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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 332158 volte)
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« Risposta #495 inserito:: Settembre 20, 2013, 04:48:23 pm »

Buongiorno
18/09/2013 - l’editoriale

Mal’Italia: i partiti nello Stato

Massimo Gramellini

Il Bene Comune in Italia è un male, perché è gestito dai partiti. L’ultimo schizzo di questa triste realtà emerge dalle carte del processo a Maria Rita Lorenzetti, l’ex presidente dell’Umbria arrestata per una storiaccia di appalti che avrebbe ordito come presidente dell’Italferr. Ma vi sembra normale che al timone delle aziende pubbliche finiscano sempre persone «segnalate» dai partiti o dai sindacati? 

 

Questa Lorenzetti è una dalemiana di ferro e fa parte di un sistema chiuso di potere che in tanti decenni ha prodotto un reticolo di favori, scambi e ricatti, coinvolgendo parenti e compagni in un gigantesco conflitto di interessi. Quando esaurisce i mandati da governatrice regionale, il Pd la sistema in un ente pubblico, finanziato dalle tasse dei cittadini ma i cui vertici vengono decisi dalla politica. Senza alcuna competenza specifica, Lorenzetti si ritrova a capo di Italferr, una società di progettazione del gruppo Ferrovie dello Stato, e da lì continua a fare quello che ha sempre fatto: il funzionario di partito che risponde al partito e alla conventicola d’affari. 

 

Le intercettazioni telefoniche raccontano con precisione lancinante il sottobosco che soffoca la crescita e il futuro di questo Paese. C’è un geologo, Walter Bellomo, inserito in una commissione tecnica in quota Pd, perché anche nelle commissioni tecniche si entra «in quota» come alla Rai, dove una volta prendevano «un democristiano, un socialista, un comunista e uno bravo», finché per ridurre i costi limitarono le assunzioni ai primi tre. Questo geologo riesce a far passare la soluzione gradita alla presidente Lorenzetti, che subito si prodiga con Anna Finocchiaro per rimediargli un posto in lista alle elezioni. L’operazione non riesce perché evidentemente ci sono altri compagni ancora più zelanti da piazzare, e il geologo ci rimane male. Un altro funzionario, Fabio Zita, ha invece il torto di anteporre gli interessi dello Stato a quelli della Lorenzetti e ostacola l’appalto: viene riempito di insulti da un sodale della presidente e, quel che è peggio, rimosso dall’incarico per ordine del governatore della Toscana, Rossi, anche lui democratico di rito dalemian-bersaniano.

 

Questa storia ci ricorda tre banalità abbastanza scomode. La prima: non è vero che la magistratura indaga sempre e soltanto Berlusconi. La seconda: se in questi vent’anni una parte consistente del centro-sinistra non ha davvero combattuto il capo del centrodestra più anomalo del mondo è perché anch’essa aveva l’armadio tintinnante di scheletri. Cane non morde cane, e ogni cuccia ha il suo Dudù. La terza, che poi sarebbe l’oggetto di questo articolo: la sinistra che ancora scalda i cuori stremati dei suoi elettori è quella che parla di Bene Comune e combatte le privatizzazioni feroci. Ma se vuole rendere credibile il proprio progetto, non può continuare a raccontarci la favola che per far funzionare le aziende pubbliche basta sostituire i dirigenti incapaci e corrotti con altri preparati e onesti. Dovrebbe avere il coraggio di andare alle origini della malattia, sottraendo ai partiti la scelta di quei dirigenti, affinché lo Stato smetta di essere una Cosa Loro mantenuta da noi. 

da - http://lastampa.it/2013/09/18/cultura/opinioni/buongiorno/malitalia-i-partiti-nello-stato-pxhoBMwxeINrf92oFijwZM/pagina.html
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« Risposta #496 inserito:: Settembre 20, 2013, 04:55:04 pm »

Buongiorno
19/09/2013

Non video più

Massimo Gramellini

La prima volta che lo sentii gridare Forza Italia al riparo di una siepe di finti libri rilegati in pelle, ero preoccupato ma incuriosito.
Ancora non sapevo che il set era stato montato in un cantiere: se la telecamera avesse allargato l’inquadratura, avremmo scoperto che la scrivania si affacciava su un cumulo profetico di macerie. Quell’uomo d’affari uscito da un telefilm degli Anni Ottanta rappresentava la novità, la sorpresa, per molti la speranza. Ma quando di lì a qualche mese lo rividi arringare il popolo da una videocassetta, lo stupore aveva già ceduto alla delusione. Il terzo filmato produsse sconforto, il quarto fastidio. Non ricordo quando il fastidio si sia trasformato in noia. Io e i suoi video siamo invecchiati insieme: a me cadevano i capelli che crescevano a lui, nella mia libreria i volumi cambiavano mentre nella sua erano sempre gli stessi, miracolosamente intonsi. Logore, invece, le parole: promesse e minacce, sempre più vaghe. Sempre meno riusciva a farmi sorridere e spaventare, alternando la maschera tragica con quella comica sullo sfondo di arredamenti barocchi e bandieroni pomposi. 

