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Autore Discussione: Chicago insanguinata dalla guerra delle baby gang  (Letto 2331 volte)
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« inserito:: Aprile 28, 2008, 11:52:25 pm »

Chicago insanguinata dalla guerra delle baby gang

Roberto Rezzo


Una città in stato di assedio. Il bilancio provvisorio è un successo: solo un morto ammazzato questo week-end a Chicago. Un rapinatore di cui non sono state rivelate le generalità. Freddato la scorsa notte dalla polizia all’interno di un minimarket. Si temeva un bagno di sangue. L’ultima settimana si sono contate quaranta vittime e diciannove morti in trentasei sparatorie. Oltre a quattro cadaveri rinvenuti in un monolocale dei quartieri popolari. Un regolamento di conti in piena regola. A sfogliare i giornali locali sembra di leggere la cronaca degli anni venti. Quando a Chicago dettava legge Al Capone e i suoi uomini uccidevano spietatamente per controllare la vendita clandestina di alcolici, il gioco d’azzardo, la prostituzione. Ma oggi dietro i cancelli della City Morgue non vedono arrivare gangster col gessato sforacchiato. Sui tavoli dell’obitorio le vittime della violenza sono quasi tutti ragazzini. L’età scritta sul cartellino va dai quindici anni in sù. Neri o ispanici. Tatuati addosso i simboli della Black Gangster Disciple Nation, dei Cobras, dei Creebs. Le gang di strada che raccolgono i giovanissimi nelle aree del sottoproletariato urbano. Se ne contano a decine, alcune sono organizzate a livello nazionale.

«Si ammazzano tra di loro per lo spaccio della droga, per il controllo del territorio, o per futili motivi», spiega un veterano del dipartimento di polizia di Chicago. Ron Rufo cinque settimane fa era di pattuglia davanti alla Crane Hight School. Zona ad alto rischio. Nonostante la presenza di una dozzina di agenti attorno alla scuola, scoppia una zuffa tra i ragazzi. «Ho visto volare un giubbotto in aria e quelli all’improvviso che si scagliavano l’uno contro l’altro. Poi si sente un colpo di pistola. Il tempo di correre cinquanta metri e si erano tutti dileguati. Tranne un ragazzo, sanguinante a terra che non riusciva a parlare. È morto poche ore dopo. Il motivo della lite? Una disputa su un cappellino da baseball con orologio incorporato del valore di 150 dollari».

Il sindaco Richard Daley venerdì convoca a City Hall un vertice di crisi sulla violenza. Vi prendono parte ufficiali di polizia, funzionari scolastici, dirigenti dei servizi sociali. Riunione a porte chiuse e un laconico comunicato al termine: «Siamo impegnati a proseguire il confronto per individuare il modo di combattere il problema». Dalle indiscrezioni che trapelano, le divergenze sono abissali e nessuno sa esattamente che pesci pigliare. Gli agenti in assetto da combattimento pattugliano le strade giorno e notte. È stato disposto che - compatibilmente con le condizioni meteorologiche - la città sia costantemente presidiata dall’alto con tutti gli elicotteri a disposizione. Una simile mobilitazione non si ricordava dal 1968, quando Chicago ospita la convention nazionale del Partito democratico. Le divergenze tra i delegati arrivano allo scontro fisico e in città scoppiano tafferugli per tre giorni.

Jody Weis, sovrintendente della polizia, intende addestrare e armare tutti i suoi 13.500 agenti in servizio attivo con carabine automatiche modello M4 per soverchiare la potenza di fuoco delle gang di strada. Si tratta di armi da guerra utilizzate dal corpo dei Marines in Afghanistan e in Iraq. Nelle specifiche tecniche della Colt Company si legge che possono sparare sino a mille colpi al minuto, ma il caricatore contiene al massimo trenta proiettili. L’esplosione della violenza ha lasciato perplessi alcuni esperti. Insieme alla capitale Washington, Chicago è l’unica città americana ad aver proibito la vendita di armi. Il bando è in vigore da cinque anni. «Il problema nell’efficacia del divieto è il suo limite locale - si legge nel rapporto stilato da Jim Wagner, presidente della Chicago Crime Comission - I membri delle gang hanno dimostrato di potersi rifornire agevolmente fuori dai confini della città».

Nell’ultimo fine settimana di sangue, oltre un terzo delle vittime erano studenti della Chicago Public School. Lunedì notte ancora raffiche di proiettili davanti a un McDonald’s. Un teenager ammazzato e altri quattro gravemente feriti. La zona è una roccaforte dei Gangster Disciples e gli investigatori prevedono che scatteranno vendette e ritorsioni. È solo questione di tempo. Il sindaco ha fatto appello alle famiglie perché seguano di più i figli e cerchino di accompagnarli sempre a scuola. Mancano due mesi alla fine dell’anno scolastico e già si è battuto il sinistro primato del 2007: una media di due studenti morti ammazzati al mese. «Pensavamo che lo scorso anno fosse una tragica anomalia - commenta un portavoce del provveditorato - Invece è successo di nuovo». I teenager che vivono a Chicago hanno dieci probabilità in più di essere crivellati da una pallottola rispetto ai loro coetanei che vivono nel resto dell’Illinois, afferma un’inchiesta del Chicago Sun-Times. E 650 sono quelli morti tra il 2002 e il 2006.

«Perdere un figlio è il peggior incubo di qualunque genitore. Ma qui è diventato normale per la gente seppellire un figlio». Si raccolgono frasi nei quartieri vicini alla zona dell’aeroporto tra l’indifferenza e la rassegnazione. «Ci sono ragazzi là fuori che sono convinti che non diventeranno mai grandi… che moriranno domani… e se la loro vita non vale niente, allora non vale niente anche la tua», sono se parole del portavoce del dipartimento di polizia all’United Press International. Nell’anno in cui il front runner democratico per la Casa Bianca è un senatore di Chicago che promette all’America speranza: «Hope».

Tio Hardiman, responsabile di CeaseFire, insiste sulla necessità di offrire ai ragazzi un’alternativa alle bande criminali. «Dobbiamo essere in ogni angolo di strada, parlare con questi ragazzi, capire cosa vogliono fare. E trovare imprenditori disposti a offrire loro una possibilità. Basterebbe riuscire a farne assumere una trentina in ogni quartiere, per cominciare». L’ala dura in consiglio comunale tuona che la disoccupazione non giustifica gli omicidi. «Quando hai ammazzato qualcuno sei sempre senza lavoro e diminuiscono le possibilità che tu mai ne possa trovare uno», è il disarmante ragionamento.

Pubblicato il: 28.04.08
Modificato il: 28.04.08 alle ore 10.48   
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