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Autore Discussione: PARTITO DEMOCRATICO (dopo il voto).  (Letto 22056 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Settembre 05, 2008, 09:27:51 pm »

Veltroni, via i partiti da Asl e Rai «Separare politica e gestione»

Il Pd: idea richiede cultura nuova


Fuori i partiti dalla Rai e dalle Asl. Televisione e sanità libere da briglie politiche che compromettono una buona gestione. È questo uno degli obiettivi perseguiti dal Pd, tanto che Walter Veltroni annuncia che «se si dovrà nominare un Cda per la Rai per quanto riguarda eventuali designazioni da parte del Partito Democratico, questi non saranno di parlamentari, ex parlamentari, ma solo di persone che vengono dalla società civile organizzata e con competenze nel campo della cultura, delle aziende, e dell'industria culturale».

Questa la svolta nelle intenzioni del segretario che è intervenuto al seminario della fondazione Scuola di politica a Bertinoro, diretta dal politologo e deputato Pd Salvatore Vassallo. «Separiamo la gestione dall'indirizzo, i compiti della politica da quelli della gestione amministrativa», ha detto Veltroni in una conversazione con gli iscritti alla scuola, radunati nel cortile della Rocca cinquecentesca di Bertinoro. «Ho chiesto a Salvatore Vassallo di lavorare questa estate attorno a una idea forza - ha spiegato - una proposta di legge che presenterò, come primo firmatario, alla Camera e che tende a togliere i partiti dalle Asl e dalla Rai».

Una risposta a chi accusa il Partito Democratico di procedere con una «marcia troppo bassa». Accuse che secondo Veltroni esprimono «ansia da prestazione per cui tutto deve essere fatto in qualche mese. Ma in quale paese accade questo? Noi - ha sottolineato - siamo gli unici bulimici». Mentre il Pd non è come «Fregoli in uno dei suoi più abili travestimenti, ma è un'idea nuova che richiede una cultura nuova».

Inoltre, all'interno del Partito Democratico si sentono troppi «io io». Bisognerebbe invece riscoprire il «noi», cioè «quello spirito solidale di squadra per cui si sta insieme quando si vince e anche quando si perde». Lo ha ricordato il leader del Pd Walter Veltroni rispondendo alle domande dei partecipanti della scuola di politica a Bertinoro. «Io sento tanti io, tutti dicono io e questo non lo trovi solo nei dirigenti nazionali, è tutto io», ha insistito Veltroni. «Il partito deve avere il gusto di usare un pò di più una parola che abbiamo dimenticata, perchè nel passato era oppressiva. Ora che non ci sono più le ragioni dell'oppressione dovremmo riscoprire la parola 'noi'. Mi piacerebbe che il Pd fosse quella casa in cui si ricostruisce un moderno noi, che non nega la bellezza del pluralismo», ed esprime lo spirito solidale di squadra. 

Ma lo spirito di squadra sembra latitare. Mentre il segretario parla a Bertinoro, dal palco della festa Democratica di Firenze Arturo Parisi sferra la stoccata: ««Il totale dei 300 giorni di Veltroni porta il segno meno; 100 giorni di Berlusconi sembrano avere il segno più». E aggiunge l'ex ministro della Difesa:  «Veltroni impari da Berlusconi - sostiene  - a tenere un filo e a svolgerlo nel tempo. Il Cavaliere ha imparato dai suoi errori e dovremmo imparare anche noi»

Ma Veltroni è consapevole delle difficoltà: «La sfida non è di un momento. Il Pd ha otto mesi di vita e tutti sono lì a dire: ancora non avete vinto? Come è possibile? Poi - ha aggiunto - vorrei capire quali sono le alternativa di linea, viste come sono andate certe cose nella politica italiana». La vocazione maggioritaria, ha detto ancora, «non è l'idea dell'esclusività nè del bipartitismo, è l'idea di un partito riformista che voglia fare da baricentro e senza il quale in Italia non ci sarà quel governo riformista di cui l'Italia ha bisogno».

E a proposito di riforme, Veltroni interviene sui provvedimenti presi dal Governo in materia di scuola. «Disinvestire sulla scuola, è questa la soluzione? Può essere anche utile ridurre gli insegnanti, non lo so, ma a fronte di che cosa? - chiede il segretario del Pd -. Parliamo di una scuola nuova, autonoma, parliamo di un progetto o è solo uno spot?». E cita l'ultima decisione di reintrodurre il grembiule per attaccare ancora: «Penso ci siano altre questioni più importanti».


