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Autore Discussione: I carabinieri: eliminata perché testimone scomoda o coinvolta in un menage a tre  (Letto 2518 volte)
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« inserito:: Aprile 26, 2008, 02:15:21 pm »

CRONACA

I carabinieri: eliminata perché testimone scomoda o coinvolta in un menage a tre

L'ira di parenti e amici delle vittime: "Quel balordo infanga la loro memoria"

"Il ruolo della donna da chiarire" i misteri nella vita di quella coppia

DAL nostro inviato ROBERTO BIANCHINI

 
LUGAGNANO DI SONA (Verona) - "O è stata testimone, o era coinvolta". Allarga le braccia il colonnello Claudio Cogliano. Parla di Luciana Rambaldo, la moglie del pensionato. È stata uccisa anche lei dal romeno, che ha confessato l'assassinio di Luigi Meche, o è stata uccisa dal marito perché aveva scoperto il suo "vizietto", come sostiene Claudiu Stoleru?

"La donna - spiega il comandante dei carabinieri di Verona - deve avere senz'altro visto qualcosa riguardo agli approcci del marito col ragazzo, quindi come testimone scomodo potrebbe essere stata vittima di una reazione. Oppure, se non è così, anche lei era compartecipe. Dobbiamo chiarirlo". Vuol dire che il già imbarazzante "gioco" a due potrebbe diventare un ancor più imbarazzante "menage a' trois".

Impensabile fino a ieri, quando si pensava ancora a una rapina finita male o all'aggressione di qualche balordo. Impensabile, in un paese che oggi si guarda intorno smarrito, anche per la reputazione dei coniugi Meche, che erano conosciutissimi. "Persone straordinarie", li descrivono tutti. Lontanissime da ogni sospetto. Sia lui, che lei, che in coppia.

Anche ai carabinieri, solitamente così informati nei paesi, non risulta nulla. "Nessuna traccia di vizi singoli o di coppia, facevano una vita tranquilla da benestanti", dicono. Eppure. Che avessero una doppia vita, piena di misteri inconfessabili, due coniugi così "perfetti" all'apparenza, molto legati, amanti dei viaggi, e tra l'altro non più giovanissimi, non ci crede nessuno in paese.

Non ci crede la vicina Piera, amica di Luciana, che la dipinge come "una persona stupenda", non ci crede l'idraulico Elio, amico di Luigi, con cui aveva fondato una squadra di calcetto col disegno di un pennello e un rubinetto sulle maglie: "Era un simbolo per il paese".
"L'accusa di molestie sessuali è una scusa per cercare di salvarsi", dicono del romeno.

Gli investigatori sospettano che Luciana Rambaldo potesse anche aver avuto un ruolo di "compartecipe" nei giochi erotici del marito per il fatto che è stata trovata sul letto quasi completamente svestita. Aveva addosso solo una maglietta sollevata sopra il seno e gli abiti erano buttati sul letto, "ma non si capisce se se li è tolti lei o se glieli ha tolti qualcuno".

Le amiche la descrivono come una donna simpatica, estroversa, ciarliera, "una che si curava molto, che prendeva il sole sulla sdraio in giardino sul bordo della piscina, che andava dal parrucchiere ogni settimana ed era particolarmente ordinata anche nella gestione della casa". Ma pettegolezzi, nessuno.

Idem per Luigi. Lo chiamavano "Mec" in paese. "Un allegrone, sempre pronto a fare scherzi. Un vulcano di idee, pieno di iniziative di solidarietà, in prima fila ad aiutare i terremotati come i donatori di sangue". "Non infangate la sua memoria", dice sdegnata la cognata Assunta. In tutti i bar del paese ci sono le sue foto. Vestito da alpino, da sceicco al carnevale, coi tifosi dell'Hellas, con le bottiglie di vino del suo "club enologico".

Faceva anche il chierichietto ogni tanto, e costruiva i presepi con le sue mani. Solo qualcuno oggi ricorda che sì, "era un po' effeminato", e che aveva sempre intorno dei ragazzini, spesso extracomunitari. Che li portava in macchina, li accompagnava a fare i documenti e la patente, come Claudiu, il suo assassino.

E che una volta aveva perfino noleggiato una limousine con l'autista per portare a ballare in discoteca i ragazzi della sua squadretta di calcio a cinque, la "Me-Coa", che avevano vinto un torneo parrocchiale. "Ma era un uomo buono, li aiutava, li faceva lavorare - dice Marco, un altro suo amico - lo conosco da quarant'anni. Non ci credo".

(26 aprile 2008)

da repubblica.it
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