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Autore Discussione: Renato MANNHEIMER.  (Letto 12457 volte)
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« inserito:: Marzo 06, 2008, 03:14:03 pm »

La vittoria di Berlusconi garantita da un vantaggio tra il 5 e il 10%.

Giochi ancora aperti

Pdl avanti, Pd in salita. Molti gli indecisi

Solo un italiano su tre sa già con certezza chi votare.

Tante le possibili oscillazioni nei consensi

 
Gli ultimi sondaggi mostrano una sostanziale conferma del quadro già emerso nelle scorse settimane: il Pdl mantiene il suo vantaggio, anche se lo vede in parte diminuire a causa dell'accrescimento relativo dei consensi per il Pd. La distanza tra Berlusconi e Veltroni è stimata in misura diversa a seconda delle differenti date di rilevazione e dei vari istituti di ricerca e oscilla da un massimo del 10,1% (Crespi, 3 marzo) a un minimo del 5% (Swg, 27 febbraio). Peraltro, l'entità vera del vantaggio è ardua da stimare con precisione, in quanto questo genere di sondaggi comporta un margine di approssimazione statistica dell'ordine del 2-3%.

Il risultato finale dipenderà soprattutto dalle scelte degli indecisi. Che sono molti. A tutt'oggi solo il 30% circa dell'elettorato dichiara di avere stabilito in modo definitivo e senza esitazioni il proprio voto. Questa percentuale — che potremmo chiamare dei «certi» o «fedelissimi» — varia però di partito in partito. È più alta a destra, prima di tutto nel Pdl che conta la quota massima di voti «certi» (39%), e poi nella Destra (31%); assume valori medi nella Sinistra Arcobaleno, nella Lega e nel Pd. Ed è più bassa nell'Idv e, specialmente, nell'Unione di Centro, i cui elettori sono potenzialmente più infedeli. Tra i restanti elettori, solo il 20% circa dichiara di essere totalmente indeciso sul comportamento da tenere il prossimo 13 aprile: molti finiranno probabilmente con l'astenersi.

La maggioranza assoluta degli italiani, viceversa, è già in qualche modo orientata verso un partito, ma, al tempo stesso, non è ancora sicura della scelta. Tanto che dichiara di «prendere in considerazione » anche altre forze politiche, riservandosi la decisione finale negli ultimi giorni. Di solito, si è indecisi tra due o tre partiti. Ma il 18% dell'elettorato dichiara di «prendere in considerazione » addirittura quattro o più partiti. Nella gran parte dei casi, l'indecisione è limitata all'interno dei singoli segmenti del continuum sinistradestra. Così, il 37% degli elettori del Pd «prende in considerazione » anche la Sinistra Arcobaleno e il 45% dichiara la possibilità di votare per Di Pietro. Sul fronte opposto, il 28% dei votanti per il Pdl «prende in considerazione» la Lega Nord e il 20% valuta la possibilità di optare per la Destra.

Ma c'è anche chi è oggi ancora indeciso se votare l'uno o l'altro schieramento: si tratta di una quota limitata di elettori, ma tale da incidere significativamente sull'esito finale. Così, quasi il 7% degli attuali votanti per il Pd «prende in considerazione» il Pdl e una percentuale ancora maggiore — l'11% — degli elettori «certi» del Pdl «prende in considerazione» il Pd. La mobilità potenziale è dunque ancora assai ampia e lascia spazio a diversi possibili mutamenti nel quadro definito sin qui.

Ma l'esito vero della consultazione dipenderà non solo e non tanto dai risultati a livello nazionale qui ipotizzati, quanto da quelli relativi alle singole regioni. Sono questi infatti, a determinare il numero dei senatori di ciascun partito ed è al Senato che si giocherà la vera partita sulla tenuta del governo. I primi studi sul possibile risultato nelle singole regioni mostrano un vantaggio per il Pdl, la cui numerosità però rischia di essere esigua. Si prospetta, insomma, la possibilità di uno scenario simile a quello che caratterizzò il passato governo Prodi. Tutto dipenderà dall'entità della vittoria del Cavaliere.

Renato Mannheimer
06 marzo 2008

da corriere.it
« Ultima modifica: Marzo 11, 2008, 09:09:03 am da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Marzo 06, 2008, 03:18:19 pm »

IL SONDAGGIO

Cosa votano i giovani?

I ragazzi da 18 a 20 anni hanno le idee più chiare rispetto al passato. E penalizzano i partiti di massa

 
Se ne parla ancora poco, ma il prossimo aprile voterà per la prima volta un'intera generazione, composta da tutti coloro che hanno oggi dai 18 ai 20 anni e che, per motivi di età, non avevano mai votato alle elezioni politiche prima d'ora. In passato, i giovani era perlopiù apatici. Vale a dire, risultavano meno interessati alla politica, indecisi su cosa votare e, spesso, orientati all'astensione. Questa volta non è così. Questa generazione si distingue in buona misura da quelle che l'hanno preceduta: perché mostra di avere le idee più chiare di quanto non avessero, a suo tempo, i suoi fratelli maggiori. Tanto che, diversamente dal passato, la percentuale di "non so" al quesito sull’intenzione di voto è, tra i 18-20enni, grossomodo simile – talvolta inferiore – a quella rilevabile nelle altre classi di età. Insomma, si tratta di giovani che sanno quello che vogliono.

Sondaggio: le scelte dei 18-20enni

Che cosa votano? Sul piano delle preferenze, i giovanissimi si distaccano significativamente dal resto dell'elettorato. C'è, soprattutto, un'accentuazione delle indicazioni per alcuni dei partiti che si posizionano alle estreme dello schieramento politico. Così, tra i neo-elettori, si registra una percentuale di consensi per la Lega Nord più che doppia rispetto alla popolazione. E si rileva una ancora maggiore preferenza relativa per la "Sinistra Arcobaleno". Ne risultano penalizzati specialmente i partiti di massa, considerati forse più tradizionali: sia il PD, sia, in misura ancora maggiore, il PDL, il cui elettorato è mediamente più anziano di età. Non appare danneggiata, invece, l'area di centro. Al contrario, si nota una sorta di attrazione dei giovani per i partiti che la compongono, forse per la loro connotazione più legata alle valenze etico-religiose. In particolare, l'Unione di Centro risulta ottenere tra i 18-20enni quasi il doppio dei voti virtuali che vengono attribuiti dalle altre classi di età. Ci troviamo, insomma, di fronte ad una coorte di giovani significativamente più decisa degli anni passati. E, per questo, orientata verso forze con proposte che appaiono loro più nette o "radicali", sia sul piano strettamente politico, sia su quello etico-religioso

Renato Mannheimer
05 marzo 2008(ultima modifica: 06 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #2 inserito:: Marzo 07, 2008, 03:25:56 pm »

Gli elettori hanno idee chiare sui problemi che l'esecutivo dovrà risolvere

Le richieste per il nuovo Governo

Al primo posto lavoro e occupazione, poi salari (centrosinistra) e meno tasse (centrodestra)


Quali sono le principali richieste per il nuovo Governo? Il risultato delle elezioni è ancora incerto. La vittoria della coalizione guidata da Berlusconi appare in questo momento assai probabile, ma la quantità di indecisi e il tempo ancora mancante al momento del voto, lasciano aperte tutte le possibili prospettive. Indipendentemente dal risultato e, dunque, dal colore politico del Governo che si formerà a seguito delle elezioni, gli italiani hanno però le idee molto chiare sui problemi principali che il nuovo esecutivo dovrà risolvere.

