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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331900 volte)
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« Risposta #600 inserito:: Maggio 08, 2014, 04:38:22 pm »

08/05/2014

Simulazione di schifo

Massimo GRAMELLINI

Civati lo tocca, il grillino Fraccaro si pulisce

L’immagine immortala Riccardo Fraccaro dei Cinquestelle in uno studio televisivo mentre si spazzola il gomito della giacca dopo che il suo vicino di posto Pippo Civati gliel’ha sfiorata. 

Il Pippo del Pd non risulta portatore di malattie infettive (non è neanche comunista) e tra i tutti i membri dell’esecrabile nomenclatura è senz’altro il meno impuro, essendosi sempre schierato all’opposizione di chiunque. 

Eppure il cittadino Fraccaro ritiene inconcepibile ogni contatto fisico con lui. Non subito però. Impiega tre secondi per accorgersi dell’oltraggio, come quei giocatori diplomati in simulazione che ci mettono del tempo prima di cadere moribondi al suolo. Nella spazzolata ritardata di Fraccaro latitano l’ironia e la spontaneità che avrebbero saputo profondervi degli istrioni matricolati come Grillo o il Berlusconi ilare spolveratore della sedia di Travaglio. La sua sembra piuttosto l’esecuzione gelida di uno schema mandato a memoria per esprimere con un gesto plastico, a beneficio del pubblico votante, lo schifo suscitato dai politici di professione. Ma se persino i grillini cominciano a recitare i loro malumori, ai cercatori di certezze alternative al sistema non resterà che aggrapparsi ai tatuaggi del signor Carogna. Sempre che non facesse finta anche lui. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/08/cultura/opinioni/buongiorno/simulazione-di-schifo-rfkpGbe9snxcIQ7gTIWg9K/pagina.html
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« Risposta #601 inserito:: Maggio 10, 2014, 07:05:50 pm »

09/05/2014
Il mago Silvian

Massimo GRAMELLINI

Per l’ennesima volta mi ero ripromesso di non parlare più del dog-sitter di Arcore, a meno che non si producesse in qualcosa di assolutamente inconcepibile persino per lui. Purtroppo vi si è prodotto, e proprio ieri, nel giorno di san Vittore, festeggiato in tutta Italia con una retata di vecchi arnesi di Tangentopoli: da noi non esiste ricambio neppure nel florido settore dei ladroni. 

Alla vigilia della prima visita alla casa di anziani affidati saltuariamente alle sue attenzioni, il domiciliato speciale ha affermato di avere in serbo un segreto impossibile da rivelare. Dopo un’attesa infinita, almeno per le sue abitudini (tre secondi), lo ha rivelato: «Sto facendo una ricognizione delle ultime cure inventate per l’Alzheimer, così da dare agli infermi la possibilità di fare qualcosa di più». Non è ancora chiaro se si limiterà a coordinare il lavoro di medici e scienziati o se trarrà spunto dai loro sforzi vani e prolungati per creare in pochi minuti il rimedio che il mondo aspetta da sempre, anche se ingenuamente non da lui. Il nostro uomo non è nuovo a questo genere di annunci: in un’altra campagna elettorale promise di debellare il cancro entro cinque anni. Poi la rottura con Fini fece saltare tutto. Ultimamente il mago Silvian sembrava avere spostato le sue smanie miracolistiche verso la medicina veterinaria, con puntate sporadiche nel ramo dentiere. Ma era solo pretattica. Sotto traccia lavorava per curare l’Alzheimer. E’ dalla mancanza di decenza e senso del ridicolo che non lo ha ancora curato nessuno. 

Da - http://www.lastampa.it/2014/05/09/cultura/opinioni/buongiorno/il-mago-silvian-5FQPeeWM4ApX8AAgEHhmKJ/pagina.html
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« Risposta #602 inserito:: Maggio 15, 2014, 10:41:50 am »

13/05/2014
Massimo GRAMELLINI

Aiuto i marziani

Papa Francesco dice che non negherebbe i sacramenti nemmeno ai marziani. Non sia mai che, incoraggiato dalle sue parole accoglienti, qualche alieno in crisi religiosa decida di mettersi in viaggio. Ve lo immaginate? 