Pubblicato il: 05.09.08
Modificato il: 05.09.08 alle ore 18.54   
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« Risposta #31 inserito:: Settembre 05, 2008, 09:29:35 pm »

Pd sull'orlo di una crisi di nervi: pronti a richiamare i leader storici per una scossa

 

ROMA (5 settembre) - Il Partito democratico è sull’orlo di una crisi di nervi o dello scioglimento, come oggi paventato su ”La Stampa” dal rutelliano Paolo Gentiloni. La prima Festa Democratica in corso a Firenze è diventata occasione di scontro tra dirigenti del neonato partito del centrosinistra, e di grandi elogi per esponenti della maggioranza e di altri partiti.

L’ex ministro Pierluigi Bersani aveva avviato la kermesse provando ad indicare al Pd e a tutta l’opposizione i temi prioritari del confronto con la maggioranza: crisi dei consumi, aumento dell’evasione fiscale, crisi dell’Alitalia, problema energetico, federalismo fiscale. La prima uscita dopo la pausa estiva Walter Veltroni l’ha invece riservata ad Obama e, in collegamento da Denver, ha raccontato il sogno democratico di portare per la prima volta alla Casa Bianca un afro-americano. La proposta del voto agli immigrati, fatta sempre dal leader del Pd al suo rientro in Italia, è quindi coerente, malgrado lo scarso entusiasmo con la quale è stata raccolta in Italia. Oggi il quotidiano dell’ex Margherita, "Europa", liquida il dibattito e approfondisce quello su Alitalia, tema sul quale il Pd sembra dividersi lasciando il sindacato di riferimento, la Cgil, in balia di ulteriori quesiti e contraddizioni.

La prospettiva del congresso appare archiviata, anche perché l’esperienza della festa di Firenze dimostra quanto lacerante sia il confronto interno, tanto più se dovesse essere anche giocato su numeri e percentuali congressuali. A ciò si aggiungono le rivelazioni di ”Panorama” di oggi che, rimandando all’epoca delle primarie, offrono il quadro della tensione interna al Pd e del clima di sospetti tra dirigenti e leader che la sconfitta elettorale ha ancor più amplificato.

Senza congresso anticipato e in attesa delle elezioni Europee, i precedenti leader di Ds e Margherita (D’Alema, Rutelli, Marini) potrebbero essere presto richiamati in ”servizio permanente effettivo” allo scopo di dare al Pd quella ”mossa” che con sempre maggior impazienza e disincanto sollecitano i militanti che in questi giorni affollano le vecchie feste dell’Unità. Se ciò dovesse avvenire, si tratterebbe di una notevole correzione di impostazione dello spirito originario del Pd, ma permetterebbe a Veltroni di condividere il risultato elettorale della prossima primavera.

da ilmessaggero.it
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« Risposta #32 inserito:: Settembre 06, 2008, 09:07:37 am »

6/9/2008 (7:Fico

L'ondata populista

Lega più Di Pietro al 20%
 
Un sondaggio choc gela Veltroni: il Pd non arriva più neanche al 30

FABIO MARTINI
ROMA


Talora ci sono numeri che riescono a scuotere anche i politici. E’ capitato l’altro giorno a Walter Veltroni, quando si è ritrovato sulla scrivania l’ultimo sondaggio riservato della Ipsos, l’unico istituto che periodicamente testa gli umori politici del popolo italiano. Ebbene, secondo quel sondaggio la Lega per la prima volta nella sua storia ha sfondato il muro del 10 per cento, ormai attestata sul 10,8%, una percentuale nazionale che ne fa anche il primo partito al Nord, grazie anche all’erosione di consensi ai danni del Pdl.

Dall’altra parte della barricata un boom parallelo accompagna la crescita dell’Italia dei Valori, il partito di Tonino Di Pietro, ormai a un passo da quota 9%, con un raddoppio di consensi rispetto al 4,4% delle Politiche. La contestuale escalation dei partiti populisti dei due schieramenti - assieme sfiorano quota 20% - ha contribuito ad addolcire un po’ la pillola a Veltroni: il suo Pd è al 29,8%, dunque in calo rispetto alle Politiche (33,1%), ma la caduta si colloca in un contesto che premia i partiti di «pancia», identitari, quelli dal messaggio più semplice e diretto e penalizza invece le forze più grandi, il Pd ma anche il Pdl.

