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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331125 volte)
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« Risposta #75 inserito:: Novembre 02, 2010, 06:30:59 pm »

30/10/2010

L'uomo del mezzo secolo

Massimo GRAMELLINI

   
Se la lunga festa (finita) dell’Occidente ha avuto un simbolo, per me quel simbolo è stato Maradona, che non è neanche occidentale in senso stretto e proprio oggi compie mezzo secolo: auguri. Ebbi la ventura di dedicarmi a lui per un campionato intero: a Napoli, mattina dopo mattina e mattana dopo mattana, con l’entusiasmo spregiudicato dei suoi e miei vent’anni. Ho spiato da dietro una siepe il bagno affollatissimo della sua casa di Posillipo. Ho sbirciato foto ricattatorie che lo ritraevano in situazioni che voi umani, eccetera.

L’ho inseguito mille volte per carpirgli una battuta, quasi sempre un insulto, fino a quando un inviato di lungo corso non mi trattenne per un braccio: «Lascia correre gli altri, tu conserva le energie per la macchina da scrivere».

Era Vittorio Feltri.

Ogni sera, trasmesso l’articolo dove Maradona attaccava briga con qualche potente, disertava l’allenamento o finiva nei guai per una ragazza, mi domandavo: cosa potrà ancora inventarsi domani per non venire a noia? Ma era un esercizio ginnico della mia fantasia, che il giorno dopo veniva oltrepassata dalla realtà. Solo in seguito avrei capito che Maradona faceva sempre notizia perché era l’emblema inconsapevole di un’epoca, la nostra: emotiva, ossessionata dalla trasgressione, prodiga nel dilapidare talenti senza preoccuparsi del futuro. Quando infine si ritirò, tutti fummo concordi nel dire che un fenomeno mediatico come lui non ci sarebbe più stato.

E invece ci sbagliavamo. Bunga bunga se ci sbagliavamo.

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« Risposta #76 inserito:: Novembre 05, 2010, 11:28:09 am »

5/11/2010


   
Massimo GRAMELLINI

E così, con le elezioni di Midterm, ci siamo giocati anche Obama. Magari si rifarà fra due anni, ma intanto ha perso l’aureola del messia che gli abitanti del pianeta Terra, non solo gli americani, gli avevano ansiosamente attribuito, obbedendo come sempre a un’emozione intensa ma superficiale, destinata a evaporare alle prime difficoltà. La tipica emozione di un mondo di individualisti che si ciba d’immagini, procede per suggestioni - la pelle nera, Yes We Can - e non crede più nei partiti e nei gruppi sociali, ma soltanto nel leader salvifico. Tanti uomini soli mettono un uomo solo al comando che in realtà non comanda quasi su niente. Cosa potrà mai fare una persona, anche di qualità eccelse, dentro un sistema economico che si muove per conto proprio, secondo dinamiche che la politica riesce appena a scalfire? La sala dei bottoni non ha più bottoni o forse ne ha troppi perché dall’altra parte risponda ancora qualcuno.

I cittadini non hanno smesso di sognare il cambiamento. Ma in assenza di un sistema organico di valori lo hanno delegato a singoli ambasciatori di un’emozione collettiva, caricandoli di responsabilità insopportabili e alimentando speranze che durano lo spazio di una campagna elettorale. Anche in Italia non ti chiedono più quali idee hai, ma se stai con Casini, con Vendola, con Berlusconi. Una biografia in cui ci si possa identificare per sentirsi migliori, una faccia alla quale appendere desideri confusi per poi ritrovarsi ogni volta disillusi, traditi. Avanti il prossimo.

