex ministro di Prodi ha menato sul nuovismo e contro la dialettica vecchi/giovani declassata a dialettica dell’«inafferrabile», il partito che vuole Bersani pretende «rispetto per gli anziani» e comunque per chi c’era prima, «e poi sia chiaro io non mi faccio stringere nell’angolo del grigio, mi stanno dipingendo addosso una patina di grigiore, ma io dove sono stato ho sempre cambiato le cose», ha quasi urlato Bersani sapendo che su di lui la parte avversa franceschiniana cercherà di usare ”l’anatema” del dirigente d’antan. Ma tant’è.

Il discorso bersaniano ai franceschini boys non è piaciuto granché. Uno come Giorgio Tonini, veltroniano ultrà e tra i maggiori artefici del Pd ”a vocazione”, non appena Bersani finisce di parlare, sbotta: «Ma qui si torna al congresso di Pesaro, qui tornano i Ds, e senza neanche l’afflato degli ultimi Ds che volevano contaminarsi, che con D’Alema più di tutti spingevano per fare un partito nuovo assieme alla Margherita perché da soli, come si diceva, eravamo ormai sterili».

Tonini è un fiume: «La linea di questo Pd diessizzato sarebbe che Bersani fa il segretario di un partito che poi va da Casini e poi, come Letta ha già spiegato chiaramente, gli affida il suo si spera 20-25 per cento per farci vincere, si spera, le elezioni? Riproponiamo l’idea di una coalizione di 10-12 partiti in cui il Pd è uno dei tanti per fare numero? Un pezzo di proporzionale da sommare ad altri pezzi e segmenti?». A Tonini non è sfuggito quel passaggio bersaniano su artigiani e lavoratori autonomi che, «se rispettano le regole, sono nostri amici», secondo il veltroniano «è una specie di lapsus, Bersani così ripropone il partito classista, ma noi gli artigiani del Triveneto li vogliamo conquistare o ci rivolgiamo solo agli ”amici”?».

Critico ma più soft è pure Paolo Gentiloni, lib-dem battitore libero rutelliano e uno di quelli che per il Pd ci ha messo la faccia: «La tradizione storica e politica cui Bersani si rifà merita rispetto, ci mancherebbe, è una componente importante del Pd, ma non può pensare di farla diventare la dominante, specie in un momento in cui in tutta Europa ha mostrato segni di inarrestabile declino».

Oggi sarà la volta degli ”imputati”, di Walter Veltroni e soci che ricordano il Lingotto a due anni dalla prima volta. Ci saranno undici interventi, tra i quali Chiamparino, e conclusioni di Veltroni che, annuncianno, «volerà alto ma non per sorvolare sui problemi, per bombardare dall’alto».

Poi toccherà ai ”liberi democratici” (Lib-dem) di Francesco Rutelli, quindi la prossima settimana a Franceschini. La mozione del segretario che vuole la riconferma si è riunita ai vertici e hanno stretto il patto per il congresso: oltre a Franceschini c’erano Fassino, Fioroni e Gentiloni, riunione operativa in vista della battaglia congressuale. In attesa delle ultime adesioni: per un Chiamparino che viene dato prossimo pro-Dario, c’è Anna Finocchiaro data invece in costante e sicuro avvicinamento a Bersani. 
 
da corriere.it
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« Risposta #32 inserito:: Luglio 06, 2009, 02:41:55 pm »

6/7/2009 (7:29) - VERSO IL G8

Bersani: "E anche sul clima il governo non è credibile"
 
Il candidato segretario del Pd: «Aspetto l’enciclica del Papa»


ALESSANDRO BARBERA
ROMA

Detta da uno che è stato definito «Zapatero in salsa emiliana» è già una notizia: «Aspetto con ansia la nuova enciclica del Papa. Le sue ultime parole sono un richiamo perché il G8 faccia qualcosa di concreto contro l’impoverimento dell’Africa. Poiché sulle regole la discussione è certamente rimandata al G20, mi aspetterei che il vertice dell’Aquila producesse qualche risultato almeno su questo e sul tema del clima. Purtroppo su entrambe le questioni l’Italia non è nelle condizioni di indicare la strada, non è credibile». E’ domenica, Pierluigi Bersani si prende qualche ora d’aria nella sua Piacenza prima di cominciare la campagna elettorale per la segreteria del Pd. Incurante di chi dice che sa di Pci e vecchie sezioni, Bersani ha pronta quella che chiama senza complessi «piattaforma programmatica». Tre le parole d’ordine: merito, reddito, mobilità sociale.

Bersani, perché il governo non sarebbe credibile? Non è scorretto che mentre si apre il G8 il candidato alla guida dell’opposizione attacchi il governo padrone di casa del summit?
«L’atteggiamento del governo sulla lotta alla povertà è clamoroso. Capisco l’imbarazzo di Berlusconi di fronte a Bob Geldof nella bella intervista fatta dal vostro giornale. I numeri cantano: con Prodi eravamo arrivati a destinare agli aiuti allo sviluppo lo 0,22% del prodotto interno lordo, non troppo lontano da quella media dello 0,25% dei Paesi G8. Ora siamo ripiombati allo 0,14%. E si tenga conto che la metà di questi soldi sono destinati all’Africa. Sul clima l’arretramento è micidiale: io avevo lanciato la “green economy” con i bandi di “Industria 2015”, i crediti d’imposta per la ricerca, gli sgravi per lo sviluppo del fotovoltaico. Nella migliore delle ipotesi le procedure sono state rese più complicate, nella peggiore i soldi sono stati dirottati altrove a sostenere spesa improduttiva».

Se il G8 non produrrà grandi risultati, non è perché lo strumento è superato e potrebbe essere presto sostituito dal G20? Non è pretestuoso prendersela con il governo?
«Berlusconi ha invitato al tavolo di questo vertice sia l’India che la Cina, dunque qualcosa di sostanziale nel formato otto più cinque lo si sarebbe potuto ottenere».

Nel dialogo con Geldof il premier spiega che il governo sta affrontando una recessione senza precedenti, che c’è da tenere in ordine i conti pubblici. Se lei oggi fosse il premier non avrebbe le stesse difficoltà?
«E chi lo nega. Ma il governo non ha capito che se non fa qualcosa di serio per ridare fiato all’economia le entrate e i conti andranno a picco. Siamo gli unici al mondo che nel 2010 abbasseranno la spesa per investimenti pubblici. E nel frattempo, vedrà, arriveranno lo scudo fiscale e un bel condono tributario. Questa è una politica economica senza capo né coda. Per migliorare le cose al governo basterebbe avere un terzo del coraggio che avemmo nel 1996 imponendo l’eurotassa».

L’ex direttore generale del Fmi Pier Carlo Padoan dice che c’è il rischio di una crisi sociale drammatica, soprattutto fra i giovani. E’ d’accordo?
«Da emiliano faccio fatica a usare parole come dramma. Però non capisco perché il governo non mette un po’ di soldi in tasca ai precari rimasti senza lavoro. Darebbe almeno una spinta ai consumi».

Ma perché non lo avete fatto quando eravate voi al governo?
«Noi abbiamo cominciato rafforzando i contributi previdenziali, per permettere a questi giovani di avere una pensione. Certo, avremmo dovuto proseguire, ma la situazione di allora non è paragonabile con quello che sta accadendo in questi mesi a chi ha un contratto atipico».

Il fatto che a perdere il lavoro oggi siano soprattutto i giovani cosa significa? Che negli anni destra e sinistra hanno spinto troppo sui contratti a tempo oppure il problema è che la flessibilità è stata imposta solo a loro?
«Non c’è dubbio che in Italia si è introdotta la flessibilità troppo in fretta. In due anni siamo arrivati a quote di lavoro flessibile che in altri Paesi si sono raggiunte in dieci. Bisogna pensare ad una unificazione delle forme contrattuali».

E’ favorevole alla proposta Boeri-Garibaldi sul contratto unico, una stabilizzazione progressiva del lavoratore?
«Di proposte ce ne sono tante ma la direzione è quella».

