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« Risposta #1 inserito:: Marzo 11, 2008, 05:58:15 pm » |
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L’acquaiolo ciociaro con Mussolini nel cuore
Roberto Brunelli
Giuseppe Ciarrapico, l’arcitaliano nella variante ciociaro-fascistarda. Uomo delle mille stagioni, fedele amico di Almirante e devoto di Andreotti (che chiama «il mio principale»), uomo che impone ritratti del Duce ad occhieggiare severo nelle redazioni dei suoi giornali («è bellissimo!»), finanziatore del Msi e mediatore per conto del Divo Giulio nella «guerra di Segrate» tra De Benedetti e Berlusconi... E ancora: traghettatore di soggetti ultradestri nel variopinto mondo di SuperSilvio, imprenditore creativo che mette insieme cliniche e giornali locali, acque minerali e raffinati caffé storici, già presidente della Roma poi dimissionario per via delle accuse di bancarotta fraudolenta, arrestato due volte, coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano, sostenitore di Ciccio Storace nella conquista della Regione Lazio.
È degna di una grande fiction la parabola umana, imprenditoriale e politica di Giuseppe Ciarrapico, nato nel ‘34 e fascista nel senso almirantiano del termine dall’età tenerissima di dodici anni. Grandi fortune e rovinose cadute, alleanze ai piani più alti della finanza italiana e ruvide campagne condotte con i suoi giornali i (oltre 50 mila copie, dice lui, con testate come Ciociaria Oggi, Oggi Nuovo Molise, Latina Oggi). Tutto e il contrario di tutto, sempre con la M di Mussolini stampata nel cuore. Ed è qui la bizzarrìa del «caso Ciarrapico», che turba persino il rude Bossi: è che le orgogliose affermazioni di imperitura fede fascista sono tutto fuorché sorprendenti.
Così, a La Stampa, che un anno fa gli chiedeva come mai partecipasse tutto compunto ad un convegno sul futuro Partito democratico, l’uomo rispondeva che lui «nasce con la camicia nera il 7 ottobre del ‘47, l’anno in cui m’iscrissi al Msi. E con la camicia nera vorrei congedarmi, beninteso il più tardi possibile».
I ricordi dell’ex «re delle acque minerali» (fu negli obliqui anni ‘80 che il nostro assunse la carica, grazie alla Dc, di presidente delle Terme di Fiuggi) non sempre sono altrettanto vibranti: supponibilmente non rimembra con ardore dannunziano quella volta in cui al giudice del processo per la Casina Valadier (un buco per 80 miliardi lire) disse «Signor presidente, oddio, me sento male», né il malore in tribuna che gli costò il tracollo della Roma... Ma è con malcelato orgoglio che il gran ciociaro ricorda il passaggio cruciale nei salotti buoni del capitalismo italiano, ossia la vicenda Mondadori: «Facevo la spola in gran segreto, Berlusconi stava ad Arcore e De Benedetti al suo ufficio di Milano. Per seminare i giornalisti dicevo che vivevo al Palace, mentre in effetti stavo al Principe di Savoia. Ma, nonostante questo, tutte le sere ero in tv». Risultato della faticaccia: Silvio restituisce un pezzo della Mondadori (ossia Repubblica, l’Espresso, i quotidiani Finegil), ma tiene per sé il grosso della casa editrice, Panorama ed Epoca.
Sul sfondo c’è Andreotti, of course, ma quelli non a caso quelli sono i tempi del Caf. Destinati di finire di lì a poco, con Tangentopoli. Passaggio durissimo, per il Ciarra. Si aprono le porte del carcere, s’impantana nei debiti, si disfa di buona parte dell’impero sanitario, si libera di molte delle sue acque minerali. Chissà perché e per come Ciarrapico riesce sempre a riprendersi, chissà e per come finisce continuamente nelle pieghe più strane del capitalismo italiano: dal crack dell’Ambrosiano alle acque minerali siciliane «Ciappazzi», vicenda per la quale qualche anno fa è stato chiamato in causa da Calisto Tanzi, a margine del crack Parmalat. Pare un incrocio: la «Ciappazzi», da lui detenuta, era stata acquistata da Tanzi «per un prezzo elevatissimo» per colpa di Geronzi, presidente della Banca di Roma, con la quale Ciarrapico era indebitato. In mezzo, dipanandosi su svariati decenni, un’attività di aerotaxi, una finanziaria per la quale convoca le assemblee a Pantelleria, l’editoria, il calcio.
Pur tuttavia, se è l’imprenditoria il suo mestiere, è la politica la sua passione. Tanto da impegnarsi anima e cuore in imprese emblematiche per i destini della destra: gli viene attribuito, per esempio, il tentativo di portare nella Cdl personaggi della destra estrema come Tilgher e Saya, e molto fiato gli costa la polemica senza freni nei confronti di Gianfranco Fini («un ometto impettito e deprecabile, un islamico-sionista!»). Nella smentita di ieri, il nostro deplora la perdita della democrazia in un «drammatico periodo della storia», ma non è esattamente quel che suggeriscono alcune sue celebri dichiarazioni («Diciamocelo in faccia: la democrazia non è certo il migliore dei sistemi») nonché la fervida attività della sua «Ciarrapico editore»: la quale pubblica libroni e fascicoletti sul Ventennio e similari. A proposito dei quattro immensi volumi di Gli anni ‘40, le note di catalogo si dilungano su queste «1440 pagine in cui gli autori hanno narrato, e per la prima volta, la vera storia della Guerra Italiana...». Altrettanto gloriosi i titoli della serie «Epicamente raccontando»: La legione straniera, Le Waffen SS, I Samurai e via guerreggiando. Della serie «La cultura della controinformazione» fanno parte Romanticismo fascista, I nuovi dei e Un destino tedesco.
Oggi a Ciarrapico, per salvare la sua candidatura, tocca dichiarare che «le leggi razziali furono un’ignominia». Gli osservatori concordano: andreottianamente, «l’acquaiolo» è stato sempre molto sensibile a chi dovesse accedere a responsabilità governative, ma mai ha rinnegato, finora, il credo nero. Attualmente l’ex re di Fiuggi pare sia molto preso dalla stesura di una biografia di Starace (quello con la «a», s’intende, coautore - per chi non se lo ricordasse - del Manifesto della Razza). Al Corriere, novembre 2006, riferisce apoditticamente: «Io sono fascista, ho vissuto da fascista e morirò fascista». Et voilà.
Pubblicato il: 11.03.08 Modificato il: 11.03.08 alle ore 11.55 © l'Unità.
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