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« Risposta #2 inserito:: Aprile 22, 2008, 12:26:15 pm » |
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Politica
Il segretario di Pavia Mura: «Non siamo giustizieri del Ku Klux Klan ma vigilanti attivi»
Il fattore «campi Rom» e la Lega
Il sindaco di Opera Ettore Fusco: «La sinistra ha pagato per il suo buonismo che poi era lassismo»
Non ci sono fucili, asce, tomawak nella riserva indiana tra l'Olona e il Lambro, ma solo inferriate aguzze intorno alle villette e qualche cane sul cancello che digrigna i denti; sono spariti i manifesti degli Sioux e tra Landriano, Vidigulfo e Torrevecchia oggi sui muri sorride il poster di Berlusconi, «Grazie, un successo straordinario», ma in piazza c'è il gazebo della Lega.
«Non mollate», urla un pensionato: l'altra notte hanno rubato in una casa e si è sparsa la voce, sono entrati di notte, la famiglia era a letto, hanno anche aperto una bottiglia di vino. Rom, romeni, clandestini: sempre loro. La paura gonfia l'urna leghista, raddoppia e triplica i consensi nei paesi di frontiera dove il piccolo benessere è infranto da incursioni e ruberie: l'impunità fa rabbia, la gente non si fida più. «E noi siamo ancora qui», dice Roberto Mura, segretario provinciale a Pavia, seimila chilometri di campagna elettorale, quasi quattromila voti per il Senato, «non molliamo, perché questo è il nostro compito. Siamo gli unici a parlare di sicurezza, senza imbarazzi».
Dove c'è una baraccopoli, un'occupazione irregolare, un campo nomadi abusivo, i leghisti scandiscono slogan, organizzano proteste, indossano il fazzoletto verde e accendono i lampeggianti per le ronde padane, «le ho fatte anch'io— racconta Mura— ce le chiede la gente, anche qualche imprenditore. Non siamo giustizieri del Ku Klux Klan, facciamo solo capire che esiste un presidio, una vigilanza attiva. La polizia non ce la fa, gli organici non bastano». San Genesio, appena più avanti, è un avamposto dove senti forte la voglia di dire basta. Nel Duemila volevano mettere i cancelli antirapina: 47 assalti nelle case in meno di tre mesi. Mura fa anche il sindaco. «Questa provocazione dei cancelli ce la portiamo dietro, come i luoghi comuni del leghista un po' rozzo, qualunquista e razzista. Io faccio l'imprenditore, ho la maturità scientifica, ritengo di non puzzare. Ho amici bosniaci, prendo il caffè con loro, so che bisogna convivere con l'immigrazione ma rispettando le regole. La Lega lo ripete da quindici anni, oggi viene premiata la coerenza e la chiarezza di un progetto che difende il territorio». Al bar sulla strada principale, il titolare Rocco Cua si scalda: «Che siano razzisti o marziani io li ho votati perché sulla sicurezza dicono quello che vogliamo sentirci dire: dentro chi lavora, fuori i mascalzoni ». Il bar ha le grate di una prigione, le saracinesche blindate, un antifurto satellitare. Coprifuoco di sera: alle 20 tutti a casa. Non c'è più il popolo dello scopone dopocena. «A una certa ora si fermano solo zingari e clandestini, preferisco chiudere».
La linea del malessere finito nell'urna porta verso Rozzano, Opera, Pieve Emanuele, verso le baraccopoli milanesi dove si accumulano le vite di scarto dei rom, i campi profughi per disperati, sudici depositi di merce rubata, gomme, parafanghi e materassi. Anche qui è un marcia trionfale: la battaglia contro il campo nomadi a Opera ha portato la Lega dal 4,75 al 12,4 per cento. Ettore Fusco, 38 anni, è il sindaco del paese, protagonista di una battaglia finita nel rogo della tendopoli che doveva ospitare i rom. L'hanno accusato di istigazione a delinquere per quella sera, aveva detto in consiglio «andiamo tutti e resistiamo, gli interessi dei cittadini non sono quelli della solidarietà ai nomadi». Pentito? «Sono stato prosciolto, in certe situazioni c'è sempre qualche scalmanato. Ma senza reagire finisce che i clandestini entrano nelle nostre case, è sempre peggio. E se ti opponi rischi la galera...». La gente non ce la fa più, spiega Fusco, «e ce lo viene a dire. La sinistra ci ha marciato con questi poveracci, con il buonismo che poi era lassismo. Li volevano iscrivere ai sindacati, pensavano di farli votare: chi si occupa di campi nomadi è sempre della sinistra radicale. Noi abbiamo fatto una sommossa contro i rom , loro li volevano in casa. E così a Opera il centrosinistra è sceso dal 63 al 43 per cento». I rom ci hanno fatto una propaganda incredibile, spiega il sindaco. «Hanno rilanciato il nostro progetto, non la solita protesta: il federalismo. Così il cittadino vede se ti dai da fare per lui oppure no. Oggi non si capisce mai di chi è la colpa...».
La periferia milanese soffre. Ci sono asili assediati, ospedali che denunciano un boom di furti, cittadini che chiamano ogni giorno polizia e carabinieri. Matteo Salvini, neoeletto in Parlamento, è dappertutto con il suo megafono, come un cane da polpaccio: «Ci votano per questo, non perché siamo chic. E andremo fino in fondo in Parlamento con il nostro progetto». A Milano, in via Dudovich, zona Gratosoglio, c'è una nuova favela, vecchi e bambini vivono tra topi e scarafaggi. Don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità, è in trincea da anni, cerca di conciliare accoglienza e legalità. «Sui campi rom diciamo come la Lega che non ci devono essere. Sono disumani. Ma è diversa la strategia sul che fare. Gli sgomberi non bastano, spostano solo il problema più in là. Serve un rigoroso progetto di accoglienza e bisogna disinnescare il clima elettorale». Diecimila nomadi intorno a Milano sono troppi, «vanno oltre le nostre possibilità», spiega il presidente della Provincia Penati, partito democratico: da sindaco di Sesto sui rom aveva avuto una linea simile a quella della Lega. Allora era isolato nel Pci. Adesso è un'avanguardia del partito del Nord. Ma la Lega ha già portato via i voti.
Giangiacomo Schiavi 21 aprile 2008
da corriere.it
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