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Autore Discussione: TAVOLO delle PROPOSTE e NOTE per il GRUPPO.  (Letto 43319 volte)
mammamaria
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« Risposta #15 inserito:: Giugno 02, 2008, 03:29:26 am »

IO non sono al mare... e sono insonne.
E dirò di più: anche fortemente intimidita! Lo confesso, non so da dove cominciare. MI rendo conto di saper parlare di massimi sistemi, ma partire con proposte mi sento disorientata.
Quali esperienze posso vantare? Conosco alla perfezione il mondo del precariato, essendone stata parte, essendo una delle poche che abbia fatto valere i propri diritti con una battaglia sindacale, essendo una che ne conosce direttamente le insidie.
Esperienze? SOno una donna... che ha vissuto esperienze traumatiche che solo ad una donna possono capitare. E forse anche per questo ho una percezione realista dell'argomento "sicurezza".
Esperienze?a parte l'essere erborista faccio informazione... sono una dilettante, ma mi dicono che lo faccio comunque benino.
Non sto uscendo dal seminato, anche se può sembrarlo: mi chiedo e vi chiedo... che razza di collocazione posso avere? A parte una passione mai indirizzata prima in impegno politico non so mettermi ad un "tavolo di proposte"... so solo di essere in grado, di fare ricerche, di coinvolgere persone e creare contatti, e di estrapolare i pensieri e trasfrormarli in parole.
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« Risposta #16 inserito:: Giugno 02, 2008, 10:05:10 am »

mammamaria,

da quello che si legge di te sei il tipo ideale di volontaria della politica che si VUOLE sedere al tavolo di lavoro, unirsi ad altri volontari, e senza la presunzione sul volere risolvere la lotta tra il bene e il male, o la fame nel mondo, desidera smettere di chiacchierare soltanto nel forum (anche se tutti continueremo a farlo) ed iniziare a "produrre" documenti (da portare anche al PD ma non solo) che sappiano dare agli altri, come noi elettori, che per varie ragioni vogliono soltanto leggerci, contributi che aumentino la loro consapevolezza.

Non dobbiamo scrivere per i politici (sarebbe tempo perso) ma per altri elettori come noi che sappiano ricefere i frutti del nostro lavoro e rielaborarli nel forum e nella vita di tutti i giorni.

Se saremo tanti e capaci (scrittori e soprattutto lettori) saranno i politici ad occuparsi di noi, non viceversa.

Lavorando insieme i valori di ognuno di noi si moltiplicano le nostre carenze o presunte tali si colmano.

Infine sarebbe magnifico che tra noi  e per noi, ci fosse un inizio di amicizia, telematica soltanto ma arricchente.

Noi possiamo farcela.

ggiannig

PS: ma quando dormi?
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« Risposta #17 inserito:: Giugno 04, 2008, 12:04:36 am »

Olaf Palme: in area PD nasce una nuova formazione.

Martedì 3 Giugno 2008 | pubblicato da staff |


In zona Partito democratico, ma con prime adesioni anche da fuori, nasce a Vicenza in questi giorni un’associazione culturale che si propone di discutere e elaborare idee sui diritti civili, lo Stato sociale, la laicità delle leggi. Ne sono promotori Silvano e Claudio Veronese, Luigi Poletto, Claudio Rizzato, Antonio Dalla Pozza, Antonio Bertacco e Adalgiso Barcarolo. Aree di provenienza: l’ala laica degli ex-Ds, i sindacalisti Uil impegnati con il Pd e il gruppo che alla costituente democratica sosteneva “da sinistra” Walter Veltroni. Puoi leggere il testo dell’articolo pubblicato sul Giornale di Vicenza il primo giugno.In zona Partito democratico, ma con prime adesioni anche da fuori, nasce a Vicenza in questi giorni un’associazione culturale che si propone di discutere e elaborare idee sui diritti civili, lo Stato sociale, la laicità delle leggi. Ne sono promotori Silvano e Claudio Veronese, Luigi Poletto, Claudio Rizzato, Antonio Dalla Pozza, Antonio Bertacco e Adalgiso Barcarolo. Aree di provenienza: l’ala laica degli ex-Ds, i sindacalisti Uil impegnati con il Pd e il gruppo che alla costituente democratica sosteneva “da sinistra” Walter Veltroni. È intitolata a Olof Palme, primo ministro svedese fra la fine degli anni ’60 e l’inizio ’80, interprete delle politiche socialdemocratiche sviluppatesi in Nord Europa, assassinato nel 1982 per motivi e con killer rimasti sconosciuti. Quale rapporto ha l’associazione Palme con il Pd? «Porta un contributo all’identità del nuovo Partito che è sintesi di tante culture diverse» spiega Rizzato. Coinvolgimenti cercati: «Sul versante sindacale, nel mondo del lavoro, con chi a sinistra non fa parte del Pd» dice Silvano Veronese. Che aggiunge: «Perché c’è da approfondire l’analisi e portare soluzioni in un ambito, quello del lavoro dipendente, che vede la maggioranza degli elettori del Nord preferire la Lega Nord». «L’intenzione è di costituire un laboratorio per ipotesi, idee e programmi che aiuti anche localmente le scelte sociali e politiche realmente progressiste, con una forte responsabilità individuale e un’altrettanto forte dimensione collettiva» dice una nota dei promotori. Primo appuntamento ufficiale: un’assemblea fondativa entro giugno. Primo ambito di lavoro: i servizi socio-sanitari da garantire alle fasce più deboli della popolazione.
Il Giornale di Vicenza


da www.vicenzaperilpd.it
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« Risposta #18 inserito:: Giugno 04, 2008, 05:14:34 pm »

Anche di questo aspetti il GSL dovrebbe ocuparsi prima o poi...

Ma dopo al Lettera... spero che altri si uniranno (non solo in fila in un elenco di passivi, ma concretamente).

ggiannig 



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4/6/2008
 
Che guaio la storia condivisa
 
 
   
ALFIO CARUSO
 
Nei panni di Amintore Fanfani troveremmo il modo dall’aldilà di far sapere al sindaco di Roma, Alemanno, che la sua gestione del recente passato ci pare proprio una bischerata. E che diamine: il famoso rieccolo di Montanelli, uno dei due cavalli di razza della Dc, il pestifero nano di Dario Fo, l’unico politico italiano in grado di dare una casa ai connazionali, per di più uscito immacolato da cinquant’anni di politica alta e bassa dovrebbe condividere la titolarità di nuove strade nella Capitale assieme a un latitante (Craxi), spesso portato a confondere le casse pubbliche con le casse private; assieme a un leader comunista indissolubilmente legato all’Urss (Berlinguer) fino all’ultimo dei suoi giorni, malgrado distinguo e sottili parafrasi; assieme a un occhiuto difensore delle leggi razziali (Almirante), funzionario della Repubblica Sociale di Salò dalla quale mai prese le distanze e che spesso, anzi, onorò in diverse manifestazioni pubbliche.

