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Autore Discussione: L'altro Gattuso mondiale "Ragazzi, non fatevi fregare"  (Letto 3609 volte)
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« inserito:: Luglio 08, 2007, 11:55:07 am »

E' tornato a Schiavonea in Calabria con la Coppa del mondo: "Penso alla finale e mi emoziono"

"L'affetto della gente è enorme verso noi di Berlino, però servono stadi moderni"

L'altro Gattuso mondiale "Ragazzi, non fatevi fregare"

Dal nostro inviato ENRICO CURRÒ
 

SCHIAVONEA - Che la Coppa del mondo, alla vigilia del 9 luglio, sia finita in bacheca nel castello normanno di Corigliano non è affatto un caso. Perché il simbolo del trionfo di Germania è più di tutti un figlio di Calabria: Gattuso, nato e cresciuto sulla marina ionica di Corigliano, a Schiavonea. Dove papà Franco, maestro d'ascia che costruiva le barche per i pescatori del paese, ha forgiato il mediano per definizione, facendolo allenare di corsa su e giù per le scale di casa. Dove Rino giocava sulla spiaggia coi fusti della nafta come porte. Dove gli amici d'infanzia Salvatore e Valentino hanno appena fondato il fan club, già 1200 iscritti da tutto il mondo.

E dove lui, ieri, tra un allenamento nel campetto di casa, una visita allo stabilimento di depurazione dei molluschi inaugurato un anno fa e i nuovi progetti per la Fondazione Forza Ragazzi (sostegno economico e sociale per i ragazzi calabresi in difficoltà), ha parlato della sua vita da campione del mondo.

Chi è Gattuso, un anno dopo Berlino?
"Uno che si emoziona per mille ricordi di quel mese straordinario, con più voglia e carica di prima, e che non dimentica mai di essere partito da questa terra bella e difficile. Mi pare un sogno".

Non è la retorica del Nord privilegiato e del Sud figliastro?
"Per un ragazzo del Sud è meno dura di un tempo. Però io ho avuto la fortuna di una famiglia che mi ha permesso di andare a Perugia a 13 anni, anche se mia mamma non mi voleva lasciare partire per Perugia e io prendevo a calci la casa. Se il Sud avesse più strutture, non sarebbe necessario partire".

Siamo ancora ai tempi di Mennea?
"Quando avevo 9 anni, vidi in tv un film dedicato a Panetta, il fondista. Si chiamava "Il ragazzo di Calabria", era il mio chiodo fisso. Mi identifico molto nella storia. Il nostro messaggio ai giovani è lo stesso. Inseguire i propri sogni. Credere in qualcosa. Sapere che con l'impegno si possono raggiungere gli obiettivi, in ogni campo. Mettere passione in tutto quello che si fa".

Sente molta responsabilità verso i ragazzi?
"Moltissima. So che mi vogliono emulare. Quindi, prima di tutto dico che nella vita il successo, la ricchezza, il Rolex, l'auto di lusso non sono valori. E poi cerco di stare attento ai particolari: avevo detto che per la Champions mi sarei fatto biondo con l'orecchino. Beh, era una sciocchezza e se potessi, mi toglierei il tatuaggio sul braccio".

Lei è orgoglioso di essere chiamato terrone e non ama Bossi e i leghisti.
"Spesso gli diamo modo di parlare male di noi. Faccio un esempio: la spiaggia di Schiavonea è sporca, eppure avremmo dieci mesi per prepararci all'estate. Siamo i primi a non rispettare la nostra terra".

Il problema più serio?
"La droga. Anche se non mi stupisce, visto che il modello proposto dai media è Kate Moss e farsi di cocaina sembra quasi un titolo di merito".

Non è che il calcio italiano abbia un'immagine migliore.
"Però Germania, Spagna e Inghilterra non si sono crogiolate nei loro scandali. Meno male che Platini vuole dare più voce ai calciatori. Così, forse, si sfaterà il mito del campione tutto moda e veline. Guardate Totti: fa un sacco di cose importanti per Roma, ma passa per uno superficiale".

La vittoria mondiale è stata inutile?
"No, l'affetto della gente è enorme. Ma sono vitali stadi nuovi, questi sono sempre più vuoti. Tra parcheggi e ristorazione, il Bayern si finanzia la campagna acquisti".

Con Toni e Grosso fanno quattro campioni del mondo all'estero.
"I club italiani diventano meno ricchi e competitivi. Serve più attenzione ai giovani. E' così assurdo pagare mille euro al mese a un potenziale campione di 16 anni? Io non mi vergogno di ammettere che andai in Scozia per soldi".

Quindi prima o poi Kakà finirà al Real Madrid?
"Certe offerte di ingaggio metterebbero in confusione chiunque. Ma Kakà è del Milan e lo resterà".

Basta per ripetere Atene?
"Siamo una squadra in età, ma so che cosa possiamo dare ancora. Il primo obiettivo è il Mondiale per club in Giappone: storicamente è difficile per il Milan. Poi a questo gruppo non farebbe male un altro scudetto".

Shevchenko o Pato o Bianchi: tutto qui?
"E' giusto che il Milan non si faccia prendere per il collo da nessuno".

Però, da 35 mila abbonati, con Ronaldinho si passerebbe a 70 mila: sponsor annessi, più di metà dell'operazione sarebbe già pagata.
"Sono abbastanza d'accordo. Il mercato, comunque, lo fanno Galliani, Ancelotti e ovviamente Berlusconi. Piuttosto bene, stando ai risultati".

I casi Nesta e Totti in Nazionale?
"Devono decidere con Donadoni. Certo, due così ci farebbero comodo. La Francia è un brutto avversario, tanto più per il mancato anticipo del campionato, anche se lamentarsi non serve più".

E lei, quando darà l'addio alla maglia azzurra?
"Finché non mi cacciano, non ci penso nemmeno. Ho in testa l'Europeo: impensabile che l'Italia non ci vada".

A fine carriera tornerà a Schiavonea?
"Se finisco nel Milan, la mia casa è quella. In quale ruolo non so, magari coi giovani".

E' il manifesto di un futuro mister?
"L'idea di allenare non mi dispiace. Appena rifanno il corso per il patentino di terza categoria a Varese, mi iscrivo. Non si sa mai, mi porto avanti col lavoro".

(8 luglio 2007) 

da repubblica.it
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