Ora è tornato a Forza Italia, ma i suoi proclami mi rimbalzano addosso come palline di pongo scagliate da una fionda sfibrata. Vedo le rughe infittirsi, le labbra spezzarsi al pari della voce. Sento parole d’amore che sprizzano livore. Dovrebbe farmi paura e invece non mi fa neanche pena. Solo tanta tristezza: per lui, per me, per noi che da vent’anni scandiamo il tempo delle nostre vite con i videomessaggi di un tizio che ha sostituito la politica con l’epica dei fatti suoi. 

da - http://www.lastampa.it/2013/09/19/cultura/opinioni/buongiorno/non-video-pi-AyRa2A6KJWU5HEkUm4BfsJ/pagina.html
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« Risposta #497 inserito:: Settembre 22, 2013, 04:38:13 pm »

Buongiorno
21/09/2013

Carte a Venezia

Massimo Gramellini

Animati dal desiderio di documentare l’epopea delle tredici navi da crociera che oggi costeggeranno piazza San Marco per dare un contributo all’inabissamento di Venezia, ci è venuta l’idea di fotografare l’ingorgo dall’alto. Per scrupolo abbiamo chiesto l’autorizzazione alle autorità locali. Questa la risposta inviataci per iscritto dai vigili urbani della Serenissima: «In assenza nella richiesta delle seguenti: 1) indicazione di una base di decollo, 2) eventuale zona di sorvolo, 3) a quale titolo viene effettuata la ripresa (pubblicità, servizio giornalistico, ecc.), 4) preventiva autorizzazione della Soprintendenza ai Beni Artistici e Culturali relativa a detta attività, 5) di eventuale autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico da parte del competente Settore Commercio del Comune di Venezia, 6) o di delibera di Giunta relativa all’attività posta in essere, SI DIFFIDA la Signoria Vostra a svolgere l’attività di cui sopra». 

Superato l’inevitabile quarto d’ora di smarrimento che accompagna la decodifica dei messaggi assirobabilonesi della pubblica amministrazione, abbiamo telefonato alla Soprintendenza, ma essendo le tre del pomeriggio di venerdì, non rispondeva già più nessuno. Certo, anche noi abbiamo delle pretese: che la macchina dello Stato si muova con l’agilità nevrotica di una qualsiasi azienda o persona costretta a danzare ai ritmi della vita moderna. Di sicuro le tredici navi autorizzate allo scempio avranno presentato la loro richiesta nelle scadenze previste e con tutti i bolli in ordine. Almeno abbiamo imparato qualcosa: molto prima che nell’acqua, Venezia farà in tempo ad affondare nella carta della sua burocrazia. 

da - http://lastampa.it/2013/09/21/cultura/opinioni/buongiorno/carte-a-venezia-WItThfqMaNRnSiF5xk8HLM/pagina.html
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« Risposta #498 inserito:: Settembre 26, 2013, 05:06:00 pm »

Buongiorno
24/09/2013 - l’editoriale

Il Paese senza Scilipoten

Massimo Gramellini


Viste da qui, le elezioni tedesche sono state un fenomeno paranormale. Alle sei le urne erano chiuse, alle sei e un quarto si sapeva già chi aveva vinto, alle sei e mezza Merkel si concedeva un colpo di vita e stiracchiava le labbra in un sorriso, alle sette meno un quarto il suo rivale socialdemocratico riconosceva la sconfitta e alle sette tutti andavano a cena perché si era fatta una cert’ora. 

 

Qualsiasi paragone con le drammatiche veglie elettorali di casa nostra – gli exit poll bugiardi, le famigerate «forchette», le dirette televisive spalancate sul nulla, le vittorie contestate o millantate e la cronica, desolante assenza di sconfitti – sarebbe persino crudele. 