Stamattina alcuni marziani hanno raggiunto le coste vaticane a bordo di un astro-gommone, dopo essere scampati a due comizi respingenti di Salvini. Hanno passato in rassegna un drappello di ultrà dell’Atalanta, convinti che fossero guardie svizzere, e sono stati ricevuti calorosamente da Genny ’a Carogna, con cui hanno discusso le principali questioni interplanetarie a cavalcioni di un cancello. Tornati a terra, sono stati aggrediti da un facinoroso che li accusava di essere diversi, perversi e malati: era Giovanardi. Li ha tratti in salvo un omino sorridente con un cagnolino in braccio e dei capelli dal colore indefinibile ma sicuramente alieno, che ha giurato sui suoi figli di essere il vero Papa, Pio Tutto, costretto alle dimissioni da un complotto di magistrati. Per seminarlo i marziani hanno tentato di rifugiarsi su un aereo in partenza per Beirut, ma era pieno di parlamentari, col compagno Greganti muto ai comandi, la moglie di Matacena vestita da hostess per non dare nell’occhio e Scajola sdraiato su un’ala a sua insaputa. Gli alieni sono scappati su un taxi ripieno di slides e guidato da un fiorentino di lingua svelta, che per portarli da Fiumicino a piazza San Pietro ha preteso 80 euro, sostenendo che erano per i poveri. Scesi precipitosamente dal taxi, gli alieni hanno incrociato Grillo e Casaleggio. A quel punto sono fuggiti gridando: «Aiuto, i marziani!».

Da - http://lastampa.it/2014/05/13/cultura/opinioni/buongiorno/marziani-in-fuga-4NoctNjbXjxwOoWhqldN2M/pagina.html
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« Risposta #603 inserito:: Maggio 15, 2014, 04:57:50 pm »

15/05/2014

Il cuore breve

Dunque si potrà divorziare consensualmente in sei mesi. In teoria un pazzo, un serial-lover, un collezionista di scalpi emotivi potrebbe sposarsi dieci volte in cinque anni. Scandalo? E perché mai. La modernità è l’epoca della rapidità. Il Maigret di Gino Cervi impiegava dieci minuti per ispezionare la scena del delitto, Rivera dipingeva affreschi calcistici a passo di tango e l’assolo d’organo dei Pink Floyd in «Ummagumma» ingombrava mezzo solco di lp. La rapidità consente di accumulare più esperienze. Non concede il tempo di gustarle e tantomeno di digerirle. Ma è nemica della noia ed è una acceleratrice fantastica di libertà. Di corsa sei più libero o comunque hai la sensazione di esserlo. Se un tweet, un dribbling, una canzone, un amore non ti piacciono, basta cliccare da qualche parte e sono già finiti. Senza strascichi, perché nuovi tweet dribbling canzoni amori si sovrapporranno immediatamente agli antichi, in un eterno presente a scorrimento veloce.

Sarebbe persino accettabile se la rapidità non avesse una sorellastra che nessuno è riuscito a uccidere nella culla. Si chiama precarietà. Tutto ciò che è rapido è precario e quindi instabile, superficiale, facilmente rimuovibile. Vale per gli amori come per i livori e purtroppo per i lavori. L’emozione fatica a diventare sentimento, come lo stage a tramutarsi in posto fisso. E’ difficile stare in equilibrio quando si va veloce. Ancora di più abbozzare progetti a lungo termine. Ma il rimpianto della lentezza è antistorico e sterile. La modernità è rapidità? E allora occorrerà adeguarsi, trovando rapidamente un altro modo di vivere, cioè un altro modo di pensare. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/15/cultura/opinioni/buongiorno/il-cuore-breve-tuZNxxHOMRqbYICJb3VWJO/pagina.html
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« Risposta #604 inserito:: Maggio 16, 2014, 06:30:15 pm »

16/05/2014

L’ingegnere Ivan Pescarin è il presidente dell’Aeg, la potente cooperativa dell’energia e del gas di Ivrea. Giunto al dodicesimo anno di mandato e al settantanovesimo di età, si è chiesto se fosse il caso di cedere il passo alle nuove leve. E si è risposto di no. La forza fisica c’è, la voglia pure. Quanto all’esperienza, il suo punto debole, non può che crescere con il numero delle primavere. Perciò lo statuto in via di approvazione prevede che il presidente della società possa continuare a presiedere fino a novant’anni. A quel punto si vedrà: perché mettere limiti alla Provvidenza? Accontentiamoci di averli messi alla Previdenza. 

La novità è stata criticata da una parte minoritaria del consiglio di amministrazione. C’era da immaginarselo: i settantenni mordono il freno, avanzano pretese. Portate pazienza, ragazzi, arriverà anche il vostro turno. L’importante è la salute: conservarla, intendo, in attesa del tempo delle responsabilità, che con il prolungamento dell’età media potrebbe slittare per voi al secondo secolo di vita. Rimane intatto il dramma dell’adolescenza, la fase esistenziale più difficile, che ormai si estende dai sedici ai sessant’anni ed è contraddistinta da sbalzi d’umore, amori infelici, lavori precari. Sarà invece risolto a breve il problema del ricambio generazionale. Nel giorno del suo centocinquantesimo compleanno, ritenendo esaurito il suo mandato, l’ingegnere Ivan Pescarin accetterà con un sospiro la presidenza onoraria.

