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Autore Discussione: Massimo GRAMELLINI.  (Letto 331681 volte)
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« Risposta #630 inserito:: Settembre 21, 2014, 11:19:07 am »

21/09/2014

Noi siamo il sogno che dà un senso a tutto

A cura di Massimo Gramellini

Le puntate precedenti: proprio quando sta cominciando a superare il trauma della separazione dal marito, e a fidarsi del suo angelo custode, Giò scopre che Filèmone, durante la sua ultima vita, era stato l’amore segreto di sua nonna, che rappresentava una delle poche sicurezze della nostra insicurissima protagonista. Nel silenzio offeso e confuso di Giò, tocca all’angelo assumere l’iniziativa


 Cara Giò, 
pensi che non comprenda il tuo sgomento? Ti senti la vittima di un inganno imperdonabile, proprio perché a metterlo in pratica è stato chi era riuscito a guadagnarsi la tua fiducia. 

Rinuncerò a farti l’elenco delle difficoltà che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino, dopo gli splendori degli inizi. Allora ogni cosa fluiva con un senso di meraviglia inesorabile. Eravamo ballerini professionisti che danzavano al suono della stessa musica: senza sbagliare un passo. Poi il contatto si è interrotto. Rimanevamo uno nell’altra, però io da una parte e tu dall’altra. Non ascoltavamo più la stessa musica.
Ognuno seguiva il suo ritmo, tanto che l’armonia si è spezzata e i ballerini si sono ritrovati a danzare da soli.

Alla fine del silenzio, il contatto è tornato, la musica ripartita. Ma è bastato sfiorare una cicatrice perché la ferita ricominciasse a sanguinare. 

La spartizione delle responsabilità è un esercizio ossessivo e sterile. Ha davvero importanza stabilire chi si sia messo nelle condizioni di infliggere la sofferenza e chi di subirla? I gesti che ci fanno male sono una richiesta di aiuto. 

 Adesso tu non riesci a trovare il senso, eppure ciò che ci tiene insieme rimane più forte di qualsiasi smarrimento. Né tu né io potremo crescere senza il sostegno dell’altro: senza sostenere l’altro.

Noi siamo il sogno che dà un senso a tutto. Il vento della vita lo scompiglia di continuo, ma dobbiamo resistere. Ogni volta che il sogno ci sfugge di mano, bisogna riprenderlo con estrema dolcezza, riscoprire quanto ne è rimasto e quanto ne resta da costruire. Tutto è giusto e perfetto, anche se tutto intorno a noi ci ricorda l’ingiustizia e l’imperfezione. Non si tratta di perdonare, ma di accettare. 

Potrei diventare molto migliore di quanto finora mi sia riuscito di essere. Ci proverò, con il tuo aiuto. Ma, nonostante i miei limiti, rimango il destino che hai scelto e che ti ha scelto. Interroga il cuore: ti confermerà che è soltanto arrampicandoti sulle mie spalle che potrai arrivare alle stelle. 

Il libero arbitrio ti consente di rinunciare, persino di fuggire. Se però credi ancora in questo sogno, sappi che arrenderti adesso vorrebbe poi dire arrendersi sempre: con chiunque altro, per tutta la vita.

Ti amo e ti ringrazio.
FILEMONE 

Da - http://www.lastampa.it/2014/09/21/blogs/cuori-allo-specchio/noi-siamo-il-sogno-che-d-un-senso-a-tutto-pQs6r66TSxdIXEYJNbCU4N/pagina.html
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« Risposta #631 inserito:: Settembre 22, 2014, 04:07:34 pm »

Filo di Scozia

20/09/2014
Massimo Gramellini

C’è poco da dire: usata bene, nel contesto giusto, la democrazia funziona ancora meglio di qualsiasi altro sistema inventato dall’uomo. Si prenda la Scozia: alle elezioni il partito indipendentista chiede i voti su un programma che pone al primo posto un referendum per separarsi dal Regno Unito. Ebbene, cosa fa il partito indipendentista subito dopo la vittoria? Esattamente ciò che aveva detto: chiede a Londra il referendum. E Londra, che potrebbe negarglielo o ritardarlo con una di quelle tattiche dilatorie in cui i politici sono maestri, a sorpresa glielo concede: mettendo a repentaglio le coronarie della Corona e la carriera del premier Cameron. In campagna elettorale ci si divide con passione e a volte con durezza, ma senza insulti né incidenti. Il primo ministro inglese promette: se il Sì perde, darò comunque più potere agli scozzesi. Il primo ministro scozzese ribatte: se il Sì perde, un minuto dopo mi dimetto. In cabina tutto fila liscio e sulla scheda il quesito è indicato con una frase breve, semplice e chiara: «Vorresti che la Scozia fosse una nazione indipendente?». Il Sì perde, seppure di poco: 55 a 45. E un minuto dopo il primo ministro scozzese si dimette, invece di accampare scuse o cantare vittoria esibendo una percentuale di consensi più alta di quella ottenuta alle precedenti consultazioni da Braveheart.