 

La diversità germanica rifulge ancora di più il giorno dopo. Pur stravincendo, Merkel ha mancato la maggioranza assoluta per una manciata di seggi. Eppure non invoca premi di maggioranza o altre manipolazioni del responso elettorale e si prepara serenamente ad aprire le porte del potere a uno dei partiti perdenti: socialdemocratici o Verdi. I cittadini tedeschi, di destra e di sinistra, paiono accogliere questa eventualità senza emozioni particolari. Nessun giornalista «moderato» grida al golpe. Nessun intellettuale «progressista» raccoglie firme per intimare ai propri rappresentanti di non scendere a patti con il nemico. Nessun Scilipoten eletto con l’opposizione si accinge a fondare un partito lillipuziano per balzare in soccorso della vincitrice. Né alla Merkel passa per l’anticamera del cervello e il risvolto del portafogli di trasformare il Parlamento in un mercato, agevolando il passaggio nelle proprie file dei pochi deputati che le basterebbero per governare da sola. 

 

Nelle prossime settimane, con la dovuta calma, i due schieramenti si incontreranno. Ci sarà una discussione serrata sulle «cose» e si troverà un compromesso nell’interesse del Paese. Nel frattempo il capo sconfitto della Spd avrà già cambiato mestiere, anziché rimanere nei paraggi per fare lo sgambetto al suo successore. E alla scadenza regolare della legislatura si tornerà al voto su fronti contrapposti (e con due ottime candidate donne, probabilmente: la democristiana Ursula von der Leyen e la socialdemocratica Hannelore Kraft). 
 
 

 

La saggezza popolare sostiene che i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, mentre gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano. Ci deve essere del vero. Ma ieri, oltre a stimarli, li abbiamo invidiati un po’. Qualcuno dirà: troppo facile, loro possono coalizzarsi in santa pace perché nel principale partito del centrodestra hanno una Merkel, mica un Berlusconi, e in quello del centrosinistra gli ex comunisti sono spariti da un pezzo, a differenza dei presunti smacchiatori di giaguari. Anche in questa obiezione c’è del vero. Infatti è sbagliato dire che li invidiamo un po’. Li invidiamo tantissimo. 


da - http://lastampa.it/2013/09/24/cultura/opinioni/buongiorno/il-paese-senza-scilipoten-YP7yLkaZZPr6MLchinBznK/pagina.html
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« Risposta #499 inserito:: Settembre 27, 2013, 07:43:35 pm »

Buongiorno
26/09/2013

La linea dell’arabesco

Massimo Gramellini


Quando Dio o chi per lui cucì le teste degli italiani, gli si deve essere aggrovigliato il filo. Complicato immaginare una legge più semplice di quella che persegue certi reati abietti contro le donne. Sembra fatta apposta per mettere tutti d’accordo, dal momento che neanche il maschilista più bitorzoluto avrebbe il coraggio di votare contro. La conversione del decreto entro sessanta giorni si presentava dunque come una passeggiata e tale sarebbe stata in qualunque parlamento che non annoverasse le nostre crape giulive. Cosa è successo, invece? Che i deputati dei vari gruppi hanno inzeppato il testo di emendamenti. Quattrocentoquattordici. Mancano tre settimane alla scadenza e poiché per pigiare quattrocentoquattordici volte tutti i pulsanti di Camera e Senato (perché poi c’è anche il Senato) bisognerebbe assoldare una tribù di millepiedi, esiste il rischio concreto che il decreto precipiti nel buco nero in cui da queste parti vengono sistematicamente tumulate le buone intenzioni. 

Vi starete chiedendo come un gruppo di adulti - si presume - normodotati possa complicare la cosa più semplice del mondo. Semplicissimo: basta sentirsi molto furbi. E approfittare di una legge circonfusa di santità per infilare tra le sue pieghe qualsiasi faccenda che altrimenti non si riuscirebbe a far passare. E così al decreto sulle donne sono spuntate le protesi: il codicillo sulle province, il comma sulla protezione civile, la parentesi sui vigili del fuoco. Aveva ragione Flaiano quando scriveva che in Italia la linea più breve fra due punti è l’arabesco. Il guaio è che nel frattempo i punti sono diventati quattrocentoquattordici.

 da - http://www.lastampa.it/2013/09/26/cultura/opinioni/buongiorno/la-linea-dellarabesco-DUJZPEJzECAt84G3VhWQ5L/pagina.html
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« Risposta #500 inserito:: Settembre 28, 2013, 04:40:04 pm »

Buongiorno
27/09/2013

Mulino Rosa

Massimo Gramellini

Intervistato dalla Zanzara - programma radiofonico specializzato nello scavare trappole ai vip, i quali misteriosamente fanno la coda per cascarvi dentro - Guido Barilla ha affermato che nelle pubblicità dei suoi prodotti non mostrerebbe mai una famiglia gay, perché lui si rivolge a quella tradizionale. Subito è scattato un cortocircuito d’indignazione, con appelli al boicottaggio di fusilli e fette biscottate. La logica sacrosanta del politicamente corretto impone infatti di scagliarsi contro ogni offesa alla sensibilità delle minoranze. È che stavolta non si riesce a scorgere tanto bene l’offesa. Soltanto la scelta di un’azienda di concentrarsi sul «target» - la famiglia tradizionale - a cui immagina di vendere i propri spaghetti. Una decisione ovviamente opinabile, ma ispirata da valutazioni commerciali, non politiche o morali. Così come ispirata da valutazioni commerciali è stata la scelta opposta di Ikea, che ha spalancato le porte dei suoi spot ai gay anche per suscitare scalpore e simpatia, assegnando al proprio marchio una patente d’avanguardia. 