Da - http://lastampa.it/2014/05/16/cultura/opinioni/buongiorno/largo-ai-novantenni-dKiduAtzTxce6ZyySQNEMP/pagina.html

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« Risposta #605 inserito:: Maggio 18, 2014, 05:08:33 pm »

17/05/2014

In ossequio al tripolarismo politico, oggi il Buongiorno ha tre versioni.

Cinque Stelle. Due classi elementari volevano visitare il Duomo di Milano, ma all’ingresso gli addetti hanno chiesto un pizzo di due euro a ciascun alunno per le cuffie dell’audioguida. Non gli basta l’Expo: impongono le mazzette anche ai bambini! Le maestre non avevano tutti quei soldi. Mica prendono l’otto per mille, loro. E così gli addetti, che davanti a un pregiudicato si sarebbero stesi a tappetino, hanno cacciato la scolaresca. A proposito, chi avrà vinto l’appalto per le cuffiette? 


Forza Italia. Gli alunni di due classi elementari si sono recati in Duomo senza portarsi dietro le tonache da falsi chierichetti, un kit di finte cuffiette o almeno un vero editoriale di Sallusti che gettasse forti sospetti sulla moralità dei controllori. Perciò sono stati rimandati a casa. E la magistratura milanese che fa? Boicotta l’Expo, invece di perseguire un crimine contro l’infanzia commesso in centro.


PD. Ragioniamo: le cuffie non sono una guida registrata per spillare soldi, ma uno strumento per consentire ai bambini di ascoltare le spiegazioni a voce bassa della maestra senza disturbare gli altri turisti. E i due euro non sono una mazzetta, ma un contributo alle spese di manutenzione. Forse gli addetti hanno ecceduto in zelo, ma non possiamo crocefiggerli per avere fatto rispettare una regola di civiltà.

Reazioni del nuovo italiano medio (cioè mediamente furibondo). Cinque Stelle dà voce al popolo. Forza Italia adesso esagera. Il Pd sta sempre dalla parte dei preti. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/17/cultura/opinioni/buongiorno/duomo-pulito-paeQxb0ToxsUYH26uCotmJ/pagina.html
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« Risposta #606 inserito:: Maggio 29, 2014, 10:54:28 pm »

28/05/2014

Che ambientino

Massimo GRAMELLINI

Ci sarà un giorno in cui nessun politico o funzionario di Stato finirà sotto inchiesta per avere intascato soldi pubblici a palate. Però oggi non è ancora quel giorno. Oggi è il giorno di Corrado Clini, direttore generale e già ministro dell’Ambiente del sobrio Monti, dislocato agli arresti domiciliari con l’accusa di avere sobriamente collezionato mazzette per il risanamento ambientale di Iraq, Cina, Montenegro, insomma del mondo intero tranne che dell’Italia, dove più che di un risanamento ci sarebbe bisogno di un sanatorio per rinchiudervi i pochi pazzi che si ostinano a volerle bene. Nella danarosa vicenda non manca nessuno degli elementi classici della trama: le false fatture, i conti cifrati in Svizzera dai nomi creativi (Pesce e Sole, un tocco d’ambientalismo), il coinvolgimento di una «femme fatale», la compagna del protagonista che a Cosenza fa l’assessore alla sostenibilità ambientale e, a parere degli inquirenti, si sosterrebbe benissimo da sola, molto meglio dell’ambiente. 

Auguriamo a Clini e famiglia di uscire invitti dalle inchieste o, in caso contrario, di restituire ai contribuenti il maltolto moltiplicato per dieci. Ma la sua disavventura inquadra la vera sfida su cui si giocherà la renzitudine di Renzi nei prossimi mesi. Il socialista Clini è direttore generale del ministero dell’Ambiente dal 1991. Persino un santo cederebbe alle tentazioni se vivesse incollato alla stessa poltrona dai tempi di Andreotti. L’acqua che non scorre inquina. E troppi ministeri in Italia sono stagni. Una sana politica ambientale impone di cambiare ovunque l’acqua e possibilmente anche l’aria. 