In primo luogo, unanimemente dagli elettori di entrambi gli schieramenti, viene sottolineata l’urgenza di intervenire sulle problematiche del lavoro e dell’occupazione. La gran parte degli italiani vede infatti, a torto o a ragione, in modo assai negativo l’attuale situazione occupazionale e la diffusione del precariato. Subito dopo nella lista delle priorità da affrontare immediatamente, gli italiani pongono la questione dei salari. L’aumento delle retribuzioni è una richiesta che viene in particolare dall’elettorato del centrosinistra. Viceversa, i votanti per il centrodestra pongono al secondo posto nella graduatoria delle tematiche da prendere in considerazione, subito dopo il lavoro e l’occupazione, la riduzione delle tasse. I temi elencati sin qui sono presenti da molto tempo nell’elenco delle questioni che il Governo deve gestire con urgenza.

Ce n’è uno, viceversa, che i cittadini hanno posto all’ordine del giorno in particolare nelle ultime settimane. Si tratta della tematica dei prezzi. Gli incrementi sensibili del costo dei beni di prima necessità, specie di quelli alimentari e, al tempo stesso, l’attenzione che è stata data dai media a questo fenomeno, hanno sollecitato fortemente la preoccupazione degli elettori. Al quinto posto della graduatoria delle urgenze che il prossimo Governo dovrà affrontare – qualche mese fa si trovava al secondo posto – c’è la questione della sicurezza dei cittadini. Essa è sentita specialmente nelle grandi città e al meridione. Seguono, nella classifica delle richieste, la riforma delle pensioni, il miglioramento dei servizi sociali, la riduzione dei costi della politica, lo sviluppo dell’economia e la riforma elettorale. Quest’ultima però è indicata assai più dagli elettori del centrosinistra, mentre viene ritenuta meno importante di altri temi dai votanti per il centrodestra.

Renato Mannheimer
06 marzo 2008(ultima modifica: 07 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #3 inserito:: Marzo 11, 2008, 09:08:18 am »

Ma tra i potenziali elettori c'è anche una parte di delusi del Pd

Chi vota il partito di Storace-Santanché

La Destra attrae consensi soprattutto tra gli under 20 e nel centro-sud. Pesca nel serbatoio Pdl e viaggia sul 2-3%

di RENATO MANNHEIMER


La Destra rappresenta una delle tante novità nello scenario dell’offerta politica in vista delle elezioni del 13 aprile. Come si sa, essa è nata da una scissione di An, operata soprattutto da settori scontenti delle recenti scelte di Fini e che hanno accusato quest’ultimo di essere «succube» o, secondo alcuni, «supino» a Berlusconi.

Nel corso della campagna elettorale condotta sino a questo momento, La Destra ha cercato di intercettare due target diversi di elettori. Da un verso, si è comprensibilmente diretta verso coloro che sentono ancora forte il sentimento identitario de La Destra. Ma, rendendosi probabilmente conto che si tratta di un segmento assai limitato di popolazione, ha anche cercato di incidere su altri settori di elettorato, tendendo soprattutto a presentarsi come forza «nuova» e «diversa» dai partiti tradizionali. Con lo scopo evidente di attirare in questo modo anche strati non legati necessariamente al segmento «estremo» dello scenario politico in cui La Destra si colloca. Con quali esiti?

Sino ad oggi, La Destra pare, secondo gli ultimi sondaggi, ottenere il 2-3% dei consensi. Si tratta di una quota relativamente modesta, che permetterebbe al partito di ottenere i rimborsi per la campagna (previsti per chi ottiene almeno l’1%, anche in caso di insuccesso di tutti i candidati), ma non consentirebbe di superare la soglia del 4% che apre la possibilità di ottenere seggi alla Camera dei Deputati. Insomma, se si confermasse l’attuale livello di adesione, La Destra non avrebbe nessuna rappresentanza parlamentare.

C’è da dire, tuttavia, che la forza capeggiata da Storace e dalla Santanché gode di un bacino potenziale assai più ampio. Esso è composto da coloro che, pur non avendo deciso di votare per il partito, dichiarano di «prenderlo in considerazione» in vista della scelta futura. Costoro costituiscono poco meno del 14% dell’elettorato. In buona parte essi votano oggi per il Pdl. C’è tuttavia una più minuta presenza di elettori potenziali per La Destra in tutti gli altri partiti, compreso il Pd, tanto che il 9% dei votanti potenziali per La Destra attualmente vota Pd.

Gli elettori che attualmente esprimono l’intenzione «certa» di votare per La Destra si trovano in misura proporzionalmente maggiore nel centro-sud, in particolare nelle grandi città, specialmente a Roma. Sono in larga misura cattolici praticanti in modo regolare o quasi: mediamente si recano alla Messa 1-4 volte al mese. Ma l’elemento più caratterizzante dei votanti per La Destra rispetto all’elettorato degli altri partiti è costituito dall’età relativamente minore. Sono cioè i giovani, specie coloro che hanno fino a 20 anni e sono dunque al primo voto ad essere attratti, in misura più che proporzionale dalla scelta per la lista della Santanché. Il motivo sta, probabilmente, nel carattere «radicale» di questa forza politica. Un connotato che mobilita spesso le persone più giovani.


10 marzo 2008(ultima modifica: 11 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #4 inserito:: Marzo 12, 2008, 01:14:38 pm »

il partito di berlusconi gode della maggior percentuale di «fedeltA'»

Chi vota il Popolo della libertà

Gli elettori sono soprattutto uomini, con un titolo di studio-medio basso.

Molti si dicono cattolici praticanti

Nuove generazioni al voto: i giovani preferiscono i partiti «estremi»

Il voto dei giovani
 
di RENATO MANNHEIMER


Il Popolo delle Libertà è la creazione di Berlusconi in vista delle prossime elezioni. Si tratta, secondo alcuni, della risposta del Cavaliere alla nascita del PD e alla decisione di quest'ultimo di correre da solo, sconvolgendo così tutti gli equilibri politici precedenti. Berlusconi nega questa genesi del suo partito e sottolinea come da diversi anni egli sogni la formazione di questa nuova forza politica che, nei suoi progetti, dovrebbe aggregare tutto il centrodestra.