Malgrado la sua vispa intelligenza, Alemanno è stato forse fuorviato dall’ultimo luogo comune abbattutosi sul nostro Paese: la Storia condivisa.
La peggiore delle iatture che fa seguito alla cancellazione della Storia perpetrata per sessant’anni dai democristiani e dai comunisti. Un micidiale compromesso ideologico che da un lato ha azzerato le responsabilità dei traditori dell’8 settembre (Vittorio Emanuele III, Badoglio, Umberto, Ambrosio, Carboni...) e dall’altro lato ha nascosto il sacrificio della divisione Acqui a Cefalonia, l’apporto dei militari sia nella costituzione delle prime bande patriottiche, sia nell’aver partecipato alla liberazione della Penisola assieme all’8ª armata britannica e alla 5ª armata statunitense.

È occorsa la grande onestà intellettuale del nostro amato Presidente (un ex comunista trinariciuto...) per sancire che la resistenza al tedesco l’ha cominciata la Acqui a Cefalonia sotto la spinta di ufficiali in gran parte monarchici. A differenza di Napolitano, molti hanno immaginato che la Storia condivisa significasse l’equa divisione dei meriti e dei torti secondo i vecchi rituali compromissori, magari in spregio alla verità nel tentativo di far contenti tutti o di non scontentare alcuno. Sarebbe la maniera più sbrigativa per confondere irrimediabilmente situazioni già di suo intricate - l’Italia per mezzo secolo ha ospitato la più calda delle guerre fredde - e non raggiungere lo scopo cui tutti ambiamo: sapere di chi e di che cosa siamo figli.

Il nostro passato gronda sangue e miserie umane, ma non è tempo di processi, di vendette. È tempo di conoscere per capire quante bugie ci hanno fin qui raccontato. La prima strage nazista avvenne l’11 agosto ’43 a Castiglione di Sicilia, in netto anticipo, dunque, sul presunto voltafaccia italiano: un reparto di granatieri del generale Hube trucidò 20 civili senza alcun motivo. Sono vittime di cui nessuno si è curato, per i quali nessuno ha mai chiesto giustizia. Le malefatte dei partigiani comunisti - portate alla ribalta con grande merito da Pansa, dopo che per anni le denunce di Giorgio Pisanò erano cadute nel vuoto - hanno seminato lutti e dolori sui quali c’è ancora molto da scoprire. Non bastano un film avvincente (Sanguepazzo) e due attori di fascino (Zingaretti e la Bellucci) per ridare dignità a Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Al di là dell’adesione a Mussolini, i due trafficarono allegramente e volutamente con i biechi figuri della banda Koch: non vanno perciò dipinti e pianti come ragazzacci puniti in eccesso.

Anni addietro Violante suggerì la sostanziale parificazione tra i morti della Resistenza e i morti di Salò. È scontato il rispetto assoluto per quanti caddero in difesa delle proprie idee, ma non tutte le idee sono giuste. E stare dalla parte della Repubblica sociale significava stare dalla parte del tedesco che angariava, che deportava, che compiva rappresaglie, che spediva i nostri fratelli ebrei nei campi di sterminio.

Per ricordare e digerire tutto questo non serve intitolare strade a Craxi, a Berlinguer, ad Almirante. I campioni di quell’Italia furono altri.

 
da lastampa.it
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« Risposta #19 inserito:: Giugno 07, 2008, 12:08:05 am »

mi scuso se mi è sfuggito qualcosa di importante per la fretta con la quale mi affacciavo a questo spazio negli ultimi giorni, ma ho avuto il tempo decisamente risicato da impegni di lavoro.

cos'è il GSL?

E  a proposito, non dovremmo dare un nome al nostro magnifico gruppo?

visto che "la sporca dozzina" è già stato usato, dovremo inventarcene un altro!

ciao
paola
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« Risposta #20 inserito:: Giugno 07, 2008, 08:34:44 am »



Come ho già richiesto sarebbe bene che ci si desse un nome... ma ci siamo presentati come Gruppo di Studio (molto usato anche da altri) piuttosto che cambiare tutto pensavo di aggiungere: (e di lavoro) appunto GSL.

Ma come sempre decidiamo insieme senza premura, adesso faciamoci conoscere come Gruppo di Studio poi vedremo.

ggiannig
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« Risposta #21 inserito:: Giugno 10, 2008, 11:59:58 am »

Nomi a parte, vedo che la lettera d'intenti è stata impacchettata e spedita...
adesso? Ci muoviamo sui tavoli di lavoro? Verso cosa ci indirizziamo?
Darwin ha un lavoraccio da fare, e avrà bisogno di un pò di aiuto... che io non sono in grado di dare: ma avrà tutta la mia solidarietà Felice
E per il resto?
Credo sia il caso di rivedere un pò Statuto e Carta dei Valori, ma soprattutto ragionare sul concetto di "primarie", in virtù di quella esigenza di partecipazione di cui si parla nella lettera, noncredete?
Poi, mi piacerebbe lavorare sul discorso "mafie"... però, come sempre, avrei bisogno di un piccolo indirizzo, un semplice "vogliamo cominciare a lavorare? facciamo....."
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« Risposta #22 inserito:: Giugno 11, 2008, 12:36:08 am »

secondo me sarebbe il caso di affrontare un tema alla volta e rimanendo su temi che riguardino gli aspetti comuni e concreti del vivere, senza quindi lasciarci coinvolgere da temi inerenti alle discussioni in gran parte interne al pd (statuto etc.).
Senza nulla togliere a queste ultime, io non utilizzerei le risorse del nostro gruppo (che tra l'altro non mi sembrano ingenti, quanto a partecipazione) unicamente per fare della "militanza" in favore delle regole del pd.

si potrebbe concorrere tutti al tema in lavorazione (es. gli straordinari, assunto con grande perizia da darwin) cercando di approfondire il più possibile e, in mancanza di apporti specialistici, ognuno dovrebbe cercare almeno di dire la sua. L' "esperto" del caso, poi, potrebbe mettere insieme, se ritenute plausibili, le varie voci, naturalmente dopo aver strutturato il discorso specifico con la sua competenza.

ciao
paola
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« Risposta #23 inserito:: Giugno 11, 2008, 10:14:24 am »