Da - http://lastampa.it/2014/05/28/cultura/opinioni/buongiorno/che-ambientino-h1EuCvXHQ8liVQl5iVWceP/pagina.html
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« Risposta #607 inserito:: Maggio 31, 2014, 10:25:00 pm »

31/05/2014

Dopo un corteggiamento durato appena vent’anni, il regista pulp Quentin Tarantino è riuscito a fare breccia nel cuore ragguardevole della sua musa cinematografica, Uma Thurman. La coppia è stata segnalata in vacanza nel sud della Francia, ma anche se la notizia alla fine risultasse falsa, gli interessati sono vivamente pregati di non smentirla. 

Sarebbe come rovinare una poesia. Tutti i maschi hanno una creatura a cui si ispirano per nobilitare le proprie gesta. Se sono particolarmente versati nelle arti, la chiamano Beatrice e le affidano le chiavi del Paradiso, anche quando nella realtà lei non li ha mai filati nemmeno per un aperitivo. Altrimenti le dedicano ciò che sono comunque capaci di creare, fosse pure un risotto o una passeggiata in bici. Per ogni maschio la musa è una rabdomante di talenti: la sua presenza, fisica o immateriale, riesce a estrarre il meglio da colui con cui entra in comunione. Un uomo senza musa è un aereo senza cielo, una canzone senza musica, un’auto senza una strada dove andare. 

Per vent’anni il genio di Tarantino ha inventato mondi attraverso Uma. In «Pulp Fiction» l’ha costretta a ballare per lui e in «Kill Bill» le ha fatto sbaragliare ogni nemico che si frapponesse tra loro. In ogni fotogramma le ha rivelato i suoi sogni e i suoi incubi, le sue passioni e le sue ossessioni. Ha preso il proprio subconscio e gliene ha fatto dono. Il giorno infausto in cui mai si dovessero lasciare, la Thurman potrà dire qualsiasi cosa, ma non che Tarantino si sia rivelato diverso da come se l’era immaginato.

Da - http://lastampa.it/2014/05/31/cultura/opinioni/buongiorno/uma-nessuna-centomila-fGOlcQzt2gLFiDZFc633NP/pagina.html
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« Risposta #608 inserito:: Giugno 16, 2014, 07:07:19 pm »

12/06/2014

Massimo GRAMELLINI

Ci tocca denunciare il caso di un anziano signore tenuto in ostaggio, nell’indifferenza più assoluta, in un casolare dalle parti di Monza. L’uomo, che ha avuto qualche problema con la giustizia di un altro Paese (l’Urss di Milano), è stato sequestrato da una coppia di giovani badanti, riconoscibili dalla architettura creativa delle labbra: una le porta a forma di cuore, l’altra di canotto. 

Un amico di vecchia data dell’ostaggio, Antonio Martino, ha lanciato l’allarme dalle colonne di «Libero»: «Se riuscissi a parlargli, cosa che non mi riesce più da diversi mesi perché non me lo passano quando telefono…». Le rapitrici lo hanno isolato dal mondo. Privato di ogni strumento di comunicazione, persino del telecomando, il recluso trascorre le giornate nella solitudine del suo salotto intriso di bunga-ricordi, in compagnia di un cagnolino adorabile che in realtà è una spia della banda con il registratore dentro il collare.

La situazione è precipitata quando alle porte del covo è giunta la cognata dell’ostaggio, moglie del fratello minore Paolo, per discutere - citiamo testualmente - «un importante problema economico di famiglia». Dopo avere provato invano per un mese a mettersi in contatto con il congiunto, la donna si è decisa all’azione di forza. Ma le sequestratrici labbrute - nomi in codice Rossi & Pascale - e il cagnolino spia hanno sigillato porte e finestre della magione, insensibili alle sue urla di dolore.

Non resta che rivolgersi ai carabinieri di Arcore che presidiano l’ingresso. Non sia mai che l’uomo, soffocato da tanto amore, tenti la fuga. 

Da - http://lastampa.it/2014/06/12/cultura/opinioni/buongiorno/sequestro-di-persona-whHpJ1KqIiisPMilYE8HcN/pagina.html
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« Risposta #609 inserito:: Giugno 17, 2014, 04:44:37 pm »

Editoriali
17/06/2014

Bambini vittime dell’orrore di certe famigliole
I sopravvissuti non perdano mai la fiducia. Gli angeli spuntano dove meno te lo aspetti
Massimo Gramellini

Il presunto assassino di Yara, incastrato dal Dna, scopre di non essere figlio di suo padre, ma di un uomo defunto di cui porta il secondo nome. 

Un padre scopre che suo figlio è accusato di omicidio e che non è suo figlio. 

Una sorella scopre che suo fratello gemello è accusato di omicidio e che neppure lei è figlia di suo padre. 