IL MERCATO ELETTORALE DEL PDL - Al di là della disputa sulla sua origine, va riconosciuto che il Pdl ha subito conquistato la maggioranza relativa dei consensi. Oggi, secondo la maggior parte dei sondaggi, esso si attesta tra il 38 e il 41%. Si tratta di una quota ampia di elettorato, accanto alla quale va considerato il segmento di votanti potenziali, costituito da coloro che, pur non avendo deciso ancora la loro opzione, "prendono in considerazione" il PDL. È un bacino potenziale stimabile in circa un ulteriore 5%, presente lungo tutto l'arco politico: infatti gli appartenenti al segmento in cui il PDL potrebbe espandersi ulteriormente votano oggi perlopiù per la Lega Nord o per l'Unione di Centro, ma ve n'è una quota presente anche nel PD, ciò che mostra come queste elezioni siano caratterizzate da un'ampia mobilità potenziale.
Naturalmente, però, il PDL potrebbe, nelle prossime settimane, subire anche una contrazione di voti. Occorre dire che una buona parte degli elettori attuali del PDL si dichiara totalmente fedele, affermando di non prendere in considerazione nessun altro partito per il voto. Da questo punto di vista, il PDL è il partito che gode della maggior percentuale in assoluto di elettori "fedeli": il 39%. Ma, come nelle altre forze politiche, resta il fatto che la maggior parte dei votanti attuali per il PDL dichiari di non essere completamente "certa" del proprio voto e non escluda, all’ultimo momento di scegliere un’altra forza politica. Le più gettonate dai votanti attuali del PDL come possibile alternativa sono la Lega Nord, La Destra e, in misura minore, l’Unione di Centro e la Lista di Ferrara. Ma anche in questo caso, si rileva come una quota non indifferente - l'11% - degli elettori attuali del PDL "prende in considerazione" il PD.

LE CARATTERISTICHE DEGLI ELETTORI DEL PDL - Dal punto di vista dei connotati socio-economici, il Popolo delle Libertà si caratterizza con un elettorato tendenzialmente più maschile che femminile e distribuito quasi uniformemente in tutte le classi di età. Similmente a quanto accadeva per Forza Italia, esso si connota con una presenza assai più accentuata di persone con titolo di studio medio-basso e, di converso, una minore incidenza di laureati. Buona parte degli elettori del PDL si dichiara cattolica praticante, sebbene in misura moderata: vanno infatti a Messa grossomodo due volte al mese.

LE PROSPETTIVE FUTURE - Sulla base del suo seguito attuale, il PDL potrebbe conquistare, grazie al premio di maggioranza, la predominanza assoluta degli eletti alla Camera dei Deputati. Più controversa è la situazione al Senato. Qui, come si sa, il premio di maggioranza viene calcolato su base regionale e, di conseguenza, l’assegnazione dei seggi dipende dai risultati in ciascuno di questi contesti territoriali. Allo stato attuale, le analisi più sofisticate suggeriscono l'esistenza di una maggioranza per il PDL anche al Senato. Se, tuttavia, il vantaggio del Cavaliere sui suoi oppositori dovesse nelle prossime settimane decrescere, la situazione potrebbe farsi più critica e ci si potrebbe trovare in una circostanza simile a quella verificatasi con il Governo Prodi che dovette far fronte ad una maggioranza insicura al Senato. Con l'aggravante che, questa volta, i Senatori a vita farebbero parte tendenzialmente dell'opposizione.

11 marzo 2008(ultima modifica: 12 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #5 inserito:: Marzo 13, 2008, 10:06:10 am »

Politica       I sondaggi di corriere.it

Bordon punta agli elettori del Pd e dell'Idv

L'Unione democratica dei consumatori ottiene l'1% dei consensi.

Ma il mercato potenziale è del 13%

diRENATO MANNHEIMER


MILANO - L'Unione Democratica per i Consumatori è l'ultima nata tra le numerose formazioni che si contendono il consenso dei cittadini in questo periodo.
A giudicare dalla campagna elettorale condotta sin qui, il target verso cui questo nuovo partito si rivolge è duplice. Da un verso, attraverso l'alleanza con le principali associazioni dei consumatori oggi operanti in Italia, Bordon e i suoi colleghi cercano di raccogliere e incanalare nel voto il movimento consumerista, sull'onda del successo ottenuto da quest'ultimo in altri Paesi (ma, almeno sul piano elettorale, non Italia). Dall'altro si cerca di evocare e un po' "corteggiare" l'antipolitica, presentandosi come forza "nuova" e "diversa" in palese contrapposizione ai partiti tradizionali. Potenzialmente, l'operazione potrebbe avere un grande di successo. Infatti, quasi un elettore su tre (28%) ritiene che l'antipolitica sia un fenomeno "giusto" ed "opportuno". Il problema sta però nel fatto che, per adesso, buona parte di costoro tende ad astenersi. E che, al tempo stesso, il 53% degli elettori è del parere che "non c’è bisogno al momento di una lista nuova che rappresenti i consumatori". Oltretutto, alcuni leader del movimento consumerista si trovano anche in altre liste.

I risultati del sondaggio sull'Unione democratica per i consumatori

IL MERCATO SICURO - Essendosi appena presentata nell'arena politica, il mercato elettorale "certo" dell'Unione Democratica per i Consumatori è oggi ancora assai limitato ma già significativo: grosso modo l'1% degli elettori si dichiara pronto a votarla. Ma c'è un mercato potenziale (costituito da chi "prende in considerazione" la lista, pur non avendo ancora deciso di votarla) piuttosto ampio, che arriva quasi al 13%. I componenti di quest'ultima dichiarano di votare oggi perlopiù il PD e l'Italia dei Valori di Di Pietro (anch'essa orientata ad attrarre i simpatizzanti per l’antipolitica). Ma una quota, seppur più modesta, degli elettori potenziali dell’Unione Democratica per i Consumatori proviene anche dal PDL da una parte e dalla Sinistra-l'Arcobaleno dall'altra, ciò che mostra come il partito di Bordon si collochi in una posizione mediana.

ELETTORATO - Chi sono i votanti potenziali per l’Unione Democratica per i Consumatori? L’elemento che forse più caratterizza il partito di Bordon è l’elevata presenza femminile: la percentuale di donne tra i suoi elettori potenziali supera del 7% la media della popolazione, forse perché si tratta di consumatrici. C’è poi un’accentuazione tra i possessori di titoli di studio più elevati, specie nel sud. E c’è un interesse particolare da parte di chi si sente più lontano dalla politica. Proprio per la sua caratteristica di partito completamente nuovo nel panorama politico italiano è ancora difficile prevedere ciò che riuscirà davvero a fare elettoralmente la forza guidata da Bordon: tutto dipenderà dalla campagna elettorale, sua e dei suoi competitori


12 marzo 2008(ultima modifica: 13 marzo 2008)

da corriere.it

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« Risposta #6 inserito:: Marzo 14, 2008, 05:37:47 pm »

Molte donne, giovani e laureati tra le persone che la voteranno

L'Unione di centro interessa 1 elettore su 4

Il partito di Casini e Tabacci al 6-8% dei consensi.

