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Autore Discussione: Massimo Franco. I brividi che suscita l'aggressione a Ferrara (aggressione?!)  (Letto 3261 volte)
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« inserito:: Aprile 04, 2008, 05:29:41 pm »

IL COMMENTO

I brividi che suscita l'aggressione a Ferrara

L'astio nei confronti del leader anti-abortista e gli istinti peggiori di una parte della sinistra


Forse si dovrebbe preoccupare un po'. L'abbraccio quasi corale della politica nei confronti di Giuliano Ferrara è così vistoso, da sollevare perfino qualche dubbio. C'è uno scarto evidente fra l'isolamento che circonda la sua lista contro l'aborto, e la solidarietà che gli è arrivata dopo la contestazione violenta di mercoledì in piazza Maggiore, a Bologna. È il segno del comportamento inaccettabile di chi lo ha accolto con insulti e lanci di uova, pomodori e perfino bottiglie; e dell'abilità di Ferrara a provocare e fare emergere gli istinti peggiori ma latenti di una certa sinistra che lui conosce bene.

Il saldo è quello di una quasi unità nazionale che si cementa per fargli scudo: anche se dietro si scorge qualche coda di paglia. «Le offese a lei mi colpiscono due volte: come uomo di governo e come cittadino bolognese». La ciliegina sulla torta del suo vittorioso supplizio sono state queste parole del cittadino politicamente più illustre di Bologna, anche se probabilmente non il più popolare, oggi: Romano Prodi. Il presidente del Consiglio le ha affidate ad una lettera speditagli dal vertice della Nato in corso a Bucarest, in Romania. La sua vicinanza, seppure da avversario, è stata solennizzata da quel «lei» rispettoso; e preceduta e seguita da manifestazioni simili da parte sia del centrosinistra, a partire dal Pd veltroniano a Rifondazione comunista; sia di Pier Ferdinando Casini, latore di un iperbolico messaggio d'amore («Amo Ferrara»); sia del Pdl, al quale è vicino.

Gli unici a dire quello che probabilmente altri pensano, senza avere il coraggio di confessarlo, sono stati alcuni esponenti del Partito dei comunisti italiani. Il loro «ben fatto» rivolto ai centri sociali e alle femministe che hanno inveito contro il capolista di «Aborto? No grazie», è una prova di sincerità estremistica. Rappresenta la rivendicazione di una sorta di diritto all'intolleranza nei confronti di un personaggio che per quel mondo malato di ideologia rappresenta un'intolleranza ancora più odiosa; e dunque da zittire e, se possibile, cancellare.

La variante moderata di questa strategia è Antonio Di Pietro, secondo il quale Ferrara andrebbe ignorato per «farlo parlare al muro». Con una punta di lucida invidia, il socialista Enrico Boselli fa notare che con la contestazione «si rivitalizza una lista abortita». Può essere. Ma l'effetto collaterale di quanto è successo mercoledì e si è ripetuto ieri nel comizio a Pesaro, nelle Marche, con altre proteste arginate dalla polizia, passa in secondo piano. Conta di più uno scontro che può increspare e rovinare gli ultimi giorni di una campagna elettorale noiosa ma finora civile; e soprattutto fa venire qualche brivido su quanto potrebbe avvenire dopo il voto.

C'è da chiedersi se l'astio sia alimentato, oltre che dalla cultura degli aggressori, dall'antipatia che Ferrara è capace di suscitare nei nemici suoi e di Silvio Berlusconi; dal tema culturalmente lacerante che ha deciso di brandire; o da entrambe le cose. Comunque, gli va riconosciuto il merito di essere riuscito a calamitare contro di sé il risentimento dell'area dell'estremismo: quello frustrato da due anni di «antagonismo» alleato del governo Prodi; e radicalizzato dalla prospettiva di un probabile ritorno del centrodestra al potere. Gli alleati politici di Ferrara debbono essergli grati, e infatti lo abbracciano. I suoi avversari, almeno alcuni, lo difendono anche per non trovarsi in cattiva compagnia. E la Chiesa cattolica, sebbene fredda sulla sua lista antiabortista, lo difende. Anche perché nell'intolleranza contro di lui tende a vedere non solo i residui del comunismo, ma una degenerazione del laicismo.

Massimo Franco
04 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Aprile 04, 2008, 05:30:54 pm »

Solidarietà da sinistra

Assalto» a Ferrara, nuovi scontri a Pesaro

Bertinotti condanna.

Ma Palermi: hanno fatto bene.

Casini: lo amo. Anche Sofri con il fondatore del «Foglio»


ROMA — Il giorno dopo il lancio di uova e pomodori in piazza a Bologna, per Giuliano Ferrara, promotore della lista «Aborto? No grazie» si è registrato uno largo fronte di solidarietà politica. Ma ci sono state anche altre due contestazioni di piazza a Pesaro e ad Ancona da parte degli stessi no global che l'avevano contestato mercoledì e due poliziotti sono rimasti feriti. Il Presidente Napolitano «mi ha scritto un biglietto personale molto affettuoso », racconta il direttore del Foglio. Gli hanno telefonato il Presidente del Senato, Marini, il premier Prodi («Le offese a lei mi colpiscono due volte, come uomo di governo e come cittadino bolognese») e il vicepremier Rutelli, il leader del Pd Veltroni, Bettini («Coraggioso e a mani nude, le violenze sono inaccettabili»), il sindaco di Bologna, Cofferati. «Mi dispiace quanto è accaduto — ha detto subito Bertinotti — nessuno può accettare una contestazione così sprezzante e violenta ». Ma nella sinistra arcobaleno non tutti concordano. Manuela Palermi arriva a dire «hanno fatto bene. Mi auguro che capiti in tutte le piazze d'Italia».