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« Risposta #77 inserito:: Novembre 10, 2010, 03:27:26 pm »

10/11/2010

Babbo Natale esiste
   
Massimo GRAMELLINI

La pubblicità francese di una banca mostra un padre che annuncia al figlio cresciutello: «Ho una brutta notizia da darti: Babbo Natale non esiste». Si tratta, immagino, di una denuncia ironica dei «bamboccioni». L’ironia è diventata il lasciapassare di qualsiasi bischerata. Se mostri una donna con un filo interdentale al posto della gonna sei volgare. Ma se la mostri spiegando che si tratta di una rivisitazione ironica della volgarità altrui, allora qualcuno ti considererà un genio. Purtroppo o per fortuna i bambini non conoscono l’ironia, frutto del disincanto. Si nutrono di sogni e di certezze: per loro Babbo Natale, che diamine, è Babbo Natale. E lo spot negazionista li ha sconvolti, provocando crisi di pianto in tutta la Francia, con conseguenti arrabbiature dei genitori nei confronti della tv cinica e bara.

Inutile dire che hanno ragione. Babbo Natale esiste. Lui e la Befana sono gli unici baluardi di meritocrazia in questa società che non riesce più a premiare e a punire nessuno. Solamente nel mondo vero, quello echeggiato dai miti, la giustizia funziona ancora. Sei stato bravo? Regali. Cattivo? Carbone. Senza favoritismi, ripescaggi, raccomandazioni. Anziché tolte ai piccoli, certe sicurezze andrebbero restituite ai grandi. Magari la tv ci trattasse da bambini. Invece ci tratta da deficienti. Con una mano nasconde le questioni sociali e con l’altra irride gli archetipi universali. Babbo Natale galoppa con le sue renne in un angolo dei nostri cuori, ma è un vecchietto fragile: per ucciderlo, a volte, basta una battuta.

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« Risposta #78 inserito:: Novembre 18, 2010, 12:28:56 pm »

17/11/2010

Ex destra, ex sinistra

Massimo GRAMELLINI
   
Gli elenchi declinati da Fini e Bersani in tv non erano elenchi ma frasi fatte. Invitati a usare il linguaggio evocativo delle «classifiche», i due hanno tracimato nel comizietto, confermandosi politici di un altro secolo. Destra e sinistra sono termini ormai pigri per definire quel che ci succede. Le ideologie da cui prendono le mosse si suicidarono entrambe nel Novecento. Quando, dopo aver conquistato il potere con l’obiettivo di cambiare l’essere umano, lo condussero nei lager e nei gulag. Da allora destra e sinistra hanno rinunciato a qualsiasi velleità di palingenesi. Non puntano più a migliorare l’individuo, stimolandolo a essere più responsabile (la destra) e più spirituale (la sinistra). E di fronte allo sconquasso del mondo - con la ricchezza che abbandona l’Europa e gli Usa per spostarsi altrove - si limitano a narrazioni consolatorie dell’esistente.

L’ex destra, che da noi è berluscoleghista (Fini rischia la fine del vecchio Pri, che piaceva a tutti ma votavano in pochi), invita gli elettori ad andare orgogliosi di ciò che la destra detestava: l’aggiramento delle regole e il disprezzo della cultura, sinonimo di snobismo improduttivo. L’ex sinistra continua a raccontarsi la favola che l’italiano medio sia vittima di Berlusconi, mentre l’italiano medio è Berlusconi, solo più povero. Così si ritorna al punto di partenza: la società non cambia se vince un leader o un altro. Cambia se cambiano gli individui. Ma è un lavoro duro: più comodo continuare a scornarsi fra destra e sinistra, illudendosi che esistano ancora.

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« Risposta #79 inserito:: Novembre 19, 2010, 10:48:05 pm »

19/11/2010

Il male piacione

Massimo Gramellini


Tutti vogliono la parte del cattivo, ma soltanto al cinema. Nella vita reale sembra impossibile trovare ancora un reo confesso o almeno disposto ad accettare il ruolo che i fatti gli hanno disegnato implacabilmente addosso. Anche il camorrista Antonio Iovine, dopo i sorrisi di rito alla telecamera che riprendeva il suo arresto, si è subito premurato di far sapere: «Non sono il boss che racconta la tv». Lontani i tempi dei vecchi padrini, serrati nei loro inquietanti silenzi, che davanti ai giornalisti si coprivano il volto con le manette o un foglio di giornale. Più che da una vita trascorsa in latitanza, Iovine sembra emergere da un format televisivo: bello, sfrontato, sorridente e con la barba lunga come George Clooney. Pronto a interpretare la parte che da sempre in Italia paga meglio: quella della vittima. Non mi stupirei se chiedesse di essere invitato a «Vieni via con me» per un faccia a faccia con Saviano.

