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Autore Discussione: I servizi segreti: "Il Veneto zona a più alta densità di naziskin del Paese"  (Letto 3408 volte)
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« inserito:: Maggio 05, 2008, 12:43:07 pm »

CRONACA

I servizi segreti: "Il Veneto zona a più alta densità di naziskin del Paese"

La passione per il pugilato, i richiami ai legionari romani e le croci uncinate

Teste rasate e antisemiti allarme nel Nord Est

Giovani dalla doppia militanza: dai "boot party" le aggressioni del sabato e alla tifoserie della domenica dove il campo di battaglia diventa la curva

di ALBERTO CUSTODERO
 

 ROMA - È il Nord Est, secondo i servizi segreti italiani (l'Aisi), "la zona a più alta densità di militanti naziskin del Paese". Secondo il rapporto dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna, proprio nel bacino fra Verona (la città dove è stato aggredito Nicola Tommasoni), Vicenza, Padova e Treviso, il "fronte skinheads-Vfs, costituito a Vicenza negli anni Ottanta e ispirato al modello britannico, conta su alcune centinaia di giovani attivisti". Il loro è il look del "guerriero metropolitano". Fanno pugilato, thai box e sollevamento pesi, e si riconoscono nei valori fondanti dello skin style individuati nell'appartenenza di classe e nel sentimento nazionalista". La dimensione ideologica, come il richiamarsi ai legionari romani, c'entra poco, ma è utile "per saldare gli atteggiamenti improntati alla forza fisica ad un ruolo socio politico".

"Quando perquisiamo le loro case - racconta un alto funzionario della Digos - nelle stanze, sulla testata del letto, troviamo bandiere con la svastica o la croce celtica. Ma il loro livello culturale, molto basso, ci porta a parlare di bullismo con la testa rasata". Il credo naziskin è infatti - secondo gli esperti dell'intelligence - una sorta di sottocultura violenta, teppistica, xenofoba, razzista e antisemita, che si manifesta in scala crescente, dalla strada al quartiere, fino alla curva dello stadio. E trova proseliti soprattutto fra le "fasce di giovani culturalmente meno preparate che eleggono a loro passatempo preferito del sabato sera il boot party", come vengono sarcasticamente chiamate le aggressioni fini a se stesse. Il violento pestaggio di Verona non ne è che l'ultimo, tragico, esempio. Le teste rasate sono giovani dalla doppia militanza: nell'antagonismo il sabato per "fare casino in piazza", e fra le tifoserie la domenica dove il campo di battaglia diventa la curva. I richiami politici - osservano i servizi segreti - sono poco più che simbolici.

Nel mucchio degli ottantamila ultrà d'Italia, il grumo eversivo, secondo il ministero dell'Interno, è di circa ventimila tifosi, e proprio negli ultimi anni la gran parte sono diventati di destra (63 gruppi, circa 15 mila sostenitori), mentre la componente di sinistra, molto forte negli anni Settanta, è oggi ormai una minoranza, 35 associazioni per circa 5 mila persone. Sono state proprio le curve degli stadi - osserva l'intelligence - i luoghi nei quali la "tifoseria oltranzista ha assorbito l'esperienza di lotta della "cellula politica" con l'acquisizione di schemi organizzativi, slogan ossessivi, strategie di militarizzazione". È così che negli stadi sono comparsi, ad esempio, striscioni antisemiti o xenofobi (ora vietati dopo le norme sulla sicurezza negli stadi del ministro Amato). Al di là dei divieti di esporre bandiere o slogan dal contenuto ideologico, gli ultrà-naziskin si sono organizzati in "strutture stabili e complesse", con tanto di gadget, tesseramento. E sono capaci, pur appartenendo a squadre diverse divise da rivalità secolari (come Roma e Lazio), di allearsi per assaltare le caserma della polizia e la sede del Coni, come avvenuto nella Capitale nel novembre scorso qualche ora dopo la morte del tifoso laziale, Gabriele Sandri.

Ma l'allarme naziskin non riguarda solo le aggressioni boot party, le violenze negli stadi e le guerre fra tifoserie durante le trasferte. L'allarme del Viminale riguarda anche il risveglio dell'antisemitismo in Italia, con profanazione di tombe ebraiche e la comparsa sui muri di tutta Italia di scritte inneggianti il Duce, Hitler e i forni crematori. Su questo fronte dell'intolleranza razziale, si assiste ad un fenomeno del tutto nuovo: gli slogan antisemiti sono di moda non solo fra i naziskin e gli ultrà, ma anche fra i movimenti antagonisti dell'estrema sinistra e in alcuni ambienti di studenti leghisti "antagonisti padani".

(5 maggio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 07, 2008, 01:04:52 am »

Dove crescono i naziskin

Claudio Lazzaro


Ci sono casi in cui uno preferirebbe non aver visto giusto. Quando ho iniziato le riprese di Nazirock capivo di stare su qualcosa di caldo. Proprio per questo avevo deciso di occuparmene, ma non immaginavo che la violenza neofascista si sarebbe sviluppata fino a questo punto.