L’indignazione è un’energia rara e preziosa che con l’esperienza si impara a sprecare il meno possibile. Non sarà una reclame del Mulino Bianco a discriminare i gay, e nemmeno la cocciutaggine nel chiamare i genitori «mamma» e «papà» anziché «genitore 1» e «genitore 2» come pretenderebbe qualche originalone. Le campagne per cui vale veramente la pena di indignarsi (e di battersi) riguardano i diritti degli omosessuali, la loro possibilità di accudire il compagno malato, ereditare, sposarsi, adottare, vivere liberamente l’amore. Il resto è solo un intermezzo pubblicitario. 

da - http://lastampa.it/2013/09/27/cultura/opinioni/buongiorno/mulino-rosa-8p278MAkzBXya2hlNhnsgP/pagina.html
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« Risposta #501 inserito:: Settembre 28, 2013, 04:41:09 pm »

Buongiorno
26/09/2013

La linea dell’arabesco

Massimo Gramellini

Quando Dio o chi per lui cucì le teste degli italiani, gli si deve essere aggrovigliato il filo. Complicato immaginare una legge più semplice di quella che persegue certi reati abietti contro le donne. Sembra fatta apposta per mettere tutti d’accordo, dal momento che neanche il maschilista più bitorzoluto avrebbe il coraggio di votare contro. La conversione del decreto entro sessanta giorni si presentava dunque come una passeggiata e tale sarebbe stata in qualunque parlamento che non annoverasse le nostre crape giulive. Cosa è successo, invece? Che i deputati dei vari gruppi hanno inzeppato il testo di emendamenti. Quattrocentoquattordici. Mancano tre settimane alla scadenza e poiché per pigiare quattrocentoquattordici volte tutti i pulsanti di Camera e Senato (perché poi c’è anche il Senato) bisognerebbe assoldare una tribù di millepiedi, esiste il rischio concreto che il decreto precipiti nel buco nero in cui da queste parti vengono sistematicamente tumulate le buone intenzioni. 

 

Vi starete chiedendo come un gruppo di adulti - si presume - normodotati possa complicare la cosa più semplice del mondo. Semplicissimo: basta sentirsi molto furbi. E approfittare di una legge circonfusa di santità per infilare tra le sue pieghe qualsiasi faccenda che altrimenti non si riuscirebbe a far passare. E così al decreto sulle donne sono spuntate le protesi: il codicillo sulle province, il comma sulla protezione civile, la parentesi sui vigili del fuoco. Aveva ragione Flaiano quando scriveva che in Italia la linea più breve fra due punti è l’arabesco. Il guaio è che nel frattempo i punti sono diventati quattrocentoquattordici.

da - http://lastampa.it/2013/09/26/cultura/opinioni/buongiorno/la-linea-dellarabesco-DUJZPEJzECAt84G3VhWQ5L/pagina.html
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« Risposta #502 inserito:: Settembre 28, 2013, 04:45:56 pm »

Buongiorno
28/09/2013

Singhiozzi d’Italia

Massimo Gramellini

Alla tribù dei cuori teneri che guarda i telegiornali è rimasto impresso quel signore anziano a cui si spezza per due volte la voce mentre commemora un caro amico che non c’è più. Tutte le famiglie ospitano qualcuno molto avanti con gli anni a cui si spezza la voce ogni volta che si abbandona ai ricordi. Ci si sente dei sopravvissuti, gli ultimi testimoni di un mondo che ha cessato di esistere e che sembra inevitabilmente migliore, anche se era solo diverso. Ma quel signore è il Presidente della Repubblica e così la sua commozione in memoria di un galantuomo come Luigi Spaventa (l’economista di fama internazionale che Berlusconi considerava inferiore a lui perché non aveva vinto neanche una Coppa dei Campioni) assume una valenza pubblica persino drammatica. 