Un fratello scopre che i suoi fratelli gemelli sono fra tella stri e che uno di loro potrebbe es sere un assassino. 

Una moglie scopre che suo marito è accusato di omicidio, che suo suocero non è il padre di suo marito né il nonno dei suoi figli e che la storia di Yara che per anni ha visto alla tv le è appena entrata in casa seminando distruzione. 

Una mamma aveva scoperto da tempo che suo figlio era ricercato come presunto assassino, ma era rimasta in silenzio per non scoprirlo e non farsi scoprire: quel figlio lo aveva avuto da un uomo che non era suo marito. 

Una vedova scopre che suo marito aveva avuto un figlio illegittimo, ora accusato di assassinio.

Non si tratta di uno scioglilingua e neppure di una fiction uscita dalla fantasia di uno sceneggiatore particolarmente lesso, ma della realtà di una tranquilla e rispettabile famiglia della provincia di Bergamo. Spostandoci di qualche decina di chilometri in direzione di Milano ne troviamo un’altra. Sabato sera, una moglie e due bambini sono stati uccisi in modo barbaro dal tranquillo e rispettabile maschio di casa. Ancora non si conosce il movente del presunto omicida di Yara, benché non occorrano troppi sforzi di immaginazione. Ma la carneficina del Milanese sembra scaturire da una psicologia persino più tortuosa. 

 

L’assassino corteggia una collega di lavoro, ne viene respinto e si convince che la ragione del rifiuto sia la sua condizione di uomo impegnato, con moglie e figli a carico. Potrebbe divorziare o anche solo fermarsi un attimo. Ma la vita gli sembra una prigione e le responsabilità le sbarre di una gabbia. Il divorzio costa troppo, in termini economici e sociali. Così mette a letto i bambini, fa l’amore con la moglie, per sfogarsi o per calmarsi, ma non si sfoga e non si calma. Si alza, invece, e va in cucina a prendere un coltello. I bimbi cadono nel sonno, sacrificati come agnellini, La moglie muore da sveglia e fa ancora in tempo a chiedergli «perché». Bella domanda. Ma lui non risponde. Si lava le mani e va al bar a vedere la partita.

L’avvertenza è d’obbligo: non è che tutte le famiglie siano come quelle che la cronaca nera spinge in avanti come sentinelle del nostro smarrimento. Non siamo diventati all’improvviso un popolo di assassini di ragazzine e sgozzatori di parenti prossimi. Chi varca i confini del delitto è sempre un estremista, però si muove in un contesto sociale che non ci è estraneo. La famiglia: luogo di convivenza forzata, culla e tomba di passioni, ma anche fabbrica di interessi e produttrice inesausta di misteri. Come autore di un romanzo a sfondo familiare mi è capitato di ritrovarmi depositario delle confidenze intime di lettrici e lettori che mi hanno fornito un catalogo impressionante di tutte le meraviglie e gli orrori che la cellula della società umana riesce a produrre: complessi, rancori, scoperte tardive, agnizioni, invidie, gelosie e bugie, tantissime bugie. A fin di bene, a fin di male, a fin di niente. Si vive dentro una bolla di non detti, si accumulano tensioni e illusioni e poi si esplode, per fortuna non sempre con gesti da codice penale, ma in modi comunque feroci che fanno vacillare le certezze. Ad esempio che ci si possa fidare almeno delle persone con cui si condividono le mura di casa. 

Lascio volentieri a sociologi e psicologi il compito di scandagliare gli abissi della comunità e della psiche umana. Il mio pensiero adesso va solo ai bambini: a quelli uccisi dal padre impazzito e ai figli del presunto assassino di Yara, segnati a vita da qualcosa di troppo grande e orribile per loro. Che i sopravvissuti non perdano mai la fiducia nel prossimo, perché gli angeli spuntano dove meno te lo aspetti e una vita passata a guardarsi le spalle è una condanna immeritata per chiunque, figuriamoci per degli innocenti. 

Da - http://www.lastampa.it/2014/06/17/cultura/opinioni/editoriali/bambini-vittime-dellorrore-di-certe-famigliole-y5GTcCxf5f9xa3NGstv5vN/pagina.html
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« Risposta #610 inserito:: Giugno 19, 2014, 12:22:33 am »

18/06/2014

La moglie del campione.
Massimo GRAMELLINI

In questi giorni di famigliole mediamente orrende, il pensiero corre alla camera d’ospedale in cui Corinna Schumacher assiste l’involucro di suo marito. C’è un’energia che emana da quella donna. Un’energia che la connette al suo uomo con un arco di luce, se è vero - come testimoniano i medici - che gli occhi di Schumi reagiscono con intensità particolare soltanto quando si specchiano nei suoi. 

