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Autore Discussione: Enrico Fierro. E il dialogo dov’è?  (Letto 2952 volte)
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« inserito:: Maggio 25, 2008, 11:09:12 pm »

E il dialogo dov’è?

Enrico Fierro


Fermatevi fin che siete in tempo. Lasciate per un momento a casa politici e sottosegretari nerboruti e date spazio a chi sa che la politica è anche mediazione, capacità di convincere quelle fasce di popolazione chiamate a subire decisioni pesantissime come l’apertura di una discarica da 700mila tonnellate a pochi passi da casa.

Verrebbe da dire questo al governo dopo le bruttissime immagini di Chiaiano. E verrebbe da aggiungere un consiglio a Silvio Berlusconi, il nuovo e dialogante Berlusconi: non inauguri i suoi prossimi cinque anni di governo con una riedizione del G8 di Genova. Perché questa volta la storia rischierebbe di ripetersi in forme ancora più drammatiche. A Genova gli scontri durarono tre giorni e furono «limitati» ad un’area territorialmente «ristretta», ciò nonostante finì come sappiamo. In Campania è diverso: dovunque è programmata la costruzione o la riapertura di discariche si preannunciano manifestazioni e proteste popolari. In Alta Irpinia, nel Beneventano, a Serre nel Salernitano e in quella parte della provincia di Napoli dove sono stati decisi altri siti ieri ci sono state assemblee. A questo punto cosa accadrà, qual è la soluzione prevista dal governo, la militarizzazione dell’intera Campania? Sarebbe una scelta sciagurata. Questo giornale ha scritto e ribadito che, al punto in cui si è fatta arrivare l’emergenza rifiuti in Campania, l’apertura delle discariche è l’unico modo per evitare il collasso sanitario di una intera regione. Ma bisogna cambiare metodo, e soprattutto avere l’onestà intellettuale di dire alla gente che il ritorno alle discariche è un passo indietro di almeno dieci anni reso drammaticamente necessario dal fallimento di tutte le politiche sul ciclo dei rifiuti. Trattare, quindi, mediare, offrire garanzie e certezze alla gente costretta a vivere a ridosso di quegli enormi sversatoi, convocare i sindaci, e poi agire. Il sottosegretario Bertolaso ha annunciato incontri con le comunità dei territori interessati. Meglio tardi che mai, perché l’inizio non è stato dei migliori. «Il tempo delle proteste è finito». «Non guarderemo in faccia nessuno», sono proclami che - come si è visto a Chiaiano - servono solo a far crescere la tensione.

La vicenda dei rifiuti in Campania è torbida, troppi anni di imbrogli, di clientele, di incapacità politica, troppe le promesse e troppi i fallimenti. Non era quindi necessario aggiungere altri veleni come quelli sparsi a piene mani venerdì sera. Chi sono «i burocrati» che, secondo Bertolaso, frenerebbero la sua azione? Chi non vede di buon occhio «che il Capo della Protezione civile debba occuparsi appunto di Protezione civile, ma anche di grandi eventi e spazzatura»? Era proprio necessario alla vigilia della pubblicazione del decreto con l’indicazione dei siti da adibire a discariche lanciare questi messaggi opachi? E siamo sicuri che sia così campata in aria la questione della incompatibilità tra le due funzioni, quella di Capo della Protezione civile (che, come lo stesso Bertolaso dice dovrà occuparsi di Grandi Eventi, Protezione civile e spazzatura) e quella di sottosegretario all’emergenza rifiuti? Insomma, se emergenza è, forse è il caso che il dottor Bertolaso si concentri sul lavoro da fare a Napoli e lasci ad altri le tante incombenze che rischiano di cadergli addosso.

In queste ore anche la politica sta dando il peggio di sé. A Chiaiano la protesta è guidata da un sindaco del Pd, accanto a lui ha un assessore al Comune e uno alla Regione con tessera di Rifondazione comunista in tasca, ma in piazza ci sono anche esponenti del Pdl. Ieri si è fatta vedere Alessandra Mussolini, che ha detto no alla discarica, mentre una altro deputato della maggioranza, Arturo Iannaccone (Mpa), ha detto il no alle discariche nel suo collegio, l’Irpinia. Confusione, giochi politici: è l’eterna storia dei rifiuti a Napoli. Qui sulle montagne di cumuli di monnezza è bruciata la credibilità del Pd e della sua classe dirigente, la destra ha cercato e ottenuto la sua rivincita politica. Il centrosinistra ha pagato i suoi errori alle ultime elezioni politiche, ma forse il conto totale lo salderà quando si voterà per la Regione e il Comune. Un intero partito, i Verdi e il suo leader sono stati cancellati dal panorama politico. Ma la destra, ossessionata dalla propaganda, dimentica che il primo timbro su scelte che si sono rivelate fallimentari è stato apposto da un suoi uomo, il presidente della Regione Antonio Rastrelli, di An. E a chi oggi accusa - anche all’interno del Partito democratico - il deprecabile fronte del no a tutto, va ricordato che l’inceneritore di Acerra non è stato bloccato solo dalle proteste e dalle manifestazioni, ma anche e soprattutto dai ritardi della grande impresa che si era aggiudicato l’appalto. La stessa che ha costruito gli impianti destinati a produrre ecoballe da incenerire, 6 milioni di tonnellate di materiali intrattabili che costituiscono una tragedia nella tragedia.

