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Autore Discussione: D'ALEMA: IL PD NON STA CON I FALCHI DI CONFINDUSTRIA  (Letto 3006 volte)
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« inserito:: Marzo 06, 2008, 03:15:22 pm »

SICUREZZA SUL LAVORO

D'ALEMA: IL PD NON STA CON I FALCHI DI CONFINDUSTRIA


La posizione del Pd in tema di sicurezza sul lavoro "e' quella del ministro Damiano e non quella dei falchi di Confindustria". Lo dice il vicepremier, Massimo D'Alema, intervenendo a 'Omnibus'. "Il governo - ha detto - ha ritenuto di prendere delle misure piu' severe, anche se in parte le norme esistono e il problema e' quello di rendere i controlli piu' severi e stringenti. Lo faremo - ha continuato - dialogando con le forze sociali, ma la posizione del Pd e' quella del ministro Damiano, non quella dei falchi di Confindustria. Noi non abbandoniamo gli interessi del mondo del lavoro". Secondo D'Alema "una parte del mondo imprenditoriale capisce la necessita' di una normativa piu' severa. Io non so cosa pensa Calearo di questo - ha continuato il vicepremier rispondendo alle domande dei giornalisti in studio - ma so cosa pensa il Pd che e' esattamente quello che pensa il ministro Damiano".

I radicali "hanno avuto cio' che era stato loro promesso, naturalmente con il margine di rischio che c'e' in queste situazione". Sulle polemiche seguite alla composizione delle liste del Pd, D'Alema ha sottolineato "di non aver partecipato alla stesura delle liste, ne' alle riunioni finali" e ha ribadito che "fare le liste con questa legge elettorale che e' infame, pericolosa e antidemocratica e' molto difficile. Io credo - ha proseguito - che i criteri che Veltroni ha indicato siano stati rispettati e anche i radicali hanno avuto cio' che era stato loro promess, con un certo margine di rischio".

Per il ministro degli Esteri le liste del Pd rispettano il criterio di "equilibrio tra rinnovamento e continuita'" e le "lamentele sono fisiologiche e normali".

Se si blocca la trattativa con Air France senza che ci sia un'altra offerta "altrettanto valida" D'Alema, riferendosi alle parole di Silvio Berlusconi. Intervenendo a 'Omnibus', ha aggiunto di essere "preoccupato per queste sortite: e' demagogico mescolare questa questione con la campagna elettorale". "Noi abbiamo messo in piedi una procedura - ha continuato - e l'offerta di Air France e' stata ritenuta la piu' valida. Ma la procedura non e' chiusa se ci sara' un'offerta piu' concreta puo' riaprirsi. Allo stato pero' senza un'offerta altrettanto valida si rischia il fallimento di Alitalia". "Io non so se Berlusconi ha un'altra ipotesi e se ce l'ha sarebbe il caso lo dicesse, non si tratta di giocare a poker - ha proseguito - siamo arrivati ad Air France dopo una lunga procedura, il progetto piu' consistente era quello e cosi' ha valutato anche il Cda di Alitalia - ha sottolineato - se Berlusconi interrompe questo processo deve offrire un'alternativa altrimenti Alitalia salta in aria".


(AGI) - Roma, 5 mar. -
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 06, 2008, 03:26:52 pm »

«Niente mascherine, niente controlli Asl»

Roberto Brunelli


È la guerra del lavoro: chi spara non ha volto, ma a morire sono tanti. Una guerra che, qui a Molfetta, ieri l’altro ha colpito in maniera subdola: dentro una cisterna dentro cui, come per mistero, si sono diffuse le esalazioni di «un non si sa che cosa» che si è mischiato ai resti di zolfo, dentro una cisterna dove cinque corpi inanimati si sono ammassati l’uno sull’altro per una catena di cause che gli inquirenti stanno cercando di portare alla luce, sapendo che dietro c’è un grande, immenso, vuoto italiano. Quello della sicurezza sul posto di lavoro. Una specie di fantasma. Per ora la Procura di Trani ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti, perché tutto quello che è successo lunedì nel capannone della «Truck Center» semplicemente non doveva succedere. Guglielmo Mangano, Luigi Farinola, Biagio Sciancalepore, Vincenzo Altomare e Michele Tasca non dovevano morire.

