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Autore Discussione: Privacy, la Rete e il conto che non torna  (Letto 2127 volte)
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« inserito:: Maggio 03, 2008, 11:01:46 am »

3/5/2008
 
Privacy, la Rete e il conto che non torna
 
CARLO FEDERICO GROSSO
 

La decisione del viceministro Visco di rendere consultabili via internet le dichiarazioni dei redditi di tutti i contribuenti solleva interrogativi di opportunità politica e problemi di carattere giuridico. Sull’inopportunità di un’iniziativa di tanto impatto La Stampa ha espresso l’altro ieri una precisa valutazione in un bell’articolo di Federico Geremicca. Qualche riflessione ulteriore merita, dopo lo sconcerto della prima ora, il problema della compatibilità giuridica di quanto è accaduto.

Il tema di fondo è l’eterna questione del rapporto fra trasparenza e riservatezza, fra quanto, cioè, è opportuno che la gente conosca nella prospettiva di un controllo sociale dei comportamenti individuali e quanto deve essere invece riservato al dominio della riservatezza personale. Di questo problema si è parlato ad esempio ripetutamente a proposito del tema rovente delle intercettazioni telefoniche e della pubblicazione del loro contenuto da parte dei giornali. E’ inevitabile che se ne torni a parlare con riferimento ad un accadimento di analoga grande risonanza quale è la pubblicazione a mezzo internet dei redditi di tutti gli italiani.

Da anni il nostro sistema giuridico prevede che l’amministrazione finanziaria predisponga la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi mediante il loro deposito sia presso l’amministrazione, sia presso i comuni di appartenenza di ciascun cittadino. I dati così pubblicati sono liberamente consultabili da chiunque, con possibilità di estrarne copia. Tale regime di pubblicità non è d’altronde, verosimilmente, venuto meno con l’entrata in vigore, nel 1997, della legge sulla privacy. Tale legge ha introdotto un regime di forte tutela della riservatezza quando si tratta di dati sensibili, quali le condizioni di salute, il Dna, le abitudini sessuali, le convinzioni religiose. Non ha stabilito invece particolari protezioni per le notizie concernenti il patrimonio dei cittadini, i loro guadagni, i loro affari, che possono essere pertanto liberamente pubblicizzati nei limiti dell’interesse pubblico alla loro conoscenza in ragione della notorietà e della funzione esercitata da ciascun soggetto.

Detto questo, l’iniziativa di pubblicare le dichiarazioni dei redditi non più, soltanto, secondo le modalità previste dalla legge, ma con la loro immissione nella rete internet, solleva un problema giuridico di grande rilevanza. Ci si deve domandare in generale se, di fronte ad una legge che prevede esplicitamente un determinato regime di pubblicità dei dati, l’amministrazione sia legittimata a predisporre un regime diverso da quello «direttamente prescritto per legge». Ci si deve ulteriormente chiedere, in particolare, se un’alterazione dei modelli di pubblicazione sia consentita quando essa comporti, come nel caso di specie, una rilevante modificazione del livello di pubblicità; in questo modo si determina infatti il passaggio da un’ostensione che consente acquisizioni circoscritte da parte di persone che si recano a consultare elenchi depositati presso specifici uffici pubblici, ad un’ostensione consistente nella pubblicazione dei dati in un sito visitabile da chiunque disponga di un computer ed in tutto il mondo.

A mio avviso non dovrebbe esservi particolare incertezza sul fatto che, quando vi sono norme che disciplinano specificamente la materia, il mutamento radicale del modello di pubblicità previsto dalla legge richieda una modifica esplicita delle norme. E’ in altre parole necessario che il Parlamento sia messo nella condizione di valutare la nuova situazione e, conseguentemente, di decidere politicamente, con i poteri che gli sono riservati, se considerarla o meno legittima cambiando la normativa precedente.

Bene ha fatto pertanto il Garante della privacy ad intervenire con provvedimento di urgenza. Egli, di fronte alla complessità della questione interpretativa, alla delicatezza dei rapporti istituzionali, alla necessità di valutare le eventuali controdeduzioni, si è limitato a formulare inviti - peraltro prontamente accolti mediante l’oscuramento del sito internet - e a non emettere prescrizioni vincolanti. Anche nella prospettiva di una indispensabile certezza del diritto sarebbe ora auspicabile che si facesse piena chiarezza sulla questione giuridica sollevata dall’opinabile iniziativa del viceministro Visco e che, con il contributo di Parlamento e Garante, si definisse una disciplina in grado di contemperare, anche con riferimento al tema delle dichiarazioni dei redditi, le esigenze di trasparenza e di controllo sociale con quelle di riservatezza personale.

da lastampa.it
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