Questa proposta è nella sua piattaforma? Perché c’è chi dice che lei non farà nulla se non avrà il sostegno della Cgil.
«Balle. Io penso che l’idea di società tocchi alla politica, poi si parla con tutti, anche con i sindacati. Il problema del governo Berlusconi è proprio questo: non ha una sua idea di società ed ha paura di turbare meccanismi di consenso. Anche quelli dei sindacati».

da lastampa.it
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« Risposta #33 inserito:: Luglio 07, 2009, 11:16:14 pm »

L'intervista di zoro

Bersani: «Voglio un partito che funzioni, come l'Avis o una bocciofila»

Il candidato alla segreteria del Pd: «Le regole servono. No a un partito liquido»
 

ROMA - «Io non voglio il Pci, ma un'associazione che funzioni. Voglio fare l'Avis, o una bocciofila in cui ci sono delle regole, non è che puoi fare come vuoi». Pierluigi Bersani, durante la video-intervista web su Excite.it con il blogger Diego Bianchi (Zoro), spiega la sua idea di partito. «Se stai in una associazione - afferma il candidato alla segreteria del Partito democratico - devi anche accettare alcune auto-limitazioni, serve un minimo di disciplina e meccanismi che garantiscano la partecipazione anche al di fuori di te. Finora noi ce ne siamo dimenticati».

NO AL PARTITO LIQUIDO - Bersani non accetta che questa concezione sia bollata come «vecchia, io sono per le primarie, per un partito moderno, ma non posso accettare che la nostra politica sia affidata ad una galassia che non ha una incisività reale». «Non è che perché si temono i signori delle tessere, non si debba fare più il tesseramento. Se la parola 'tessera' diventa impronunciabile, ma che razza di partito è?». Per Pierluigi Bersani servono le tessere, basta con l'idea di «partito liquido, che poi ci facciamo una bella bevuta e arrivederci e grazie...». Certo, ammette amaramente, non sarà un tesseramento con «numeri da signori delle tessere, saranno invece i numeri di chi non ha creduto al fatto che un partito per stare in piedi ha bisogno di organizzazione e di radicamento sul territorio».

IDEE - E la sfida con Franceschini e Marino per la segreteria? «Spero di vincere - afferma Bersani - perché penso di avere in testa qualcosa che può essere utile, non mi sono mai mosso per esigenze mie, penso che questa sia un'occasione per darci una linea che si capisce, perciò conto di vincere, lavoro per vincere».

METALLICA - Diego Bianchi lo incalza sulla «colonna sonora» della sua sfida: «Nun me dì Vasco, che nun se ne può più. Sembra che conosci solo quello. Alla presentazione della mozione avete messo Steve Wonder. L'hai scelta tu?». «Ma a me piace tutto il rock - risponde Bersani - i Led Zeppelin, ad esempio, è il ritorno alle origini, ma è il meglio». Allora hanno ragione quelli che dicono che sei un nostalgico... commenta Zoro. Qualcosa di più recente? «Ma ascolto anche i Metallica». Il blogger esulta: «Bersani ascolta i Metallica! Ci vuole un'agenzia: Bersani ascolta i Metallica».


07 luglio 2009

da corriere.it
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« Risposta #34 inserito:: Luglio 10, 2009, 10:53:30 pm »

Congresso Pd, Bersani sicuro: "Nè scissioni, nè litigi"


Mentre Ignazio Marino cerca il sostegno necessario per iscrivere al partito democratico i militanti che poi assicureranno al congresso il fatidico 5% per arrivare alle primarie, Franceschini e Bersani lavorano a programma e schieramento.  Entrambi hanno dato una risposta preoccupata allo show del capo del governo all'Aquila, dove l'opposizione si è presa la sua dose di insulti, accompagnata da un minaccioso "devono cambiare registro". Franceschini e Bersani hanno spiegato che attaccare l'opposizione è uno sport che fa male al paese e che Berlusconi lo fa con lo scopo di nascondere la crisi.

Ma a parte questa risposta parallela e comune nei toni ognuno dei candidati principali ha differenziato parole e obiettivi. Franceschini è impegnato in riunioni no-stop per definire il suo programma, Bersani va al Nord per cominciare a costruire la rete di amministratori a supporto della sua elezione. E per smentire l'immagine di candidato degli apparati, torna a rivolgersi, come aveva fatto nella prima manifestazione all'Ambra Jovinelli, ai giovani perchè, sostiene il coordinatore della sua mozione Filippo Penati, «c'è già una classe dirigente che governa pezzi importanti del Paese e noi li vogliamo valorizzare». In realtà, dice un dirigente del Pd, «al momento ogni previsione o scenario, ad esempio Bersani forte tra gli iscritti e Franceschini tra il popolo delle primarie o l'exploit di Marino, sono numeri al lotto».

  Le prime analisi si potranno fare solo dopo la chiusura del tesseramento e poi all'inizio di settembre quando partiranno i congressi dei circoli e, spiegano al Pd, «si vedrà l'aria che tira» tra iscritti e elettori. Dai numeri delle tessere, che saranno intorno alle 600mila, e soprattutto dalla geografia regionale si potranno cominciare a studiare punti di forza e debolezza dei candidati in vista del primo passaggio del congresso.

 Prova che soprattutto l'outsider Marino può superare, assicurandosi nuovi iscritti. Su blog e facebook i 'piombinì, l'area dei giovani al fianco del chirurgo, spingono al tesseramento. Molto attivi Pippo Civati e Paola Concia che, da dirigenti del Pd, sanno che le vittorie si costruiscono anche con le tessere. E in supporto del senatore erano intenzionati a scendere anche i Radicali, bloccati ancora una volta, dopo il tentativo di Marco Pannella di correre alle primarie contro Walter Veltroni, dallo Statuto. «Era girata voce di una lista radicale a sostegno di Marino, poi si trattava di Mina Welby», racconta il leader radicale, contrariato dal fatto che il Pd vieti la doppia tessera e quindi abbia impedito l'iscrizione all'esponente radicale.

A loro favore oggi, dopo ieri Franco Marini, si è speso Francesco Rutelli ma ormai le regole non si possono modificare.  Alla sfida nazionale si incrocia quella per la leadership regionale. Oggi Debora Serracchiani ha annunciato che deciderà a giorni se candidarsi alla segreteria del Friuli. E dopo essersi attirata addosso gli strali per i giudizi su Bersani e D'Alema, anche lei si adegua alla tregua nei toni degli ultimi giorni. «Le tensioni sono normali, ma dal congresso usciremo tutti più forti e con un solo partito», assicura l'eurodeputata.

E nega scenari foschi anche Bersani: ottobre «non porterà a scissioni e neanche ad un litigio.


10 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #35 inserito:: Luglio 17, 2009, 06:06:19 pm »

Bersani con Bindi, «l’esempio è l’Ulivo»


di Simone Collini

Racconta Pier Luigi Bersani che se verrà eletto segretario del Pd, come colonna sceglierà «La canzone popolare». «Avrei voluto farla mettere già all’Ambra Jovinelli», confessa. Cioè due settimane fa, quando ha ufficializzato la sua candidatura. «Ma ho pensato che non fosse giusto usarla come canzone di una mozione, l’Ulivo è di tutti».