Sinceramente non credo che rivedere primarie e statuto significhi fare "militanza" in favore di qualcosa, ma contribuire a formare quel qualcosa per cui fare militanza... comunque, se si preferisce lavorare su temi concreti come gli straordinari mi sta bene. L'importante è non lasciare che una lettera di intenti rimanga appunto solo un intento!

p.s. sul tema in questione sarò moooolto poco utile. Oltre un "mi piace" o "non mi piace" non credo di essere in grado di andare: questa la considero una dissipazione di energie. Se qualcun altro come me si sente poco utile ed è per il "risparmio energetico" magari si potrebbe cominciare a ragionare anche su altro.
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« Risposta #24 inserito:: Giugno 13, 2008, 12:05:58 pm »

Ciao a tutti,
penso che i temi politici generali e soprattutto quello sulla partecipazione e della visione complessiva della società per il PD siano più importanti anche di proposte concrete precise.
Direi che il tavolo sui circoli in rete sia fondamentale, così come avanzare come il PD debba recepire i contributi di idee che vengono dalla società.
Dovrebbe essere un partito che recepisce le nuove idee anche non riconducibili ai vecchi partiti, anche se quelle idee sono importanti, che fa partecipare nell'elaborazione e non nel votare si o no a ministre precotte.
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Arturo Infante detto Darwin detto Mac
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« Risposta #25 inserito:: Giugno 22, 2008, 09:29:39 am »



... come dicevo in altro messaggio NOI non siamo il PD, non siamo portaborse del partito.
Siamo volontari attivi in comunicazione politica che attraverso questo mezzo vuole significare a chi legge perchè il nostro impegno è a favore del PD. (E per quanto mi riguarda di un futuro Ulivo).

Quindi nessuna enciclopedia politica e nessun racconto breve ci deve distrarre ma la ricerca di temi che la gente è interessata a capire dal nostro punto di vista per "rifletterci sopra". Temi che parlino dei loro problemi visti in prospettiva e in profondità ma facilmente leggibili.

Temi troppo specilistici sono a mio avviso prematuri perchè richiedono conoscenze che nel gruppo ancora non ci sono. Verrà il tempo in cui andremo a "intervistare" esperti per "pubblicarli qui. Oggi è presto ci fermerebbero sullo zerbino di casa loro.

gianni

     
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« Risposta #26 inserito:: Giugno 23, 2008, 11:41:17 pm »

Il nuovo a parole


L’insuccesso fra i giovani, lo smottamento fra gli operai, il dilagare della Lega in provincia, è un risultato elettorale frutto di un sommovimento sociale ben più profondo dell’immaginabile, e che continua a trovare la sinistra, ma questo da molti anni, del tutto impreparata; a questo si sono aggiunti i tanti errori e problemi irrisolti del Partito democratico, a cominciare dalle candidature di parata, dall’evanescenza organizzativa, dall’irrisolta dualità dei due partiti. Intervista a Roberto Fasoli.


---


Roberto Fasoli, già segretario generale della Cgil, tra i fondatori del Pd, insegnante, vive a Verona.


Partiamo dall’esito elettorale. Com’è andato il Pd?