Ma anche Occhetto ed alcuni dirigenti locali di Rifondazione giudicano Ferrara un provocatore: «Lui va in televisione, alle donne chi ci pensa?». Ci sono stati invece gli attestati di Casini («Amo Ferrara e gli sono solidale»), e nel Pdl di Cicchitto, Pera, Formigoni, Lupi. Adriano Sofri ha affermato che «in piazza c'è stata un'intolleranza indegna di Bologna». «Grave» l'ha definita il ministro Pollastrini. «Benvenuto nel club dei fascisti, con Montanelli e Ratzinger», ha scritto Daniela Santanché. «Onore alla senatrice Palermi» ha commentato Mantovano di An, «in un coro di ipocrite e sinistre prese di distanza». «Hanno fatto bene» ha ripetuto Flavia D'Angeli di Sinistra critica. Boselli (Socialisti) teme che la lista si rivitalizzi, Di Pietro invita a «lasciare che parli al muro». In serata a Pesaro, Ferrara è dovuto uscire da una porta sul retro. Ad Ancona, in piazza una grande gallina di carta pesta: «Non siamo le tue incubatrici». A Bologna, «ai cattivi e ai violenti che non sono riusciti a linciarmi, non ho mostrato l'altra guancia», ma Pesaro, ha detto Ferrara, a chi gli gridava «Assassino, assassino» ho risposto: «Ti perdono, perché non sai quello fai».


M. Antonietta Calabrò
04 aprile 2008

da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Aprile 04, 2008, 05:34:21 pm »

4/4/2008
 
Scusate se difendiamo Ferrara
 
RICCARDO BARENGHI

 
Ci dispiace dover difendere Giuliano Ferrara. Per due motivi, il primo è che le posizioni che sostiene sull’aborto non ci trovano d’accordo.

E tantomeno la sua decisione di presentarsi alle elezioni con un sola idea in testa, appunto quella della crociata antiabortista. Quando, come si dice con una frase fatta, i problemi del paese sono altri, molto più seri, molto più gravi, e di difficilissima soluzione. La seconda ragione è che proprio perché lui sostiene una posizione politica sbagliata (a nostro giudizio ovviamente), rischia di trasformarsi nell’unico bersaglio di una campagna elettorale che per il resto si trascina stancamente verso il giorno del redde rationem. Un bersaglio che diventa meccanicamente una vittima, e le vittime hanno sempre ragione anche quando hanno torto. Ma abbia ragione o torto, ha tutto il diritto di sostenere le sue idee in qualsiasi piazza, cinema o teatro del Paese senza che nessuno glielo impedisca.

L’altro ieri a Bologna, ieri a Pesaro, domani chissà dove: con questo andazzo finisce che Ferrara e la sua lista pro-life diventino i protagonisti della battaglia politica, paradossalmente proprio grazie a chi invece la pensa nel senso opposto. L’intelligente giornalista oggi sceso nell’agone politico non poteva sperare in uno spot elettorale migliore di questo. Ma il resto del mondo, altrettanto intelligente, spera che invece questa storia cessi di esistere: ci manca solo che la campagna elettorale finisca nel più grottesco dei modi possibili.

Peccato che quelli che gli tirano uova, pomodori e ortaggi vari, tanto intelligenti non siano. Più che altro ricordano quei cretini di epoche passate che passavano il tempo facendo finta di far politica. Per carità, in democrazia si può e si deve discutere, polemizzare anche aspramente, contestare anche duramente (Ferrara ne è teorico e maestro), ma non si può oltrepassare il limite che la stessa democrazia impone. Ossia consentire all’avversario di poter parlare, tantomeno colpendolo fisicamente con oggetti o alimenti. Costringendolo a smettere il suo discorso, provocando interventi della polizia, dando vita a scontri di piazza di cui francamente non si sentiva affatto il bisogno.

Tanto più che la materia del contendere, ossia il diritto delle donne ad abortire, non è in pericolo. Non lo è perché nessuno, a destra, al centro e a sinistra, lo mette in discussione. Perfino Casini difende la legge 194. Persino la Chiesa alla fine del conti non ha un vero interesse a scendere in campo sul serio in una crociata del genere. Parla, dice, lancia moniti ma non si getta nella mischia, tanto che la lista di Ferrara non sembra aver ricevuto una grande appoggio Oltretevere: le gerarchie vaticane sono più realiste di quel che si crede e puntano sui cavalli che possono vincere. I loro interessi sono molto, ma molto più vasti e concreti, anche per loro l’aborto diventa secondario rispetto alla posta in gioco. Ossia il governo del Paese.

È dunque stupido e troppo facile prendersela con Ferrara. Che ci vuole, lui sta lì, parla, provoca, dice cose abnormi, ha bisogno di farsi vedere, di suscitare scandalo, di mobilitare gente che lo difenda (e magari lo voti). Proprio perché in realtà quasi nessuno lo voterà, tanto che non riuscirà neanche a superare il muro del 4 per cento per entrare alla Camera, una meteora che fischia e se ne va (Celentano). Peccato che in Italia ci siano ancora ragazze e ragazzi che non capiscano neanche il gioco più elementare e abbocchino come pesci a un amo senza esca. E allora vai con pomodori e uova, vai con insulti e scontri, vai col casino per il casino. Senza neanche rendersi conto che se capitasse a loro, se un giorno o l’altro si trovassero su un palco a esprimere opinioni legittime quanto discutibili - come tutte le opinioni - non sarebbero felici di diventare bersagli di contestazioni verbali e fisiche. Strillerebbero come aquile, protesterebbero sventolando il loro sacrosanto diritto di parlare, si appellerebbero a questo mondo e a quell’altro, evocherebbero il fascismo che resuscita. Provare per credere.
 
da lastampa.it
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