E allora l’ex ministro aspetta il 25 ottobre, fiducioso, evitando di aprire fronti polemici con gli altri sfidanti. Ma anche, specialmente in una giornata come quella di ieri in cui di fatto va in scena un confronto a distanza tra candidati, replicando se c’è da replicare. «Ci aspetta un mese e mezzo complicato, perché c’è una grande distanza tra il barocchismo del percorso da effettuare e lo stato organizzativo del partito», dice l’ex ministro partecipando a un’iniziativa promossa dai “Democratici, davvero”, di Rosy Bindi. «Siamo esposti a incursioni e dileggi, dobbiamo tenere ferma la barra, dimostrare agli italiani che stiamo parlando di loro e dobbiamo farlo in amicizia».
Ecco perché annuncia: «Non dirò una parola contro nessuno, a meno che non ci siano picconatori della ditta».
Nessuno vuole tornare indietro

Però a passare come il «nostalgico», come quello che guarda al passato, non ci sta. E così quando gli mettono sotto mano l’integrale dell’intervento di Franceschini all'Acquario romano, quando legge che il segretario ha detto che «per fare un partito solido non c’è bisogno di tornare ai modelli di 50 anni fa», Bersani non lascia cadere la questione. E intervenendo all’iniziativa degli ulivisti la mette giù così: «Ho visto un discorso di oggi...», e fa un gesto liquidatorio con la mano, «non so a chi ci si riferisse...», e scuote la testa e alza le spalle, «insomma solo un cretino penserebbe di tornare a un partito di 50 anni fa», e gira all’insù i palmi delle mani. E più tardi: «Ma sia chiaro che io non ci sto al “ma anche”».
Conflitto di interessi e filosofia

Bersani aspetta fiducioso il 25 ottobre, dialogando col sindacato (in mattinata interviene all’assemblea di programma della Cgil a Chianciano, incassando un forte applauso) stringendo un accordo con la componente cattolico-democratica (nel pomeriggio convegno dei bindiani), lanciando messaggi al cosiddetto popolo delle primarie. Come fa alla Festa del Pd di Caracalla, la sera, con un’altra stoccata al rivale: «Se parliamo di conflitto di interessi in generale rischiamo di andare sul filosofico. Se si vuole andare sul concreto bisogna affrontare il tema settore per settore, con una legge antitrust sul sistema della comunicazione».
riaprire il cantiere dell’Ulivo

L’ex ministro vuole costruire un partito «popolare, di sinistra, democratico, laico», e per farlo riporta lo sguardo anche sull’Ulivo. E non a caso. Bersani ritiene sbagliata la gestione del partito degli ultimi anni, mentre giudica tutt’altro che da buttare l’esperienza precedente. «Anche nei tempi di damnatio memoriae ho sempre detto la parola Prodi», dice di fronte alla platea di ulivisti chiamati a raccolta dalla Bindi aggiungendo che lui non è per il centrosinistra «con il trattino». Però la «vocazione maggioritaria», dice, ora va «interpretata». Per questo fa sapere che vuole «riaprire il cantiere dell’Ulivo», con «tutti quelli che sono preoccupati per la curva plebiscitaria intrapresa da Berlusconi»: «L’Ulivo è un’idea della politica e delle istituzioni, non una questione sentimentale. Suscitò un movimento di tipo civico e noi dobbiamo tornare a mobilitare grandi battaglie civili».
Bindi soddisfatta

Un discorso che piace a Rosy Bindi, che propone una lista unica in vista del congresso: «Dopo la relazione di Franceschini, sono ancora più convinta che lo spessore politico è qui, con Bersani». Un’ultima stoccata al segretario, dopo un convegno che è stato tutt’altro che tenero con la gestione Veltroni-Franceschini e la filosofia del Lingotto: «Con quel discorso - accusa la vicepresidente della Camera - si delegittimarono 15 anni di storia dell’Ulivo».

Forte applauso per l’ex ministro all’assemblea di programma della Cgil. Intesa con la Bindi per «riaprire il cantiere dell’Ulivo». E alla Festa del Pd: «Se parliamo di conflitto di interessi in generale si va sul filosofico».

17 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #36 inserito:: Luglio 19, 2009, 04:47:18 pm »

L’ex ministro replica a Veltroni: «Voglio un partito, non del secolo scorso ma un partito»

Bersani: io nella scia di Pci-Ds?

Basta con le caricature

Serracchiani in campo per la segreteria del Friuli. Franceschini: acidità contro di lei


ROMA — «Una caricatura». Pier Luigi Bersani risponde così a Walter Veltroni che sul Corriere aveva definito la piattaforma dell’ex ministro «legittimamente dentro l’evoluzione Pci-Pds-Ds: punta a un modello di partito come ce n’erano un tempo». Accusa che Bersani respinge con fastidio: «Non replico, è una caricatura che si sta facendo da molte parti di me. Io ho in testa un partito del nuovo secolo, che sia un partito però. È uno strumento che deve funzionare perché deve mettersi a servizio del Paese».

Partito leggero o strutturato, continuità o rottura con il passato, vocazione maggioritaria o alleanze larghe: temi che animano la fase precongressuale del Pd e che vedono schierati in maniera contrapposta i due fronti guidati da Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani. Ad accendere lo scontro è l’intervista di Veltroni, che tra l’altro ipotizza un’«alleanza riformista» da sviluppare «innanzitutto con la formazione di Vendola, i socialisti di Nencini, i radicali». Soddisfatto il segretario socialista Riccardo Nencini: «Meglio tardi che mai. Il banco di prova saranno le prossime Regionali ». Veltroni ha annunciato che lavorerà nell’Antimafia e sul conflitto d’interessi. Tema che Giuseppe Giulietti e Vincenzo Vita vedono tornare sul tappeto con favore.

Ieri intanto Debora Serracchiani si è candidata alla segreteria regionale del Friuli Venezia Giulia. Un modo per provare a smentire chi, come D’Alema, contestava l’irresistibile ascesa dei giovani selezionati solo in virtù di «un discorso brillante». Non è un caso che Franceschini sottolinei la scelta, dopo «le acidità e le critiche ingiuste»: «E’ stata rappresentata come una ragazza fortunata che, grazie all’attenzione mediatica, avrebbe bruciato tutte le tappe interne ». La lista costituita dalla Serracchiani insieme a David Sassoli, Rita Borsellino e Francesca Barracciu—«Semplicemente democratici»— ha ottenuto 500 adesioni via mail e 300 via Facebook. Non è l’unica lista che appoggerà Franceschini: scalda i motori Ermete Realacci, che insieme a Sergio Cofferati e Luigi Nicolais costituirà una lista «Innovazione, ambiente e lavoro». Sull’altro fronte, Rosy Bindi chiede che si proceda con una lista unitaria.

Se Pier Luigi Bersani ha l’appoggio di tutti i governatori pd e di molti segretari regionali, Franceschini mette in campo una lunga lista di amministratori locali pronti a sostenerlo: dal sindaco di Lodi al vicepresidente della provincia di Genova, dal sindaco di Reggio Emilia a quello di Cosenza. Bersani sta intanto lavorando alla sua mozione, che sarà ben più snella rispetto al passato: una decina di paginette, pronte per essere pubblicate on line. Chi deve molto faticare per recuperare terreno è Ignazio Marino, che non può contare sulla forza organizzativa degli altri sfidanti. «La sua candidatura però ha già fatto bene al congresso» spiega il coordinatore Michele Meta. Tra le personalità che hanno aderito ci sono Veronesi, Rodotà, Odifreddi e la Mafai, «che ha ripreso la tessera dopo molti anni».

Marino ieri ha detto sì alle unioni civili per i gay, portando a casa il sostegno di Imma Battaglia (Gay Project), ma anche qualche perplessità di Aurelio Mancuso (Arcigay), che chiede chiarimenti. Quanto a Beppe Grillo, in sua difesa scende in campo Mario Adinolfi, anche lui candidato alla segreteria. Il partito nega all’attore e aspirante segretario del Pd la tessera. Che invece il coordinatore del circolo di Paternopoli Andrea Forgione si è detto invece pronto a concedergli. Dal suo blog Grillo lancia un appello: «Fate outing, multitesseratemi e mandate a casa chi vi ha fatto perdere tutto».

Alessandro Trocino

19 luglio 2009
da corriere.it
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« Risposta #37 inserito:: Luglio 25, 2009, 10:47:23 am »

Bersani attacca le gestione Veltroni.

I sostenitori di Franceschini: ma lui era in ferie?


 Nel giorno in cui Beppe Grillo molla la scalata al Pd, non si ferma il confronto tra i candidati alla segreteria. Da parte di Bersani è i partita una forte critica alla gestione di Walter Veltroni, e quindi implicitamente a Dario Franceschini che ne fu il vice, mentre i sostenitori di quest'ultimo criticano l'avversario sulle sue responsabilità passate e sui personaggi discussi che lo sostengono, a partire da Antonio Bassolino.