Napolitano è il superstite di una classe politica, ma anche di una certa classe nel fare politica, che appare perduta. Nei giorni in cui l’ennesimo Ventennio della storia italiana precipita in un cupio dissolvi che non lascia spazio a manifestazioni di umanità e nemmeno di decenza, quelle lacrime trattenute a stento sembrano indirizzate ai morti, ma soprattutto ai vivi. Ci meritiamo la malattia che dagli Anni Ottanta, e forse prima, sta fiaccando la Repubblica. Ma si può ancora guarire e i singhiozzi in ricordo di un italiano perbene vanno interpretati come un moto di sconforto e al tempo stesso di riscossa. Possiamo farcela, ripeteva un altro grande vecchio per nulla retorico, Carlo Fruttero: «Siamo l’Italia, no?». 

da - http://lastampa.it/2013/09/28/cultura/opinioni/buongiorno/singhiozzi-ditalia-EZzt0poCiKWc71w1elDT5N/pagina.html
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« Risposta #503 inserito:: Ottobre 06, 2013, 12:28:03 am »

BUONGIORNO
05/10/2013

Crimi e misfatti

MASSIMO GRAMELLINI

Una battuta da terza elementare del cittadino Vito Crimi sulla tenuta intestinale e prostatica del Cavaliere, digitata con ilari polpastrelli sul telefonino durante i lavori della Giunta impegnata a sancirne la decadenza da senatore, ha offerto il destro a don Schifani per chiedere (invano) il rinvio della votazione. Se applicassimo agli strateghi Cinquestelle la dietrologia che essi riservano al resto del mondo, dovremmo dedurre che Crimi l’abbia fatto apposta. Qualora al voto della Giunta seguisse quello dell’aula, sarebbe più difficile per Grillo continuare a predicare l’omogeneità fra Pidielle e Pidimenoelle. Qualsiasi mossa di disturbo, anche la più becera (Berlusconi, alla prostata, ha avuto un cancro), può dunque servire a ritardare quel passaggio politico fondamentale. 
 
Poiché la dietrologia è meglio lasciarla dentro i romanzi di Dan Brown, per la regressione infantile di Crimi si è propensi a cercare una spiegazione scientifica. Qualche virus di origine misteriosa aleggerebbe nei saloni del potere, attaccandosi alle pareti vellutate, da dove rilascerebbe i suoi miasmi ottundenti. Un libero cittadino piomba a Palazzo sulle ali dell’indignazione popolare, armato soltanto di sacro fuoco civile, e dopo qualche mese lo si può ritrovare intento a scrivere di peti e pannoloni. Ma alcuni crimologi, che da mesi ne studiano la non complessa personalità, avanzano l’ipotesi che stavolta il virus c’entri poco e Crimi abbia fatto tutto da solo. 

DA – LASTAMPA.IT
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« Risposta #504 inserito:: Ottobre 06, 2013, 12:31:20 am »

BUONGIORNO
02/10/2013

Joe Vanardi

MASSIMO GRAMELLINI

E così alla fine Enrico Letta non avrà scritto in fronte Jo Condor, ma Joe Vanardi. Nelle prossime righe tesserò l’elogio di Giovanardi Carlo, parlamentare cattolico di resistibile simpatia e marmorea duttilità che sui diritti civili si colloca storicamente a destra di Papa Borgia. Messosi alla guida di un drappello di dissidenti, Joe rischia seriamente di salvare il governo e magari l’Italia. L’uomo si conferma coerente: è sempre stato favorevole all’accanimento terapeutico. E in fondo quel Berlusconi così futile e immorale non gli era mai piaciuto. Lo ha sopportato per vent’anni - come il male minore rispetto a invertiti e sinistrati - dirottando la sua ferocia conservatrice verso altri sfoghi. Le coppie gay, perché nei Paesi dove possono adottare è esplosa la compravendita dei bambini. Aldrovandi, perché la macchia di sangue che si vede nella foto non è sangue ma un cuscino rosso. L’Olanda, perché usa le leggi sull’eutanasia per ammazzare i bambini malati. E ancora le coppie gay - un suo classico, come «Champagne» per Peppino Di Capri -, perché vederle quando si baciano è come guardare qualcuno che fa pipì in un luogo pubblico. 
 
Ora il vecchio Joe ha finalmente trovato il tempo per dedicarsi al bersaglio grosso: il badante di Dudù. Qualcuno sarà stupito dal suo colpo di reni. Qualcun altro (Sallusti?) gli darà del traditore e gli rinfaccerà un garage abusivo a Modena nord. Ma si sbagliano. Joe Vanardi è incapace di ribellioni e tradimenti, operazioni che richiedono giravolte incompatibili con la sua struttura mentale. Lui è stato programmato per andare diritto e non sarà tanto facile fargli cambiargli scheda. 