Certo, è difficile consolarsi con l’«aria che tira». Anche perché con quei numeri lì Walter Veltroni rischia la pelle politica. Con la possibilità concreta di dover tirare le somme la sera del 9 giugno 2009, giorno delle elezioni europee. E infatti, dopo un’estate difficile e con una base sempre più smarrita, Veltroni ha capito che non basta ricominciare come se nulla fosse e ha deciso di giocarsi all’attacco i prossimi, decisivi nove mesi. Per questo il leader del Pd sta provando a preparare una energica ripartenza, scandita su tre tappe tenute assieme da un’idea di fondo: «Per crescere ancora, il Pd deve continuare a cambiare con lo slancio dei primi mesi e se possibile anche con maggior forza». Tradotto in soldoni significa che Veltroni è intenzionato a convocare in tempi stretti (nella prima metà di ottobre) l’Assemblea congressuale del Pd, presentarsi lì con un documento audace, innovativo su alcuni snodi programmatici, facendone la base di discussione per la Convention programmatica di inizio 2009, che dovrebbe diventare una sorta di Bad Godesberg della sinistra italiana.

Oggi il leader del Pd chiuderà la kermesse Democratica di Firenze, anziché col consueto comizio oceanico di fine festa dell’Unità, con un’intervista a Enrico Mentana, un format adatto a stare sui temi dell’attualità, mentre un discorso più impegnativo Veltroni intende farlo domenica 14 nella piazza di Montepulciano, a conclusione della prima Summer School organizzata dal Pd. Secondo un filo rosso che Giorgio Tonini, una delle punte della squadra veltroniana, spiega così: «Sui grandi temi del Paese e sui nostri tabù dobbiamo finalmente scolpire un profilo riformatore, non avendo paura di aprire una forte dialettica interna su qualcosa di “afferrabile” da parte della gente e concludendo la Convenzione programmatica con documenti chiari e non con una melassa unitaria che giocando sulle parole consenta a tutti di essere d’accordo. Se un partito ha le sue idee, su quelle negozi o rompi e la gente capisce, ma non possiamo continuare a barcollare».

Dunque, si aprono oggi a Firenze nove mesi decisivi per Walter Veltroni. L’opposizione al segretario - che ha in D’Alema, Marini e Parisi le sue punte di diamante - è frastagliata, mossa da motivazioni diverse. Ma Veltroni soffre assai la fronda, in questi giorni lo ha detto con una certa energia, attaccando tutti coloro che segano il ramo dell’albero sul quale abitano: «E’ un’idea ottocentesca di partito quella di discutere sempre tra di noi, con una bulimia del discutere per cui una discussione porta sempre un’altra discussione», mentre invece dopo 8 mesi «non si può avere l’ansia da prestazione». Ma quel che Veltroni dice in privato testimonia un risentimento forte, privo di spunti autocritici: «La verità è che dobbiamo recuperare la freschezza della prima fase, accelerare l’innovazione che ci ha portati fin dove siamo arrivati e temo che altri appuntamenti ci diranno quale risultato sia stato il 34 per cento». Come dire: se alle Europee andiamo indietro la colpa non è mia, ma di chi ha remato contro.

da lastampa.it
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« Risposta #33 inserito:: Settembre 07, 2008, 04:42:50 pm »

Veltroni, attacco a Berlusconi: «L'Italia mai stata così male»

A Parisi: «Basta sindrome da Tafazzi»


Un dialogo a distanza ravvicinata tra Walter Veltroni alla Festa democratica nazionale di Firenze e Massimo D'Alema chiamato a parlare sabato sera a parlare a quella di Pisa, a un'ottantina di chilometri più verso il mare. Veltroni parla con qualche ora di anticipo e risponde a Massimo D'Alema che in una intervista di qualche giorno fa aveva dato una sua disponibilità a rientrare negli organismi dirigenti del Pd per «dare una mano». «Va benissimo, tutti dobbiamo essere nelle condizioni di dare una mano e lavorare in squadra». Ma l'intervento del segretario del Pd tocca molti altri nodi caldi dell'agenda politica. Primo fra tutto il tipo di opposizione da mettere in campo in questa ripresa autunnale. Già al mattino Veltroni aveva confermato l'appuntamento per una grande manifestazione il 25 ottobre a Roma. Nel discorso dalla prima Festa nazionale sotto i simboli del nuovo partito continua a ripetere che è ben lungi dall'alzare bandiera bianca. «Torneremo a vincere a viso aperto, senza colpi bassi, ma su un'idea migliore di società».
Avverte come serpeggi in Italia «un pensiero unico opprimente di fronte a cui non ci dobbiamo piegare ma avere il coraggio di andare avanti anche controcorrente».