Oggi Bersani ha depositato, con un giorno di anticipo, le firme  per la sua candidatura, guadagnandosi il titolo di 'mozione 1'.  Il documento è assai duro su come è stato guidato il partito da Veltroni e da Franceschini: «La vocazione maggioritaria si è ridotta alla scorciatoia del nuovismo politico», si legge nella mozione, e «invece di fondare un partito mai visto nella storia italiana si è preferita la suggestione mediatica al rinnovamento della cultura politica».   Nella conferenza stampa per annunciare il sostegno a Bersani anche i Cristiano sociali sono stati impietosi con l'ex segretario: «Ha condotto il partito con l'affanno di fare i titoli dei giornali del giorno dopo, gli è mancato il respiro». «Abbiamo vissuto in una bolla mediatica, ora ci siamo svegliati e dobbiamo lavorare». I Cristiano sociali hanno picchiato duro anche su Sergio Cofferati e Debora Serracchiani, rei di candidarsi alle segreterie regionali di Liguria e Friuli pur essendo eurodeputati. «Agli elettori si dice una cosa - ha detto Donata Lenzi - e poi se ne fa un'altra».

 Insomma, rispetto a Veltroni-Franceschini serve la «discontinuità» dopo le «indiscutibili sconfitte elettorali», ha detto Mimmo Lucà, segretario dei cristiano sociali. E una «programmatica discontinuità rispetto alla linea che ha portato il Pd al disastro», la sottolinea anche il prodiano Franco Monaco.

I franceschiniani ovviamente non ci stanno: «Nessuno di noi - ha detto Marina Sereni - e neppure Bersani ovviamente, era in
ferie negli ultimi venti mesi». È vero, «sono stati commessi errori e non abbiamo saputo realizzare pienamente la promessa di
un partito nuovo», ma «se oggi il Pd è in piedi e può affrontare con serenità un confronto congressuale democratico lo si deve al senso di responsabilità e al coraggio con cui Dario Franceschini, assumendo la guida del partito in un momento di straordinaria difficoltà, ha saputo condurre la campagna elettorale, sciogliendo anche nodi complessi come quello della collocazione europea del Pd».

In clima congressuale non si porge l'altra guancia ed ecco che i franceschiniani attaccano Bersani sul sostegno che gli assicura Antonio Bassolino. 'O Governatorè, in un intervista al Corriere della Sera strizza l'occhio al partito del Sud, ed ecco arrivano le
critiche di Sergio D'Antoni e Pina Picierno, schierati con Franceschini: «Bassolino ha esplicitato il suo sostegno a Bersani quale segretario del Pd - attacca Piecierno - Evviva la chiarezza. Ora però entrambi dovrebbero spiegare qual è il progetto strategico che hanno in mente per il futuro della città di Napoli e di tutta la Campania». E polemiche ci sono anche in Sicilia sul sostegno a Bersani da parte di Crisafulli.

Più sottile la stilettata di Giorgio Tonini che prende spunto dalle parole di Enrico Letta ('grande elettore di Bersani) per il quale «si torna a governare solo con l'Udc»:  «Nessuno discute l'utilità del dialogo con i centristi - chiosa - beninteso al netto di Cuffaro». Che però è sempre nel partito prediletto da Bersani per le alleanze. Tonini spiega che avrebbe poco senso una riedizione dei Ds per poi allearsi con l'Udc e dover addirittura concedere a loro la leadership.

22 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #38 inserito:: Luglio 25, 2009, 11:07:12 am »

Il candidato alla segreteria presenta slogan e mozione.

Replica con decisione a Veltroni e ribadisce la stima per Marino.

"Dopo il congresso dobbiamo essere più uniti di prima"

Bersani: "Io non mi tiro fuori dal passato ma adesso il partito deve cambiare"

Una proposta per "riaprire il cantiere dell'Ulivo": "Vocazione maggioritaria non vuol dire aspettare il 51% ma sentire la responsabilità di costruire alleanze"
 
ROMA - "Vocazione maggioritaria non vuol dire aspettare di avere il 51% per essere un'alternativa al centrodestra, ma avere un progetto per tutto il centrosinistra e sentire la responsabilità di costruire delle alleanze". Pierluigi Bersani, presentando la sua mozione congressuale e lo slogan della sua campagna per la segreteria del Pd ("Un senso a questa storia"), lo dice chiaramente: "Io non ragiono col trattino", bisogna "riaprire il cantiere dell'Ulivo e riorganizzare il centrosinistra". Un progetto alternativo a quello di Walter Veltroni (e del suo successore Dario Franceschini), a cui l'ex ministro replica così: "Sento dire: ma tu dov'eri? Io c'ero, nessuno si è calato da fuori, e uso sempre il noi. Ora dopo venti mesi ci sono cose che dobbiamo correggere".

E la correzione deve avvenire soprattutto sul piano delle alleanze. "La parola centrosinistra - spiega infatti Bersani - è un luogo, non è il tratto di identità del partito. È dove abiti, non chi sei. Perciò io propongo di lavorare per dire chi siamo: siamo un partito popolare, laico, del lavoro della riscossa civica. Definiamo assieme queste cose". "Il primo punto" che, a suo giudizio, è legato al tema delle alleanze future è quello "del profilo della democrazia e delle istituzioni: legge elettorale, conflitto di interessi, informazione", di queste cose "dobbiamo ragionare con tutti quelli che sono preoccupati dalla deriva populistica della destra". Poi puntualizza di essere "per il bipolarismo ma non per il bipartitismo": da qui la necessità di "una legge elettorale coerente che riconosca soggettività ai partiti politici". "No ai presidenzialismi mascherati", aggiunge.

Bersani precisa inoltre che la sua "non è una candidatura contro qualcuno, anzi dal congresso possiamo uscire più uniti se discutiamo di politica e se diamo fondamenta più solide al progetto, perchè questo è il tema. Al congresso non dobbiamo presentare un programma, ma un grande asse di proposte programmatiche. Questo congresso bisogna condurlo con grande civiltà e dobbiamo uscire più uniti di prima. Non voglio fare polemiche, mi piace però che il mio pensiero non venga distorto".

E non mancano le stoccate interne. Rivolte, indirettamente, al suo avversario Dario Franceschini, che ha candidato i neo-eurodeputati Sergio Cofferati e Debora Serracchiani a due delle segreterie regionali del Pd. "Si sono chiamati europarlamentari a dirigere il partito a due mesi dalle europee - attacca - ci sono fiori di europarlamentari che mi sostengono ma io non li utilizzerò nelle corse alle segreterie regionali". "Radicare un partito non è cosa da week end", prosegue Bersani. Che ribadisce la sua stima per il terzo incomodo nella corsa alla segreteria, Ignazio Marino, oggi attaccato pesantemente del Foglio di Giuliano Ferrara a proposito del suo allontanamento dall'istituto di trapianti Ismett.

(24 luglio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #39 inserito:: Settembre 07, 2009, 10:37:24 am »

PD - l'apertura della campagna congressuale a Milano

D'Alema: «Sono ariete, non scorpione»

E Bersani: «Il berlusconismo è finito»

La risposta dell'ex premier a Franceschini che aveva citato la favola di Esopo «La rana e lo scorpione»


MILANO - Massimo D'Alema la butta in astrologia. Replicando al segretario del Pd, Dario Franceschini, che per l'ex premier aveva citato la favola di Esopo La rana e lo scorpione, con l'aracnide che, nonostante le sue rassicurazioni, non può venire meno alla sua natura e pungere la rana, facendo affogare entrambi, D'Alema ha risposto: «Vorrei rassicurarlo perché io sono ariete, di segno e di carattere. Ma soprattutto quella è una favola triste, nella quale alla fine tutti vanno a fondo. Non è così, vorrei rasserenare Franceschini che tutti e due potremo lavorare per il Pd».