Da lastampa.it
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« Risposta #505 inserito:: Ottobre 13, 2013, 05:11:36 pm »

BUONGIORNO
11/10/2013

Custodi incustoditi

MASSIMO GRAMELLINI

All’età in cui il Giovane Holden si chiedeva dove andassero d’inverno le anatre del Central Park, un mio amico più prosaico si domandava dove finissero le montagne di soldi che la gente depositava in banca. Ieri ha finalmente avuto la risposta: a casa del signor Luigi Compiano, titolare di un’azienda di custodia valori nel Trevigiano. Questo arzillo connazionale aveva un modo tutto suo di custodire le dolomiti di banconote che prendevano ombra nei suoi scantinati. Ogni tanto ne piallava i cucuzzoli, prelevando spiccioli a proprio uso e consumo. Quando una banca chiedeva indietro i propri soldi, lui li prendeva dal mucchietto di qualche altra banca, coprendo provvisoriamente l’ammanco con un assegno cabriolet che tanto nessuno sarebbe mai andato a incassare. Con questa trovata da ladro di polli ha fatto fesso per vent’anni l’intero sistema bancario italiano. Il che la dice lunga sul sistema bancario italiano, ma anche su di lui e quindi un po’ su di noi. 
 
Se c’è un aspetto che sorprende ancora, in questa storia, non è la faccia tosta del protagonista (certe cose le faceva già al cinema Jerry Calà), ma la ossessività delle sue passioni. Con i soldi sottratti, Compiano si è comprato 400 auto e 70 barche. Ora, cosa se ne fa un uomo normale di 400 auto e 70 barche? Costano una fortuna solo di parcheggio. E che piacere proverà mai nel lucidare ogni settimana 400 cruscotti? Domande esistenziali che non ammettono risposta. A differenza di quell’altra, «chi custodisce i custodi?», che si pose per primo Giovenale, una ventina di secoli fa. Ora lo sappiamo: nessuno.

Da – lastampa.it
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« Risposta #506 inserito:: Ottobre 13, 2013, 05:12:51 pm »

BUONGIORNO
10/10/2013

Gli inoccupabili

MASSIMO GRAMELLINI

Dopo «bamboccioni» «choosy» e «sfigati», ieri è toccato al nuovo ministro di un’attività in via di estinzione (il Lavoro), definire «poco occupabili» gli italiani, a commento di uno studio dell’Ocse che colloca i nostri giovani all’ultimo posto in Europa per alfabetismo e al penultimo per conoscenze matematiche. 
 Poiché a nessuno risulta che negli ultimi vent’anni in Italia ci sia stata un’epidemia di cretinismo nei reparti d’ostetricia, si deve supporre che l’impreparazione dei ragazzi non derivi da tare mentali o caratteriali, e nemmeno soltanto dal lassismo complice dei genitori, ma da scelte strategiche incompatibili con la parola futuro. Quella classe dirigente uscita dalle assemblee del Sessantotto, che oggi irride e disprezza i suoi figli, è la stessa che ha tolto risorse all’istruzione, alla ricerca e alla formazione. Che si è rifiutata di indirizzare le scelte di politica economica verso la cultura, il turismo e l’innovazione tecnologica. Che ha ammazzato il merito, praticando in prima persona l’appartenenza a qualche cordata: per quale ragione i ragazzi dovrebbero credere in un sistema che non privilegia i più bravi, ma i più ammanicati? Gli investitori stranieri si tengono alla larga dall’Italia non perché considerano i nostri figli dei caproni, ma perché si rifiutano di allungare una bustarella ai loro padri o, in alternativa, di aspettare tre anni per avere un bollo che altrove ottengono in tre ore. Altro che poco occupabili: il problema italiano è che in questi anni qualcuno si è occupato, e ha occupato, fin troppo. 

Da - http://www.lastampa.it/2013/10/10/cultura/opinioni/buongiorno/gli-inoccupabili-7vWWSxA6fL3iPLpgxmuEiK/pagina.html
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« Risposta #507 inserito:: Ottobre 13, 2013, 05:29:48 pm »

Buongiorno
12/10/2013

Lupi volanti

Massimo Gramellini

In Italia non esiste una destra liberale perché in Italia la destra, quando non è il peronismo senza Evita di Berlusconi, è la democrazia cristiana in salsa ciellina di Lupi. Ieri il ministro dei Trasporti Amorosi ha negato che l’ingresso surreale delle Poste nell’azionariato di Alitalia configurasse un aiuto di Stato. Formalmente ha ragione lui, ed è nel bosco dei formalismi che vivono i Lupi. Però le Poste dipendono in toto dal ministero dell’Economia, che almeno fino a ieri sera faceva ancora parte dello Stato italiano. Lupi va capito: non essendo riuscito a mettere in pista le Ferrovie (forse vagheggiava dei rivoluzionari treni con le ali), ha dovuto accontentarsi di una società che fa i soldi con i libretti dei pensionati e in materia di aviazione ha già dato prova di sé rilevando la compagnuccia aerea di Bud Spencer senza mai farne decollare i bilanci, tendenti al profondo rosso. 