Corinna non rappresenta certo un’eccezione: le stanze di tanti infermi sono intrise della dedizione di parenti che nella disgrazia rivelano forze insospettabili. Sulla moglie di un campione incombe però un pregiudizio negativo: il sospetto di una relazione opportunistica e superficiale, sorretta solo dai benefici materiali. Ma la vita impugna il pennarello dell’evidenziatore per tutti e sottopone anche i rapporti patinati alla verifica della sofferenza. Molti si sbriciolano, mentre altri vi trovano la conferma, talvolta la scoperta, di un’autentica profondità. Nella buona e nella cattiva sorte: sembra una frase fatta, una delle tante che pronunciamo o ascoltiamo durante il susseguirsi frenetico di esperienze distratte. Corinna invece l’ha vissuta sulla carne viva: i fragori osannanti della gloria e adesso i silenzi bianchi di quella stanza dove si combatte una battaglia già persa, eppure continuamente vinta. Non c’è motivo logico per cui la signora Schumacher rimanga aggrappata giorno e notte agli occhi di un marito che non ha alcuna possibilità umana di tornare chi era prima. Nessun motivo logico, ma una vibrazione formidabile, incondizionata e totalmente folle che lui avverte e riconosce. Credo si chiami Amore. 

Da - http://lastampa.it/2014/06/18/cultura/opinioni/buongiorno/la-moglie-del-campione-UCx7bI5QfszHZIB7xXx3SK/pagina.html
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« Risposta #611 inserito:: Giugno 21, 2014, 10:26:48 am »

21/06/2014
Massimo GRAMELLINI
Un paese immobile

Hai un centravanti sopravvalutato, che ha segnato poco e parlato troppo ovunque sia stato. Il classico pacco dalla confezione luccicante: bello, statuario, un personaggio che fa notizia per il fatto stesso di esistere e che esiste per fare casino e mandare tweet banali che i giornali riportano con entusiasmo. Come tutti i sopravvalutati, il pacco azzurro è un asso nel vendersi e nell’incantare gli innamorati dei luoghi comuni. Diventa il simbolo della squadra e segna un gol all’esordio contro una difesa di paracarri. Tutti sanno che a ogni suo rarissimo acuto seguono mesi di catalessi, eppure tanto basta per farne un titolare inamovibile.

Hai un altro centravanti che ha segnato ventidue gol negli ultimi sei mesi ed è circonfuso di grazia celeste: corre come un satanasso dietro a qualsiasi cosa si muova e ogni palla che lo sfiora si trasforma in una carambola imprendibile. E’ un bravo ragazzo del Sud, serio e lavoratore, si diceva una volta. Giovane e dalle prospettive illimitate, però forte e perbene, quindi poco spendibile sul mercato della panna montata. Viene svenduto all’estero, con la convinzione sottintesa che si tratti di una meteora, e convocato in azzurro a furor di statistiche, ma solo per accomodarsi in panca a fare da riserva a uno che vede la porta molto meno di lui.

Hai questi due centravanti e, poiché sei italiano, preferisci il bluff patinato al benedetto dal destino. Ti meriti di perdere: la partita e Immobile. E di tenerti Balotelli.

Da - http://lastampa.it/2014/06/21/cultura/opinioni/buongiorno/un-paese-immobile-xL4AEdtrcitpVT40nAcniO/pagina.html
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« Risposta #612 inserito:: Giugno 21, 2014, 10:36:12 am »

19/06/2014
Massimo GRAMELLINI

Truffatori allo sbaraglio

La mancanza di competitività, macigno sulla strada dello sviluppo, sembra avere colpito anche uno degli ultimi settori di eccellenza: quello delle truffe. Una coppia di italo-italiani ha chiesto un risarcimento milionario per scambio di embrione all’ospedale romano che nei mesi scorsi era incorso nello spiacevole equivoco. L’idea dei truffatori mostrava lampi dell’antico acume: qualsiasi sconquasso attribuito a un nosocomio nostrano gode di una presunzione di credibilità. Ma lo svolgimento è stato di un’approssimazione imperdonabile. Referti taroccati, e taroccati male, persino un prelievo di sangue con la data di domenica, l’unico giorno della settimana in cui non si fanno prelievi. 