Per la prima volta il Male esce dalle dimensione arcaica e grifagna con cui lo avevamo un po’ troppo lombrosianamente raffigurato negli anni di Totò Riina e Pacciani. E la cronaca nera sbanda verso «Romanzo criminale»: anche i delinquenti vogliono piacere. Non va mica bene. In un momento di ansie assortite, abbiamo bisogno di essere rassicurati almeno sulla natura dei malvagi. Iovine va richiamato alle responsabilità del suo ruolo. È un cattivo e allora poche storie: faccia il cattivo

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« Risposta #80 inserito:: Novembre 23, 2010, 09:59:41 am »

23/11/2010

Meno male che Mara c'è
   
Massimo GRAMELLINI

Se il signor Maro Carfagna, barbuto ministro della Campania, avesse minacciato le dimissioni, affermando che nel suo partito gli impediscono di battersi per la legalità, ora saremmo qui a discutere coi sopraccigli arcuati di malapolitica e affaristi (cosa diversa dagli uomini d'affari). Ma poiché Maro si chiama Mara e ha il corpo e gli occhioni che sapete, la sua denuncia è già stata declassata a scatto isterico, baruffa fra comari.

Invece che gli appalti del termovalorizzatore di Salerno, a tener banco sono i suoi rapporti umani: con l'amico Bocchino e la nemica Mussolini. L'algida ministra ci ha messo del suo, paragonando la collega a una popolana sguaiata. Ma non c'è dubbio che il circo mediatico e l'interesse dei lettori hanno sterzato subito verso il gossip, sottovalutando la sostanza delle sue parole.

E’ un problema con cui tante donne meno fortunate della Carfagna devono fare i conti ogni giorno negli ambienti di lavoro.

Il parere femminile vale meno e non è considerato autorevole. Quando un uomo s’arrabbia, ha carattere. Quando si arrabbia una donna, ha le mestruazioni. Oppure non le ha più. Non basta nemmeno maschilizzarsi dentro tailleur assertivi e posture manageriali.

Se sei bella, i maschi ti desiderano ma non ti considerano: e tutti pensano (anche le donne) che la tua carriera non sia merito dei talenti, ma degli amanti.

Se poi sei soltanto passabile, ti trattano come una crocerossina, un angelo custode, una bestia da soma: comunque una comparsa nel film del loro successo professionale, intitolato «Impari Opportunità».

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« Risposta #81 inserito:: Novembre 25, 2010, 09:12:03 am »

25/11/2010

Siamo uomini o commissari?
   
Massimo Gramellini

La commissione d’esame sapeva che il tema era irregolare e lo ha proposto lo stesso. Ma non per interesse: per quieto vivere. Si parla del concorso per notai di ottobre, interrotto da un’insurrezione popolare quando gli esaminandi del resto d’Italia scoprirono che i candidati romani conoscevano già il testo della prova scritta. La procura di Roma ha interrogato i dodici commissari: tre professori, tre notai e sei magistrati. Ed è arrivata alla conclusione che l’idea malsana venne a uno solo di loro, una notaia, ma che tutti gli altri, dopo qualche sporadico distinguo, si adeguarono. Chi per negligenza o per pigrizia. E chi, i sei magistrati, dichiarandosi incompetenti come Pilato. Ma se non conoscevano la materia d’esame, a che titolo facevano parte della commissione giudicante? Sfumature da moralista, me ne rendo conto. Resta il fatto che su mezza dozzina di custodi della legge, nemmeno uno - dicesi uno - si sia sentito morsicare la coscienza e abbia pronunciato la parola più semplice e scomoda: no. Proviamo a inserire un sondino nei loro crani brizzolati: chi me lo fa fare, perché prendermi una grana, mica posso cambiare il mondo io, tanto rubano tutti...