Ma il mercato potenziale arriva al 25%

di RENATO MANNHEIMER


MILANO - L'Unione di Centro è il frutto dell'alleanza tra Casini, Tabacci e altri esponenti di matrice cattolica. La sua ambizione è quella di costituire un'alternativa alla due forze politiche maggiori, il PDL e il PD, collocandosi in mezzo a loro, al centro dello schieramento politico.

I TARGET DELL'UNIONE DI CENTRO - L'Unione di Centro ha interesse a intercettare tra target specifici in parte legati tra loro. Da un verso, essa cerca di conquistare gli elettori che non si sentono di aderire all'uno o all'altro polo e che non sono persuasi dagli argomenti di Berlusconi e di Veltroni. Dall'altro, data la sua collocazione, il partito di Casini tenta, più o meno esplicitamente, di coinvolgere gli elettori meno interessati alla politica. Costoro, infatti, tradizionalmente, affermano di sentirsi di centro tout-court e, sul piano della scelta di voto, dichiarano di cercare un partito che si collochi, appunto, al centro o, in alternativa di essere tentati dall'astensione. Il terzo target cui il nuovo partito si rivolge è in parte corrispondente ai primi due: si tratta degli elettori cattolici o, meglio, di quei cattolici per i quali l'appartenenza religiosa costituisce una delle motivazioni, più o meno salienti, della scelta di voto.
Un tempo, si sa, molti erano spinti a votare sulla base della propria identità religiosa. Oggi, il legame tra il sentirsi cattolici e la scelta elettorale si è molto attenuato. Ma permane una quota di popolazione che matura la propria scelta elettorale anche – talvolta esclusivamente – sulla base della propria identità religiosa.

IL MERCATO ELETTORALE DELL’UNIONE DI CENTRO - Secondo gran parte dei sondaggi, l’Unione di Centro raccoglie in questo momento il 6-8% dei voti. Accanto a quest'ultimo, che può essere considerato il suo elettorato "certo", l'Unione di Centro gode di un ampio bacino potenziale costituito da chi prende in considerazione il partito di Casini, pur senza avere ancora deciso di votarlo. Si tratta di una porzione molto ampia di elettorato, che raggiunge quasi il 25%. L'appeal potenziale dell’Unione di Centro è dunque molto esteso. Esso pare provenire più dal centrosinistra che dal centrodestra. Infatti, quasi il 37% dell'elettorato potenziale dell’Unione di Centro vota oggi per il PD. Al tempo stesso, un altro 26% sceglie in questo momento il PDL.

LE CARATTERISTICHE SOCIO-ECONOMICHE - Com'è tradizione sin dai tempi della Democrazia Cristiana, l'elettorato dei partiti cattolici vede una prevalenza di donne. Un tempo, tuttavia, si trattava di persone anziane. Oggi accade il contrario: l'Unione di Centro è infatti uno dei pochi partiti, esclusi quelli posti alle estreme dello schieramento politico, in grado di attirare consensi da parte dei giovani. Essa vede infatti una presenza più che proporzionale di under24. A questa circostanza è probabilmente legata un'altra accentuazione significativa, quella della presenza più che proporzionale di laureati e, in generale, di possessori di titoli di studio elevati. Ancora, è possibile rilevare come gli elettori dell'Unione di Centro si trovino in misura maggiore nei centri urbani di maggiori dimensioni. Si tratta, com’era facile attendersi, perlopiù di persone che dichiarano di frequentare la Messa in modo regolare: ma circa il 20% dell’elettorato attuale di Casini è costituito da cittadini che affermano di non andare a Messa del tutto o, al massimo, di recarsi in Chiesa una o due volte l’anno: ciò può essere un indice del fatto che l’attrazione del partito di Casini non è basata sul solo fattore religioso.

LE PROSPETTIVE FUTURE - Sulla base del consenso attuale, è ragionevole pensare che l'Unione di Centro superi largamente la soglia di accesso alla rappresentanza parlamentare alla Camera dei Deputati, in quanto oltrepassa il 4% di voti. Ma il partito vede maggiori difficoltà al Senato, dove il limite di accesso è pari al doppio. Qui, come si sa, conta il dato delle singole regioni: al riguardo, è certo che in alcune regioni l'Unione di Centro supererà l’8% e quindi potrà vedere dei suoi rappresentanti eletti diventare senatori. Ma in diverse regioni il risultato è incerto.


13 marzo 2008(ultima modifica: 14 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #7 inserito:: Marzo 18, 2008, 03:30:29 pm »

I SONDAGGI DI CORRIERE.IT

Il Pd va a caccia di indecisi

Il trend positivo si è arrestato. Ma un elettore su due prende in considerazione il partito di Veltroni

Secondo lei, quali sono le tre questioni che il nuovo Governo dovrà affrontare una volta in carica?

Nuove generazioni al voto: i giovani preferiscono i partiti «estremi»

Il voto dei giovani
 
di RENATO MANNHEIMER


MILANO - Il Partito Democratico rappresenta una delle più importanti – secondo alcuni la più rilevante – novità di queste elezioni. La decisione di Veltroni di "correre da solo" ha rivoluzionato l'intero scenario politico del nostro paese. Realizzando nei fatti buona parte degli effetti (in particolare, quello del chiarimento e della semplificazione dell'offerta dei partiti) che avrebbero dovuto essere prodotti dalla riforma elettorale. Anche per questo, il PD ha ottenuto, in questo periodo, una grande quantità di voti virtuali nei sondaggi, spesso al di là dei consensi già acquisiti in passato dalle forze politiche che hanno contribuito a costituirlo. Non solo: da gennaio fino a qualche settimana fa, le opzioni per il PD nei sondaggi si sono andate costantemente accrescendo. Segno della capacità persuasiva di Veltroni e dell'efficacia delle tecniche di comunicazione adottate. Negli ultimi giorni, secondo i dati raccolti nelle rilevazioni di tutti gli istituti di ricerca, il trend di crescita del PD pare essersi - non sappiamo se temporaneamente o definitivamente – arrestato, a fronte di un incremento dei consensi per i partiti minori, collocati sulle estreme, in particolare, per la Sinistra l'Arcobaleno.

PERCENTUALI - Oggi il Partito Democratico può contare su grossomodo il 33-34% dei voti. Nel complesso, la coalizione guidata da Veltroni – comprendente quindi anche l’Italia dei Valori di Di Pietro e i Radicali – giunge a raccogliere il 37-38% (con una distanza di circa sette punti dalla coalizione di Silvio Berlusconi). Accanto a questi voti, che si potrebbero (forse) definire "certi", vanno aggiunti i consensi potenziali, espressi, come si sa, da chi "prende in considerazione" la scelta per Veltroni pur essendo oggi orientato verso un'altra forza politica. Si tratta di una porzione amplissima dell'elettorato: il 53% per ciò che concerne specificatamente il PD e quasi il 60% per quel che riguarda l'intera coalizione. L'elettorato del PD assume una natura assai composita ed è caratterizzato dalla presenza di molteplici componenti, talvolta anche assai distanti tra loro per caratteristiche socio-economiche o ideologiche. Il seguito del Partito Democratico è rappresentato in misura eguale da maschi e femmine. C'è viceversa un'accentuazione nelle classi di età "centrali", in particolare in quella tra i 45 e i 65 anni.

