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Autore Discussione: Intrattenitore, buffone per calcolo e scelta: ma vince nella metropoli.  (Letto 2894 volte)
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« inserito:: Maggio 03, 2008, 10:48:48 am »

Intrattenitore, buffone per calcolo e scelta: ma vince nella metropoli.

L'ascesa di Boris, clown di genio

L'uomo della svolta capitalizza l'effetto stanchezza in una città che guarda alle Olimpiadi 2012

 
Ora dice che il suo eroe è Pericle e promette per Londra «un'età d'oro come quella dell'antica Atene». Ma in passato ha anche buttato lì che «votare conservatore fa venire il seno più grosso alle mogli».
Questo è il nuovo sindaco di Londra: Alexander Boris de Pfeffel Johnson, un po' genio un po' clown.
La settimana scorsa gli era arrivato l'appoggio del Sun, il quotidiano popolare di Rupert Murdoch che vende più di tre milioni di copie al giorno. E che ama dare il suo endorsement solo ai vincenti. Nel 1992 il tabloid aveva dato il bacio della morte al laburista Neil Kinnock con il titolo: «Se vince Kinnock, l'ultimo cittadino a lasciare la Gran Bretagna spenga la luce». Dopo, conquistato da Tony Blair, Murdoch si era schierato sempre con i laburisti. Questa volta, per Londra, ha gettato il suo peso sulla bilancia di Boris (come lo chiamano tutti, amici e avversari), il candidato conservatore, deputato, ex giornalista, autore di libri sulla storia dell'antica Roma. Ma anche gaffeur, intrattenitore tv, buffoon per calcolo e per natura. Spostare il Sun può contare molto anche per il futuro della politica nazionale. Dopo otto anni di regno di Ken «il rosso» Livingstone che ha rilanciato l'immagine di Londra, inventato la tassa sul traffico, ottenuto le Olimpiadi del 2012, può essere Boris l'uomo giusto per gestire un bilancio da 11 miliardi di sterline l'anno? A 44 anni, il nuovo sindaco ha nella sua biografia una moglie, quattro figli e almeno due storie extraconiugali (negate oltre i confini dell'evidenza).

BATTUTE POLITICAMENTE SCORRETTE - Delle battute politicamente ultrascorrette si è perso il conto: «Le unioni omosessuali? Ridicole, se permettiamo a due gay di sposarsi, allora consacriamo anche i matrimoni fra tre gay o fra due gay e un cane»; ha insultato intere città: Portsmouth, glorioso porto nel Sud, definendolo «culla di drogati, obesi, falliti e deputati laburisti» e Liverpool «patria di vittimisti». Non ha trascurato escursioni internazionali, dando dei «cannibali » ai governanti di Papua e «negretti» ai popoli del Commonwealth. Poi è venuta la candidatura a sindaco. Ed è cambiato. Capelli più corti e lingua a freno. Basta battute pericolose, solo qualche gioco di parole corretto, tipo: «Io sono un melting pot umano: la mia bisnonna era una schiava circassa e fu comprata dal mio bisnonno turco». E pare che sia anche vero.

AFFLUENZA RECORD ALLE URNE - Ha capitalizzato sull'effetto-stanchezza degli elettori nei confronti di Livingstone. E i londinesi sono andati alle urne in numeri record per queste parti: affluenza al 45 per cento. Più 10% rispetto al 2004. Boris ha vinto con uno scarto di 140 mila voti, 6 punti. La campagna non ha evidenziato grandi differenze nei programmi dei due avversari. Gli elettori hanno aspettative di centro: sicurezza, trasporti, case. E il sindaco di Londra ha competenza su polizia, rete dei trasporti, pianificazione urbanistica, cultura, ambiente e sviluppo economico. Tutti d'accordo sul fatto che servano ancora più poliziotti nelle strade, risparmi nella burocrazia e case a prezzi abbordabili. Sui mezzi pubblici si è assistito a uno scontro da commedia: Johnson lanciato in una crociata contro i bendy bus, gli autobus snodati introdotti da Livingstone al posto dei vecchi routemaster rossi a due piani, senza la porta di dietro, che permettevano di saltar su e giù in corsa. Boris ha promesso di rottamarli perché li giudica goffi e pericolosi per i ciclisti (lui va in bicicletta). Ha aggiunto la promessa di cacciare gli ubriachi da autobus e metropolitana. Idee misere per un sindaco di Londra? Johnson finora ha amministrato solo una rivista da 70 mila lettori (lo Spectator) e Livingstone gli ha rinfacciato di non avere esperienza. Boris non ha resistito e ha gridato: «Sì, ma ho dimostrato leadership, decidevo io dove dovevamo andare a pranzo con i colleghi ». E negli ultimissimi giorni, sentendo arrivare la vittoria, si è lasciato andare di nuovo: «Cocaina? Forse ai tempi di Oxford, a una festa me l'hanno offerta, ma mi ha fatto starnutire » (questa battuta l'ha rubata a Woody Allen).