Gli uomini sono pochi e infatti li chiamiamo eroi. Gli altri sono vili, irresponsabili e soprattutto conformisti. Insensibili alle prediche, recepiscono soltanto gli esempi. Se in alto vedono onestà e rigore, cercheranno di adeguarsi: non per slancio etico, ma per non sfigurare. Se invece sopra e intorno a loro scorrono truffe e arrembaggi, il naufragar gli sarà dolce in quel pantano.

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« Risposta #82 inserito:: Novembre 26, 2010, 11:55:31 pm »

26/11/2010

Senza di loro

Massimo GRAMELLINI

Possiamo farcela. Anche se la crisi si fa critica, l’euro è ricoverato alla neuro e Bruxelles sta per intimarci di dimezzare il debito pubblico, così la prossima volta sulla Mole con gli studenti ci saliranno i pensionati? Anche se La Russa vola sopra l’Afghanistan credendosi l’erede illetterato di D’Annunzio (chi fa la Duse, Santanchè?) e Bersani si arrampica sui tetti come lo spazzacamino di Mary Poppins, ma col sigaro in bocca che neanche Messner? Anche se alla Camera la Mussolini bacia sulla bocca l’indagato Cosentino, Bossi confessa «sono stato studente universitario anch’io» (fino a 40 anni, ci aveva preso gusto) e Berlusconi, dico Berlusconi, invita tutti a comportarsi con sobrietà? Sì, possiamo farcela e proverò a spiegarvi perché.

Tranne che ai tempi di Mussolini (infatti finì in tragedia), la politica italiana ha sempre affrontato i passaggi cruciali della storia allo stesso modo: ignorandoli. Nell’Ottocento il premier Depretis coccolava le pratiche sulla sua scrivania: «Ognuna di esse avrei dovuto deciderla entro 24 ore, se non volevo mandare in rovina l’Italia. Le 24 ore sono passate, la pratica è sempre lì e l’Italia va avanti lo stesso». Un secolo dopo, con le fabbriche bloccate e i terroristi a sparare per strada, i governi democristiani si occupavano di convergenze parallele. E mentre i politici rimuovevano i problemi, gli italiani li risolvevano inventandosi l’economia sommersa. Una cosa un po’ eroica e un po’ illegale: come tutto, qui da noi. Sì, la sfangheremo anche stavolta. Chissà in che modo e con chi. Ma sicuramente senza di loro.

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« Risposta #83 inserito:: Novembre 30, 2010, 05:23:21 pm »

30/11/2010

Wiki Wiki

Massimo GRAMELLINI

Diciamo la verità: per ora è stata più eccitante la Waka Waka del Wiki Wiki. I rapporti degli ambasciatori americani, rivelati in un’atmosfera thriller dal sito Wikileaks, sembrano una scopiazzatura di Dagospia e forse lo sono. Berlusconi è un donnaiolo vanitoso che fa affari con il macho Putin. Sul serio? E io che quei due me li ero sempre immaginati dentro la biblioteca di un monastero, immersi nella lettura dei «Fratelli Karamazov». Sarkozy: uomo permaloso e dispotico. Strano, con quell’aria umile e remissiva, tipicamente francese. La Merkel, poi: ostinata, prudente, poco creativa. Tutto il contrario dell’immagine dei tedeschi, genia di improvvisatori estroversi. Aspettiamo qualche indiscrezione sul presidente svizzero che va matto per il cioccolato fondente e gli orologi a cucù. Ah, ma ce n’è anche per Gheddafi: uccide le rughe col botulino e si fa scortare da un’infermiera bionda. Un’informazione top secret (se si escludono quelle due o trecento copertine sull’argomento) che cambierà la storia. Come quell’altra, secondo cui i diplomatici fanno le spie. Da alcune migliaia di anni, verrebbe da dire. Almeno giustificano lo stipendio, perché per fare il «copia e incolla» degli articoli di giornale bastava una segretaria.