Il risultato è stato certamente al di sotto delle aspettative. E non mi riferisco all’ipotesi di un pareggio o addirittura di un sorpasso. Il risultato va poco oltre i dati della Camera delle elezioni precedenti e presenta uno scarto tra Camera e Senato che segnala che non è affatto vero che noi abbiamo fatto presa nelle fasce giovanili.
Se andiamo a vedere la scomposizione scopriamo che, almeno al nord, l’elettorato giovanile vota in modo consistente la Lega, vota il doppio dell’elettorato maturo la destra e vota un poco di più in termini percentuali per il Pd, quindi non ci sono grandi risultati dal punto di vista dell’appeal verso il mondo giovanile.
Gli analisti poi ci stanno spiegando che non c’è stato lo sfondamento al centro, c’è stato un fenomeno di astensionismo di centrosinistra, un pezzo di voto utile traghettato dalla sinistra alternativa verso il Pd, e basta.
Direi che la prima considerazione da fare è che abbiamo una forza potenziale, che supera il 30%, che con politiche adeguate può crescere e può anche spingere per un riposizionamento della sinistra alternativa su posizioni riformiste ancorché radicali (invece che genericamente di contestazione). Però questo è un risultato in potenza, non in atto. Io dico che in qualche modo il Pd non è ancora nato, è iscritto all’anagrafe, è identificabile, ha appunto un certificato di nascita, ma non ha ancora definito le sue caratteristiche, né rispetto all’assetto organizzativo, né a quello politico programmatico, perché un conto è fare un programma elettorale, un conto è fare un programma per un partito. E comunque un programma prima che sulla carta si vede nella pratica, cioè la carta dei valori non basta scriverla, bisogna praticarla, anche nel modo in cui si costruiscono le candidature, i gruppi dirigenti, nel modo in cui si promuovono le persone a ruoli di responsabilità.
Ora, al di là dei ragionamenti prettamente politicisti, se la tornata elettorale sia arrivata troppo presto o meno, a me qui interessa il dato sociale. Di questo bisognerà tornare ad occuparsi seriamente perché l’insediamento sociale del Pd rischia di non corrispondere più a quello che era l’insediamento di provenienza principale dei partiti che l’avevano costituito. Le elezioni ce lo hanno detto in modo chiarissimo: ci vota un elettorato anziano, pensionati, ci vota una fascia di quarantacinquenni-cinquantacinquenni con posizioni reddituali medio-alte e titoli di studio medio-alti, prevalentemente lavoratori del settore pubblico ed una parte di giovanissimi. Perdiamo in modo consistente nei settori considerati tradizionalmente (secondo me a torto) ostili, cioè piccole imprese, artigiani, commercianti e quant’altro. Perdiamo in modo consistente nella fascia di età 25-45, in particolare 35-45, e nei settori intermedi e soprattutto perdiamo nei settori privati. Ex roccaforti del lavoro operaio hanno espresso anche al nord massicci voti alla Lega.
Ora, l’indeterminatezza dell’insediamento sociale del Pd espone questo partito al rischio di restare allo stato potenziale. Serviranno analisi molto severe e politiche molto accurate per evitare di restare una forza di testimonianza.
Il partito a vocazione maggioritaria è una cosa seria. L’idea dell’autosufficienza con questo insediamento sociale significa condannarsi ad essere minoranza per molti lustri.
Il fatto che sia la Lega la vera vincitrice delle elezioni credo ci debba far pensare. Io mi aspettavo -anche confrontandomi con amici- che la sinistra alternativa portasse a casa un risultato molto contenuto, perché la Sinistra Arcobaleno aveva improvvisato un cartello senza capo né coda, ma da qua a pensare ad un tracollo dei due terzi dei voti fino a scomparire dal parlamento…
Questo significa non solo che il sommovimento sociale è molto più profondo rispetto a quello che qualcuno immaginava, ma anche che la presa di realtà sui settori che questo pezzo di politica attribuiva a sé era assolutamente insignificante. Qualcuno evidentemente continua a parlare delle classi lavoratrici senza conoscerle, senza sapere come stanno reagendo ai cambiamenti, senza immaginare in base a quali criteri decidono il voto.
Tu sei piuttosto critico con il modo in cui sono state fatte le candidature del Pd.
Se è vero che non c’era il tempo per le primarie, come noi avevamo ipotizzato, quello che è apparso chiarissimo a tutti è che le candidature sono andate così: una quota del segretario, sulla quale nessuno discute, tutto il resto se lo dividono Ds e Margherita.
La quota del segretario poi è stata giocata per dare segnali a pezzi di società indipendentemente da qualsiasi tipo di radicamento sociale avessero i candidati. Che infatti non hanno portato nessun fenomeno di identificazione nel nostro elettorato.
Questo è apparso di eclatante inadeguatezza nei confronti dei candidati per esempio della Lega che -parlo delle realtà che conosco- erano persone che rappresentavano pezzi di realtà sociali, economiche, associative...
Per il resto, i conti sono stati regolati tutti all’interno dei Ds e della Margherita con un rigorosissimo Cencelli, al punto tale che sono stati esclusi tutti coloro i quali non avessero padrini al tavolo che nominava i candidati. C’è stato il quasi totale disinteresse rispetto all’esito dei voti del 14 ottobre. I vecchi partiti (perché di questi si tratta, non tanto delle liste Veltroni, Bindi, ecc.) hanno mescolato le correnti interne con parte di quello che era il risultato del 14 ottobre. Questa è una parte di storia tutta interna al Pd che forse interessa poco alle persone ed ai cittadini, però…
Resta il fatto che nella composizione delle liste e delle rappresentanze è scomparso tutto ciò che non fosse Ds o Margherita o scelta diretta del segretario. Sembrava una specie di lotta per le investiture: il segretario investiva i nominati, al resto ci pensavano i partiti. Il processo di costruzione del Pd, che aveva portato tre milioni e mezzo di persone a votare, aveva mosso gente normale di tutti i tipi, associazioni, quant’altro, nella costruzione delle liste è stato completamente cancellato.
Questo ha lanciato un segnale molto negativo e chi era in qualche modo vaccinato alla politica se ne sarà fatta una ragione, ma a quelli che si erano avvicinati per la prima volta con passione, e magari qualche ambizione, certo è piaciuta poco l’idea di essere piazzati al venticinquesimo-trentesimo posto, solo per riempire le liste, mentre alla testa si era con certosina attenzione collocato tutto quello che era la nomenklatura legata ai poteri dentro ai partiti. Insomma all’operazione annunciata non è corrisposta alcuna pratica concreta. Si è fatto un gran parlare del talento, ma nella costruzione delle liste, la rappresentatività e le capacità sono apparse assolutamente discutibili.
Poi ci sono anche altre cose che non mi sono piaciute. Non si può correre con il paracadute. Si è detto: “Anna Finocchiaro ha fatto un grandissimo gesto per correre in Sicilia”. Benissimo, però allora doveva correre in Sicilia sul serio. Non è che puoi correre solo se vinci e poi se perdi te ne torni a fare il capogruppo del Senato, perché a quei siciliani a cui hai detto che volevi occuparti della Sicilia cosa gli racconti? Che siccome hai perso… Ma allora era meglio lasciare la Borsellino, che aveva dato un’ottima prova di sé, e poi è rimasta lì a sfangarsi tutta quanta la baracca.
