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Autore Discussione: Marcorè: «Buona idea, regalo “l’Unità” a chi è indeciso»  (Letto 2590 volte)
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« inserito:: Aprile 12, 2008, 12:46:09 am »

Marcorè: «Buona idea, regalo “l’Unità” a chi è indeciso»

Stefano Miliani


Più che dall’alto della sua statura, -è fisicamente alto anche se di suo non sfiora i 5 metri come quando imitava Fassino salendo sui trampoli-, Neri Marcoré osserva l’Italia da altezze molto quotidiane, terrene. Va nei teatri con il suo omaggio a Gaber Un certo signor G., conduce Per un pugno di libri la domenica pomeriggio su Raitre con i ragazzi delle scuole. A dirla alla Moretti vede gente, fa cose, ma non sarebbe preciso, semplicemente sta in contatto con questo paese... Mentre torna in auto da un incontro in un comune marchigiano l’attore - con auricolare incollato al timpano - accoglie volentieri la proposta del nostro giornale: «Sì, domenica compro due copie de l’Unità: è un gesto simbolico e una buona idea, così, oltre tutto, regalo una copia a chi è indeciso».

Perché una buona idea?
«Perché è fondamentale informarsi. Spesso vedo prendere posizione per un retaggio di pigrizia, non si approfondiscono le cose quando invece è necessario andarci dentro, capire cosa si propone, ascoltare questo e quello. Visto che si parla di indecisi, a mio parere bisogna ascoltare tutti, nei comizi, o in tv, o sui giornali...»

Partiamo dai ragazzi che vengono a «Per un pugno di libri»: anche se sono gli adolescenti interessati ai libri, che sensazione ti danno di questa Italia di precariato diffuso dove tanti se non i più ritengono che se non sei amico di qualcuno non trovi lavoro?
«Più che di questa Italia posso dire quale sensazione danno questi ragazzi: di entusiasmo. Che mostrano quando si dà loro l’opportunità uno stimolo. Troppo spesso - perché fa comodo o semplicemente per pigrizia - si descrivono i giovani come una generazione di nullafacenti, svogliati, ignoranti. Non sono mai d’accordo con questo quadro: quando hanno spazio e sono messi davanti a responsabilità commisurate alla loro forza i ragazzi sono capaci di tirar fuori risposte sorprendenti».

Quando, per esempio?
«Ad esempio alla trasmissione sui libri spesso sono loro che scelgono di partecipare, non solo i prof. Ho trovato entusiasmo e sentito tirar fuori belle idee a un concorso musicale organizzato dall’ufficio scolastico regionale delle Marche dove si parlava di Europa unita; a un incontro sui desaparecidos nel Comune di Sant’Elpidio tempo fa ho ascoltato domande e informazioni profonde e sorprendenti. La maggior parte dei ragazzi, se gli viene data fiducia, risponde adeguatamente. Anche laddove pesano contesti sociali difficili, di povertà o malavita, se si va lì a seminare e vi si mettono energie, cura, amore e tempo, si ottengono risultati sorprendenti e virtuosi perché modificano quel tessuto a cui fino a quel momento si era abituati».

E se vogliamo trasferire il discorso alle elezioni...?
«Restando sui giovani sono contento che il Pd ne abbia scelti nelle sue liste. Questo porterà sicuramente una nuova visione in un Parlamento vecchio dove ci vuole esperienza sì come ci vogliono nuove leve: saranno meno esperte ma avranno tanta energia da dare».

Facciamo un’ipotesi: domenica vince il Pd. Quali punti vorresti vedere realizzati per primi?
«Talmente tutto è emergenza che è difficile dire quale è la prima cosa da fare. Forse ristabilire l’armonia tra tutti. Non copio Veltroni, lo penso da tempo, sono stufo di questo clima di odio, di muro contro muro, genera violenza».

Però prima Bossi, e poi dalla Sicilia, in casa Pdl hanno parlato di fucili, Berlusconi parla preventivamente di brogli: un po’ difficile esserci in armonia...
«Appunto, questa politica per me è inaccettabile, non ne posso più. L’unica risposta è votare in un altro modo. Se anche avessi votato per loro sarei stufo di questi atteggiamenti».

Tanti sembrano incerti se votare o meno.
«Appena caduto Prodi, all’ennesimo ingoiare quel rospo, a parecchi di noi sono cascate le braccia. Per i veti incrociati in una coalizione troppo estesa non si portava avanti niente: quel che andava bene a sinistra non andava bene al centro e viceversa. Veltroni lo ha riconosciuto e proponendo un partito che corre da solo credo abbia risvegliato in molti la voglia di crederci ancora. Se si ripresentava, una coalizione di centro sinistra avrebbe preso il 30%. Il Pd ha riacceso le speranze. Anche oltre i contenuti: in questo modo chi governa prende la responsabilità, nel bene e nel male, di ciò che fa. Se farà bene sarà rieletto se no sostituito. È successo in Spagna, in Francia, qua non ci riusciamo perché se qualcosa non va è sempre colpa dell’altro e di nessuno. Il modello di Veltroni è diverso: se governa il Pd prenderà decisioni che saranno valutate dai cittadini. Ha restituito entusiasmo a chi 3 mesi fa diceva di non andare più a votare visto che anche un governo di centro sinistra non aveva fatto niente. Aggiungo che sentire un deputato parlare di fucili, sarà anche una metafora ma non è il linguaggio della politica».

