LA-U dell'OLIVO
Ottobre 07, 2024, 04:25:45 am *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Rifiuti, 25 arresti a Napoli. Indagato anche il prefetto  (Letto 3624 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Maggio 29, 2008, 12:14:46 pm »

Scandalo rifiuti: emerge dalle intercettazioni una lavorazione fittizia della spazzatura
 
Rifiuti, 25 arresti a Napoli. Indagato anche il prefetto
 
 
Dai capi d'accusa dell'indagine della Procura di Napoli sui rifiuti emerge «un sistema imperniato su una attività di lavorazione dei rifiuti assolutamente fittizia». I rifiuti che uscivano imballati presentavano, secondo i magistrati, «identiche caratteristiche fisico-chimiche» rispetto alla spazzatura d'origine. Dall'inchiesta viene fuori che la frazione umida dei rifiuti non sarebbe stata sottoposta ad alcun trattamento di stabilizzazione, procedura indispensabile per eliminare i cattivi odori e a "igienizzare" la spazzatura. Tempo e denaro sprecati, dunque, per produrre "finte" ecoballe, che in realtà sarebbero state solo spazzatura impacchettata.
Una indagine, quella denominata "rompiballe", basata in particolare su intercettazioni telefoniche, che ha portato a 25 arresti ai domiciliari, tra cui Marta De Gennaro, ex vice di Guido Bertolaso. Indagato anche il prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Sotto l'obiettivo dei magistrati i vertici di Ecolog (Ferrovie dello Stato) e della Fibe (Impregilo).

Dalle intercettazioni emergerebbe che le ecoballe sono state illecitamente smaltite in discarica: l'involucro plastico veniva lacerato, e camion e trattori passavano più volte sul contenuto, per far apparire il tutto come «un mero scarto composto da inerti» e dunque formalmente autorizzato a finire in discarica. Dall'inchiesta sono emerse anche analisi false per accompagnare questi rifiuti nei siti di smaltimento. Gli inquirenti ritengono che si era instaurata una «consolidata e articolata rete di complicità all'interno della struttura commissariale» da parte di pubblici funzionari e dipendenti che violavano «i precisi compiti di vigilanza sulle attività di lavorazione dei rifiuti affidata alle società Fibe e Fisia», dando direttive che di fatto violavano le ordinanze commissariali. Questo determinava una realtà di mancata lavorazione dei rifiuti, falsa qualificazione e illecito smaltimento nelle discariche, «con grave pregiudizio per l'ambiente e la salute pubblica». Al centro dell'inchiesta anche le irregolarità riscontrate nel trasferimento sui treni diretti in Germania dei rifiuti campani.

«Appena cominciamo a vedere qualche risultato, arriva un attacco. Così non è possibile». Questo lo sfogo riportato sul Corriere della Sera del Capo della Protezione Civile e sottosegretario all'emergenza rifiuti in Campania, Guido Bertolaso, sulla bufera giudiziaria. L'indagine si occupa della composizione delle ecoballe, composte secondo l'accusa di spazzatura non trattata e del trasporto in Germania dell'immondizia. Nelle intercettazioni che riempiono le 643 pagine dell'ordinanza del Gip Rossana Saraceno sulla gestione commissariale dell'emergenza rifiuti fra il 2005 e il 2007 spesso compaiono le esternazioni del sottosegretario all'emergenza Guido Bertolaso o e dei manager delle società impegnate nel servizio. Non poche riguardano il capitolo di Macchia Soprana e i suoi dissapori con il ministero dell'Ambiente, retto allora da Alfonso Pecoraro Scanio, sul sito da destinare a discarica nel salernitano. Bertolaso avrebbe minacciato l'intenzione di lasciare. La raffica di arresti viene vissuta come "un avvertimento". Il rischio è "di sfasciare tutto" nel momento forse più delicato dell'emergenza rifiuti a Napoli. (N.Co.)

 
da ilsole24ore.com
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #1 inserito:: Maggio 29, 2008, 12:15:55 pm »

28/5/2008
 
A colpi d'emergenza
 
 
 
 
 
MARCELLO SORGI
 
Certo, è piovuta come un macigno, sulla già tragica situazione di Napoli, l’inchiesta giudiziaria che ha portato all’arresto di 25 dipendenti del commissariato ai rifiuti, tra cui Marta Di Gennaro, la vice del sottosegretario Guido Bertolaso ai tempi in cui era solo commissario, e ancora, ma solo da indagato, il suo predecessore prefetto Alessandro Pansa. Nel giorno in cui un accordo precario ha consentito di rimuovere le barricate di Chiaiano - ma non ancora i cumuli di monnezza dalle strade -, tutto è più incerto, tutto è tornato in discussione.