A proposito della riforma della giustizia, Veltroni ha aggiunto: «Le riforme non si fanno contro i magistrati ma con i magistrati, difendendone l'autonomia e l'indipendenza». Un tempo - anche se ammette di essersene accorto con ritardo - c'era un pensiero unico di sinistra. Ora è diversa la situazione, opposta. E uno dei vizi del centrosinistra è che quando perde le elezioni entra in uno psicodramma infinito. «Poi bisogna ricominciare sempre tutto da capo. Per chi lo dice è depressivo ma per fortuna c'è la gente che è più avanti e che ha voglia di una riflessione serena». Ora basta con la sindrome Tafazzi, come la chiama anche il suo intervistatore Enrico Mentana. «Bisogna essere orgogliosi dei risultati ottenuti dal Partito democratico». Alla destra Veltroni invidia proprio questo essere immune dalla sindrome autolesionista. Per cui «quando perde non comincia una cosa devastante, ma si rimbocca le maniche e torna a vincere». Primo, l'orgoglio per il 34% delle elezioni politiche. «È l'unica cosa che vorrei guardassimo con interesse», aggiunge.


Per questo considera un'offesa grave essere paragonato in negativo a Berlusconi. Il riferimento è al recente intervento dell'ex ministro della Difesa del governo Prodi Arturo Parisi che ha magnificato i primi cento giorni di Berlusconi. Un'offesa anche a tutto il popolo del Pd, per Veltroni.


Risponde anche ad altre sollecitazioni critiche, il segretario. Ad esempio conferma la fiducia a Matteo Colaninno, ministro ombra per lo Sviluppo economico nel governo Pd, che è stato criticato per le mancate dimissioni dopo la nomina del padre a presidente di Alitalia. «Ho detto a Matteo: stai tranquillo e vai avanti», dice a Mentana.


«In un Paese in cui il conflitto di interessi è spaventoso e il presidente del Consiglio possiede mezzo Paese - sottolinea- dire che il problema è che Matteo Colaninno fa il ministro-ombra è una cosa da matti». E non c'è solo il conflitto d'interesse, Veltroni rimprovera al premier anche le leggi ad personam.

«Berlusconi ha questa idea della giustizia: se mi accusano per un reato io cambio la legge per farlo decadere», ricorda il segretario del Pd, secondo il quale, invece, bisognerebbe «garantire un sistema della giustizia equo per tutti» e perciò «la prima cosa da fare dovrebbe essere far funzionare la giustizia civile». E poi se si vuole riformare il sistema si deve fare «con i giudici e non contro».

È legittimo che Antonio Di Pietro «abbia cavalcato quella tigre della Giustizia ma noi siamo diversi», prende poi a dire distanziandosi dalla campagna intrapresa dall'Italia dei Valori.


E cerca di ricostruire la storia dei rapporti con il partito dell'ex pm di Mani pulite. L'accordo con l'Idv di Antonio Di Pietro per le elezioni di aprile era stato «voluto da tutti». L'ex pm «aveva sottoscritto il nostro programma e si era impegnata a fare un gruppo unico. Dopo l'elezioni è venuto da noi e ha detto no e, visto che mi fanno spesso lezione di coerenza, è giusto dire che Di Pietro ha tradito e stracciato quel patto preso con gli elettori».


Per Walter Veltroni, l'Italia è in questo momento un Paese «ammalato» in modo così grave quanto «mai è stato ammalato nella sua storia». Il governo Berlusconi continua a parlare di tutto «meno che del problema che riguarda le case di 60 milioni di italiani, ossia come arrivare a fine mese». Per il leader del Pd, infatti, il governo italiano, davanti alla crisi internazionale, «fa il contrario di tutto quello che viene fatto negli altri Paesi» per risolvere i problemi dell'inflazione e del rincaro dei generi di prima necessità, dal pane all'energia fino alla benzina. Ed è da questo che intende ripartire. Annuncia infatti una proposta che chiama «pacchetto famiglia» che prevede un assegno di 2 mila e 500 euro per famiglie incapienti, un credito d'imposta rimborsabile per incentivare le donne al lavoro, il potenziamento delle detrazioni pari al 19% dell'affitto e l'innalzamento al 23% della quota del tasso detraibile sul mutuo. Di questo per Veltroni si dovrà parlare - e fare - nei prossimi mesi.