CHI VOTA IL PD - Una delle caratteristiche principali del PD è costituita dal fatto che esso raccoglie in misura molto maggiore rispetto alla popolazione nel suo complesso, i consensi di chi possiede i titoli di studio più elevati, in particolare, dei laureati (che però rappresentano, come si sa, meno del 10% dell’elettorato italiano). Il PD ha, ancora oggi, la caratterizzazione territoriale che ha sempre connotato la sinistra in Italia, con una più forte presenza in Toscana e in Emilia e una maggiore debolezza altrove. Ancora, i consensi per il PD si trovano in misura maggiore nei centri urbani di grandi dimensioni. Com'era facile attendersi, la grande maggioranza degli elettori del partito guidato da Veltroni si definisce "di centrosinistra". Ma ve n'è una quota consistente che si dichiara di "sinistra" tout-court, così come grossomodo il 12% afferma di sentirsi "di centro" oppure "apolitico". La gran parte degli elettori del PD si dichiara laica, ma, ancora una volta, grossomodo il 40% dichiara di frequentare la Messa almeno due volte al mese. Grazie a questa composizione variegata, il PD si candida per raccogliere una pluralità di voti proveniente da diversi strati sociali e di pensiero. Al tempo stesso, questo suo carattere composito suscita qualche critica di indeterminatezza, allontanando così i consensi di una quota minoritaria, ma significativa, di elettorato. Occorre ricordare al riguardo che, in queste elezioni, i votanti per il centrosinistra parrebbero tendenzialmente assai meno "fedeli" di quelli di centrodestra. Infatti, a tutt'oggi "solo" il 61% di chi aveva votato l'Ulivo nel 2006 si dichiara "certo" di scegliere il PD. Tutti gli altri sono ancora indecisi. E costituiscono coloro che Veltroni sta cercando di persuadere in queste settimane.


17 marzo 2008(ultima modifica: 18 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #8 inserito:: Marzo 19, 2008, 02:46:48 pm »

 SONDAGGI DI CORRIERE.IT

di RENATO MANNHEIMER


MILANO - La Sinistra-l'Arcobaleno rappresenta, come si sa, la Federazione tra diverse componenti che si collocano "a sinistra" del PD, formatasi in vista delle elezioni del 13-14 aprile, benché, secondo i suoi promotori, essa abbia un orizzonte che va al di là di queste ultime. Uno dei quesiti principali riguardo a questa formazione è se riuscirà a raggiungere l'8% dei voti e quindi ad accedere alla ripartizione dei (decisivi) seggi senatoriali. In alcune regioni (l'assegnazione, come si sa, è computata su questa base territoriale) l'obiettivo sarà certamente acquisito.

Ma non in tutte né nella maggior parte, poiché, sulla base dei sondaggi attualmente disponibili, la formazione di Bertinotti risulta oscillare in un intervallo poco al sotto della fatidica soglia dell'8%. Significativamente meno della somma di quanto ottennero separatamente le forze che la compongono in occasione delle elezioni del 2006.

RACCOLTA CONSENSI - Sino ad oggi, dunque, l'operazione di aggregazione non ha dato i suoi frutti (com'è peraltro tradizione nel nostro paese per "somme" di partiti in occasione delle elezioni) e si è rivelata poco efficace specialmente sul piano della raccolta dei consensi. Molti elettori di estrema sinistra, dicono gli studi condotti al riguardo, sono stati attratti dal PD e dalla leadership di Veltroni. Appare quindi assolutamente necessario per la Sinistra-l'Arcobaleno, tentare di espandersi ulteriormente, al di là dei livelli attuali. A fronte della situazione oggi problematica, esiste infatti un ampio mercato potenziale (costituito da chi dichiara di "prendere in considerazione" la Sinistra-l'Arcobaleno, ma al tempo stesso afferma di non avere ancora deciso di votarla) che giunge a raccogliere ben un cittadino su quattro. In altre parole, il 25% circa dell'elettorato italiano appare comunque interessato alla Sinistra-l'Arcobaleno.

L'ELETTORATO - Ma in che direzione conviene muoversi per persuadere questi nuovi elettori? Per stabilirlo, occorre, come sempre, partire dalle loro caratteristiche. Sul piano della composizione socio-economica, la Sinistra-l'Arcobaleno appare oggi infatti attrarre in misura maggiore le donne e, specialmente, i giovani che si trovano in misura più che proporzionale tra i suoi votanti. Gli under24, come si sa, sembrano dirigersi, in occasione di queste elezioni, specialmente verso le forze collocate sulle estreme dello schieramento politico, con un'accentuazione proprio per la Sinistra-l'Arcobaleno. La giovane età dell'elettorato attuale e potenziale comporta anche il possesso, mediamente, di titoli di studio più elevati che nel resto della popolazione e, di conseguenza, la necessità di adottare tecniche di comunicazione adeguate. Sul piano delle scelte politiche ed elettorali, la gran parte dei voti potenziali per la Sinistra-l'Arcobaleno risiede attualmente tra i votanti per il PD, ove si trova il 60% del mercato potenziale. Proprio questa sovrapposizione di mercato spiega in gran parte il motivo della costante polemica della Sinistra-l'Arcobaleno verso il PD. Ma oltre un elettore potenziale della Sinistra-l'Arcobaleno su cinque si dichiara oggi indeciso tout-court su cosa votare, senza manifestare alcuna preferenza netta di partito. È questa un'area di mercato assai promettente perché risente meno della competizione delle altre forze politiche, ma è, al tempo stesso, molto complessa da conquistare per la accentuata distanza dalla politica dei suoi componenti. Proprio qui si trovano molti giovani, il segmento sociale su cui la Sinistra-l'Arcobaleno dovrebbe, come si è detto, puntare maggiormente. Sapremo nei prossimi giorni se Bertinotti saprà adottare i contenuti e le modalità comunicative necessarie a conquistarli.


18 marzo 2008(ultima modifica: 19 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #9 inserito:: Marzo 21, 2008, 03:16:56 pm »

 SONDAGGI DI CORRIERE.IT

Berlusconi resta favorito, ma non come all'inizio

La quota di chi inizia a pensare che potrebbe vincere Veltroni si è fortemente incrementata, sino a triplicarsi

di RENATO MANNHEIMER


MILANO - Nessuno, ovviamente, può sapere sin d’ora con precisione quale delle due opposte fazioni in lizza per elezioni politiche prevarrà il prossimo 13-14 aprile, quando ci recheremo finalmente alle urne. Ma circolano molte ragionevoli previsioni in merito. Sia sulla base dei sondaggi di opinione, sia tramite i ragionamenti di ciascuno: non c’è italiano che non abbia le proprie idee in merito. Uno strumento scientifico spesso utilizzato per prevedere il risultato elettorale si basa proprio sulle opinioni al riguardo dei cittadini. Esso è costituito dall’indice che viene solitamente denominato “winner”: questo è basato sull’insieme dei pronostici effettuati dagli stessi elettori rispondendo, appunto, al quesito: “chi vincerà le prossime elezioni?”.