La stessa vicenda di come sono stati nominati i capigruppo sembrava più una resa dei conti interna al partito che l’esigenza di cambiare qualcosa.
Siamo apparsi come un partito che a parole diceva delle cose nuove, ma con una classe dirigente tutta vecchia, frutto delle vicende precedenti e con qualche testimonial prelevato dalla sera alla mattina dai suoi lavori quotidiani e messo a capo del Pd destando non poche sorprese.
L’uomo solo al comando, Veltroni, era percepito come quello che decideva su ogni cosa attraverso i suoi luogotenenti. Insomma è evidente che in questa vicenda il partito si è rivelato del tutto inadeguato.
Per non parlare del linguaggio e in generale del modo di porsi. A me ha fatto sorridere, ma anche un po’ inorridire, il fatto che gli organismi venissero regolarmente bypassati, che si riunissero “caminetti al loft”. Cioè, se qualcuno pensa di prendere voti popolari riunendo caminetti al loft, la faccenda diventa complicata. Ecco, questo scarto tra le dichiarazioni e la pratica è stato pesante. Le decisioni sono state prese fuori dagli organismi, fuori dagli esecutivi, fuori dalla direzione, e questo non aiuta certo a dare forza e credibilità ad un partito. Forse non si poteva fare diversamente, non lo so, però io sono tra quelli che hanno pensato che questo non ci avrebbe aiutato. Ho sperato che la novità del messaggio, una migliore capacità di padroneggiare la comunicazione coi media, una certa partecipazione popolare giocassero un ruolo importante. Che poi, intendiamoci, tutto questo è servito a ridare fiato ai nostri, più che ad attrarre nuovi elettori, perché di questo si è trattato. Anche il giro per le città…
Adesso come si va avanti?
Ora la domanda è: cosa fare adesso? Secondo me si tratta di andare avanti con determinazione facendo quello che si è detto di voler fare. Che significa basta con la resa dei conti tra le componenti dei Ds e della Margherita, basta con le cooptazioni equilibristiche per mantenere il potere inalterato. Bisogna avviare una discussione serena ed approfondita sia sul risultato elettorale e sui contenuti programmatici, sia sullo stato di salute effettivo di un partito che rischia di essere un partito degli eletti, degli amministratori e che deve diventare invece un partito di cittadini, di uomini e di donne di tutte le età. Per ottenere questo occorre fare un lavoro approfondito nei territori, con l’umiltà di mettersi ad ascoltare le persone perché proprio sui temi che oggi la gente ha più a cuore noi a ridosso delle elezioni abbiamo preso delle posizioni talvolta ambigue e non senza qualche elemento di contraddittorietà.
Prendiamo la sicurezza: alcune delle cose che abbiamo detto non sono state percepite come nettamente distinte dalla destra e a quel punto la gente ha preferito l’originale rispetto alla copia. Bisogna ripartire da qui.
Il giorno dopo c’è stato un gran dire che in real?tà avevamo tenuto. Bene, guardando i dati risulta che è vero che abbiamo tenuto nelle città (il che significa ancora una volta che il nostro insediamento è di un certo tipo) ma nient’affatto nei territori non urbani, nelle periferie, in modo particolare nella provincia, nei paesi. Lì c’è tutto un consenso da recuperare e il percorso sarà lungo.
La vicenda di Roma è stata la ciliegina sulla torta. D’altra parte, rimettere per la terza volta Rutelli è sembrata una cosa proprio da casta. A me è suonato il campanello d’allarme quando nell’ultima settimana si è invocato il pericolo nero… A quel punto ho detto: “Qua è sicuro che perdiamo”. Cioè, bastava leggere Il fascio comunista, di Pennacchi, o aver visto il film “Mio fratello è figlio unico” per capire che i sentimenti popolari degli abitanti delle borgate non potevano essere mobilitati con l’idea dell’allarme antifascista, che anzi casomai faceva crescere il fastidio verso chi si ergeva a giudice.
La “spocchia” che purtroppo caratterizza una certa sinistra ci ha fatto dare giudizi frettolosi e talvolta ingenerosi peggiorando la situazione. Su questo sarà opportuno riflettere a lungo perché la sconfitta di Roma è qualcosa di più della sconfitta di un Comune.
Chi ha cercato di interpretare la sconfitta elettorale come frutto di eventi accidentali deve ricredersi perché le ragioni sono più profonde e complicate, e probabilmente non risalgono né a Veltroni né a Prodi.
A questa sconfitta credo non sia estranea la trasformazione sociale determinatasi negli ultimi vent’anni del secolo scorso. Lo spostamento a destra di settori del lavoro privato anche di tipo operaio non è certo una novità. Eppure tutto questo non ha fatto ricredere pezzi di sindacato o pezzi di politica costringendoli a domandarsi se non bisognasse fare cose diverse per tenere aperto un dialogo con questi settori; si è continuato a considerarli secondo l’ottica della classe sociale definita, equiparata dal lavoro subordinato, non capendo che quello che è successo dal punto di vista dell’evoluzione dei consumi e della mentalità ha buttato all’aria tutto.
Ecco, io vorrei che non si facesse un’analisi frettolosa o tutta in termini politicisti, ma che si ragionasse a partire dalle questioni che sono drammaticamente sul tappeto. Non ultima la devastazione che esiste nella scuola tra i giovani, e che proprio a Verona abbiamo toccato con mano recentemente.
Cioè questi giovani sono totalmente abbandonati a se stessi, e quello è terreno di coltura privilegiato di proposte populiste o massimaliste o genericamente piegate sulle risposte immediate. Questo è un territorio da cui noi rischiamo di essere totalmente estromessi, se non c’è un ragionamento che ci faccia riprendere il dialogo e l’ascolto con queste giovani generazioni, che si aggregano, si muovono, decidono e fanno in luoghi che noi non frequentiamo. Penso agli stadi, alle piazze, ai bar, alle discoteche…
L’unico luogo dove si aggregano e in cui ci siamo in parte anche noi è la rete. Ma in tutti i luoghi della fisicità non risulta esserci soggetto attribuibile al centrosinistra che organizzi queste persone.
E poi quando inizieremo a parlare del fatto che i giovani di sinistra stanno prevalentemente nei licei, mentre gli istituti professionali e tecnici sono luoghi privilegiati di organizzazione di studenti di destra o della lega? Questo ci rimanda a tutto tondo la questione della composizione sociale. Insomma, si sapeva che questo percorso sarebbe stato difficile… purtroppo qualcuno ha pensato che mettersi d’accordo tra i partiti bastasse.
Tu denunci anche l’esistenza di un problema di non poca importanza rispetto all’organizzazione interna del Pd.