Sicuramente domani usciranno prove di torture, golpe, alieni seppelliti nel deserto con le antenne di fuori. Ma per adesso la vera vittima di Wikileaks è il mito della carriera diplomatica. Con gli ambasciatori, per secoli burattinai del potere, ridotti a messaggeri dell’ovvio.

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« Risposta #84 inserito:: Dicembre 03, 2010, 04:15:41 pm »

3/12/2010

Viva Yara

Massimo GRAMELLINI

Quanto mi piace l’Italia di Yara, la ragazzina scomparsa una settimana fa. Mi piace il suo cellulare con soli dieci numeri in rubrica: un mondo piccolo di affetti seminati in profondità, perché voler bene richiede tempo e troppi amici significa nessun amico. Mi piace la sobrietà dei suoi genitori che non fanno appelli, non si affacciano ai talk show e respingono la fiaccolata proposta dal parroco: il dolore è una cosa seria, metterlo in piazza non significa condividerlo, ma svenderlo. E mi piace il contegno del suo paese, Brembate, dove nessuno rompe la consegna del silenzio. Ogni tanto spunta un microfono sotto qualche naso infreddolito, ma la reazione è sempre un diniego, un passo che accelera.

E' una storia priva di emozioni e gonfia di sentimenti, quindi poco televisiva e molto viva. Il parallelo con il circo di Avetrana sembra inevitabile, ma non è il caso di farne l’ennesima puntata di un derby Nord-Sud. Il nonno-padre-marito delle vittime di Erba era lombardo, eppure il giorno dopo stava già in televisione a perdonare tutti, come se il perdono fosse un vino novello che gorgoglia dall’uva appena pestata anziché un barolo da lasciar riposare per anni affinché sgorghi saporito e sincero. Nessuno si sarebbe appassionato ai mondi cavernosi dello zio e della cugina di Sarah Scazzi se la televisione non li avesse resi popolari prima che si accertassero le loro responsabilità. A quel punto è stato come se la polizia avesse arrestato due vip. A Brembate va in scena un'altra storia, un'altra Italia a cui ci stringiamo in silenzio, come piace a lei.

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« Risposta #85 inserito:: Dicembre 05, 2010, 12:33:41 am »

4/12/2010

Gli italiani non sanno più sognare

MASSIMO GRAMELLINI

Sulla relazione annuale del Censis aleggia lo spirito di Jung. Giusto così: questa crisi non è materia per economisti, ma per psicanalisti L’Italia, sostiene il sempre immaginifico De Rita, affonda perché non sa più desiderare. In realtà molti di noi hanno ancora dei sogni. Quello che manca è l’ossigeno per raccontarli, persino a se stessi.

A forza di scattare a vuoto, la molla si è inceppata. Il futuro non è un’opportunità e nemmeno una minaccia.

Semplicemente non esiste. Il futuro è la rata mensile del mutuo o il bilancio trimestrale dell’imprenditore: nessuno ha la forza di guardare più in là e si vive in un presente perenne e sfocato, attanagliati dallo sgomento di non farcela. Sulle macerie della guerra, l’inconscio dei nonni riusciva a progettare cattedrali di benessere: quegli uomini avevano visto abbastanza da vicino la morte per immaginare la vita. Sulle macerie morali del turbo-consumismo, la cui crescita dopata ha ucciso i desideri (di fronte a tremila corsi di laurea o tremila canali televisivi l’impulso è di spegnere tutto), l’inconscio dei nipoti sembra paralizzato da un eccesso apparente di libertà e dall’assenza di punti di riferimento. Anche la delega al leader salvifico, di qualsiasi colore, ha fatto il suo tempo.