L'INDICE "WINNER" - Da tempo, l’indice “winner” applicato alle prossime consultazioni indica come la larga maggioranza della popolazione ritenga che, tra Berlusconi e Veltroni, finirà col prevalere il Cavaliere. In questo modo gran parte degli italiani danno una risposta coerente (e in parte, certo, influenzata) a quanto affermano da tempo i sondaggi di opinione. In particolare, a febbraio 74% della popolazione si dichiarava certo della vittoria del PDL. Nelle settimane successive, tuttavia, si è manifestato un trend interessante e significativo, che rappresenta una novità, anche se non ha modificato il pronostico sostanziale.

CAMBIAMENTO DI OPINIONI SUL VINCITORE - La maggioranza della popolazione continua infatti ad attribuire a Berlusconi le maggiori probabilità di vittoria. Ma la quota di chi, viceversa, inizia a pensare che potrebbe vincere Veltroni si è fortemente incrementata, sino a triplicarsi. Questo andamento si è verificato a partire dal momento in cui il Partito Democratico ha visto un incremento nelle intenzioni di voto attribuitegli. C’è da dire tuttavia che questo mutamento di previsioni si è verificato quasi esclusivamente nell’elettorato di centrosinistra. Insomma, i votanti per l’ex Sindaco di Roma sono diventati improvvisamente più ottimisti. L’evolversi della campagna elettorale dopo Pasqua ci dirà in che misura la loro previsione – e il loro ottimismo – potrà avere un qualche fondamento.


20 marzo 2008(ultima modifica: 21 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #10 inserito:: Marzo 23, 2008, 12:12:33 pm »

LE INTENZIONI DI VOTO

«Partita» del Senato, decisivi Udc e sinistra

Stabile il divario Pd-Pdl.

Appelli incrociati al «voto utile», sì dal 60% degli italiani


Nelle ultime settimane — e ancor più negli ultimi giorni — la distribuzione delle intenzioni di voto rilevata dai vari istituti di ricerca pare avere assunto un assetto relativamente stabile. Vi sono, certo, differenze, 
L'aula del Senato della Repubblica a Palazzo Madama (Ansa)
talvolta rilevanti, tra istituto e istituto, specialmente, in relazione al momento in cui il sondaggio è stato effettuato. Ma, nel complesso, tutte le ricerche confermano che la coalizione guidata da Berlusconi continua a conquistare la maggioranza relativa, attestandosi attorno al 44-46%. E che quella condotta da Veltroni goda approssimativamente del 36-38% dei consensi. La distanza tra le due si può quindi stimare in circa l'8%. In realtà, la differenza di voti (virtuali) tra Pdl e Pd è inferiore ed è pari a circa il 4-5%. Contano molto dunque le forze con cui essi si sono alleati. Conta, in particolare, la Lega che contribuisce a rafforzare significativamente la coalizione di centrodestra.



Le implicazioni per il nuovo Parlamento

Se il voto «vero» del 13-14 aprile confermerà questi dati, la prevalenza del centrodestra alla Camera è largamente assicurata, grazie al premio di maggioranza che viene qui compu-tato, come si sa, a livello nazionale. Diversa è la situazione per il Senato ove lo stesso premio è calcolato per ciascuna regione. Qui l'esistenza di una solida maggioranza è incerta. Sia a causa della persistente indeterminatezza del voto ai partiti in certe regioni (ad esempio il Lazio), sia, in alcune di esse, per l'incognita sul raggiungimento della soglia dell'8% per le forze concorrenti a quelle maggiori, in particolare, l'Unione di Centro e la Sinistra l'Arcobaleno. Infatti, il conseguimento dell'8% per l'una o per l'altra sottrarrebbe un numero consistente di senatori al Pd o al Pdl aumentando le incognite sulla distribuzione dei seggi in Senato. E' specialmente per questo motivo che Berlusconi e Veltroni continuano a perorare la causa del «voto utile » — destinato cioè ai partiti maggiori e non «disperso » verso le forze più piccole — specie al Senato. Peraltro, questa richiesta sembrerebbe essere accolta dalla maggior parte (ma non da tutti) dei loro elettori. Un recente sondaggio ha mostrato infatti come il 60% degli italiani sia favorevole alla pratica del «voto utile».

Le fasi future della campagna elettorale

Ma la situazione potrebbe modificarsi anche, sensibilmente, nelle prossime settimane che sono quelle decisive e quelle in cui, solitamente, i leader avanzano le promesse più impegnative, tentando di convincere i tanti elettori che decidono all'ultimo minuto. Molti dei quali sono addirittura in bilico tra l'una e l'altra coalizione: grossomodo il 16% dell'elettorato dichiara infatti di «prendere in considerazione» al tempo stesso forze appartenenti al centrodestra e al centrosinistra. La persuasione degli indecisi spetterà particolarmente a Veltroni. E' nel centrosinistra, infatti, che si trovano in misura relativamente maggiore gli elettori che non hanno ancora deciso di riconfermare il voto dato nel 2006

Renato Mannheimer
22 marzo 2008

da corriere.it
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« Risposta #11 inserito:: Marzo 26, 2008, 04:36:45 pm »

DAI PERPLESSI DIPENDERà DI FATTO L'ESITO DELLE POLITICHE

«Voto utile», convinti 6 elettori su 10

Ma tra i veltroniani quasi un votante su tre non condivide l'appello anti-"spreco" di Pd e Pdl

di RENATO MANNHEIMER


MILANO - Ancora negli ultimi giorni, i leader dei due maggiori schieramenti, Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, hanno entrambi sottolineato la necessità, a loro avviso, di dare un «voto utile». Come si sa, essi argomentano che sarebbe uno «spreco» attribuire il proprio consenso elettorale a quelle forze che, non riuscendo a superare la soglia minima di ammissione, non avrebbero comunque possibilità di accedere alla distribuzione dei seggi nel futuro Parlamento.

SOGLIE DI SBARRAMENTO - Il ragionamento viene applicato sia alle elezioni per la Camera dei Deputati, sia per quelle del Senato, ma acquista maggior valenza in questo secondo caso. Per la Camera dei Deputati, infatti, la soglia è pari al 4% dei voti ottenuti a livello nazionale. Diversi partiti rischiano di non raggiungere questo limite e di essere di conseguenza esclusi dalla rappresentanza. Per il Senato la situazione è più complessa. Non solo la soglia di sbarramento, infatti, è doppia e pari all’8% ma, quel che è più importante, si applica a livello della singola regione. Ciò significa che se una forza politica ottiene più dell’8% in una data regione, concorre alla ripartizione dei seggi senatoriali attribuiti in quel contesto, ma non necessariamente in altri. Per le due forze maggiori il problema non si pone, poiché entrambe superano di gran lunga l’8%. D’altra parte, la maggior parte dei piccoli partiti è lontana da questa quota di consensi. Ma due forze politiche sembrano ottenere, almeno sulla base dei sondaggi effettuati sino a questo momento, proprio questa percentuale di voti, superandola in certe regioni, ma rimanendo al di sotto in altre. Si tratta dell’Unione di Centro e della Sinistra l’Arcobaleno.