UNIRE, NON DIVIDERE - «Serve un nuovo centrosinistra riformista. Ci vuole qualcuno che unisca queste forze, non che le divida e le umili», ha aggiunto D'Alema, a Milano per l'apertura della campagna congressuale di Pierluigi Bersani come prossimo segretario del Partito democratico. «Abbiamo storie diverse, ma siamo uniti nella convinzione che bisogna rilanciare il Pd su basi rinnovate, più forti, serie e credibili». D'Alema invita a usare nel dibattito congressuale «i toni giusti, senza polemiche inutili e guardando alla prospettiva di ricomporre l'unità di questo partito e ricreare il clima fraterno per lavorare insieme. Anche il rinnovamento richiede le virtù dell'esperienza. Dobbiamo lavorare senza alimentare fratture artificiose tra vecchio e nuovo, tra politica e società civile. La classe dirigente si forma su un solo criterio: la qualità delle persone».

BERLUSCONI, INIZIO DEL DECLINO - D'Alema ha dedicato un passo del suo intervento alle recenti vicende politiche. «Intorno a Berlusconi, che vive al tempo stesso l'apice del potere e l'inizio del declino, si consuma una vicenda torbida: storie di cortigiane e cattivi consiglieri, giornalisti che diventano sicari, bugie e tradimenti. Una sorta di romanzo di appendice sugli ultimi giorni dell'impero romano d'Oriente. E mentre succede tutto questo, il Paese è senza una guida e il governo non fa nulla».

BERSANI - «Affermiamo con convinzione la laicità come autonoma responsabilità della politica nella costruzione del bene comune», ha spiegato dal canto suo Bersani. «La destra ha coltivato un rapporto utilitaristico e strumentale con la Chiesa cattolica e alla lunga i nodi sono venuti al pettine. Noi siamo invece per un rapporto aperto e sincero. Affermiamo che la Chiesa non può essere zittita, come è avvenuto brutalmente in questi giorni, e che le va senza ambiguità riconosciuto il diritto-dovere di essere nella discussione pubblica. A nostra volta abbiamo il dovere di dichiarare con chiarezza in quella discussione pubblica le nostre intenzioni». Poi l'affondo a Berlusconi: «Se questo fosse mai un regime, dove sono le opere del regime? Non sta forse nel manico il difetto?». «Berlusconi - afferma Bersani - è all'imbrunire ed è ora che noi tutti andiamo al riassunto di questo ciclo e anche per chi ci ha creduto è ora di guardare oltre: per dieci anni gli italiani hanno permesso a Berlusconi di fare tutto ma a che cosa è servito? Noi dobbiamo dire qualcosa di nuovo perché anche noi non le abbiamo fatte tutte giuste. Serve il cambiamento per quanto riguarda il tipo di partito, l'asse della nostra politica e la nostra proposta politica». L'obiettivo di Bersani è quindi partire «da una vigorosa battaglia di opposizione che prenda via via il profilo di un'alternativa di governo».

DI PIETRO IN PLATEA - «Mi fa piacere constatare che finalmente anche nel Pd incominciano a rendersi conto che Berlusconi è un male per il Paese e va fermato, non con meno ma con più antiberlusconismo». Lo ha detto il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, commentando l'intervento di Pier Luigi Bersani dal palco del Palalido di Milano. «Ho ascoltato con interesse - ha detto Di Pietro, presente in platea - l'intervento di Bersani e ascolterò anche quelli degli altri candidati. L'Italia dei Valori, dopo il risultato importante delle ultime elezioni, sente il dovere e la responsabilità di un'alternativa a quello che anche Letta dal palco ha definito l'avversario comune e cioè Silvio Berlusconi». Secondo Di Pietro, è necessario «mettere in campo una proposta di governo e noi dell'Italia dei Valori vogliamo contribuire a metterla in campo. La vogliamo costruire insieme e aspettiamo di vedere il Pd con noi sul fronte a partire da un grande gesto di responsabilità: liberarsi dei tanti berluschini al proprio interno».


06 settembre 2009
da corriere.it
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« Risposta #40 inserito:: Settembre 19, 2009, 06:33:30 pm »

 Democratici.

Bersani con il 53% stacca il rivale di 14 punti nei circoli. Marino all’8%

Franceschini in svantaggio punta tutto sulle primarie

La strategia del segretario: toni duri su rinnovamento e questione morale


ROMA — Si sapranno solo oggi i primi dati ufficiali dei congressi che i circoli del Pd stanno tenendo in tutta Italia in vista delle assise nazionali dell’11 ottobre a Roma. Ma a largo del Nazareno, dove con­tinuano ad affluire i risultati, si è già fatta una stima orien­tativa. Ieri mattina le percen­tuali erano queste: Pierluigi Bersani sfiorava il 53 per cen­to, Dario Franceschini si atte­stava al 39, mentre Ignazio Marino era di poco sopra al­l’ 8. In termini assoluti l’ex mi­nistro del governo Prodi otte­neva 7.202 voti, il segretario 5.341 e il senatore-chirurgo 1.111. Come da copione, in­somma.

SCARTO IN AUMENTO - È probabile che Bersani, nei congressi che si sono svolti ieri sera, vedrà aumen­tare lo scarto sul segretario, ma si tratta di cifre che co­munque dimostrano come non ci sia un vincitore a stra­grande maggioranza. Secon­do le stime che vengono fatte al Nazareno alla fine parteci­peranno a queste votazioni 500mila degli 800mila iscritti al partito e le percentuali defi­nitive, quelle con cui i con­tendenti arriveranno al con­gresso nazionale, sono già state grosso modo calcolate. La mozione Bersani si aggire­rà intorno al 55 per cento, quella Franceschini fra il 38 e il 40. Peraltro in questa fase è forte il peso degli apparati, come dimostrano certe per­centuali bulgare per l’uno o l’altro dei contendenti nelle roccaforti dei diversi «ras» lo­cali. Due esempi indicativi nel viterbese. A Vetralla dove Beppe Fioroni, che appoggia il segretario, è fortissimo, Franceschini ha battuto Ber­sani 50 a 2. A Canepina, inve­ce, che è una zona d’influen­za dell’ex segretario ammini­strativo del Pds Ugo Sposetti, Bersani ottiene 212 voti con­tro i tre di Franceschini.

IL PESO DEGLI APPARATI - Dunque, nulla di nuovo sotto questo punto di vista: il peso degli apparati in questa fase era dato per scontato. Quel che sembra stupire, in­vece, è l’affluenza in alcune zone tipicamente rosse come l’Emilia Romagna. Lì, finora, ha votato solo il 30 per cento degli iscritti. Quella zona, co­munque, fatta eccezione per Ferrara, è quasi del tutto ap­paltata a Bersani, che è spon­sorizzato dal presidente della giunta Vasco Errani. Ci sono state anche delle recenti pole­miche sulle modalità di voto nella più grande delle regio­ni rosse: a Imola, sopranno­minata la Stalingrado bersa­niana, alcuni militanti del Pd sono andati a votare muniti addirittura di facsimile della scheda. La cosa, com’era ov­vio, non è passata inosserva­ta ed è stata denunciata pub­blicamente dallo stesso Fran­ceschini. E a proposito del segreta­rio, il leader del Pd si sta già preparando alla fase due del confronto, quella delle prima­rie. Franceschini dà quasi per scontato che al congres­so, dove più forte è il peso de­gli apparati del partito, Bersa­ni prenderà più voti. Il lea­der, perciò, punta già tutte le carte sull’appuntamento del 25 ottobre. Finora il suo av­versario ha fatto una campa­gna elettorale alla grande, tappezzando tutta Italia di manifesti. Tant’è vero che ci sono state diverse polemiche sulle spese sostenute dall’ex ministro del governo Prodi, spese che, secondo lo statuto del Pd, sono limitate da un tetto oltre il quale non si può andare. Il segretario non è an­cora passato al contrattacco su questo fronte. Finora ha voluto evitare di mettere i manifesti con il suo volto, ma lo farà per le primarie. «Sarà quello del 25 ottobre il voto significativo», continua a ripetere ai suoi Franceschi­ni, che non sembra dare trop­pa importanza ai risultati che emergono dai congressi dei circoli del Pd. «L’obiettivo— ripete quasi ossessivamente il segretario — è quello di ot­tenere una grande mobilita­zione per le primarie: un mi­lione e mezzo, due milioni di persone, questo è il traguar­do » .