Pubblicato il: 06.09.08
Modificato il: 06.09.08 alle ore 22.20   
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« Risposta #34 inserito:: Settembre 07, 2008, 04:44:22 pm »

POLITICA

Il segretario del Pd chiude la festa Democratica a Firenze.

Oltre tremila persone applausi e standing ovation per il segretario che dopo le tensioni torna al bagno di folla

Veltroni a Parisi: "Hai offeso il Pd"

E Berlusconi "alza le tasse"

Nel 2010 "più alte dello 0,2%". Il governo "lascerà macerie dopo i fuochi d'artificio"

Attacco a Di Petro: "Ha tradito". E a Rc: "Aveva rapporti con le Farc"


di CLAUDIA FUSANI

 

FIRENZE - Doveva essere un po' l'esame generale dopo l'estate dei veleni, dei "rami tagliati all'albero dello stesso Pd", delle domande senza risposta e delle "scosse" che non arrivano, con D'Alema e Red da una parte, Parisi dall'altra e una miriade di polemiche locali, da Torino alla Sardegna, passando per Firenze Veltroni lo sapeva e alla chiusura della prima festa Democratica è arrivato teso, sereno ma preoccupato. Si giocava molto oggi, per se stesso e per il partito.

Missione compiuta, emozione mescolata a passione, lacrime forse no ma sudore tanto. Ed è difficile dire dove finisce il secondo e cominciano le prime. Veltroni ha dato la carica, ha saputo trovare le parole giuste per dire "ripartiamo", ridare "orgoglio" e "speranza" e chiamare a raccolta "il più grande partito riformista". Il problema non erano le parole, con cui Veltroni è abilissimo. Il punto era quanto quelle parole avrebbero potuto convincere. Tremila persone accalcate, posti in piedi e in terra, a 33 gradi con un tasso di umidità altissimo, standing ovation e applausi da spellare le mani, la coda per l'autografo sulle melodie dei Cold Play, raccontano di una sintonia difficile in una piazza, come quella fiorentina, appassionata, che non fa sconti e pretende fatti. E i "fatti", le risposte, sono arrivate. Sulla cose da fare, salari, famiglie, scuola, giustizia, ambiente e sicurezza. Sul partito che non è più liquido e quindi "tutti diano una mano" e sul suo ceto politico ("voglio coinvolgere tutti i dirigenti") a cominciare da D'Alema per finire con Parisi contro cui Veltroni punta il dito: "Non voglio un partito antiberlusconi ma neppure dirigenti filo-Berlusconi". Risposte anche sulle alleanze di ieri, oggi e domani: "Di Pietro ha tradito il patto con gli elettori"; con l'Udc "va bene il dialogo" ma "no al pressing su Casini". A Rifondazione, con cui dialoga, il segretario dice: "Sono allibito per il rapporto con le Farc". Perché in fondo il Pd ha davanti a sé una marcia lunga, il traguardo non sono le Europee (a giugno 2009) ma le prossime elezioni politiche.

Veltroni scalda i muscoli in mattinata. Il segretario arriva alla Fortezza da Basso intorno alle dieci di mattina. Non aveva ancora messo piede alla Festa Democratica, anno primo dopo la festa dell'Unità, tra gli stand e nei vialetti che in due settimane hanno ospitato più di un milione di persone. Veltroni aveva in programma un incontro "tecnico" con i dirigenti locali ma alla fine improvvisa un comizio di circa cinquanta minuti. Per dire: "Il partito democratico non è un partito né di ex né di post ma di democratici e di democratiche", "non è un'assemblea di reduci che sta insieme per contrastare la malinconia". Soprattutto "non alza bandiera bianca". Come invece vorrebbe qualcuno. Poi se ne va a Cortona per il matrimonio di Jovanotti. Torna alle sei, come previsto.

