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Autore Discussione: Leader di An eletto presidente della Camera con 335 voti. Schede bianche dal PD  (Letto 2437 volte)
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« inserito:: Aprile 30, 2008, 07:13:26 pm »

POLITICA

Il leader di An eletto presidente della Camera con 335 voti. Schede bianche dal Pd

Un discorso lungo undici pagine. "Sono un uomo di parte ma garante di tutti"

Fini celebra il 25 aprile e avverte

"La minaccia è il relativismo"

Bisbigli in aula per l'omaggio al Pontefice.

D'Alema: "Peccato gli sia sfuggito di citare l'antifascismo".

Bossi: "Discorso moderato, per l'occasione"

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Un uomo "di parte" che saprà essere garante della "assoluta parità dei diritti tra tutti i deputati". Un laico che saluta con "un deferente omaggio" il Pontefice Benedetto XVI. Il regista di una legislatura costituente "per superare il bicameralismo perfetto e fare della nostra democrazia una più rappresentativa e più governante". Un Presidente della Camera che mette i fila i simboli di riferimento, "La nazione", "il tricolore", "la Libertà", "le istituzioni della Repubblica". E che omaggia il 25 aprile come "festa della Libertà" e il Primo maggio, la festa del Lavoro.

Gianfranco Fini entra nell'aula di Montecitorio come tredicesimo presidente a mezzogiorno in punto. Era uscito quando era cominciato lo spoglio della quarta ed ultima chiama, quella decisiva, che lo acclamerà terza carica dello Stato con 335 voti (ancora scheda bianca dai banchi del Pd come nelle tre precedenti chiame). Ha consumato l'attesa nelle stanze della presidenza che affacciano nel corridoio che porta all'aula fumando una sigaretta dietro l'altra. Anche oggi, come ieri, indossa la cravatta rosa con piccoli disegni colorati, deve essere il suo portafortuna, il suo piccolo amuleto. E così, neppure due anni dopo, il compagno Fausto passa il segno del comando dell'aula all'ex segretario nazionale del Fronte della Gioventù. Ma se Bertinotti aveva avuto illustri precedenti - da Ingrao a Nilde Iotti - è la prima volta che un uomo della destra sale sullo scranno più alto di Montecitorio. Qualcuno la potrebbe anche vedere come un cerchio che si chiude, un segno della storia che va avanti e supera gli steccati.

Un discorso di quattordici minuti. Fini legge undici pagine a lungo limate e pensate. Un discorso che non scontenterà nessuno, "ecumenico" è l'aggettivo più usato, interrotto da sedici applausi (Bertinotti ne ebbe solo otto) di cui almeno sei bipartisan. Un discorso che anche Massimo D'Alema, alla fine, giudica "apprezzabile anche se poi da misurare nei fatti": "Peccato - aggiunge - che nel contrastare tutti i totalitarismi gli sia sfuggito di citare l'antifascismo".

"La minaccia del relativismo culturale". C'è un altro passaggio che farà molto discutere nelle prossime ore e che ha fatto sgranare gli occhi ai deputati seduti tra i banchi dell'opposizione. A metà circa del suo intervento, tra la pagina 6 e la 7, Fini parla dei rischi e delle minacce che ancora esistono per la nostra Libertà. "La minaccia - scandisce bene la parole il neo eletto Presidente della Camera sapendo di affrontare un passaggio delicato - non viene dalle ideologie antidemocratiche del secolo scorso che sono ormai sepolte nella quasi totalità delle coscienze del nostro popolo con il Novecento che le ha generate. L'insidia maggiore viene dal diffuso e crescente relativismo culturale e morale, dalla errata convinzione che libertà significhi pienezza di diritti e assenza di doveri e finanche di regole". La libertà, aggiunge, "è minacciata nel momento in cui nel suo nome si teorizza la presunta impossibilità di definire ciò che è giusto e ciò che non lo è". Quindi il relativismo culturale visto come minaccia e gli assolutismi, invece, sepolti.

Il professor Giovanni Bachelet, matricola di Montecitorio, che pur condivide alcuni passaggi del discorso di Fini, la giudica "una papera culturale" perché forse "sono stati confusi i diritti con il relativismo etico": "E' vero che le democrazie non sono fatte solo di diritti ma attenzione a confonderli con il relativismo etico".

Gli omaggi al Pontefice. Sono tanti gli omaggi e i ringraziamenti che Fini sceglie di rivolgere all'inizio del suo discorso. Così dopo il Presidente Napoletano, la Corte Costituzionale, i suoi predecessori fino a Luciano Violante, le altre cariche dello stato e lo staff della Camera, Fini pronuncia "un deferente omaggio al Pontefice Benedetto XVI guida spirituale della larghissima maggioranza del popolo italiano ed indiscussa autorità morale per il mondo intero". Dopo il Papa arriva l'omaggio alla religione cristiana "per il ruolo fondamentale che ha avuto e ha tuttora nella formazione e nella difesa della identità culturale della nazione italiana".

Le riforme e la casta. E' il primo passaggio programmatico del discorso, questione che sta molto a cuore a Fini. "I deputati non sono una casta di privilegiati" dice mettendo in chiaro che la XVI legislatura avrà l'obiettivo di ridurre le spese della politica e di avere bilanci trasparenti e sarà "costituente". Le riforme sono necessarie per "dare efficienza alle istituzioni" e "qualità alla democrazia". Qundi superare il bicameralismo perfetto, "rafforzare con equilibrio il ruolo dell'esecutivo", "realizzare un federalismo unitario e solidale". Fini indica un punto di partenza: la proposta Violante che aveva già ottenuto l'approvazione nella Commissione Affari Costituzionali. Su riforme e federalismo Bossi avrebbe preferito un discorso meno moderato, "comunque, vista l'occasione...". Ma per essere chiari, aggiunge il senatur, "la bandiera d'Italia è il tricolore ma quella della Padania è bianco-verde e il testo di legge per il federalismo esiste già ed è quello approvato dalla Regione Lombardia".

"Celebrare il 25 aprile e il 1 maggio". Fini dedica la parte centrale del suo discorso alle due date simbolo che incorniciano l'avvio di questa legislatura. "Celebrare - dice il leader di An - la ritrovata libertà del nostro popolo e la centralità del lavoro nell'economia è un dovere cui nessuno può sottrarsi". E' il passaggio più applaudito dall'aula. Certo la Liberazione diventa Festa della Libertà, ma "sono giornate in cui si onorano valori autenticamente condivisi e avvertiti come vivi e vitali da tutti gli italiani". Per Fini "sono pochi quanto isolati nella coscienza civile degli italiani coloro che si ostinano ad erigere steccati di odio o a negare le infamie dei totalitarismi".

La questione comunque è chiusa "grazie alla sincera pacificazione nazionale nel rispetto della verità storica tra i vincitori e i vinti" operazione di cui si sono fatti carico soprattutto Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi.


(30 aprile 2008)

da repubblica.it
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