Purtroppo non si tratta di un caso isolato. Superficialità e sciatteria dilagano anche nelle truffe via web. Continuo a ricevere messaggi firmati da amici che si dichiarano dispersi in Paesi esotici o derubati in aeroporti periferici e implorano un soccorso immediato in denaro. A rendere più improbabile la vicenda è la lingua usata: un italiano da traduttore automatico o da commentatore dei Mondiali, abitato da congiuntivi più repellenti di una puzzola. E cosa dire degli omini che citofonano per denunciare un’invasione imminente di mercurio attraverso le tubature e si candidano a ritirare tutto l’oro che c’è in casa, a scopo precauzionale? Fossero almeno vestiti da messi comunali: invece sguazzano dentro improbabili giubbotti catarifrangenti, comprati al distributore di benzina. Guardo con fiducia ai copia-incolla tecnologici in corso tra i maturandi. Nella speranza che questa ondata di promettenti truffatori non sia costretta a emigrare. 

Da - http://lastampa.it/2014/06/19/cultura/opinioni/buongiorno/truffatori-allo-sbaraglio-F3xGbA3PILIg87ShWnXCqK/pagina.html
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« Risposta #613 inserito:: Giugno 23, 2014, 10:46:39 pm »

22/06/2014
Lascia suonare la musica che hai dentro

A cura di Massimo Gramellini

Pensa, Filemone. 

Un giorno - avrò avuto sì e no sei anni - mia nonna si era messa in testa che imparassi a suonare proprio il violino. Era tornata a casa così triste, così buia, lei che faceva luce anche quando era seria. E aveva questo strumento stupendo, in legno d’acero, fra le mani. 

«E’ per te», mi ha detto. «Io non ho avuto l’infanzia giusta per studiare l’italiano e la matematica, figuriamoci le arti. Ma tu devi riuscire a fare musica, mentre tutti noi facciamo solo casino. Tu ce la devi fare». 

Non mi sembrava fosse mai stato un problema, per lei, non avere potuto studiare quand’era ragazzina: sarà che era di gran lunga la più intensa e la più perspicace della nostra famiglia. Ma evidentemente quel pomeriggio, come capita a tutti, dovrà essere preso anche a lei il rimpianto per quello che di diverso avrebbe potuto essere e fare, chi lo sa, fin quando l’amore per mio nonno dovrà averle confermato che l’unica vita possibile per lei era quella che aveva vissuto e viveva, perché è tornata a essere come sempre. Luminosa anche da seria. 

Fatto sta che dopo il racconto del tuo quaggiù, facendosi largo fra «le strade buie e le valli desolate» che sto attraversando, mi è tornato in mente, anzi nel cuore, quel violino. Alla terza lezione è stato subito chiaro sia al mio maestro che a mia nonna che io ero evidentemente destinata al casino, non alla musica: e il violino è sparito. 

Fino alla tua lettera, fino a stamattina. Perché ho cominciato a cercarlo come un’ossessa e finalmente l’ho trovato. In una cappelliera in fondo all’armadio di mia nonna. Che non ha mai indossato un cappello in vita sua… Strano, no? Ma lei era così: strana, uguale solo a sé, oltre che luminosa. 

Comunque. 

L’ho sollevato, l’ho tenuto fra le mani, fra le braccia: è uno strumento talmente leggero, così delicato. Eppure capace di inaudite potenze. 

Somiglia proprio alla vita, «dove ogni cosa è duale». 

E allora mi sono chiesta se, anche senza suonare uno strumento, sia davvero possibile «fare resistenza», per un essere umano come sono io, come eri tu, «più adatto a rompere che a riparare». Mi sono chiesta se sia davvero possibile fare musica, anziché casino. 

P.S. Hai notato? Eccola qui. La prima lettera in cui l’Innominabile è stato Innominato. 
GIO’

 
Musicalissima Giò (a modo tuo, naturalmente), c’è un momento nella vita di ognuno, me lo ricordo bene, in cui si è assaliti dal dubbio di avere sbagliato tutto. Di avere vissuto al margine di se stessi, sacrificando qualcosa di essenziale. Il rimpianto è una fune che ti trascina a fondo, se non riesci a sciogliere i nodi o altrimenti a tagliarli. Le persone forti si salvano: come tua nonna. Ma quelle deboli vanno alla deriva. 

Pensa a una donna che ha dedicato ogni energia alla famiglia e si ritrova i figli grandi e il marito in fuga verso il miraggio di una nuova giovinezza. Ammalata di solitudine e ancora innamorata, si interrogherà sulle mille altre vite a cui ha rinunciato per percorrere quella che l’ha spremuta, delusa e tradita. E si sentirà sommergere da una sensazione ineluttabile di fallimento. La stessa che può insinuarsi nelle viscere di un giovane che bussa a troppe porte sbarrate, fino ad accorgersi che la molla del suo entusiasmo, a furia di scattare a vuoto, non risponde più.