Ieri qui è arrivato lo Stato: è venuto Prodi per parlare con ognuna delle famiglie delle vittime, «per portare la solidarietà di tutti gli italiani», c’era mezza Molfetta nella piazza del Municipio - che ha proclamato il lutto cittadino fino al giorno dei funerali, che ancora non si sa quando si terranno - mentre le mogli, i fratelli, gli zii dei cinque morti di Molfetta uscivano come impietriti da Palazzo Giovene. I familiari a Prodi hanno chiesto lavoro e sicurezza. Ma vogliono anche la verità. E allora si ricostruisce il passato di quella cisterna portata lì nella zona industriale di Molfetta dalla Cargo Chemical: ma come racconta anche l’avvocato dei famigliari delle vittime, Bepi Maralfa, la cisterna è stata ferma per almeno due mesi a Bari prima di essere svuotata e poi arrivare alla «Truck Center». Lo zolfo non può esser stato da solo il killer. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, all’inizio gli uomini dell’azienda di autolavaggio avrebbero usato una specie di sonda con testine rotanti, ma in fondo alla cisterna si sarebbero depositate delle incrostazioni di zolfo che il lavagista, Mangano, ha cercato di rimuovere a mano. Solo a quel punto si sarebbero liberate le esalazioni. Due, a questo punto, le ipotesi: che a uccidere i cinque lavoratori sia stata dell’idrogeno solforato, creatosi nel contatto dello zolfo con l’acqua, complice il calore e la conseguente umidità. Oppure, che la reazione sia avvenuta con qualche sostanza che in quella cisterna non ci doveva stare, e che forse proveniva da un precedente carico: forse dei fertilizzanti, nel caso in cui si sia trasportato del grano o dei cereali, o forse della candeggina. Una cocktail imprevisto, capace di uccidere.

L’altro fronte su cui si lavora in Procura è quella dell’assenza completa di controlli e di prevenzione. I primi riscontri parlano di sopralluoghi dell’Asl che si perdono nella memoria. E parlano, ma a anche questo è tutto da verificare, di società di servizi di consulenza per le aziende sulle questioni mediche legate al rispetto della legge 626 sulla sicurezza praticamente latitanti: niente formazione, nessuna verifica, nessun protocollo. I cinque della «Truck Center» non portavano le mascherine, probabilmente non ne sapevano niente delle regole sulla sicurezza. Non disponevano di autorespiratori, e per entrare nella cisterna avrebbero dovuto poter disporre di speciali scafandri. Non sapevano nulla, forse, delle procedure: quelle che dicono che mai e poi mai, in presenza di un malore, si sarebbero dovuti calare uno dopo l’altro dentro la cisterna maledetta. Tutti assicurano che i cinque erano esperti, e che operazioni di pulitura come quella ne eseguivano tante. L’autopsia sui corpi dei cinque ancora devono essere effettuate, ma potrebbero rivelare qualcosa d’importante sulla sostanza-killer.

Tra qualche giorno ci saranno i funerali a Molfetta. Prodi è venuto a spiegare che la politica farà la sua parte: «Giovedì mattina il Consiglio dei ministri apporoverà il decreto legislativo che abbiamo elaborato in mesi di lavoro». Ma è la cultura della sicurezza che in Italia non c’è: è necessario, dice il premier, che facciano la loro parte le imprese e pure i lavoratori. Nichi Vendola, governatore della Puglia, la spiega in un altro modo: «Le medaglie e le lacrime non bastano. Negli ultimi anni la politica ha tolto luce al lavoro, puntando tutto sulla competitività e dimenticando le vite di chi entra ogni giorno nelle fabbriche e nelle aziende senza sapere come ne uscirà. Ma il lavoro no, non può essere una guerra».

Pubblicato il: 05.03.08
Modificato il: 05.03.08 alle ore 8.37   
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