Bisogna cavarsela da soli e siamo diventati troppo egoisti per ricordarci come si fa. Orfani di padre, cioè dell’autorità che trae origine dall’autorevolezza e consente ai figli di avventurarsi in territori inesplorati, sapendo di poter contare all’occorrenza su una robusta ringhiera. E con una classe dirigente specializzata nel dare cattivo esempio, priva del titolo morale per imporre regole che è la prima a non rispettare. Come si evince da quanto detto fin qui, la fotografia del Censis è decisamente beneaugurante. Almeno per chi è convinto che non ci si possa aspettare il riscatto sociale da teorie economiche e ideologie politiche, ma solo dall’urgenza di tante rivoluzioni individuali che riescano a connettersi fra loro, creando una vera comunità. Darsi una disciplina esistenziale, fissare dei traguardi e poi mettersi in marcia senza vittimismi, perché i «se» sono la patente dei falliti, mentre nella vita si diventa grandi «nonostante». E che Jung ce la mandi buona.

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« Risposta #86 inserito:: Dicembre 09, 2010, 11:24:11 am »

9/12/2010

Parto Cesario

Massimo GRAMELLINI

Quanto invidio mia moglie, che riesce ad assentarsi dal telegiornale per guardare una coppia di passerotti appollaiati sulla ringhiera del balcone. Io, noto masochista, pure nel dì di festa non stacco gli occhi dal racconto della crisi, dove gli ex missini scorrono a frotte: La Russa, Gasparri, Ronchi, Urso, Matteoli, Bocchino, non se ne vedevano tanti, e tutti insieme, dalla giornata dell’oro alla Patria del 1935. Dopo la cacciata da Berlusconia, Bocchino ha chiesto asilo politico a un cameraman: lunedì litigava con La Russa a «Porta a Porta», martedì si accapigliava con Rotondi a «Ballarò» e ieri faceva jogging solitario in un boschetto di microfoni.

Fosse solo Bocchino. Poi ci sono tutti gli altri. I soliti ignoti, il cui voto non ha mai contato un tubo e ora invece può far cadere governi e sbilanciare bilanci allargando lo spread con la Germania, come ripetono minacciosi gli economisti. Così restiamo appesi, noi e lo spread, agli umori dell’onorevole Scilipoti, dipietrista apparentato con Rossella O’Hara, che «oggi la mia posizione resta quella di ieri, ma domani vedremo» e annuncia una conferenza stampa con Cesario che potrebbe partorire ribaltoni a breve, mentre Calearo aggiorna il tassametro della fiducia (da 350 mila euro in su) e Razzi ammette che le proposte sono allettanti, specie per chi ha un mutuo da pagare come lui. Confidavo nella nota rigidità dei sudtirolesi, ma il tg dice che stanno trattando l’astensione in cambio della segnaletica bilingue e allora spengo la tv con un’espressione intraducibile e mi metto a guardare i passerotti anch’io.

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« Risposta #87 inserito:: Dicembre 11, 2010, 06:26:48 pm »

10/12/2010

Caduta cuori

Massimo GRAMELLINI

Nel bel mezzo della Pianura Padana c'è una città, Milano. Nel bel mezzo di Milano c'è una Galleria. E, nel bel mezzo della Galleria, un ottagono sovrastato da una cupola, bella anch'essa, come tutto ciò che rispetta le leggi dell'armonia. Ma un brutto giorno i passanti guardarono all'insù e scoprirono che nel bel mezzo della cupola erano spuntati degli enormi cuori di legno rivestiti di lustrini e sponsorizzati da una nota marca di cristalli. Le appendici pacchiane penzolavano minacciose sulle teste dei milanesi. Le dimensioni e il luccichio da varietà televisivo della messa in scena producevano una falsa allegria. Più che il salotto di Milano, quei cuori grotteschi ricordavano gli addobbi di una discoteca. Mancava soltanto che qualche cubista ci si appendesse, per oscillare avanti e indietro come su una liana, sorvolando lo sguardo allibito dei giapponesi e quello arreso degli indigeni, ormai assuefatti a qualsiasi bruttura.