Le inchieste della magistratura e i processi chiariranno il quadro delle responsabilità, ma a Napoli anche i sacchetti della monnezza sanno che in quegli uffici del Commissariato il metodo di spartizione era perfettamente «bipartisan», dialogante, come si direbbe oggi. C’è poi la camorra. Fa piacere sentire tanti deputati distratti, anche del Pdl, evocare il pericolo che dietro gli scontri di Chiaiano ci sia la mano di qualche boss. Ma la camorra c’era anche a Ponticelli - il quartiere del progrom contro i rom - ed è stata attivissima per liberare quell’area dove sono in ballo investimenti di peso. A Napoli la camorra è dovunque, l’organizzazione ha un rigido controllo del territorio, ma non può diventare un alibi, meno che mai un marchio di infamia da imprimere addosso ad onesti cittadini che si battono contro le discariche e che chiedono alla politica di mettere da parte il manganello. E parli, dialoghi, spieghi, convinca, offra buoni argomenti e soprattutto sia credibile. Il governo del dialogante Berlusconi è in grado di fare questo oppure per il Sud ha scelto la strada della militarizzazione?

Pubblicato il: 25.05.08
Modificato il: 25.05.08 alle ore 7.43   
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 25, 2008, 11:12:43 pm »

Veltroni: «sono effetti delle politiche ideologiche e di veto»

Chiaiano, governo: serve pugno di ferro

Prc: manganello e galera contro dissenso

Matteoli: «Lo Stato ha dimostrato di essere presente».

Gasparri: «Linea dura contro chi aizza la massa»



ROMA - I colpi di manganello contro manifestanti di Chiaiano dimostrano il «vero volto» del nuovo governo: di fronte agli incidenti di queste ore la sinistra radicale, Prc in testa, insorge e accusa l'esecutivo di volere uno stato di polizia. La maggioranza però difende la linea del «pugno di ferro»: del resto Berlusconi, come ha detto ai suoi interlocutori, intende portare avanti con determinazione le decisioni assunte a Napoli, nonostante le manifestazioni di questi giorni, e liberare la città dai rifiuti. E, su questa strada, il premier incassa l'apprezzamento di Pier Ferdinando Casini. Più prudenti Pd e Idv, che richiamano tutti alle proprie responsabilità.

LA MAGGIORANZA - Se il sottosegretario Guido Bertolaso detta tempi e modi per la «soluzione dell'emergenza» (ci vorranno «30 mesi, tanta collaborazione e tanta umiltà»), la maggioranza fa quadrato attorno alla linea della fermezza. «Senza il pugno di ferro» Napoli e la Campania «restano sotto i rifiuti», è la sintesi di Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture, per il quale «la decisione è stata presa, lo Stato ha dimostrato di essere presente, ora deve far valere quello che è scritto nel decreto». Alle sue parole fanno eco quelle dei responsabili dei gruppi parlamentari del Pdl (Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, così come i loro vice Italo Bocchino e Gaetano Quagliariello), mentre Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno, pur considerando «comprensibile» l'esasperazione dei campani, difende l'operato delle forze dell'ordine. Il reggente di An, Ignazio La Russa, esprime il suo «rammarico» per quanto sta avvenendo, ma da ministro della Difesa si tira via da ogni valutazione («L'ordine pubblico è di competenza del ministro dell'Interno»). E c'è chi nella maggioranza non sposa la linea del governo: è Alessandra Mussolini che, giunta a Chiaiano per stare «in mezzo alla gente», dice che «con gli arresti dei manifestanti cominciamo male». Fuori dal coro anche molti esponenti locali del Pdl, come il coordinatore campano Nicola Cosentino, secondo il quale «c'è ancora spazio» per trovare siti alternativi e il campano Paolo Russo, presidente della commissione Agricoltura della Camera, che ritiene «legittima» la protesta dei cittadini e dice che le decisioni «non sono ancora assolutamente prese, ma c'è un ventaglio di possibilità».

L'UDC - La linea dura del governo è invece condivisa dal leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, che si schiera a fianco delle forze dell'ordine e approva l'uso del «pugno duro se necessario». Prudente la reazione del Partito Democratico, che non attacca il governo e si appella al «senso di responsabilità di tutti» vista la situazione «gravissima», come spiega Ermete Realacci, ministro ombra dell'Ambiente. Quanto a Walter Veltroni, il leader del Pd fotografa la situazione imputandola all'effetto di «politiche di ideologiche di veto sia a destra che a sinistra».

L'ATTACCO - L'attacco a muso duro arriva dalle 'estreme', compresa la Destra di Storace («Con Bassolino si inciucia, la gente si manganella», dice). Ma è soprattutto la sinistra radicale a lanciare accuse e allarmi: il governo, sostiene il verde Paolo Cento, vuole «lo stato di polizia». Durissimo il Pdci: «Gente che protesta viene massacrata di botte», afferma Marco Rizzo; il governo «si deve vergognare» rincara Manuela Palermi. Sulla stessa linea il Prc: cessino, chiede Paolo Ferrero, queste «violenze intollerabili». Ma per Gennaro Migliore il rischio è quello di «un'altra Genova», come paventato anche dal sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, bollata proprio come «il peggior sindaco di Napoli» da Clemente Mastella.



Silvia Gasparetto (Ansa)
24 maggio 2008

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