Alitalia doveva essere ceduta cinque anni fa, ma è stata tenuta artificialmente in vita con motivazioni da bar (la relazione, inesistente, tra flussi turistici e compagnia di bandiera) e affidata dal propagandista Berlusconi a imprenditori che, pur avendo addossato i debiti alla collettività, sono riusciti a perdere un milione e mezzo di euro al giorno. Ora lo Stato butta altro denaro nella voragine di una società priva di radar, tra gli applausi di Epifani, mentre decine di piccole aziende falliscono nel silenzio generale. Ci si rivede fra sei mesi, quando i resti di Alitalia saranno venduti ai francesi a un prezzo più che dimezzato rispetto al 2008.

P.S. Oggi il Buongiorno compie 14 anni. Auguri a tutti: ne abbiamo bisogno. 

da - http://lastampa.it/2013/10/12/cultura/opinioni/buongiorno/lupi-volanti-OdeU5riTT6dhTjzaxsVK0N/pagina.html
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« Risposta #508 inserito:: Ottobre 15, 2013, 05:19:33 pm »

Buongiorno
14/10/2013

“Me amis Rachid”

Massimo Gramellini

Pubblichiamo il testo della ’Buonanotte’ data domenica sera da Massimo Gramellini ai telespettatori di “Che tempo che fa” su RaiTre. 

 

Quando andavo all’università, c’era un ragazzo marocchino di nome Sahid che vendeva accendini e fazzoletti sotto la Mole, abbordando gli studenti in dialetto piemontese (Cerea, me amis!). Mai avrei immaginato che trent’anni dopo avrei raccontato in televisione la storia di suo fratello.

Rachid Khadiri arriva in Italia nel 1999, a undici anni, sul sedile posteriore di una Golf scassata. È partito da Khouribka, in Marocco, dove la famiglia ha poca terra da coltivare e troppe bocche da sfamare. 

La Golf attraversa lo stretto di Gibilterra, la Spagna e la Francia del Sud, e parcheggia a Torino sotto casa di me amis Sahid. La prima sensazione del ragazzino appena sceso dall’auto è il freddo, nonostante sia agosto.

Finite le scuole medie, Rachid si diploma perito informatico. Il sabato pomeriggio e la domenica, quando i compagni vanno in discoteca, raggiunge i fratelli Sahid e Abdul sotto la Mole per vendere cianfrusaglie e tirare su qualche spicciolo. Uno dei giorni più belli della sua vita è quando riesce a piazzare il primo foulard. Ne è orgoglioso, perché sa che con quei soldi i fratelli maggiori pagheranno la bolletta della luce. 

Preso il diploma, Rachid vorrebbe smettere, ma i fratelli si oppongono. «Tu non devi finire come noi. Tu devi studiare. La mamma e gli altri parenti in Marocco sono d’accordo, e anche papà lo sarebbe, se fosse ancora vivo. Basterà che ci aiuti un po’ nel tempo libero. Al resto penseremo noi».

Rachid si iscrive alla facoltà più prestigiosa e difficile di Torino: Ingegneria. Per lui comincia una doppia vita. La mattina al Politecnico con i libri di Analisi Uno, il pomeriggio sotto la Mole con gli accendini. Un giorno alcuni compagni di corso lo riconoscono sotto i portici, coi foulard e i braccialetti appesi alla spalla sinistra. Lo fissano a lungo, poi tirano diritto per non imbarazzarlo. Rachid se ne accorge e la mattina dopo, in facoltà, è lui ad affrontare la questione. Da quel momento quei ragazzi diventano i suoi amici.

Una sera in via Roma, mentre sta rincasando dal lavoro e si prepara a una notte di studio, viene circondato da una banda di ragazzini. Avranno più o meno sedici anni. Lo chiamano sporco negro e marocchino schifoso, lo riempiono di botte. Sono sei, sette, otto, troppi per difendersi. Gli lasciano una cicatrice sotto l’occhio destro. Ma Rachid è un’anima positiva e di quell’esperienza preferisce ricordare i passanti accorsi per aiutarlo.

Vince addirittura due borse di studio. Ma sui suoi sogni si abbatte la crisi economica. L’università ha esaurito i fondi per le borse e il lavoro di ambulante rende sempre meno: la paura della povertà abbruttisce i passanti, che oltre a non comprargli più nulla, lo mandano spesso a quel paese. Rachid trangugia le umiliazioni e la notte si rifugia nei libri dell’esame di chimica. Per qualche mese rinuncia anche al gas: non può permettersi di pagare la bolletta.