A una lettura anche sommaria delle carte, le accuse infatti sono molto pesanti: funzionari dello Stato, impiegati e responsabili delle ditte che dovevano fronteggiare l’emergenza si sarebbero macchiati di «generalizzate quanto deplorevoli e inquietanti prassi che hanno connotato l’intera abusiva gestione», e avrebbero fatto «ricorso ai più disparati espedienti per la dissimulazione della realtà, controlli apparenti, controllo dei controllati, valenza esclusivamente scenografica di riunioni per l’allestimento dati, il cui dichiarato possesso era solo un bluff».

Di qui la truffa e altri pesanti reati che la magistratura avrebbe già accertato, con una serie di perizie inoppugnabili.

Gli indagati avrebbero dovuto assicurare che la monnezza tolta dai marciapiedi sarebbe stata sottoposta a un procedimento chimico, una sorta di disinfezione, prima di avviarla agli inceneritori o alle discariche. Invece, stando a quanto hanno accertato le indagini, si limitavano a compattare i sacchetti, a farne dei grossi pacchi - impropriamente definiti «ecoballe» - e caricarli su camion e treni diretti anche in Germania, senza curarsi della stretta osservanza di leggi e divieti.

Se questo è il quadro, anche senza volere per forza attaccare la magistratura, ci permettiamo di avanzare qualche dubbio. Mettiamo pure che le norme non siano state applicate alla lettera: ma qualcosa non funziona, se davvero gli indagati devono rispondere di non aver sterilizzato e profumato la monnezza che da mesi, putrescente, ammorbava l’aria di Napoli. Insomma: era o non era un’emergenza, anche al tempo in cui le indagini sono cominciate? E l’obiettivo, il primo, il più urgente, non era sgomberare le strade dai rifiuti? E se, sia pure accorciando colpevolmente le procedure, la città è rimasta sommersa dai sacchetti, come si può sperare, oggi che la situazione è più grave, di liberarla nel rispetto della legge?

Interrogativi come questi non riguardano solo il merito dell’inchiesta, ma il senso stesso dell’emergenza e della strategia scelta dal governo per affrontarla. Per sua natura, forse per indolenza, o anche solo semplicemente per la complicazione burocratica della sua macchina amministrativa - oltre che spesso per la scarsa propensione dei cittadini a fare il proprio dovere - l’Italia non è nuova a logiche emergenziali. Nella sua storia recente, anzi, ha dovuto rassegnarvisi, sia davanti a calamità naturali come terremoti o alluvioni, sia per fronteggiare mafia, criminalità e terrorismo.

In questi casi, dalla routine dei provvedimenti ordinari si passa a logiche, quando non a leggi, eccezionali. Lo si è fatto e lo si fa a malincuore, sapendo che è uno strappo che porta con sé anche il rischio di conseguenze impreviste, magari assegnandosi un lasso di tempo circoscritto, ma alla fine, se non c’è altra strada, ci si è arrivati e ci si arriva. È esattamente quel che è successo a Napoli, e che il governo ha voluto sottolineare con la solennità della seduta del Consiglio dei ministri convocato irritualmente in città.

Ma all’indomani dell’annuncio, e quando la linea dura scelta dal governo fa a fatica i primi passi, la magistratura si muove in contropiede. Dopo aver inquisito, e posto ormai sotto processo, il governatore e primo commissario all’emergenza Antonio Bassolino, mira al secondo, il prefetto Pansa, e colpendo la vicecommissaria Di Gennaro avverte il terzo, Bertolaso, appena insediato come sottosegretario. Ce n’è abbastanza per capire che all’ombra dei mefitici effluvi di Napoli - e in mancanza dei disinfettanti e dei profumi richiesti dalla legge - un nuovo scontro s’è aperto: tra Berlusconi e il governo da una parte, e dall’altra i procuratori che ne hanno azzoppato il braccio operativo, il commissariato straordinario per i rifiuti solo da pochi giorni messo in condizione di funzionare. Poiché lo scontro è appena cominciato, è difficile dire come finirà. Ma un punto è chiaro: i magistrati spesso sono a favore delle logiche da emergenza quando tocca a loro gestire i poteri eccezionali che ne derivano. Se invece a essere rafforzati sono altri poteri, si schierano contro. Il che non riduce la necessità di fare presto chiarezza. Perché i cittadini hanno diritto di sapere se possono fidarsi dello Stato.
 