IL VOTO ULTILE E IL PREMIO DI MAGGIORANZA - È importante sottolineare un dato che può apparire tecnico: nelle regioni ove supereranno l’8% queste forze toglieranno senatori al perdente tra i due partiti maggiori, PD o PDL, ciò che non accadrebbe se non raggiungessero la soglia in questione. Infatti, il vincente tra PD e PDL avrà senz’altro i seggi senatoriali derivanti dall’applicazione del premio di maggioranza, anch’esso computato a livello regionale. I seggi restanti saranno divisi tra il soccombente tra i due maggiori partiti e, eventualmente, le altre forze che supereranno l’8% e che quindi entreranno nella spartizione della "torta" residua. Per questo, i due partiti maggiori hanno tutto l’interesse a concentrare i voti su sé stessi, evitando, specie al Senato, che altri raggiungano la soglia di ammissione.

PIU' SCETTICI NEL PD - Ma in che misura l’elettorato è persuaso dell’idea del voto utile? Un recente sondaggio ha mostrato che la gran parte – il 60% degli elettori – condivide questo argomento e intende applicarlo. Ma questa quota è inferiore a quella del complesso dei votanti per i due maggiori partiti. Infatti, molti, anche all’interno di PD e PDL non sono convinti fino in fondo dell’opportunità del «voto utile». Lo scetticismo appare più intenso tra l’elettorato della coalizione di Veltroni, ove quasi un votante su tre non condivide l’idea del voto utile. Dalle scelte dei perplessi sul «voto utile» dipende, di fatto, l’esito politico delle elezioni. Che si giocherà soprattutto sull’esistenza o meno di una maggioranza agibile in Senato, tale da permettere di governare. Come si è detto, essa verrà in larga parte determinata dal risultato delle singole regioni, dal raggiungimento dell’8% per i due partiti "concorrenti" a quelli maggiori e, dunque, dall’applicazione o meno dell’appello al «voto utile».


25 marzo 2008(ultima modifica: 26 marzo 2008)

da corriere.it
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« Risposta #12 inserito:: Marzo 26, 2008, 04:46:57 pm »

Porta a Porta e i sondaggi Via col vento

Enzo Costa


Non escludo affatto di sbagliarmi, di aver rimosso la cosa, di avere una memoria più labile di quella dello Smemorato di Cologno di fiorelliana memoria, se non di Gianfranco Fini (quello che bollò come «comiche finali» il partito del predellino dello Smemorato di Cologno autentico, e che ora gli scodinzola dietro, dopo aver proclamato per il 13 aprile la Festa della Liberazione, per la gioia immemore sua e della nipotina di colui da cui l’Italia grazie al cielo si liberò sul serio il 25 del mese medesimo). Insomma, se ricordo male, sono pronto a rettificare, fatto sta che - per quanto mi sforzi - non riesco a rammentare, da fedele telespettatore di Porta a Porta, che due anni fa, di questi tempi, le puntate elettorali della trasmissione ospitanti i principali candidati al governo prevedessero un elemento oggi costante: la rassegna integrale dei sondaggi sulle intenzioni di voto. Eppure, a ben pensarci, la situazione era specularmente identica o quasi: chi aveva governato in quella legislatura risultava, da pressoché tutte le rilevazioni statistiche, in svantaggio; di conseguenza, chi era stato all’opposizione veniva accreditato di parecchi punti percentuali in più. Situazione simile a oggi, per l’appunto, ma a parti invertite: allora il centrodestra era indietro, e il centrosinistra davanti. Una differenza piccola, ma non irrilevante, è che l’inseguitore del 2006 (Berlusconi) negava fin da subito di essere in svantaggio, e lo faceva definendo (impunemente, ça va sans dire) falsi e comunisti tutti i sondaggi tranne quello da lui mai ben esplicitato, di origine americana, che a suo vaghissimo dire lo dava testa a testa con l’avversario. Mentre l’inseguitore del 2008 (Veltroni) parla da un po’ della rimonta in corso (effettivamente attestata da diverse ricerche), e adesso aggiunge che potrebbe non essere colta del tutto dai sondaggi, senza però mai disconoscere la regolarità dei loro metodi di rilevazione, anche di quelli dai risultati meno favorevoli, che lo piazzano distante dall’avversario.

Ma la differenza davvero significativa - sempre che la memoria non mi tradisca - è, lo accennavo poc’anzi, questa: Porta a Porta due anni fa non faceva quello che fa oggi. Vale a dire non affidava all’affabile Renato Mannheimer un periodico bollettino dei sondaggi, non solo di quello realizzato dal suo istituto (che di solito per Veltroni registra un maggiore recupero), ma anche di tutti gli altri, debitamente illustrati da una grafica eloquente, che - partendo dal dato scritto sul partito dell’ospite di turno - consente a ricercatore e conduttore di dire e ribadire la distanza che lo separa dal dato del partito avversario. E l’impatto è notevole: ha voglia, chi insegue, a sottolineare la rimonta (più o meno marcata), l’effetto visivo e sonoro di quel sistematico panorama sondaggistico è - puntata su puntata - una sorta di riaffermazione d’ineluttabilità: il Pdl è in vantaggio, il Pd è in ritardo.

Non sto qui a questionare sull’attendibilità di queste rilevazioni. Né a far presente come il ripeterle ossessivamente, con tanto di tabelle a tutto schermo, possa giovare all’esito che esse a oggi prefigurano, persuadendo i molti incerti sull’inutilità di votare per chi è sempre distanziato (come si dice, l’effetto “profezia che si avvera”). Sono qui, più semplicemente, a interrogarmi sulla curiosa diversità con le precedenti elezioni politiche: com’è che (sempre nel caso io ricordi bene) durante la campagna elettorale 2006 l’imparzialissimo Vespa non commissionò al fido Mannheimer un lavoretto simile? Com’è che - a fronte di un Prodi dato in nettissimo vantaggio da tutti i sondaggi eccetto quello fantomatico made in Usa vagheggiato dal Cavaliere - non assistevamo, introdotto dalle accattivanti note di «Via col vento», all’irradiamento sistematico di numerosissime rilevazioni statistiche dei più autorevoli istituti di ricerca attestanti giorno dopo giorno, puntata di Porta a Porta dopo puntata, una sostanziale staticità degli orientamenti di voto, con Prodi in sistematico vantaggio e Berlusconi (a dispetto del suo imprecisato sondaggio) in sistematico ritardo?

Il fazioso centrosinistrorso che è in me risponde che ciò avveniva perché - in quel caso - l’effetto «profezia che si avvera» sarebbe stato sgradito al centrodestra. E perché conferire autorevolezza (mostrandoli sistematicamente) a sondaggi che Silvio dava per taroccati, avrebbe scalfito la tesi del Cavaliere, (s)qualificandolo agli occhi dei teleutenti come un bluffatore.