Evocati da qualche spirito ribelle, gli angeli precari della bellezza si precipitarono in Galleria, presero la forma del vento e cominciarono a soffiare sempre più forte, fino a quando uno dei maxi-cuori si staccò in un frastuono terribile. Ma gli angeli della bellezza sono spesso distratti e si dimenticarono di avvertire una signora che passava lì sotto. Così il cuore luccicante le cadde in nuca, trasformandola in una martire del cattivo gusto. La signora guarirà presto dal trauma cranico, ci auguriamo. La bellezza invece rimane in prognosi riservata.

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« Risposta #88 inserito:: Dicembre 18, 2010, 11:08:36 am »

18/12/2010

L'amato leader

MASSIMO GRAMELLINI

L’astutissima intervista in cui Bersani liquida le primarie e annuncia di volersi alleare con Fini e Casini anziché far fronte comune con Vendola e Di Pietro ha finalmente ricompattato il popolo dei democratici. Lo si evince da una passeggiata nel sito del Pd.

«Sono un ex iscritto e tra poco sarò un ex elettore» (Francesco). «Ma Fini è di destra! Come è possibile anche solo pensare a un’alleanza con lui?» (Michele). «Stasera restituisco la tessera» (Francesca). «Così non andiamo da nessuna parte, anzi sì: al suicidio» (Chiara). «Mi domando cosa avete nel cervello. Ma davvero le partorite voi queste cavolate? Andatevi a nascondere e non fatevi più rivedere!» (Gianni). «Cacchio, ma si può?» (Gian Piero). «Se succede, lascio il partito in un secondo» (Gianluca). «Bersani fa bene, sono d’accordo con lui» (Fassina, ma forse è la sorella dell’ex segretario). «Cioè, fatemi capire: dovrei scegliere alle prossime elezioni fra Fini e Berlusconi?» (Alessandro). «Dopo la fatica che abbiamo fatto a liberarci di Binetti e Rutelli, paffete che ci ritroviamo a subire i loro veti!» (Monica). «State ancora una volta riuscendo a rivitalizzare Berlusconi. Sono allibito» (Stefano). «Ero un ventenne che aveva trovato una piccola speranza. Ora lei me l’ha spenta di nuovo. Grazie, segretario» (Riccardo). «D’ora in poi come inizierà i suoi comizi? Cari democratici, cari compagni, cari camerati?» (Concita). «Grazie a tutti quelli che stanno commentando l’intervista» (Pier Luigi Bersani). «Segretario, tu ci ringrazi, ma i commenti li leggi o guardi solo le figure?» (Monica).

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« Risposta #89 inserito:: Dicembre 23, 2010, 05:42:07 pm »

23/12/2010

Buon lavoro

Massimo GRAMELLINI

Un artigiano veneto di quarant’anni, oppresso dai debiti, irrompe in una tabaccheria di Forte Marghera agitando la pistola.
«Dammi i soldi!», intima al proprietario. Ma prima che l’altro possa aprire la cassa, il rapinatore scuote la testa: «Cosa sto facendo?». Esce dal negozio, monta in bicicletta e va a costituirsi al commissariato. Dove giustamente lo arrestano, perché così prevede la legge.
Io, stupidamente, lo avrei un po’ abbracciato. È che è raro trovare dei galantuomini, ma ancor più raro è trovare degli uomini: gente disposta a non prendere le distanze dai propri errori, persino quando, come in questo caso, sono stati soltanto abbozzati.

Più o meno alla stessa ora, in una scuola di Torino va in scena il classico spettacolo di Natale alla presenza delle famiglie.
Ogni bambino sale sul palco ed esprime un desiderio per l’anno nuovo. Il primo dice: «Vorrei essere più bravo coi nonni».
Il secondo: «Vorrei un certo videogioco». Il terzo: «Vorrei ci fosse ancora il lavoro per mamma e papà».

Nella sala scende il gelo, la realtà è una pasta abrasiva e certe cose non si confessano neanche in tv. Un amico presente alla scena commenta: è un mondo al contrario, quello in cui sono i figli a desiderare un posto per i genitori, ma forse l’unica speranza che resta, a questo mondo, è proprio un bambino che al futuro non chiede un giocattolo ma un lavoro per mamma e papà.

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