Guido Santevecchi
03 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Maggio 03, 2008, 10:58:38 am »

3/5/2008 (7:12) - PERSONAGGI

Sesso, droga e politica i giovani leoni "Tory"
 
La squadra vincente

VITTORIO SABADIN
CORRISPONDENTE DA LONDRA


C’è anche un elemento generazionale dietro la clamorosa vittoria dei conservatori nelle elezioni locali inglesi? Probabilmente sì. In Italia, come in Francia, come in Spagna, come a Londra, l’età dei candidati sembra orami contare più dei loro programmi politici. La saggezza e l’esperienza della maturità non sono più considerate un valore: gli anziani - sembra pensare la gente - sono quelli che ci hanno portato a questa situazione disastrosa, i giovani sono quelli che finalmente ci tireranno fuori dai guai.

Bastava accendere ieri la televisione e guardare i notiziari della Bbc o di Sky per rendersi conto della differenza esistente tra gli esponenti del governo di Gordon Brown e i leader dei partiti che lo hanno sconfitto: un premier (nato nel 1951) sempre più imbarazzato, triste e rugoso, messo in difficoltà da una nuova generazione di quarantenni, come il capo dei Conservatori David Cameron (1966) o quello dei liberal democratici Nick Clegg (1967), o come Boris Johnson (1964), tutti accomunati da eccellenti studi, ottime famiglie di provenienza, un po’ di marijuana e cocaina nascosta tra i libri all’università e altre scappatelle giovanili, mai abbastanza gravi da rovinare una carriera.

La forza di questa nuova generazione non sta tanto nelle convinzioni personali e nella visione politica, ma nella capacità di sembrare gente normale, con tutti i pregi e i difetti del cittadino comune. Gli elettori probabilmente ricordavano poco dei programmi liberal democratici di Clegg, ma la sua intervista di qualche settimana fa al magazine «GQ» la ricordano ancora tutti: Nicholas aveva ammesso di avere dormito con almeno trenta donne, scatenando più reazioni, commenti ed editoriali che se avesse annunciato di voler abolire per sempre le tasse. Le donne lo hanno ovviamente accusato di trattarle come oggetti, gli uomini di avere esagerato, ma il sentimento prevalente è risultato alla fine l’invidia.

Il leader quarantunenne dei conservatori, David Cameron, rischiò l’espulsione da Eton per avere fumato marijuana poco prima di un esame. Ammise la colpa e fu graziato, ma dovette sottoporsi al «Georgic», una punizione che consiste nel riscrivere un testo latino di 500 righe. Diretto discendente di re Guglielmo IV e di una cortigiana, Cameron è dunque cugino di quinto grado della regina Elisabetta, nel cui nome esercita il ruolo di capo dell’opposizione. A Oxford, dove si è laureato in filosofia, politica ed economia, risultando uno dei migliori studenti del suo corso, faceva parte dell’allegra brigata del Bullingdon Club, un esclusivo circolo-ristorante nel quale si può essere solo invitati e che ha costruito la propria reputazione su memorabili bevute, cibo straordinario e conti salatissimi. I soci del Bullington sono famosi per andare in pub e ristoranti di second’ordine, noleggiare una stanza privata e sfasciare tutto. Esisteva una foto di Cameron al Bullington in compagnia di Boris Johnson (anche lui affiliato e dichiarato consumatore di droga), entrambi in tight, ma è stata ritirata dalla circolazione.

Dopo gli eccessi giovanili, Cameron è diventato il prototipo del ragazzo perbene, moderato, sempre a posto e responsabile. Visti i risultati del voto, non si è messo a urlare in tutti i telegiornali che Brown deve andarsene, ma ha detto: «Voglio che i conservatori diano dimostrazione che possono realizzare i cambiamenti che la gente chiede. E’ a questo obiettivo che dedicherò nelle prossime settimane le mie forze e quelle del mio partito».

L’altra stella dei Tories è George Oliver Osborne, nato nel 1971 e attuale ministro ombra delle Finanze. Discendente da un’ottima famiglia, è il primogenito del baronetto Sir Peter. I genitori gli imposero il nome di Gideon, che cambiò a 13 anni per un più comodo George. Anche lui, a Oxford, è stato membro del Bullingdon Club (che sembra essere, tra una bevuta e l’altra, la vera fucina dei conservatori) e, ovviamente, anche lui è stato coinvolto in una storia di droga - smentita con forza - dopo che il «Sunday Mirror» ha pubblicato una foto nella quale lo si vede seduto di fronte a una striscia di polvere bianca.

Di fronte a Cameron e Osborne, sembra un vecchietto William Jefferson Hague, nato nel 1961 ma diventato leader del partito nel 1997 a 36 anni, sconfiggendo gli anziani Kenneth Clarke e Michael Howard. Meno sottile e moderato dei suoi giovani colleghi, è diventato famoso per un discorso - che Umberto Bossi e il sindaco di Roma Alemanno sottoscriverebbero - nel quale ha definito l’Inghilterra «una terra straniera».

Di fronte a questo battaglione giovane e motivato, Brown non ha molte forze fresche da schierare in campo. L’unico è il ministro degli Esteri David Miliband, nato nel 1965, molto apprezzato dovunque, figlio di un teorico marxista e primo membro di un governo britannico ad aprire un blog su Internet. Miliband è il principale candidato a sostituire Gordon Brown nella guida del partito laburista e dovrà forse essere lui a creare la squadra che dovrà preparare la rivincita. E nel nuovo team, c'è da scommetterci, non ci saranno più capelli bianchi.

da lastampa.it
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