Per me ora il problema non è cambiare il segretario affibbiandogli così la responsabilità della sconfitta. Però neanche di fare finta che non sia successo niente… Cioè, cosa vuol dire che rinomini gli stessi capigruppo a Camera e Senato e che coloro i quali hanno perso in maniera pesante vengono tutti ricollocati dentro le gerarchie del partito? E che fine hanno fatto quei giovani o quelle giovani proiettate sulla scena mediatica ad esibire la raggiunta parità uomini-donne, quando per discutere del partito vengono quotidianamente interpellati Marini, Franceschini, Veltroni, D’Alema, Fioroni? Non si può prendere per i fondelli la gente facendole credere che stai producendo un’innovazione quando non metti in campo una sola faccia nuova a parlare del risultato elettorale.
Ho visto facce nuove della Lega, in qualche caso del Partito delle libertà, a comandare nel Pd sono quelli che comandavano i Ds e la Margherita di prima.
Prendiamo lo stesso governo ombra: chi lo ha nominato? Il segretario? Qual è l’organismo che discute?
Io non ho mai creduto al partito leggero al punto da diventare gassoso, e non ho mai creduto che i partiti potessero essere comitati elettorali. La Lega è un partito, ha i tesserati, ha le sezioni, è nei paesi, è nei quartieri. Il problema vero non è la forma-partito, se è liquida o gassosa, è se ha qualcosa da dire, se ha dirigenti rappresentativi…
Da questo punto di vista io credo che la riflessione vada fatta a tutto tondo. Il prossimo dev’essere un congresso vero, dove si discuta di linea politica, di organizzazione, di forme partito, dove si discuta di finanziamento, cosa che nessuno fa…
Di finanziamento?
Certo. Questo partito come vive oggi nei territori? Vive con i soldi degli amministratori. Non c’è il tesseramento! Ma ti pare? E’ la prima volta che mi iscrivo ad un partito e non ho neanche la tessera!? Mi hanno dato un diploma, come al catechismo quando ero piccolino…
Cioè, mi hanno dato un certificato in cui risulta che sono fondatore del partito insieme ad altri tre milioni di persone.
Io non so neanche chi sono oggi gli iscritti al partito. Tutto quanto naviga nel buio. Noi identifichiamo come iscritti al partito quelli che lo hanno votato alle primarie, ma non è corretto. Ora vogliamo fare un congresso, bene, la prima regola della democrazia è che il congresso lo possono fare le persone che hanno titolo. L’organizzazione è una cosa seria.
Nello statuto è previsto questo meccanismo. Dopodiché dal tesseramento recupereremo alcune risorse, di cui dovremo decidere il destino: andranno tutte a Roma o nel territorio?
Non sono questioni secondarie. Oggi non è chiaro chi paga chi corre per il partito. Penso che li paghino ancora i vecchi partiti. Cioè ci sono delle cose che sono assolutamente equivoche, come le fondazioni fatte per conferire i beni dei Ds e della Margherita. Ma se si fa un nuovo partito che senso ha che ci siano fondazioni che amministrano i beni dei due partiti precedenti? Vuol dire che fai un nuovo partito ma tutto sommato ti tieni una specie di via d’uscita. E questo non è solo un problema amministrativo o patrimoniale.
A Roma si è andati al “loft” perché non si voleva andare né alla sede dei Ds né alla sede della Margherita… Ci sono città, compresa la mia, in cui decidere di andare in una delle due sedi è un problema… Da noi, per dire, ancora non c’è una sede.
Ma se abbiamo ancora problemi di questa natura è naturale che il partito farà fatica, e se noi continuiamo a fare gruppi dirigenti premiando le alchimie interne è evidente che avremo un effetto di trascinamento. Il linguaggio è emblematico, basti pensare ai discorsi: “C’è troppo Ds”, “C’è troppa Margherita…”.
Di nuovo, se tu non investi in persone che hanno una storia autonoma anche da queste appartenenze, e poi mescoli il tutto, non si va da nessuna parte. Per questo premiare la responsabilità di ragazzi e ragazze (ma senza enfasi mediatica) sarebbe importante, perché si presume che questi non abbiano una storia così consolidata alle spalle. Se tu invece li porti in giro per esibirli come trofei di guerra, premiando la loro fedeltà ai gruppi dirigenti, costruisci dei piccoli mostri, che non hanno niente di diverso dai capi che li hanno promossi… Ora come si fa a mescolare il vecchio e il nuovo? Questa è una domanda da cento milioni di dollari. Un modo è, per esempio, fare le primarie, perché nelle primarie è vero che chi ha più soldi, più notorietà rischia di schiacciare i ragazzi, tuttavia quando si sono fatte abbiamo anche visto che questo non è vero fino in fondo. E comunque si potrebbe utilizzare un duplice criterio, una parte elettivo, una parte di primarie. Se si vuole, i meccanismi si trovano.
Certo, con il metodo delle primarie alcuni potrebbero non essere garantiti.
Però se tu vuoi fare innovazione o la fai rischiando oppure non ti resta che la cooptazione, con lo scenario che abbiamo già visto: il segretario che nei primi venti giorni di campagna quotidianamente esibiva un candidato che rappresentava di volta in volta le istituzioni, i prefetti, i giovani, gli industriali, il mondo della cultura, gli operai, i call center…
Ora, tutte queste discussioni noi non le abbiamo fatte.
Tu però resti ottimista. Cosa c’è di positivo?
Di positivo c’è la potenzialità di cui parlavo all’inizio. La base sociale che ci ha votato è stufa di vecchia politica, è stufa di discorsi che non hanno costrutto, di proclami cui non segue l’azione. Ecco, se il Pd vuole, su quella strada si può camminare.
Il Pd è potenzialmente una risposta importante ai problemi del ventunesimo secolo, bisogna però che guardi in avanti, alzando la testa per un verso e guardando ogni tanto dove mette i piedi. Fuor di metafora, significa innovare, radicarsi di più sul territorio ed affrontare le vere questioni tagliandosi gli ormeggi, rompendo con il cordone ombelicale del passato. Se tentenniamo o torniamo indietro e cadiamo nei noti giochetti della politica rischiamo di disperdere il patrimonio positivo che abbiamo coltivato e le aspettative che abbiamo fatto nascere. Dovremo anche riconquistare i delusi e per riuscirci serve coraggio, rigore, intransigenza, novità. Intendiamoci, io non penso affatto che si debba buttare via tutto ciò che è vecchio, sarebbe una follia, ma nemmeno fare finta che i problemi si possano giocare tutti su linee interne.
Le questioni oggi sul tappeto non sono nuove. Il tema della sicurezza c’era anche prima, la crisi economica c’era anche prima. Il vero dato è che c’è una trasformazione epocale in atto, non solo in Italia ma in tutto il mondo, e la gente vuole essere rassicurata con risposte immediate. Se tu sei onesto sai che sull’immediato le risposte non puoi darle e allora devi decidere se imbrogli o se provi a raccontare le cose come sono. Se però racconti le cose come sono, molte persone si ribellano.
Ora, il voto che è stato dato ad alcune forze è sicuramente legato all’esigenza di una rassicurazione sull’immediato, però spesso è anche un voto dato a chi sul territorio è presente quotidianamente e non solo al momento delle elezioni. Sul nord non bastano le improvvisazioni dell’ultima ora. E’ stata una grande ingenuità pensare che bastasse mettere candidature simbolo per recuperare consenso al nord. La Lega lì è presente da vent’anni, ne conosce tutte le pieghe, i risvolti, gli umori, le paure, pertanto il voto alla Lega è stato tutt’altro che strumentale o genericamente di protesta, è un voto consolidato a una forza che di questi temi si è fatta bandiera e che ha vissuto quotidianamente a fianco delle persone. Che respiro strategico ha tutto questo? Io penso poco, perché su alcuni temi, come il federalismo fiscale, la Lega entrerà in contraddizione con il Pdl, più che con il Pd. Su altri temi, come l’immigrazione, la contraddizione è già lì se, come sta emergendo, più di metà dei famigerati “clandestini” sono colf e badanti, senza le quali molti nostri anziani sarebbero condannati ad essere abbandonati nei letti d’ospedale o nelle case di riposo. Per non parlare dei tanti immigrati impiegati nelle fabbriche come operai.