Anche tu stai sfogliando il primo bilancio esistenziale. Non mi lascio ingannare dall’insistenza ossessiva con cui parli dell’Innominabile, oggi finalmente Innominato. Quasi volessi convincermi, e convincerti, che con lui di nuovo al tuo fianco saresti una persona felice. Non è così, anima mia, perché ancora non hai risolto le cause che, per la parte che ti riguarda, hanno determinato la vostra crisi. E non le risolverai finché continuerai a reprimere parti fondamentali di te stessa. 

Su come hai tradito Leonardo, e ne sei stata tradita, possiamo ormai vantare una competenza universitaria. Ma non ho ancora incrociato un solo tuo pensiero che mi rimandi alla vera Giò. Quella che c’era prima della moglie di Leonardo, prima dell’insegnante di Lettere, prima di tutte le ferite che la vita ti ha inferto (sempre per tua libera scelta, che ci creda o no). Così tocca a me ricordarti di quella mattina al parco - avrai avuto sì e no sei anni – in cui tua madre ti indicò un campo di margherite e tu, anziché chinarti a raccoglierle, prendesti a calci un pallone che passava nei paraggi. Scopristi di avere piedi intonati alla musica, e che la tua musica non passava dai violini ma dagli scarpini. Tua madre si ritrasse inorridita, più che dal gesto poco femminile, dalla sensazione di estasi che trasmetteva il tuo sguardo. 

Di colpo ti fu tutto chiaro: che eri diversa, forse unica, sicuramente incompresa. Una bambina che ama prendere a calci un pallone. Tua madre chiese a tuo padre dove avessero sbagliato, mentre le amichette ti deridevano perché pretendevi di giocare con i maschi e i maschi ti deridevano prima perché credevano che tu non ne fossi capace e poi perché scoprirono che lo eri fin troppo e la cosa incuteva loro paura. Al solito fu tua nonna ad accendere la luce, qualche anno dopo, quando il violino era già tornato nella cappelliera. Vedendoti dirimere una rissa tra compagni di classe con il piglio assertivo di chi si sente addosso gli occhi riconoscenti del mondo, gettò lì una battuta: «Dovresti fare l’arbitro di calcio». 

La prendesti sul serio, come spesso ti capita con le battute. Sì, era quello il tuo talento nascosto. Saresti diventata arbitro, ma non uno qualsiasi. Il primo a cui persino i tifosi avrebbero voluto bene. Ricordi cosa ti indusse a reprimere quel sogno innocente, che pure rivelava tanto di te?

FILEMONE 

Da - http://www.lastampa.it/2014/06/22/blogs/cuori-allo-specchio/lascia-suonare-la-musica-che-hai-dentro-NZ2C8hUymWWxuYCQWwqmbO/pagina.html
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« Risposta #614 inserito:: Giugno 25, 2014, 05:24:06 pm »

25/06/2014

Speriamo che la Nazionale non sia lo specchio della Nazione, altrimenti dovremmo tutti imitare Prandelli & Abete e dimetterci irrevocabilmente da noi stessi. Ieri l’immagine dell’Italia nel mondo era una combriccola di abulici che faticavano a mettere insieme tre passaggi di fila, figuriamoci un tiro in porta. Quattro anni fa avevano perso i vecchi e si invocò il ricambio generazionale. Ma quattro anni dopo hanno perso soprattutto i giovani, il cui simbolo è l’indisponente Balotelli, un eterno incompiuto spacciato per fuoriclasse da un sistema mediatico che ha smarrito il senso delle proporzioni. Persino il mio Immobile, che in Italia si era aggirato per le aree di rigore come un lupo mannaro, sembrava un barboncino al guinzaglio della difesa uruguagia. 

Certo, l’arbitro dal cognome recidivo (Moreno), l’espulsione esagerata di Marchisio e il comportamento da roditore di Suarez, che ha affondato i suoi incisivi nella pellaccia di Chiellini. Ma il lamento è un diritto che va meritato. E questa Italia depressa e deprimente, senza talento né carattere, merita soltanto di tornarsene a casa e ricominciare daccapo, con meno squadre e meno stranieri, come accadde dopo la Corea del 1966. Quando fummo eliminati al primo turno per la seconda volta consecutiva, proprio come adesso, e Gianni Brera scrisse: «La difesa sballata, il centrocampo endemicamente fioco, l’attacco composto di gente molto sollecita a impaurirsi. E dove credevamo di andare?». Più che un’analisi, una profezia.

Da - http://lastampa.it/2014/06/25/cultura/opinioni/buongiorno/morsi-e-rimorsi-Zub2h5CizO5iLElrDCih8H/pagina.html
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