LA-U dell'OLIVO
Novembre 23, 2024, 11:54:01 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: La diaspora dei medici africani. Emergency: così li faremo tornare  (Letto 2242 volte)
Admin
Utente non iscritto
« inserito:: Maggio 17, 2008, 11:25:27 am »

ESTERI

Il continente più malato al mondo è quello che ha meno personale sanitario: 14 dottori ogni 100mila abitanti

La diaspora dei medici africani

Emergency: così li faremo tornare

Molti giovani, dopo aver studiato medicina all'estero decidono di fermarsi per lavorare nei paesi ricchi

di ANAIS GINORI

 
VENEZIA - In un paese con 5 milioni di persone e il più alto tasso al mondo di mortalità infantile, ci sono solo 8 pediatri. Quando è stato nominato ministro della Sanità, Socooh Kabia non voleva crederci. Se la Sierra Leone non fosse in una situazione drammatica, sarebbe stato quasi comico. Per vedere di quali "risorse" disponeva il suo dicastero, a Kabia sono bastati pochi secondi: 78 medici generici, 5 ostetriche, 8 chirurghi, 1 psichiatra. Fine. "Sono scappati tutti, ma come biasimarli?".

Alto ed elegante, cappelli bianchi, specialista in nefrologia, anche lui da giovane è fuggito. Ha studiato in Gran Bretagna, poi ha lavorato per quindici anni negli States. Due anni fa, è tornato. "Per dare una mano al paese". E' uno dei pochi che ha fatto il percorso a ritroso. I medici africani che vanno in Occidente fanno un viaggio di sola andata. Il 20% in media, ma in alcuni paesi anche l'80%. "La nostra facoltà di medicina a Bangui - ricorda il ministro della repubblica del Centro Africa, Faustin N'telnoumbi - ha formato 180 medici. A 60 di loro abbiamo dato l'opportunità di specializzarsi all'estero: non li abbiamo più rivisti". Le spiegazioni sono tante: le guerre, la scarsità di mezzi e strutture, la mancanza di corsi post-laurea. E i salari: i 60 dollari al mese che può guadagnare in media un medico in Africa, si moltiplicano per 20 mettendo piede in una struttura europea. Così, c'è questo paradosso: il continente che avrebbe più bisogno di medici ne ha meno di tutti. "Brain drain", fuga di cervelli, forse i più preziosi per il futuro dell'Africa. E quei pochi professionisti che ci sono vengono corteggiati dall'Occidente che ha fame di dottori e infermiere. I medici stranieri godono di "quote" anche nelle leggi sull'immigrazione più restrittive.

L'Onu ha posto come obiettivo 1 milione di medici in più per l'Africa entro il 2015. Nello stesso tempo, però, paesi come la Gran Bretagna o la Svezia lanciano ponti d'oro per reclutare all'estero migliaia di professionisti della sanità. Una diaspora inesorabile. "Bisogna dare opportunità al personale locale, attraverso strutture e formazione" spiega Claudio Miglietta di Emergency. L'Ong italiana ha invitato a Venezia diversi rappresentati della sanità africana per discutere di come "Costruire la Medicina" nel continente. Il centro Salam di cardiochirurgia inaugurato l'anno scorso in Sudan da Emergency impiega già 250 dipendenti locali, e nel lungo termine - 10/15 anni - spera di poter affidare completamente l'ospedale ai sudanesi. "Molte organizzazioni umanitarie vengono per l'emergenza e poi se ne vanno. Dopo i primi soccorsi, a noi non rimane nulla" ricorda Emmanuel Otaala, vice-ministro dell'Uganda.

Non è l'unica contraddizione. La maggior parte delle donazioni e delle campagne di raccolta fondi riguarda l'acquisto di medicine e terapie, a cui sono interessate le case farmaceutiche. Raramente, invece, si sentono appelli per finanziare nuovi medici o ospedali, dove i profitti delle multinazionali sono marginali. E ancora: il martellamento mediatico si concentra su malattie contagiose, come Aids, malaria, tubercolosi. Ma quasi mai si parla di patologie non contagiose, come quelle cardio-vascolari che rappresentano ormai la seconda causa di morte in Africa. Ci sono poi gli effetti perversi dell'intervento straniero. I migliori medici o infermieri vengono reclutati da strutture private costruite in Africa per curare solo pazienti straniero. Oppure visto che molti di loro sanno parlare inglese o francese si ritrovano assunti come autisti o interpreti dalle Nazioni Unite: vengono pagati meglio che per curare i malati. "La realtà dell'Africa - conclude il ministro Kabia - è spesso più complicata di come ve la raccontano".

(16 maggio 2008)

da repubblica.it
Registrato
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!