Ma sono certo che quel notaio super partes di Vespa saprà fornirmi una spiegazione ben più credibile (sempre che, lo scrivo ancora una volta, io non abbia dimenticato i puntualissimi sondaggi periodici di Porta a Porta 2006).

enzo@enzocosta.net

www.enzocosta.net

Pubblicato il: 26.03.08
Modificato il: 26.03.08 alle ore 10.55   
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« Risposta #13 inserito:: Marzo 27, 2008, 08:12:56 am »

Politica   
   
È Veltroni il leader che ispira più fiducia

Il leader del Pd batte Berlusconi. Eppure la coalizione del Cavaliere ha ancora un largo vantaggio

I SONDAGGI DI CORRIERE.IT

di RENATO MANNHEIMER


MILANO - Mancano meno di tre settimane al momento del voto "vero". Il 13-14 aprile ci recheremo finalmente alle urne. In vista di questa scadenza, è probabile che nelle prossime, ultime, tre settimane di campagna elettorale lo scontro tra le diverse fazioni assuma toni più accesi di quanto non si sia visto sin qui. Sino ad oggi, infatti, la competizione è apparsa assai "ragionevole" (qualcuno ha detto "moscia"), basata, diversamente da quanto si è verificato nelle precedenti occasioni, più sui contenuti che sulla mera polemica tra i diversi partiti. Ma la necessità di conquistare i tanti elettori che a tutt'oggi non hanno ancora deciso il proprio voto, porterà necessariamente ad una competizione più intensa e, forse, più "gridata", specie tra le due coalizioni maggiori. In parte la campagna continuerà ad occuparsi di programmi e di contenuti come, in larga misura, è stato sin qui. Ma è certo che l’accentuarsi del confronto renderà più intensa e "calda" la polemica sull'affidabilità e la serietà delle varie forze politiche e dei vari leader in campo.

FIDUCIA - Insomma, la campagna si occuperà più direttamente dei singoli personaggi oggi candidati alla Presidenza del Consiglio. Anche per questo è interessante conoscere il grado di popolarità dei diversi leader politici e il livello di fiducia che essi ispirano tra i cittadini. In un recente sondaggio è stato chiesto agli intervistati di dire quanto ispirano loro fiducia gli attuali candidati alla Presidenza del Consiglio. I risultati possono apparire in parte sorprendenti: l'ex Sindaco di Roma viene infatti mediamente giudicato più degno di fiducia del Cavaliere. La distanza tra i due non è molto ampia, ma è ugualmente significativa. Seguono in questa classifica Bertinotti, Casini e la Santanché. Naturalmente, avere fiducia non comporta necessariamente il dare il proprio voto e viceversa. Tanto che la coalizione guidata da Berlusconi continua, anche in questi giorni, a detenere saldamente il primato dei consensi, con una distanza tale da permettere – se verrà mantenuta anche nelle prossime settimane - una vittoria significativa alle elezioni del 13-14 aprile. Ma la popolarità personale tra gli elettori costituisce certamente un fattore significativo per cercare di ottenere il consenso degli elettori che ancora debbono decidere. Le prossime settimane ci diranno se Veltroni saprà usare il proprio ampio patrimonio di fiducia tra i cittadini per accrescere i voti che gli vengono attribuiti.


26 marzo 2008(ultima modifica: 27 marzo 2008)


da corriere.it
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« Risposta #14 inserito:: Aprile 13, 2008, 04:28:42 pm »

L’analisi Sono il 25% degli elettori

Gli indecisi? Alla fine tanti si asterranno

Le tribù: arrabbiati e «infedeli»


Oggi è il gran giorno degli indecisi, che rappresentano, ancora alla vigilia delle elezioni, il 25% dell’elettorato (ma molti si asterranno). Su di loro si concentrano in queste ore le attenzioni dei leader. Ma la generica dizione di «indecisi» comprende più categorie di persone: se ne possono individuare almeno cinque tipi. Il più numeroso (grosso modo il 60% degli indecisi) è costituito dai disinteressati alla politica. Sanno delle elezioni, ma se ne sentono estranei, poiché non riguardavano la loro quotidianità. Tanti finiranno col non votare. Giacomo M., operaio veneto: «Io non ci ho mai capito niente. Ho altro a cui pensare. Domenica sto a casa».

Ma per alcuni il senso del dovere civico finisce col prevalere. Francesca F., impiegata abruzzese: «A scuola dicevano che bisogna assolutamente votare. Allora, negli ultimi giorni, ho provato a guardare un po' di politici alla televisione. Ce n'è uno che mi pare più carino. La volta scorsa ho deciso proprio nella cabina (nel 2006 si è comportato così il 5% degli elettori) ma credo che lo voterò». Una seconda categoria (all'incirca il 25%) ha già un orientamento di massima, centrodestra o centrosinistra, ma è comunque perplesso. Spesso l'abitudine a votare il «proprio» partito, che rispecchia interamente le opinioni personali, cozza contro la pur condivisa adesione ad una logica bipolare. Augusto B., avvocato a Roma: «Io ho sempre votato a sinistra. Ho provato a capire dai giornali qual è il voto davvero "utile". Ma ho visto che la cosa cambia di regione in regione. Mi consulterò con un amico esperto ».

Anche qui c'è chi è attratto dall’astensione: Maria C., casalinga a Belluno: «Nel 2006 ho scelto Prodi, che poi mi ha deluso. Adesso dovrei votare Veltroni che però non mi convince del tutto. Non so ancora se andrò alle urne. Intanto ascolto ciò che dice alla televisione». Ci sono poi gli arrabbiati (10% degli indecisi), persone letteralmente disgustate dalla politica e dai suoi protagonisti. Ludovico G., architetto in provincia di Napoli: «Sono tutti uguali. Ce n'è uno che mi sembra un po più onesto degli altri. O voto lui o mi astengo. Sto facendo una ricerca su Internet per saperne di più e scegliere ». La quarta categoria di indecisi (5% circa) è rappresentata da chi è uso al voto «eterodiretto» e segue le indicazioni di una terza persona, ritenuta più esperta o, più spesso, capace di individuare la scelta più vantaggiosa.

L'ultimo gruppo è il più modesto numericamente (meno dell'1%). Sono gli «analisti imparziali». Persone spesso molto interessate alla politica e che tuttavia non si sentono necessariamente appartenenti né tanto meno identificate con uno schieramento. Cercano di valutare pregi e difetti di ciascuno per scegliere poi «razionalmente ». Anna F., consulente a Milano: «Ho letto tutto e di tutto. Quasi quasi faccio come suggerisce Sartori: voto uno al Senato e l'altro alla Camera ». Nel loro insieme, gli indecisi sono i veri protagonisti di queste ore. Dal loro orientamento dipende, ancora una volta, l'esito finale delle consultazioni.

Renato Mannheimer
13 aprile 2008


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