CAMBIO DI STILE - Un traguardo che evidente­mente il leader del Pd ritiene di poter raggiungere. Proprio per questo, terminati i con­gressi locali, Franceschini cambierà anche lo stile della sua campagna elettorale. Do­po la pausa estiva, infatti, il segretario aveva usato un to­no molto soft nei confronti degli avversari interni: la pla­tea dei votanti non è quella adatta ad apprezzare la divi­sione e lo scontro, visto che gli iscritti, in ogni occasione, continuano a invocare «uni­tà, unità». Ma il popolo delle primarie è diverso: perciò per quella campagna elettora­le il segretario riprenderà al­cuni temi a lui cari. Tornerà a insistere sul concetto di «vec­chio » e «nuovo» e non lasce­rà ai margini del confronto il tema della questione morale.

Maria Teresa Meli
19 settembre 2009© RIPRODUZIONE RISERVATA
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« Risposta #41 inserito:: Ottobre 11, 2009, 10:29:02 pm »

A Roma la convenzione democratica, preludio all'elezione del nuovo segretario

Bersani: «Riaprire il cantiere dell'Ulivo»

Franceschini: «Abbiamo salvato il Pd»

Il candidato ex ds: recuperare i ceti popolari che hanno guardato a destra.

Marini: i nostri leader non litighino

   
ROMA - «Bisogna riaprire il cantiere dell'Ulivo». Lo ha detto Pier Luigi Bersani nel suo discorso alla convenzione del partito democratico. Il congresso del centrosinistra è il preludio alle primarie del 25 ottobre che sanciranno, a furor di popolo, la nomina del nuovo segretario del partito. Oltre a Bersani, il primo ad intervenire, sono in lizza per la segreteria anche il leader uscente, Dario Franceschini, e l'outsider Ignazio Marino.

LE PRIORITA' DI BERSANI - Il vincitore della prima fase del congresso indica le priorità per il partito: «Adesso abbiamo tre cose da fare- dice- rinnovare e rafforzare noi stessi, riaprire il cantiere dell'Ulivo con movimenti politici e civici disposti al dialogo con noi; lavorare per un quadro ampio di alleanze politiche. Noi- ha aggiunto Bersani che in apertura di intervento ha spiegato di non credere «al partito di un uomo solo» e di voler puntare sulle idee di molti piuttosto che sulla sua figura di possibile segretario - non vogliamo fare da soli nè ci immaginiamo da soli nel futuro. Penso anzi che dobbiamo proporre già con il nostro congresso ampie alleanze democratiche e di progresso per le prossime elezioni regionali».

«RECUPERARE I CETI POPOLARI» - Il candidato alla segreteria sottolinea che il Pd «giunge a questa politica di apertura con un profilo nostro, senza trattini o divisione dei compiti, con un nostro modo di rivolgerci a tutta l'area del centrosinistra e a quella parte dei ceti popolari che fino a qui hanno guardato a destra». Bersani avverte: «Chi» nel Pd «pensasse di fare da solo lucrando qualcosa sulla divisione delle forze di opposizione se ne prenderebbe la responsabilità». Bersani, che ha incassao il sostegno del segretario della Cgil Guglielmo Epifani («Voterò per lui») in apertura del suo discorso aveva rivolto un esplicito apprezzamento all'invito giunto da Romano Prodi «a risvegliare il paese».


«OGGI SIAMO UN PARTITO» - E' stata poi la volta del segretario uscente, Dario Franceschini, che ha spiegato che «oggi siamo un partito, nel senso più autentico della parola. Partito non è una parola di cui vergognarsi. È una parola che trasmette forza, che trasmette energia». «L'onore e l'orgoglio più grande è essere stati chiamati a servire il proprio partito quando tutto sembra perduto - ha detto l'esponente ex popolare -. Quello è il momento in cui fare un passo avanti per dire sono qua, ci proverò e ce la faremo a salvare il nostro partito». Con un paragone storico, Franceschini ha poi sottolineato che è stato come per la battaglia del Piave «che viene ricordata come una vittoria, non come una sconfitta». Allora, ha evidenziato, «il rischio era che il Pd si disegregasse» ma al suo salvataggio «hanno contribuito tutti». Anche lui ha poi parlato della necessità di un'azione unitaria, spiegando che se sarà eletto segretario chiamerà anche Bersani e Marino a lavorare con lui.

«BERLUSCONI? UN OMINICCHIO» - Franceschini ha poi contestato l'azione del governo, in particolare nel modo di fare fronte alla crisi economica («Si è scelto di occultarla, senza mettere in campo misure per affrontarla»). E riferendosi al battibecco con la Bindi dei giorni scorsi (il premier l'aveva definita «più bella che intelligente») ha commentato: «Berlusconi se offende Rosy e tutte le donne italiane è un ominicchio. E non è antiberlusconismo, ma dire la verità».

«NO AL NUOVO CENTRO» - Il segretario uscente ha poi bocciato nettamente l'ipotesi della nascita di un nuovo centro con conseguente abbandono della vocazione maggioritaria «Di tattica si muore», ha detto Franceschini spiegando che c'è qualcuno che «lavora per far nascere un centro» che si prepari a sostituire Berlusconi, ma così questo centro «va stabilmente a destra e noi restiamo all'opposizione per 35 anni». Dunque, ha aggiunto, «non vorrei che il risultato del contrasto alla vocazione maggioritaria fosse di farci diventare un partito a vocazione minoritaria».


«I LEADER NON LITIGHINO» - Ignazio Marino, ultimo dei tre candidati ad intervenire, ha insistito sulla necessità di adottare la laicità come criterio per le scelte del partito. E ha insistito sulla necessità di una formazione che sia ed appaia unita: «I nostri militanti non hanno idee così diverse tra loro, sono i gruppi dirigenti che litigano e che mostrano divisioni che nulla hanno a che vedere con ciò che crediamo e molto a che vedere con le posizioni che ricoprono». «Il mio ruolo e di tutti coloro che mi hanno sostenuto - ha aggiunto - qualunque sarà il risultato del congresso, è quello di contribuire a un rinnovamento radicale io credo che l'antipolitica sia da contrastare, ma dobbiamo iniziare da noi». «Temo ancora oggi - ha aggiunto Marino - un partito che non decide e non incide, perchè troppi sono gli equilibri o gli equilibrismi dettati dalle correnti e dai personalismi». Infine, Marino ha accennato alle polemiche sul tesseramento in alcune regioni del Sud, come Campania e Calabria: «Quel che è successo in alcune zone del Mezzogiorno - ha sottolineato - non ha fatto male a me, ha fatto male a tutti noi, perchè proprio mentre abbiamo bisogno di riaffermare la libertà e chiamare alla responsabilità tutti i cittadini, li invitiamo invece ad abbassare la testa e a rispondere al comando dei capibastone».

VERSO LE PRIMARIE - Con l’elezione di due commissioni, una per la modifica dello Statuto, l’altra per il Codice etico,la convenzione nazionale si è poi conclusa. Il responsabile Organizzazione del Pd, Maurizio Migliavacca, ha comunicato che «le due commissioni avranno un compito istruttorio di definire gli indici delle questioni aperte e preparare materiali utili all’Assemblea nazionale che sarà eletta con le primarie del 25 ottobre che è comunque sovrana». La commissione per la modifica dello Statuto è composta da 40 membri, quella per il codice etico da 20. I nomi proposti sono condivisi da tutti e tre i candidati alle primarie. Primarie che si svolgeranno, appunto, domenica prossima e che coinvolgerannno tutti gli iscritti e i simpatizzanti (VEDI la scheda): solo in quell'occasione si saprà il nome del nuovo segretario.