da lastampa.it
Registrato
Admin
Utente non iscritto
« Risposta #2 inserito:: Maggio 29, 2008, 04:54:27 pm »

Lo Stato si è fermato a Napoli

Enrico Fierro


Chiaiano è la linea del Piave della credibilità dello Stato. Così, per giorni, politici di governo e autorevoli commentatori. Uno Stato non in grado di controllare il territorio è uno Stato debole, ha scritto ieri Panebianco sul Corriere della Sera. Articoli e corrispondenze da Napoli ci hanno raccontato di una camorra scatenata interessata a trasformare la città di Napoli in una banlieu. La camorra è dietro le barricate di Chiaiano, abbiamo letto anche da parte di chi a Ponticelli (cacciata dei Rom con saccheggio e incendio della loro baraccopoli) i bravi ragazzi della camorra non li ha visti o non li ha voluti vedere. Intendiamoci, la camorra a Napoli sta dietro e dentro ogni manifestazione di massa, dal tifo allo stadio alle proteste dei disoccupati, c’era a Pianura, c’è stata a Chiaiano. Ma leggere ogni protesta sociale come egemonizzata dai mammasantissima, etichettare come camorristi tutto e tutti (anche i vecchi, le donne, i bambini che chiedono un ambiente pulito) se da un lato serve a giustificare il “pugno di ferro”, dall’altro non ci consente di vedere che dietro i tanti, spesso irrazionali, no ad ogni ipotesi di soluzione della tremenda crisi dei rifiuti, c’è una sfiducia nei confronti dello Stato.

Le ragioni di questa sfiducia sono scritte nelle centinaia di pagine dell’inchiesta dei giudici della procura napoletana. Quando i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo parlano di una «colossale opera di inquinamento del territorio» portata avanti da quei vertici del Commissariato straordinario deputato a risolvere l’emergenza rifiuti, sbattono in faccia all’Italia intera una realtà tragica: il fallimento del ciclo dei rifiuti in Campania. Quattordici anni di commissariato e miliardi buttati al vento che sono stati essi stessi causa di aggravamento del male. Quando il gip che ha firmato gli arresti di ieri parla di «un gioco di squadra sincrono» tra funzionari pubblici, manager e responsabili della Fibe-Impregilo (il colosso internazionale diventato padrone assoluto dei destini ambientali della Campania), ci mette di fronte a una realtà maleodorante. Fatta di complicità, di immonde clientele, di controllori che facevano l’interesse dei controllati. Un fallimento, il vero fallimento dello Stato. Un ciclo nato morto dall’inizio, con impianti destinati a trasformare i rifiuti in energia che hanno prodotto un immane disastro ambientale: 6 milioni di ecoballe. Quelle che gli arrestati di ieri “rompevano” e buttavano in discarica. Erano zeppe di materiali inquinanti, di percolato che spandeva veleni, bastava cambiare i codici e quella robaccia la si poteva addirittura rifilare, a caro prezzo, ai tedeschi.

Anche questa inchiesta, come la precedente che ha portato al rinvio a giudizio di Bassolino e dei vertici Impregilo, mostra uno squallore immenso. Ora ci vuole pazienza e una buona dose di umiltà. Bisognerà ricostruire brandello per brandello l’immagine di uno Stato che agisce con la forza della sua unità e la chiarezza dei suoi intenti e non col manganello. Sarà difficile dopo che i napoletani avranno letto alcune delle intercettazioni, soprattutto quella nella quale l’attuale sottosegretario Bertolaso parla con una sua collaboratrice di una discarica e della sua volontà di «sputtanare i tecnici dell’Ambiente». Era l’epoca del governo Prodi e il dottor Bertolaso, Capo della Protezione civile, era in rotta di collisione col ministro dell’Ambiente Pecoraro-Scanio. L’uno e l’altro parlavano di emergenza, ma si combattevano senza esclusione di colpi, tutto sulla pelle dei napoletani. Tutti volevano “sputtanare” tutti. Risultato finale: a Napoli si è sputtanato lo Stato.

Pubblicato il: 28.05.08
Modificato il: 28.05.08 alle ore 9.10   
© l'Unità.
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!