E se vince Berlusconi cosa temi?
«Non temo l’Apocalisse. Sarò pronto a riconoscerne i meriti, se farà bene. Però cosa significa rivendicare di aver governato 5 anni? Come se la quantità di tempo fosse un successo senza analizzare i contenuti. In quei 5 anni hanno fatto 130 riforme? Bene, ma quali? Con quali effetti? Ne hanno goduti tutti? Si ricordano leggi vergogna e poco altro, il resto poteva farlo un qualsiasi governo tecnico. Durante Berlusconi abbiamo vissuto nel paese delle meraviglie? Ci ricordiamo com’eravamo messi due mesi prima che Prodi si insediasse a Palazzo Chigi?».

E dopo che si è insediato?
«Chi fa fatto il miracolo di portare avanti l’amministrazione dello Stato nonostante le difficoltà, nonostante una compagine di governo troppo larga, a mio giudizio è stato proprio lui: Prodi. Piuttosto: votiamo e non sappiamo se fra 6 mesi rivoteremo perché, con questa legge elettorale una maggioranza è impossibile».

Pubblicato il: 11.04.08
Modificato il: 11.04.08 alle ore 15.25   
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 12, 2008, 04:18:28 pm »

Jovanotti: cara Unità domani faccio il pieno

Toni Jop


Sentite questo pensiero, è quasi una canzone, un mezzo rap: «Mettiamola così, io sono di sinistra ma...c’è stato in Italia un momento particolare, un momento forte e chiave. Quella intuizione di Moro e Berlinguer...una intuizione giusta...frenata come i fatti che cambiano la storia...da una pallottola, la stessa che ha ucciso Kennedy. Io sono di sinistra, ma penso che il paese...»: contenti? Manca la musica ma il testo è di Jovanotti, anzi, non è neppure un testo nel senso programmatico del termine, gli è venuta fuori così mentre si parlava del più e del meno. Lorenzo è un tipo strano, per questa Italia nevrastenica, sempre più in bilico tra depressione ed euforia. Distante da questa sindrome binaria, si muove con saudade brasilera nell’onda delle nostre cose e ne rintraccia il ritmo, un rap appoggiato a un feeling che sa di samba. È all’incrocio tra queste due scritture dell’anima che costruisce le sue cellule poetiche, quasi transistor con due ingressi e una uscita: speranza e delusione, i primi due, tenerezza l’uscita. Cellule non immediatamente anti-sistema, ma preziosi salvagenti e in quanto tali resistenze allo spasmo del sistema che pretende un riciclaggio veloce e senza tentennamenti della materia umana. In altre parole: il cinismo sovrano ti stomaca? Ascolta Jovanotti e la nausea ti passa, almeno per un po’, senza perdere lucidità, anzi...e questo è il tempo che volevano portarti via...

Lorenzo, dicevi di Moro e Berlinguer. Va bene, vai avanti...

«Niente, ho seguito in tv, l’altra sera, un vecchio discorso di Moro. Toni datati, è vero, ma i contenuti no: parlava di uno Stato che fa le leggi e lascia libertà ai cittadini all’interno di un sistema di regole condivise. Nulla di meno ideologico, un gran senso pratico della politica figlio di una visione forte...».

Insomma, hai provato stima e l’hai appesa a una zattera di sorprendente nostalgia...

«È questo il punto: neanche un po’. Perché Veltroni ha ripreso questo filo che c’era già, era rimasto in Via Fani. Serviva qualcuno che riannodasse Moro e Berlinguer al presente. È un credito che avevamo con la storia, non ti sembra?».

Se c’è un modo rock di entrare nel nostro album di famiglia, l’hai trovato. E chi lo sapeva che riuscivi a mettere insieme illuminismo e romanticismo senza battere ciglia?

«Intanto, Veltroni è pop e a me piace che lui abbia questo ritmo nelle vene. Poi, è Walter che sta mettendo assieme i pezzi, in questo caso, con la sinistra, il centro, il centro del paese, quello senza il quale, così dice la storia, non si governa in Italia. Ma è un centro sensibile, disposto ad aprirsi che va solo aiutato a vincere la paura, ma pensa in termini moralmente non aggressivi...Lasciatelo dire da uno che è nato e cresciuto in una famiglia cattolica osservante. Mio padre ha lavorato per cinquant’anni in Vaticano...».