Perché dev’essere chiaro, la tragedia di Verona è solo un aspetto, divenuto mediaticamente visibile, della serie interminabile di violenze che hanno trovato spazio sulle pagine de l’Unità e di altri giornali di sinistra.

E che invece sono state ignorate da buona parte della stampa e della televisione. Come se raccontare la violenza nazifascista corrispondesse a una presa di posizione politica e non semplicemente a un dovere di cronaca.

Come se l’antifascismo non fosse più patrimonio di tutti e valore fondante della Repubblica italiana, ma soltanto espediente retorico della sinistra per attaccare la destra.

Detto questo, vediamo perché il fenomeno è in crescita e perché il Veneto è un elemento importante del quadro in cui si sviluppa. Partiamo da un collegamento preciso: a Verona è molto seguito dai giovani il Veneto Fronte Skinheads, un movimento neofascista il cui fondatore, Piero Puschiavo, è l’attuale coordinatore regionale del Movimento Sociale Fiamma Tricolore. Il leader della Fiamma, Luca Romagnoli, si vede all’inizio del mio documentario. Sta sul palco, accanto a Berlusconi, a ricevere il plauso delle folle oceaniche. È il 2 dicembre 2006, siamo a Roma, è la famosa manifestazione dei due milioni. Berlusconi stringe la mano a Romagnoli e accarezza la bandiera della Fiamma Tricolore. Un passo indietro, andiamo in rete a scoprire chi sono gli ispiratori del Veneto Fronte Skinheads. Tra i padri spirituali figura Jan Stuart Donaldson, che amava citare Adolf Hitler: «Di lui ammiro tutto», diceva, «tranne una cosa: avere perso».

In questi collegamenti, in questo filo nero che parte da un movimento neonazi veneto e arriva fino alla politica istituzionale e di governo, si trova una delle spiegazioni della violenza nera che a Verona ha fatto una delle sue vittime.

Chi si sente sdoganato e in qualche modo protetto dalle istituzioni tende a venire allo scoperto, a riappropriarsi degli spazi, a diventare aggressivo. Proprio quello che stanno facendo i “ragazzi dal cuore nero”, reclutati allo stadio e indottrinati dai gruppi della destra radicale.

Naturalmente ci sono altre spiegazioni. Spesso il disagio giovanile si esprime nella guerra per bande, nella difesa del territorio, nell’attacco ai diversi. Sono comportamenti diffusi in tutto il mondo. Altrove le bande possono avere una connotazione etnica, in alcuni casi la connotazione può essere estetica (la scelta di un look, di una divisa). A Verona abbiamo visto in azione le bande d'ispirazione nazifascista. Nel mio documentario questi giovani, ragazzi che potrebbero ficcarsi in tragedie come quella di Verona, hanno un volto, parlano, dicono quello che sanno e pensano. Chi sono? Nella maggior parte dei casi ragazzi impreparati. La scuola non ha dato loro gli strumenti culturali: quel minimo di conoscenza del nostro passato che avrebbe potuto fornire gli anticorpi, renderli immuni alle ideologie di morte e distruzione che ogni tanto rispuntano dalla pattumiera della storia.

Vedi un ragazzo, con occhi non cattivi, che si è tatuato Mussolini sul polpaccio e non crede alla strage degli ebrei: «I numeri li hanno alzati. Al massimo ne avranno ammazzati un milione».

Chi te lo ha detto? «L’ho letto su un sito». Quale sito? «Non so. Un sito».

Poi c’è il problema delle regole, che non vengono rispettate. Nel film c’è un momento illuminante, a questo proposito. Al raduno di Forza Nuova prende la parola Hudo Voigt, leader del partito di estrema destra tedesco NPD. Subito il conduttore della manifestazione, Emanuele Tesauro (cantante degli Hobbit e quadro di Forza Nuova) si mette in ansia: «Mi raccomando», ripete al microfono, «nessuno deve fare saluti fascisti, perché in Germania è proibito. Se vedono la foto di Voight accanto a un saluto romano quando torna lo arrestano».

Il pubblico delle teste rasate e dei vecchi nostalgici smette di inneggiare a braccio teso, poi appena Hodo Voight ha terminato il suo intervento, di nuovo alla grande: svastiche tatuate sul petto nudo, saluti fascisti, un grande striscione che viene aperto e sbandierato. La scritta, in caratteri cubitali: «PIU’ NAZIFASCISMO».

Questo vediamo nel film. Questo vedremo nelle strade. Ma nessuno ne ha colpa. Nessuno è responsabile. Neppure i ragazzi che hanno aperto e sbandierato quello striscione. Alle mie contestazioni hanno risposto. «Non è niente. È solo una goliardata».

Pubblicato il: 06.05.08
Modificato il: 06.05.08 alle ore 11.35   
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