Un suo compagno di corso, Taddeo Fenoglio, ha scritto a Specchio dei Tempi della Stampa: «Posso testimoniare che l’esame più difficile del corso di laurea di Rachid non era scritto nel programma didattico, ma consisteva nello studiare in condizioni che il sottoscritto difficilmente accetterebbe. E di farlo con passione, inseguendo il suo traguardo senza mai metterci rabbia verso chi lo umiliava. Rachid è sempre stato “per” e mai “contro”»

Questa settimana è arrivato il Gran Giorno. Rachid ha indossato il completo blu regalatogli da una coppia di amici e ha preso con i fratelli il tram numero 10, quello che ferma davanti al Politecnico. A ogni fermata salivano ambulanti con la faccia allegra: era come se si stessero laureando anche loro. L’unico impassibile sembrava lui. Guardava la pioggia che cadeva monotona sui vetri del tram, poi rileggeva ancora una volta, l’ennesima, la tesi di laurea. Titolo: il grafene e le sue potenzialità. 

«Il grafene - ha spiegato a Paolo Griseri di Repubblica - è un foglio sottilissimo che puoi adagiare su qualsiasi superficie. Resiste perché si adegua alla realtà»

Un’ora dopo la laurea, l’ingegner Rachid Khadiri era di nuovo a casa. Si è tolto il vestito blu, ha indossato la felpa del Toro di cui è tifosissimo, ha appoggiato alla spalla sinistra lo zaino arancione che lui ironicamente chiama «la mia vetrina» ed è tornato sotto la Mole a vendere accendini. 

Il suo sogno, adesso, è un lavoro part-time presso qualche studio di ingegneria che gli consenta di mantenersi e di prendere la laurea specialistica. Nel frattempo continuerà, come dice lui, a fare il marocchino. E se non troverà sbocchi in Italia, non si demoralizzerà. Ha percorso tremila chilometri per arrivare alla laurea, è disposto a farne altrettanti per trovare un lavoro. Il grafene è resistente e si adatta a tutto.

Sta finendo la settimana di Lampedusa e dei dati Ocse che hanno condannato gli studenti italiani agli ultimi posti in Europa per conoscenza dell’alfabeto e della matematica. Una sconfitta che ha molti padri, ma anche una via d’uscita: imparare dal grafene, imparare da “me amis” Rachid.

Buonanotte.

da  - http://lastampa.it/2013/10/14/cultura/opinioni/buongiorno/me-amis-rachid-UpI37YBgGDSIChVUI1jkhL/pagina.html
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« Risposta #509 inserito:: Ottobre 16, 2013, 04:31:00 pm »

Buongiorno
16/10/2013

Il nazista dove lo metto?

Massimo Gramellini

Persone banali avrebbero celebrato i funerali di Priebke di soppiatto, nella cappella dell’ospedale in cui era stata composta la salma della SS centenaria. Avrebbero cremato il cadavere, disperse le ceneri in mare, come gli americani fecero con quelle di Bin Laden, e resa pubblica la notizia a cose fatte. Ma in Italia le persone banali si trovano esiliate in tinello davanti a un bicchiere di analgesico. Le stanze delle decisioni pullulano di creature originali che disprezzano la noiosa legge di causa ed effetto, in base alla quale il modo migliore per disinnescare un barilotto di dinamite non consiste nel bombardarlo. Ecco allora l’avvocato del defunto annunciare urbe et orbi (soprattutto orbi) l’orario e il luogo delle esequie, con sufficiente anticipo per permettere a nazifascisti e partigiani di non mancare all’appuntamento. E appena il sindaco di Albano Laziale, l’unico a essere visitato in tutta la giornata da un attacco di intelligenza, cerca di impedire l’incendiario consesso, viene subito zittito dall’illustre signor prefetto. Si proceda dunque all’arrivo scortato della salma nella chiesa dei padri fascio-lefebvriani riabilitati da Ratzinger, con il contorno inesorabile di risse, minacce, svenimenti, monetine e con il finale surreale di un funerale sospeso per invasione di campo e di una bara che continua a girare per l’Italia in cerca di oblio.

Prima ancora che la decenza, a suggerire di far sparire i resti di Priebke in silenzio era il buonsenso. Ma il buonsenso prevede che qualcuno si prenda la responsabilità di usarlo. 

Da - http://www.lastampa.it/2013/10/16/cultura/opinioni/buongiorno/il-nazista-dove-lo-metto-LXya1kp22lkgOwVhsQA4SN/pagina.html
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