Su questo tema vorrei far notare una cosa che sicuramente non ho notato solo io. La Lega ha cominciato dicendo: “I terroni a casa loro”, poi ha detto: “Via i neri”, oggi dice: “Il problema non sono gli immigrati, si tratta di cacciare i clandestini ed i criminali”.
Allora, nello slittamento, che non è solo semantico, cosa c’è? C’è la consapevolezza che con i problemi dell’immigrazione bisogna convivere. L’elettorato della Lega ha bambini che vanno a scuola facendo merenda con coetanei immigrati, va all’ospedale o ai servizi sociali insieme a loro, e soprattutto lavora nelle fabbriche accanto a loro.
Dopodiché, si illudono che si possano presidiare le frontiere, sparare ai barconi o fare cose che loro per primi sanno essere impraticabili.
Come se ne esce? E’ da sciocchi dire che l’immigrazione, soprattutto quella clandestina, non sia un problema. E’ un problema, ma è altrettanto evidente che di fronte ai problemi ci sono due modi di affrontarli: mettersi le mani avanti gli occhi e spazzare la polvere sotto il tappeto, oppure cercare di affrontarli davvero.
Su questo terreno dell’immigrazione però anche la sinistra deve cambiare atteggiamento, soprattutto deve togliersi quella patina di buonismo becero a cui non corrisponde niente, perché dire alle persone che è sbagliato aver paura è una stupidaggine. Così come non può nemmeno pensare di inseguire la Lega, perdendo ogni discernimento ed invocando provvedimenti esemplari contro i rom o contro i neri.
Insomma, davanti a questioni così articolate bisogna anche mantenere il raziocinio.
Le aree dove vince la Lega sono anche quelle dove gli immigrati risultano più integrati. Com’è possibile?
E’ vero. In Veneto, a dichiarazione degli stessi immigrati, Treviso e Verona sono le città in cui si vive meglio, due aree storicamente di insediamento leghista. Perché? La risposta è ovvia: perché sono due aree particolarmente ricche. Bruno Anastasia, ricercatore di Veneto e lavoro, istituto della Regione Veneto che studia il mercato del lavoro ed i processi migratori, lo dice chiaramente: “Se volete un metodo sicuro per non avere immigrati, impoveritevi!”. E’ perfino banale: gli immigrati dove vanno? Dove c’è ricchezza, dove c’è lavoro, dove c’è la possibilità di mandare a casa soldi, di mandare a scuola i bambini, di avere un’assistenza sanitaria decente… Sono immigrati, non sono mica degli inetti, parliamo di persone spesso istruite o comunque capaci di muoversi nel mondo.
Non è che la sinistra ha qualcosa da imparare dalla Lega, almeno rispetto alla presenza sul territorio?
Il sabato dopo le elezioni, al mercato di casa nostra, c’era la Lega che parlava con la gente per ringraziarla del risultato elettorale. Nelle campagne elettorali che ho fatto, nei paesi ho regolarmente riscontrato forze soverchianti della Lega in termini di presenza quotidiana e costante…
Certo, nelle città dove funzionano altri meccanismi, dove la composizione sociale è più vicina al nostro elettorato, abbiamo avuto dei risultati incoraggianti. Ma, attenzione, quando si vota non si vota solo nelle città, si vota dappertutto.
In Veneto i risultati ci dicono che oggi ci sono tre forze praticamente equivalenti, tutte attorno ad un trenta per cento, il Pdl, la Lega e il Pd.
Questo ci parla di una situazione tutt’altro che ferma. In cui c’è uno spazio importante anche per noi. Però bisogna che ci muoviamo. Perché se concentriamo tutta l’attenzione su Roma e sul parlamento, anziché sul territorio, beh loro avranno buon gioco a conquistare tutte le cariche istituzionali sul territorio e dividersele, dopodiché nelle due regioni del nord oggi più significative, la Lombardia ed il Veneto, per noi la partita resterà chiusa per anni.
Per concludere, io non sono affatto pentito, né genericamente deluso, ma critico per come è stata gestita l’operazione. Detto questo aggiungo però: adesso basta piangersi addosso, andiamo avanti coerenti con le cose che abbiamo detto di voler fare. Che significa: più attenzione ai problemi pratici, quotidiani, delle persone. Noi abbiamo perso anche perché abbiamo pensato che alla gente bastasse dire: “Eh, ma tu non devi avere paura. Ricordati quando eri immigrato tu…”. Un ragionamento che è sensato e razionale fino a che non ti tocca da vicino, dopodiché non vale più niente, anzi sortisce l’effetto opposto. Le forze progressiste dovrebbero imparare ad avere meno puzza sotto il naso, e a confrontarsi con le persone, a prendere sul serio il loro senso di insicurezza. Non basta dire ad uno: “Non avere paura”, devi cercare di capire da dove nasce questa paura e come si può fargliela superare.
Va poi recuperato il tema della legalità. Cioè noi quanto tempo ci abbiamo messo a dire che tutti devono rispettare diritti e doveri, che chi viene in questo paese si uniforma alle sue leggi? E’ chiaro che poi si paga un prezzo e la gente spaventata non si fida di te, anzi ti dice: “Portateli a casa tua, allora!”. Perché ti rispondono così: “Ah, tu non hai paura dei rom? Bene, allora portateli a casa tua!”.
Ora, se dobbiamo smettere di negare che certi problemi esistono, è evidente che non possiamo però dar credito a ragionamenti di grossolano egoismo come questi, perché noi poi siamo specialisti a passare da un estremo all’altro.
Io vedo con terrore che qualcuno insegua l’atteggiamento leghista…
Se vuoi recuperare il consenso, devi mantenere un pensiero che non sia pari pari assimilabile a quello delle forze conservatrici. Alcuni sindaci ci hanno provato. Chiamparino, Cofferati, Zanonato dei risultati li hanno ottenuti. Quindi c’è una possibilità anche per le forze progressiste di fornire delle risposte.
Prendiamo Zanonato, per mesi ci si è scandalizzati di quel muro. Ora, a parte il fatto che lui ha trovato da dormire a tutta la gente che abitava dietro a quel muro, bene, oggi a Padova si sta discutendo della costruzione di una moschea. E non è un caso se a Padova la Lega ha un impatto medio, pur essendo cresciuta, ed il Pd ha parecchi punti percentuali in più…
Cioè a uno può anche non piacere il sindaco di Padova, ma nessuno nega che conosca bene le cose della città e non si nasconda i problemi.
Noi invece se facciamo gli sgomberi, non li pubblicizziamo, perché ci vergogniamo a dire che abbiamo mandato via gli abusivi, che abbiamo mandato via chi si era accampato in un territorio senza autorizzazione…
Ma se vogliamo combattere il senso di insicurezza in modo civile, non possiamo continuare a transigere sulla legalità. La capacità di dimostrare che sai fare rispettare le leggi nel territorio dà forza anche all’accoglienza.