"Un paese senza guida e senza baricentro". Ore 18, due poltroncine sul palco verde e metallo, da una parte Veltroni, dall'altra Enrico Mentana, davanti una platea per 2.500 persone. A mezzogiorno i posti erano già tutti occupati. Centinaia di persone trovono posto in terra, fuori, altre seggiole, altre panche. Comincia così la campagna d'autunno del Pd. Prima con la critica del governo che "lascia il paese senza guida e quando si spengeranno i fuochi d'artificio resteranno solo macerie"; e del premier che "nei primi cinque mesi ha pesnato solo a risolvere i suoi problemi". Poi indicando la rotta di una navigazione "complessa" a cui però non ci sono alternative: "Nel momento in cui il progetto del Pd andasse in crisi, nel centrosinistra si apre una diaspora difficilmente conciliabile". Avanti tutta, quindi, "col gioco di squadra". Nelle prime file Rosy Bindi, Vannino Chiti, Michele Ventura, Lapo Pistelli accanto a Grazioni Cioni che scalpita per diventare sindaco e nei pressi di Leonardo Domenici che in primavera lascerà Palazzo Vecchio dopo dieci anni. L'appuntamento più importante è la manifestazione del 25 ottobre, "una grande manifestazione, inusuale forse perché dirà tanti no ma anche qualche sì". Servono pazienza e sangue freddo perché "tutte le svolte hanno bisogno di tempo, non si fanno 800 metri col fiato dei 100...".
 
Bagno di folla dopo due ore di intervista-comizio

Parisi "offende" la base del Pd, Di Pietro "ha tradito", D'Alema faccia squadra. Prima di dire le cose da fare "fuori" dal partito, Veltroni cerca di fare chiarezza dentro il partito. A cominciare da Arturo Parisi che ieri aveva criticato il governo ombra del Pd ed elogiato il governo Berlusconi. "Molti dirigenti del Pd sparano bordate per finire sui giornali senza preoccuparsi se il corpo collettivo del partito subisce danni" dice Veltroni. E comunque, Parisi "ha offeso il 34 per cento degli italiani", quelli che hanno votato Pd. Toni altrettanto duri contro Di Pietro. Perché ti sei alleato con lui, gli chiede Mentana. "Per dare l'idea di essere più forti e vincenti. Poi Di Pietro aveva sottoscritto un programma e accettato di fare gruppo parlamentare unico. Quando ha visto che aveva i numeri per andare per conto suo, ha scelto di tradire...". Un paio di messaggi anche per D'Alema. Il primo: "Bene discutere, dare vita ad organismi e associazioni - dice Veltroni - ma il tesseramento quello no, anche perché deve essere uno solo. E soprattutto a un certo punto la discussione deve finire". Il secondo: "Voglio coinvolgere tutti i dirigenti, ma certo, purché tutti diano veramente una mano e facciano squadra". Sufficiente per l'ex ministro degli Esteri che ha chiesto di essere coinvolto?

Famiglia, scuola, giustizia, sicurezza: ecco le risposte. "Questo governo - attacca Veltroni - non sa parlare del primo problema di ogni famiglia: i salari". E' l'avvio del capitolo delle cose da fare. Il governo-ombra presenterà un pacchetto per la famiglia che prevede "un assegno di 2 mila e 500 euro per famiglie incapienti, un credito d'imposta rimborsabile per incentivare le donne al lavoro, il potenziamento delle detrazioni pari al 19% dell'affitto e l'innalzamento al 23% della quota del tasso detraibile sul mutuo". Poi la scuola ("l'unica cosa che funziona sono le elementari e tagliano i maestri"), l'ambiente, la sicurezza. "Quanto ci abbiamo messo, noi a sinistra, per capire che se un cittadino chiede sicurezza non è di destra?" si rammarica Veltroni. E quindi a chi arriva da lontano, senza documenti, "va stretta la mano" e "mostrato il pugno di ferro". Senza dimenticare mai che "è prima di tutto mio fratello". Pubblico in piedi per un lunghissimo applauso. E ancora, "lotta all'evasione fiscale con parallela riduzione delle tasse visto che il governo ha detto che non potrà farlo per i prossimi cinque anni". Anzi, "le tasse cresceranno dello0,2% nel 2010". E la riforma della giustizia. "Berlusconi - dice - la intende così: cambia la legge se è accusato. Noi vogliamo fare le riforme con i magistrati e con gli avvocati no contro". Su questo punto, comunque, il Pd "non dirà solo dei no". E' la risposta all'appello di Napolitano. E a quello che hanno dichiarato nei mesi estivi D'Alema e Violante.