11 ottobre 2009
da corriere.it
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« Risposta #42 inserito:: Ottobre 22, 2009, 11:21:59 pm »

Primarie Pd, Bersani a l'Unità: «Contrario a governi centristi»


Un'ora di confronto con Pier Luigi Bersani, candidato alla segreteria del Partito Democratico. Stimolato dalle domande della redazione e dei lettori, l'ex ministro ha esposto le sue idee a tutto campo: dalla forma del partito alle riforme istituzionali, dal lavoro da fare su scuola e immigrazione alle alleanze in vista delle regionali. Di seguito una sintesi testuale di tutte le risposte, dalle 18,30 sarà possibile vedere il video dell'incontro. IL VIDEO DI BERSANI

La tre giorni de l'Unità continua domani, quando sarà la volta di Ignazio Marino. Giovedì toccherà quindi a Dario Franceschini, a partire dalle ore 13,30.

11.03 - «Per Tremonti il posto fisso è casa o a lavoro?»
Si comincia commentando i fatti del giorno e la prima pagina del nostro giornale, con le dichiarazioni del ministro Tremonti sul precariato. «Per Tremonti il posto fisso è casa o a lavoro?», chiede Bersani. A parte le battute, prosegue il candidato leader, c'è poco spazio per parlare dei fatti, dei dati, di quello che sta succedendo nel paese.

11.05 - «Facciamo sì che il successore di Berlusconi sia il leader di un'alleanza alternativa»
«Non mi interssa se Tremonti o chi altro può fare il successore di Berlusconi. Facciamo questi discorsi perché il premier mostra evidenti segni di cedimento, ma meglio far sì che il successore di Berlusconi sia il leader di un'alleanza alternativa»

11.08 - «Niente rischio scissione, il giorno dopo il 25 il partito va avanti»
Bersani scongiura e stigmatizza il rischio scissioni. «Queste sono solo schermaglie. Bisogna invece stare sereni, stiamo facendo una cosa utile alla democrazia e questo congresso non è una resa dei conti, un modo per decidere un capo».

11.10 - «Centrosinistra senza trattino»
«Penso a un partito plurale ma con un muro maestro: profilo sociale, civico e liberale. Mescolare parole nuove e parole antiche, perché possano riconoscersi nel Pd nuove ragioni e nuove culture. Penso a un centrosinistra senza trattino, che si aggreghi attorno a un soggetto con un'identità forte».

11.12 - Caso Binetti: i parlamentari tengano conto di una disciplina condivisa
«A nessuno il dottore ha detto di fare il parlamentare. Chi vuol farlo deve tener conto di una disciplina condivisa. Se c'è il marcato rispetto delle regole condivise, ci si mette fuori».

11.14 - Giustizia e riforme istituzionali da collegare ai temi sociali
«Berlusconi sa che questo paese è disposto a dar via un po' di democrazia se gli viene qualcosa in tasca. Noi dobbiamo convincere il nostro popolo che quella ricetta sta producendo dei danni concreti, economici, sociali. La difesa della Costituzione è un must, il punto è come».

11.16 - Dialogo solo su temi concreti
Dialogo o non dialogo: «Se parliamo di giustizia, di precariato, di cose che la gente vive, allora dobbiamo mostrare capacità di dialogo e di lavorare a trovare soluzioni ai problemi. Se dobbiamo star nel campo dei problemi suoi, del premier, non c'è possibilità di dialogo. Sulle riforme istituzionali si parta dalla bozza Violante, occorre concentrarsi soprattutto sulla riforma elettorale: è incredibile che gli elettori possano scegliere il segretario del Pd e non i suoi parlamentari».

11.23 - Ripristinare la funzione del parlamento
«Usciamo da questa paranoia del dialogo. Abbiamo il parlamento, facciamolo lavorare: sulla bozza Violante, sulla crisi. Ripristinare la funzione del parlamento è il punto iniziale. Se fai 25 voti di fiducia in un parlamento a cui tu di fatto hai dato la fiducia, con questo meccanismo elettorale, stai mettendo la pistola alla tempia dei soggetti sociali».

11.20 - Ricomporre le divisioni coinvolgendo i lavoratori».
Sul tema del lavoro e l'accordo separato sui metalmeccanici.«Serve una ricomposizione del fronte sindacale, attraverso una forma di partecipazione dei lavoratori che possa dirimerle».

11.27 - Ricostruire l'Ulivo, alleanze larghe
Alleanze alle regionali: variabili, sul territorio, verso il centro o verso sinistra? «Dobbiamo fare tre cose. Primo: rafforzarci come partito, facendo percepire che siamo utili all'alternativa. Facendo uno sforzo generoso per risolvere il problema Berlusconi. Secondo: riaprire il cantiere dell'Ulivo, ricostruire un rapporto con le formazioni più vicine a noi, di sinistra, ambientaliste. Terza: proposta larga di alleanze politiche. Dobbiamo coinvolgere tutte le forze che ci sono all'opposizione, e so benissimo quali difficoltà ci sono». Le regionali? «Un'occasione per proporre alleanze larghe, democratiche».

11.35 - Nessuna "balena bianca" all'orizzonte
Casini, Fini stanno facendo il loro lavoro politico, un nuovo soggetto di centro non è destinato ad allearsi con la destra piuttosto che con la sinistra? «Siamo entrati fortemente in un sistema bipolare che dobbiamo riaffermare e che è già intimamente in questo paese. Non è bipartitico e quindi sopporta al suo interno un insieme di partiti che però dovranno acconciarsi a un quadro bipolare. Ma i cittadini hanno diritto di sapere quale è la maggioranza che li governerà. L’ipotesi che nasca una balena centrale io non la vedo. Penso che Fini dovrà combattere con Berlusconi e il berlusconismo perché ha in mente una idea di partito di destra europeo non populista, ma la destra europea festeggia il suo 25 aprile senza se e senza ma e non ha quel populismo berlusconiano che c’è di qua».

11.38 - Un'iniziativa parlamentare sulla scuola
«Questa che ci vendono come riforma Tremonti Gelmini è una semplice riduzione dell'offerta formativa. Questo sistema è entrato in un bricolage di riforme che lo sta distruggendo. Abbiamo una responsabilità di proporzioni cosmiche. Fermiamoci, fermatevi. Facciamo un'operazione parlamentare, chiamiamo le migliori competenze. Nel 1978 si fece per via parlamentare la riforma sanitaria, che fu una rivoluzione. Facciamo lo stesso per l'istruzione. Di bricolage in bricolage si rischia grosso». Sulla ricerca è necessario trovare meccanismi virtuosi come il credito d'imposta, oltre che aumentare le risorse.

11.42 - La scuola non può essere solo tema di bilancio
«Per noi ci sono beni che non possiamo affidare al mercato: salute, istruzione, sicurezza. Poi possono tirare fuori la scuola privata, ma anche nel corpo grosso dell’elettorato loro il concetto di scuola pubblica e di sanità pubblica sono fondamentali. Andremo a una discussione parlamentare partendo da qui. Ci sono problemi di qualità, di merito e di estensione ed inclusività. La scuola non si può ridurre a tema di bilancio».

11.44 - I sedicenni al voto e il senso del Pd
«Se pensi che tutti gli uomini hanno la stessa dignità vieni qua e dacci una mano. Questo dico ai sedicenni. Non dobbiamo tornare a parlare di ideologie ma nemmeno a fare i post-identitari io non ci sto. Senza idealità non c’è interesse per la politica. Noi ai ragazzi dobbimo dire che abbiamo un senso e un mestiere. Siamo qui per dire che crescita, sviluppo economico non ci può essere se non lo guardi con il principio dell’ugaglianza».

11.46 - Superare dicotomia iscritti-elettori
Perché si è disperso il patrimonio degli elettori delle primarie, con un'anagrafe che sarebbe certamente tornata utile? Si va a delle nuove primarie, voterà molta gente che non è iscritta. C'è un progetto per tenere conto di questa massa di persone e superare in modo positivo la questione iscritti-elettori? «Noi abbiamo fatto un errore a stabilire la diversità tra popoli, tra iscritti ed elettori, come se fossero antropologicamente diversi. Non sono razze diverse. Io non sono perché le tessere contino al cento per cento, io sono perché contino al cinquanta. Ci vuole un albo degli elettori, una ricognizione. Non è possibile che Storace dica chi vuole votare al Pd: astenersi perditempo. Gli iscritti avranno qualche responsabilità e potere in più, possiamo coinvolgere gli elettori quando vogliamo essere presenti sul territorio. Iscritti ed elettori sono la stessa cosa, semplicemente con un'intensità diversa sul territorio».