UNA CITTÀ n. 156 / maggio 2008
   
   
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« Risposta #27 inserito:: Giugno 24, 2008, 12:28:06 am »

Bello spunto di riflessione, grazie!
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« Risposta #28 inserito:: Luglio 01, 2008, 12:45:02 am »

Scusate il tono di questo post, molto diverso dai miei soliti, però a volte anche piccoli fatti di vita scatenano qualche dubbio.
In partenza era quello che avevo letto dell'intervista di Fasoli e del contrasto culturale e sociale fra giovani e meno giovani, anche fra i giovani fra chi tende ad una identificazione di vita più legata ad una cultura "accademica" e chi si rivolge a fatti semplici della vita.
L'aneddoto è molto banale invece, riguarda un semplice attimo di relax su un terrazzino in questa calda serata estiva fumando (stranamente) una sigaretta.
Fra  l'altro sono tornato ad abitare in uno stabile molto vecchio (1886, sì proprio XIX secolo) in cui sono nato e trascorso gli anni della prima giovinezza. Ovviamente la citazione autobiografica non sarebbe pertinente se non fosse per un dubbio.
In quel momento ho apprezzato delle cose molto a buon mercato nella vita, non il superattico iperteconologico, non costosissimi gadget o altri adorati oggetti da moda del lusso irrinunciabile, ma semplicemente un terrazzo su un cortile con del verde, un po' di silenzio (pur essendo in uno dei quartieri più centrali e popolari).
Ho avuto l'idea che la differenza con quei giovani fosse molto lì, in quella aspettativa, che non fosse una fatto legato alla semplice determinazione delle variabili / individui, cioé che fossi io e non altri, perché intorno e nei miei ricordi riscontro sensazioni non molto diverse, per cui mi è sembrato un fatto generazionale o, ahimé, un fatto legato allavanzare dell'età.
Le conseguenze possono essere  notevoli: chi tende a dar importanza a fatti sostanziali e ben chiari; chi è freneticamente coinvolto nell'ottenere cosa non sa di preciso, che cerca di raggiungere freneticamente qualsiasi cosa possa sembrare un surrogato di personalità, di essere.
Se a questo aggiungiamo la sadica privazione di una prospettiva serena d futuro come avviene prospettando carriere da precari, sempre a correre (non ne posso più anche di una famosa citazione di Kipling, forse per me buona solo per le Adidas) per ottenere, con la catena al collo che non te lo fa raggiungere mai, forse capiremo meglio i giovani e i loro problemi reali.
Ora fare il sermone sulle cose utili della vita è davvero uno degli esercizi più inutili che la storia ricordi, ce lo propina come facciata anche la buona mamma TV quando non vuol sembrare troppo matrigna.
Quindi prima di fare la guerra al consumismo andrebbe fatta la guerra a tutte quelle situazioni che fanno sentire i giovani a metà fra leoni pronti a sbranare i propri simili e gazzelle disperate che cercano di sfuggire il leone che gli toglie tutto e quindi la vita.
Serve un minimo di giustizia che faccia intendere questo è tuo diritto perché sei nato, questo è tuo dovere perché ci sono anche gli altri.
Qualcosa che dica non devi venderti l'anima perché è tuo diritto vivere.
Contrastare il pescatore sbruffone che dice di poter pescare pesci da meraviglia e che se gli dai l'anima puoi correre e disperarti per cercare di prenderli non è l'esercizio migliore. Cercare di far intravedere una vita più solida forse può modificare maggiormente l'attenzione di quei giovani.
Scusate ho scritto in maniera confusionaria, lo so.
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« Risposta #29 inserito:: Luglio 01, 2008, 02:40:31 pm »

Rileggendo l'articolo postato da ggiannig, pensavo alla mia esperienza.
Qui a Minerbio le cose sono molto diverse da come sto leggendo. Facciamo però un passetto indietro: noto che la maggior parte degli elementi del comitato del circolo fanno aprte della vecchia "nomenclatura", soprattutto DS. Però hanno accolto con un certo ensutsiasmo (e qualche perprlessità ammetto) volti nuovi. Oddio, da quello che mi sembra di capire sono l'unico volto nuovo, ed ho un aspetto ed un temperamento un pò sopra le righe, ma noto che mi ascoltano. Al punto che mi hanno chiesto di occuparmi di "comunicazione" per il locale ma anche per il sito provinciale. Inoltre mi stanno coinvolgendo in un gruppo che si occupa di creare iniziative politico culturali... questo vuol dire che hanno voglia di novità.
Ed una, piccola se vogliamo la noto già: i ragazzi, che per questo paese sono entità quasi inesistente, sono finalmente stati ascoltati. E' una cosa piccola e probabilmente anche stupida, ma sono riusciti ad organizzare una "festa della Birra". E' un momento di aggregazione, non politico, ma ludico: 3 giorni di concerti e birra. E vi garantisco che in un paese come questo, dove l'importante è fare silenzio è tanto!
Perchè è vero che non sappiamo parlare la lingua dei giovani. Ed i giovani per quanto impegnati non sempre voglioni stare li a rimuginare: bisogna dare loro qualcosa. Ho insistito parecchio su questo punto, scritto mail su mail nella nostra mailing list... e alla fine qualcosa si è prodotto. Così come è nato un gruppo che si occuperà di  immigrazione, di cui fanno parte dei giovani immigrati, che si attiveranno con noi per delle iniziative.
Ripeto: Minerbio è un comune piccolissimo dove le iniziative ci sono, ma sono sempre le stesse da anni: il carnevale a febbraio, la sagra settembrina, la sagra della rana e del pesce (festa dell'unità)... difficile che si riesca a fare altro. Eppure comincia a muoversi culturalmente. Ed è giù un passo.... soprattutto perchè è il PD che sta muovendo qualcosA.
A minerbio è in atto la campagna di tesseramento: è questa la primaria fonte di finanziamento del partito, a differenza di quanto leggo nell'articolo suddetto.
Il problema vero che riscontro di continuo è la scarsa partecipazione da parte delle persone: faremo molte cose, stiamo preparandoci per andare nella zona industriale a parlare con gli operai, o meglio, ad ascoltarli. Siam opoche persone ma molto attive. Ed anche quelle della vecchia guardia sembra stiano lasciandosi prendere dalla novità dei volti nuovi (io e i giovani).
Probabilmente la mia visione è viziata... ma se questa stessa esperienza si estendesse ad altri circoli sarebbe magnifico.
Continuo ad insistere che le spinte devono arrivare dalla base. Per questo ho voluto mettermi in questa impresa. Che spero dia buoni frutti.
E per questo credo che sia necessario un tavolo di lavoro proprio su questi argomenti.
Il mio proposito è quello di contribuire a creare il PD. Un PD che somigli il più possibile all'idea che ha attratto chi come me si è avvicinato per la prima volta ad un partito.
Io non sono DS o Margherita. Non sono Ulivo, e neanche mi interessa costruirlo. Sono iscritta (con tessera) al PD... partito in fasce. E da mamma che sono, ho tutta l'intenzione di far crescere questo bimbo educandolo perchè sia in grado di andare per il mondo.
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