Alleanze "non contro qualcuno ma su qualcosa". C'è una percentuale che aleggia sulla giornata e sulla festa, un sondaggio pubblicato da La Stampa che piazza il Pd sotto il 30 per cento. Veltroni non capisce "dove sia lo schock" visto che "in Europa la sinistra ovunque perde voti e gli unici che crescono siamo noi''. Detto questo, inutile parlare ora di alleanze, "usciamo dal politichese, torniamo a parlare alle persone, ai cittadini". Con L'Udc c'è "un dialogo" e "io incontro tutti i leader politici". E' più di una frecciata quella contro Rifondazione di Paolo Ferrero: "Resto allibito: un anno fa, quando l'Unione era al governo, alcuni di loro erano in contatto con le Farc. E noi ci si mobilitava per la liberazione di Ingrid Betancourt, prigioniera delle Farc".

Follini dice che "oggi Veltroni s'è scrollato la polvere della sconfitta". La maggioranza sorride da lontano e parla di un leader dell'opposizione "in confusione". La tensioni interne, almeno per un giorno, sembrano congelate. Presto per dire missione compiuta. Ma il Pd oggi sembra aver ritrovato una strada.

(6 settembre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #35 inserito:: Settembre 07, 2008, 04:54:08 pm »

6/9/2008 (7:Fico

L'ondata populista

Lega più Di Pietro al 20%
 
Un sondaggio choc gela Veltroni: il Pd non arriva più neanche al 30

FABIO MARTINI
ROMA


Talora ci sono numeri che riescono a scuotere anche i politici. E’ capitato l’altro giorno a Walter Veltroni, quando si è ritrovato sulla scrivania l’ultimo sondaggio riservato della Ipsos, l’unico istituto che periodicamente testa gli umori politici del popolo italiano. Ebbene, secondo quel sondaggio la Lega per la prima volta nella sua storia ha sfondato il muro del 10 per cento, ormai attestata sul 10,8%, una percentuale nazionale che ne fa anche il primo partito al Nord, grazie anche all’erosione di consensi ai danni del Pdl.

Dall’altra parte della barricata un boom parallelo accompagna la crescita dell’Italia dei Valori, il partito di Tonino Di Pietro, ormai a un passo da quota 9%, con un raddoppio di consensi rispetto al 4,4% delle Politiche. La contestuale escalation dei partiti populisti dei due schieramenti - assieme sfiorano quota 20% - ha contribuito ad addolcire un po’ la pillola a Veltroni: il suo Pd è al 29,8%, dunque in calo rispetto alle Politiche (33,1%), ma la caduta si colloca in un contesto che premia i partiti di «pancia», identitari, quelli dal messaggio più semplice e diretto e penalizza invece le forze più grandi, il Pd ma anche il Pdl.

Certo, è difficile consolarsi con l’«aria che tira». Anche perché con quei numeri lì Walter Veltroni rischia la pelle politica. Con la possibilità concreta di dover tirare le somme la sera del 9 giugno 2009, giorno delle elezioni europee. E infatti, dopo un’estate difficile e con una base sempre più smarrita, Veltroni ha capito che non basta ricominciare come se nulla fosse e ha deciso di giocarsi all’attacco i prossimi, decisivi nove mesi. Per questo il leader del Pd sta provando a preparare una energica ripartenza, scandita su tre tappe tenute assieme da un’idea di fondo: «Per crescere ancora, il Pd deve continuare a cambiare con lo slancio dei primi mesi e se possibile anche con maggior forza». Tradotto in soldoni significa che Veltroni è intenzionato a convocare in tempi stretti (nella prima metà di ottobre) l’Assemblea congressuale del Pd, presentarsi lì con un documento audace, innovativo su alcuni snodi programmatici, facendone la base di discussione per la Convention programmatica di inizio 2009, che dovrebbe diventare una sorta di Bad Godesberg della sinistra italiana.

Oggi il leader del Pd chiuderà la kermesse Democratica di Firenze, anziché col consueto comizio oceanico di fine festa dell’Unità, con un’intervista a Enrico Mentana, un format adatto a stare sui temi dell’attualità, mentre un discorso più impegnativo Veltroni intende farlo domenica 14 nella piazza di Montepulciano, a conclusione della prima Summer School organizzata dal Pd. Secondo un filo rosso che Giorgio Tonini, una delle punte della squadra veltroniana, spiega così: «Sui grandi temi del Paese e sui nostri tabù dobbiamo finalmente scolpire un profilo riformatore, non avendo paura di aprire una forte dialettica interna su qualcosa di “afferrabile” da parte della gente e concludendo la Convenzione programmatica con documenti chiari e non con una melassa unitaria che giocando sulle parole consenta a tutti di essere d’accordo. Se un partito ha le sue idee, su quelle negozi o rompi e la gente capisce, ma non possiamo continuare a barcollare».