11.48 - Ridurre i costi della politica
«Facciamo una Maastricht dei costi della politica. Prendiamo i paesi europei, le loro spese, voce per voce: facciamo la media e ci mettiamo in quella media».

11.49 - Liste e candidature: rinnovamento ma ok a Bassolino e Loiero nelle primarie
«Bassolino e Loiero sono andate bene fin qui. Dobbiamo andare a un rinnovamento. Che poi un presidente della regione non debba essere in un parlamentino di partito, non capisco perché».

11.55  Bossi e l'immigrazione
«Bossi ha un’altra cosa in testa, sull’immigrazione dobbiamo avere una consapevolezza. Ma gli immigrati ci danno il 10% della ricchezza ci costano il 3% della spesa assistenziale, il problema invece viene scaricato sulla parte piu’ debole della popolazione: un grande partito popolare deve avere occhio a questo problema. Sennò rischiamo di far correre dentro il popolo regressioni culturali che non è facile fermare con le prediche».

12.00 - Domande finali, botta e risposta
Quali i principali errori del Pd in questi due anni? «Quello fondamentale: abbiamo deciso di farlo, senza discutere di come farlo». Quali incarichi a Franceschini e Marino, se sarai eletto? «Ne parlo prima con loro, non credo funzioni così». Lista civica con Galan in Veneto? «Il primo passo è quello dell'autonomia. In Veneto come in tutto il nord noi possiamo avere molta forza, specie dove la destra è divisa». Come difendere la Costituzione? «Saldare tema democratico e temi sociali». Tesseramento e risultati congressi al sud: sono un problema? «Esiste certamente un problema, non tanto nelle proporzioni dei votanti. Certo, in date aree bisogna stare molto attenti a deviazioni e infiltrazioni. Dopodichè attenzione: banalizzare questo tema è pericoloso. Che non passi l'idea che non c'è niente da fare, che tutto quel che viene dal sud è robaccia, noi lasciamo sole le forze vere che stanno lavorando e che soffrono di certi giudizi sbrigativi. Occorre riprendere il tema del mezzogiorno senza semplificazioni». C'è un tentativo del governo di isolare la Cgil? «Sì, e il Pd può aiutare mostrando un suo punto di vista. In questo punto di vista c'è il tema dell'unità del lavoro come bene pubblico». Ci sono posizioni incompatibili tra loro dentro il Pd? «Quello che conta è un metodo, come qualsiasi associazione. Ci sono regole, ci sono delle eccezioni, ma chi non sta nelle regole di fatto si mette fuori».

(a cura di Francesco Costa)

20 ottobre 2009
da unita.it
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« Risposta #43 inserito:: Novembre 24, 2009, 09:59:03 pm »

Fini contro il processo breve: "non è la riforma della giustizia".

Bersani: "Ritiratelo e discutiamo"



Il presidente della Camera Fini attacca di nuovo i progetti di Berlusconi: "Il processo breve non è la riforma della giustizia", afferma. Se si vogliono le riforme costituzionali con largo consenso "si può ripartire dalla bozza Violante", afferma ancora Fini. "Può diventare legge in pochi mesi".

Un'apertura sulle riforme che il Pd considera giusta: «Sulla bozza Violante il Presidente Fini ha detto parole sagge - afferma Bersani - confermo che, a partire da quel testo, noi siamo pronti a discutere di riforme costituzionali, iniziando dal superamento del bicameralismo perfetto, dalla riduzione del numero dei parlamentari e dal rafforzamento dei poteri di governo e parlamento». «Posso aggiungere che una simile iniziativa sarebbe coerente con il percorso delle normative sul federalismo fiscale, alle quali abbiamo contribuito, e a un possibile confronto sul codice delle autonomie. Sarebbe curioso, infatti - aggiunge - occuparsi giustamente dei consigli di quartiere dimenticandosi delle esigenze di ammodernamento di Parlamento e Governo»

Poco prima il Pd aveva ribadito di essere pronto a discutere di giustizia, ma solo se il Pdl ritirerà il disegno di legge sul processo breve. Lo ha detto lo stesso segretario, in una conferenza stampa al termine della Direzione del partito. "Quello della giustizia - ha detto Bersani - è sicuramente un problema per i cittadini, vista la lunghezza dei processi. Noi non solo siamo disponibili a discuterne, ma abbiamo già presentato quattro proposte di legge". "Adesso però - ha proseguito - ci stanno facendo vedere un altro film, e cioè come evitare i processi al premier. Bondi, che è il ministro della Cultura, ci presenti il film giusto e noi discutiamo. Se vogliono evitare i processi ai colletti bianchi per noi non è possibile".

Quanto al No-B day, di fronte agli interrogativi che regolarmante gli vengono riproposti in questi giorni, ha ribadito che il partito democratico «ha una posizione lineare: non ci facciamo tirare per la giacca. "Ci sono manifestazioni che organizza il Pd e poi ce ne sono altre organizzate da movimenti. In questo caso il nostro approccio -ha puntualizzato Bersani- e quello di verificare se ci sono parole d'ordine compatibili e allora non c'è nessun problema al fatto se partecipano cittadini e militanti. Quella manifestazione ha avuto mutazioni complesse: vedremo».

Ribadito che non c'è ostilità verso nessuno, Bersani ha sottolineato che «facciamo le nostre cose cercando di non essere speculari al tema 'Berlusconi sì Berlusconi nò, non possiamo stare semplicemente su una strada segnata da altri, dobbiamo averne una nostra pur essendo amichevoli verso tutti».

24 novembre 2009
da unita.it
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« Risposta #44 inserito:: Dicembre 11, 2009, 04:49:16 pm »

Bersani: "Non so cos'ha in testa Berlusconi, ma non andremo dove vuol portarci lui"


A caldo aveva criticato l'esternazione "internazionale" del premier dicendo che facendo così Berlusconi drammatizzava oltre misura il caso Italia all'estero. Aveva aggiunto di considerare giuste e sagge le parole di risposta del presidente napolitano. Qualche ora più tardi il segretario del Pd Bersani ha fatto capire lo sgomento crescente dei democratici di fronte alla deriva del premier:  «Non so cosa Berlusconi abbia in testa. Con queste frasi violentissime e sconsiderate, per di più pronunciate all'estero, il Presidente del Consiglio allude a un sistema che non è il nostro, a una repubblica che non è costituzionale».

Giungendo alla presentazione dell'iniziativa «1000 piazze per l'alternativa», in programma domani e sabato a Roma e nel Lazio, Bersani ha aggiunto: «Bisogna che Berlusconi ci dica dove vuole portarci perchè noi non andremo dove vuole andare lui».

«Le preoccupazioni del presidente Napolitano sono le nostre». Lo dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato, riferendosi alle parole del premier da Bonn. «Berlusconi - prosegue Anna Finocchiaro -  con rigorosa puntualità e infischiandosene del contesto internazionale in cui si trova a rappresentare il Paese, compie affermazioni gravi che colpiscono la Consulta, la magistratura, la nostra Carta Costituzionale e presidenti della Repubblica e conferma lo scarso rispetto per le istituzioni del nostro Paese. È il rispetto a cui il presidente della Repubblica anche oggi con parole sagge ed equilibrate richiama tutti coloro che hanno responsabilità politiche e istituzionali».

«Il Pd condivide totalmente il monito del Capo dello Stato. Un partito come il Pd - continua Finocchiaro - ha il dovere di respingere affermazioni di tale gravità e di assicurare i cittadini, le famiglie e i lavoratori circa il proprio impegno nel difendere la democrazia italiana e nel cercare testardamente la via delle riforme, mantenendo vive le istituzioni. Un grande Paese come il nostro non si governa con irresponsabili isterismi e allo smarrimento  dei cittadini italiani cercheremo di rispondere con la serietà delle nostre
buone ragioni e delle nostre proposte politiche e con una difesa rigorosa degli equilibri democratici».

10 dicembre 2009
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