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Autore Discussione: Stefano Pistolini. Anche il mito Obama si offusca  (Letto 2278 volte)
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« inserito:: Aprile 24, 2008, 11:45:03 pm »

Anche il mito Obama si offusca

Stefano Pistolini


Più grande che mai è il disordine sotto il cielo del Partito Democratico Usa, nel tentativo di individuare il candidato alla Casa Bianca 2008, che in Pennsylvania è andato incontro solo a un ulteriore intrico degli scenari. Ha vinto Hillary ma di un margine sufficientemente ridotto da accordarle solo una modesta prevalenza nella spartizione dei 158 delegati in palio. Eppure ha vinto con un distacco apprezzabile, il che le permette, nonostante le previsioni non depongano in suo favore, di poter trionfalmente dichiarare: «La marea è cambiata!», che significa «non intendo affatto togliermi di torno» o ridurre le ambizioni rispetto ai formidabili inizi della campagna, quando nessuno sembrava poter arginare il desiderio americano di rivivere gli happy days della famiglia Clinton. In effetti però, nel mese e mezzo tra l’ultimo vero successo di Hillary, quello in Ohio, e questa nuova vittoria in Pennsylvania - due Stati risonanti, per base proletaria e piccolo borghese - è andato in scena il momento «horribilis» della candidatura di Obama, ovvero la sua esposizione ai peggiori attacchi mediatici e alle gogne scandalistiche che nessun aspirante al posto di comando può evitare: è saltato fuori il pastore Jeremiah Wright, frettolosamente bollato come fomentatore antiamericano, sono saltate fuori le sue relazioni col maneggione di provincia Tony Rezko che gli ha procurato un affare immobiliare, sono saltate fuori antiche frequentazioni con uno di quei pazzi «rivoluzionari alla Coca Cola» chiamati Weather Underground. Si è discusso della vanità di sua moglie Michelle, del perché lui non indossasse la spilletta con la bandiera e si è fatto fracasso per lo scarso rispetto col quale ha apostrofato gli operai della Pennsylvania. Un bel fuoco di fila. Al termine del quale, pure, la corsa di Obama in quello Stato ha rimontato 8 dei 18 punti di distacco da Hillary che aveva ai primi di marzo. Una performance tutt’altro che disprezzabile. Eppure il disordine democratico non accenna a diradarsi.

Sono ormai sporadici gli editorialisti che accennano a quell’ipotesi di ticket Obama-Clinton che porterebbe finalmente all’innalzamento del livello di scontro, ovvero permetterebbe di cominciare a fare i conti con John MCCain, il repubblicano nominato che da qualche settimana ha dato il via alla corsa per la Casa Bianca, per ora concentrandosi a smantellare l’avversario virtuale Obbama, al quale evidentemente accorda più credibilità che alla Clinton. Niente ticket, perché chi si dovesse sottomettere, scambierebbe una possibile vittoria, con una sconfitta concordata e ormai i due contendenti sono andati troppo avanti per acconterarsi di così poco. E niente obbedienza ai diktat del capo del partito Howard Dean che ha ordinato ai superdelegati che ancora non si sono espressi per un candidato, di farlo subito. Macché: la maggioranza nicchia, perché le motivazioni sono labili e il posizionamento dev’essere accurato, per le prospettive di carriera.

Lo sconcerto aumenta: le primarie democratiche stanno durando troppo, il pubblico non ne può più, gli indici d’ascolto dei dibattiti vanno a picco («Lo credo: ci siamo messi uno di fronte 21 volte!», s’è giustificato Obama), l’omogeneità delle posizioni spesso è sconcertante e gli entusiasmi dei media si sono sopiti, rispetto alle pirotecnie d’inizio anno. Hillary da un pezzo raccoglie poco amore dagli editorialisti e le sue recenti gaffes hanno fatto alzare gli occhi al cielo a tutti: «È bugiarda che volete farci?» - non il biglietto da visita di un futuro presidente. La novità è che adesso si stanno raffreddando anche le emozioni attorno a quell’Obama che è stato scrutato così intensamente da apparire perfino già consumato. I commentatori fanno a gara a scrivere che appare stanco, provato, che non ha mai fugato l’iniziale impressione di superficialità. La morale? I repubblicani adesso capiscono che possono anche vincerle queste presidenziali. Peccato che fossero così convinti del contrario, da selezionare un candidato tutt’altro che irresistibile, che continua a dimostrarsi vago, pigro, incapace di riempire quei forzieri a cui dovrà attingere per procurarsi la spinta necessaria, quella di cui mica tutti sono convinti che lui sia davvero in cerca. E intanto due candidati democratici, pieni di dollari, rancori e insoddisfazioni, continuano a guatarsi in cerca del modo di fregarsi ma non sanno che direzione imboccare. Mala tempora per tutto l’accampamento democratico, se è vero che il numero davvero interessante di queste primarie della Pennsylvania alla fine è il 43. 43 come la percentuale di elettori di Hillary Clinton che nel caso Obama - com’è probabile - otterrà la nomination, voteranno per McCain, oppure resteranno a casa. Un numero meraviglioso per i repubblicani, che sembrano aver imboccato il più inatteso degli anni fortunati: se non cambia l’aria, devono solo aspettare. Un regalo così non gliel’avrebbe portato in dote neppure Osama Bin Laden.

Pubblicato il: 24.04.08
Modificato il: 24.04.08 alle ore 13.10   
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