Dunque, si aprono oggi a Firenze nove mesi decisivi per Walter Veltroni. L’opposizione al segretario - che ha in D’Alema, Marini e Parisi le sue punte di diamante - è frastagliata, mossa da motivazioni diverse. Ma Veltroni soffre assai la fronda, in questi giorni lo ha detto con una certa energia, attaccando tutti coloro che segano il ramo dell’albero sul quale abitano: «E’ un’idea ottocentesca di partito quella di discutere sempre tra di noi, con una bulimia del discutere per cui una discussione porta sempre un’altra discussione», mentre invece dopo 8 mesi «non si può avere l’ansia da prestazione». Ma quel che Veltroni dice in privato testimonia un risentimento forte, privo di spunti autocritici: «La verità è che dobbiamo recuperare la freschezza della prima fase, accelerare l’innovazione che ci ha portati fin dove siamo arrivati e temo che altri appuntamenti ci diranno quale risultato sia stato il 34 per cento». Come dire: se alle Europee andiamo indietro la colpa non è mia, ma di chi ha remato contro.

da lastampa.it
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« Risposta #36 inserito:: Settembre 08, 2008, 09:51:24 am »

L'accordo obbligato


di Dario Di vico


Il Pd non è contrario al raggiungimento di un accordo tra Confindustria e sindacati sulla nuova contrattazione.
Anzi per quanto è andato in scena a Cernobbio si può tranquillamente affermare che Walter Veltroni, Enrico Letta e Piero Fassino, presenti in riva al lago auspicano caldamente che la Cgil non si sfili, che Guglielmo Epifani alla fine firmi l'intesa per modernizzare gli storici accordi del '93. Il segnale (criptato) di disponibilità lo ha dato Veltroni affermando davanti alla platea degli imprenditori che bisogna «rafforzare la contrattazione aziendale territoriale ». Gli esponenti del Pd sanno benissimo che, pur estraneo alla trattativa, il governo Berlusconi si avvantaggerà dal raggiungimento di un'intesa tra le parti sociali. Potrà rivendicare l'attivismo del ministro Maurizio Sacconi e sostenere che sotto il governo Prodi industriali e sindacati non erano arrivati a capo di nulla. Allora perché il Pd incoraggia (o addirittura prega) la Cgil a firmare? Veltroni & C. temono per le sorti dell'unità sindacale. Un accordo separato tra la Confindustria e le sole Cisl e Uil rappresenterebbe comunque un successo per il governo e produrrebbe a sinistra il doppio inconveniente della rincorsa alla piazza e della radicalizzazione della Cgil.

Ma, diplomazia sindacale a parte, si ha l'impressione che nei gruppi dirigenti del Pd siano sopravvenuti ragionamenti di portata più ampia. Vedono il governo macinare politica, proporre soluzioni per rifiuti e Alitalia, dialogare sempre più fittamente con l'establishment e ne traggono la conseguenza che la risposta non può consistere nella somma tra petizione «salva l'Italia» e manifestazione del 25 ottobre. Sono maturate così negli ultimi giorni scelte importanti: Fassino ha appoggiato l'azione del ministro Franco Frattini nella crisi georgiana, con Luciano Violante è ripartita una vera riflessione su politica e giustizia, sul federalismo fiscale il confronto maggioranza- opposizione è diventato moneta corrente. E ora si aggiunge la contrattazione decentrata. Ma un partito d'opposizione può pensare di crescere elaborando solo (meritorie) convergenze con il governo? Certo che no. Alla disponibilità al dialogo dovrà presto o tardi affiancare un robusto pacchetto di divergenze, o meglio una piattaforma politico- culturale alternativa e competitiva. Anche chi consiglia a Veltroni di coltivare le arti del confronto non gli chiede certo di rinunciare all'anima. Ed è qui il vero punto dolente. Si può ricominciare a macinare politica applicandosi a singoli dossier, ma per ridarsi un'anima non basta la ragioneria politica. Il contributo che può venire dalle sinistre europee è vicino allo zero e i laburisti inglesi messi di fronte allo stesso problema stanno pensando addirittura di richiamare Tony Blair, il Pd non ha nemmeno questa chance.

08 settembre 2008

da corriere.it
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