E cosa voterà tuo padre?

«Novità: voterà Veltroni, voterà Partito Democratico e in passato è uno che si è sempre rifiutato di votare per i partiti della sinistra. Ha settantatre anni e, giuro, con la sua decisione io non c’entro: ha trovato che Walter è credibile e che non è in contraddizione con la sua tradizione umanistica della politica...».

E poi, ammettiamolo: c’è, in questo cattolicesimo italiano progressista la capacità di esprimere una radicalità che invece di tanto in tanto viene meno in chi esce dalla cultura politica, molto più machiavellica, del Pci. Infine, questo voto è un imbuto col collo molto stretto...

«È un voto importante. Mi va di dire che è decisivo, che è l’ultimo appello...».

Nei confronti di chi, del paese?

«Del paese, certo, ma anche della politica. Come altri artisti, giro molto. Contatto una quantità enorme di persone, giovani soprattutto. Mi sono fatto un’idea del paese che abbiamo attorno...».

Bravo, chiudi gli occhi e racconta...

«Scusa, ma gli occhi li apro, parlo meglio. Mi pare di aver a che fare con una paese complesso ed estremo, molto più che in passato. Ci sono energie vitalissime, un mondo di ragazzi che amano lo studio, che vogliono fare, cambiare le cose e che invece giorno dopo giorno fanno i conti con la delusione globale di questi bellissimi istinti che sono sogni, competenze, progetti, voglie. Dall’altra c’è una politica che non sa rispondere a queste energie, una classe politica che non sa raccogliere questi segnali...».

Intanto, grazie per non esserti accodato al piagnisteo sulla tristezza del presente e sulla bellezza di un passato eroico...

«Credimi, dico davvero quando sostengo che questa è l’ultima occasione, per noi italiani. Dobbiamo cambiare e, ora, Veltroni sembra in grado di promuovere questo cambiamento. Sarà bene smetterla di trastullarci nella mitologia che tiriamo fuori dal cassetto ogni volta che stiamo male: madonna che popolo creativo, fantasioso, speciale, capace di inventare il bello, siamo unici al mondo. Tutte balle, se non cambiamo la struttura paese. E chi l’ha detto che, sulla terra, abbiamo l’esclusiva della immaginazione, della fantasia e della creatività? Se ci lasciamo schiacciare, come sta avvenendo, perdiamo le nostre storiche qualità e altri vengono avanti, più bravi di noi, adesso, a fare le cose che a noi un tempo venivano bene».

Hai visto Berlusconi l’altra sera in tv?

«Sì, l’ho visto. Mi è sembrato il vecchio Berlusconi, ho pensato che la sua forza sta nel fatto che incarna un tipo di Italia che esiste e trae vantaggio da quella particolare visione delle cose, dinamica ma poco rispettosa delle regole, sbruffona, sveglia in un certo senso. E sa raccontare l’Italia agli italiani, così affascina...».

Mi viene in mente uno di quei miracolosi prototipi cinematografici di italiano meschinello che quel mostro di Sordi ci ha regalato...

«Solo che Sordi ce li mostrava per dirci: attenti, siamo anche questo, mentre Berlusconi suggerisce: forza, governiamo con questo. Infatti, per molti rappresenta un modello di virtù e di talento. Ma non mi piace parlare di Berlusconi...».

Anche tu? Fai pure a meno di parlarne, ma sta lì, hai voglia a far finta di niente...

«Dico la verità: il fatto è che ne parlo storicizzandolo, non riesco a pensare che sia ancora lui l’interlocutore...».

Mettitela via, è lui..

«Per me è una stranezza che l’uomo da battere sia ancora lui. Ogni volta che ci penso mi ritrovo in un pensiero labirintico. Ho letto Nanni Moretti sulla Repubblica...sono d’accordo: Berlusconi esiste perché esiste lo spettacolo, lui è lo spettacolo, come Veltroni, per me, è la bella politica...».

Bisogna capire se vincerà lo spettacolo o la bella politica...Ma quanto ti piace Walter?

«Lo seguo da anni. Quante volte mi sono chiesto: tocca a lui, lui ce la può fare e invece niente. È stato un ottimo sindaco di Roma ma lo volevo a Palazzo Chigi. Oggi tocca a Walter: è come un cuoco che ha messo assieme una ricetta nuova sì, aggregando condimenti noti e ora si appresta a cucinare il piatto principale. Lo vedo così. Lo vedono così anche un sacco di ragazzi che non avrebbero mai votato e che invece lo faranno...».

Segui anche l’Unità?

«La leggo. E domani faccio il pieno, tranquilli».

Pubblicato il: 12.04.08
Modificato il: 12.04.08 alle ore 12.38   
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