Perché le idee sono importanti, ma le persone che le applicano di più. Ci rifletta, il Renzi, quando a proposito di diritto del lavoro ciancia di modello danese. Per realizzare il modello danese ci vogliono i danesi.

Da - http://www.lastampa.it/2014/09/20/cultura/opinioni/buongiorno/filo-di-scozia-uMUgvGnxhdVQWIyjQalh9M/pagina.html
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« Risposta #632 inserito:: Settembre 23, 2014, 05:03:29 pm »

Divieto di scivolo

23/09/2014
Massimo Gramellini

Tra i problemi che affliggono l’umanità, la presenza di bambini rumorosi nei parchi pubblici si colloca intorno al miliardesimo posto. Eppure a San Lazzaro di Savena, provincia di Bologna, il sindaco di sinistra ha appena vietato ai pargoli di frequentare scivoli e altalene tra l’una e le quattro del pomeriggio (che d’inverno, quando fa buio presto, significa sempre), prevedendo 500 euro di ammenda per i famigerati trasgressori. Renzi la saluterà come una vittoria del riformismo: un tempo i comunisti emiliani se li mangiavano, i bambini. Adesso si accontentano di multarli. In realtà la ragione del provvedimento è meno nobile: il Comune vuole cautelarsi dal rischio dei risarcimenti reclamati da alcuni condomini anziani che, avendo le finestre affacciate sui parchi, si ritengono vittime degli schiamazzi. Ed è proprio a quei pensionati insidiati in quanto hanno di più prezioso, la pennichella, che lo scrivente si rivolge. 

Avete ragione: gli strilli di un bambino possono essere persino poetici, ma non quando l’uditorio è afflitto da mal di testa. E chiunque abbia viaggiato nello stesso scompartimento con creature ostinatamente vivaci si sarà sorpreso a pianificare un intervento mirato di Erode che risparmiasse la prole e si accanisse senza pietà sui genitori. Qui però non si parla di un treno ma di un parco-giochi, cioè di un luogo concepito per consentire all’esuberanza infantile di sfogarsi. Ricordatevi, signori anziani, di quando da bambini urlavate in cortile e la vecchiaccia dell’ultimo piano vi tirava addosso un secchio di acqua ghiacciata. Quanto la odiavate. Ebbene: vorreste essere voi, adesso, quella vecchiaccia?

Da - http://www.lastampa.it/2014/09/23/cultura/opinioni/buongiorno/divieto-di-scivolo-hKhDtjwbA8FOIqI4uu93lM/pagina.html
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« Risposta #633 inserito:: Ottobre 05, 2014, 07:29:16 pm »

La livella

04/10/2014
Massimo Gramellini

L’ex governatore della Federal Reserve (il Draghi d’America) si è visto negare il rifinanziamento del mutuo dalla sua banca. Ci pare di vederlo, il diversamente povero Ben Bernanke, mentre balbetta scuse davanti al funzionario che gli chiede una fotocopia della busta paga: sì, certo, le mie entrate restano alte ma sono saltuarie, perché da quando ho lasciato la poltrona di banchiere più potente del pianeta non ho più uno stipendio fisso… Niente da fare, Ben. Per essere considerati solvibili in questa società di precari servono entrate stabili. Avresti potuto chiedere un prestito ai venditori di nuvole della Lehman Brothers, se non fosse che proprio tu l’hai fatta fallire, trascinando il mondo intero dentro un pateracchio da cui non accenna a riprendersi, nonostante le interviste in inglese di Renzi alla Cnn offrano all’umanità squarci sottovalutati di speranza. Oppure avresti dovuto farti regalare la casa a tua insaputa da qualche manutengolo smanioso di appalti e raccomandazioni, ma hai palesemente sbagliato Paese in cui nascere. Non ti resta che tornare in sala d’attesa, a confonderti tra i disperati che cercano di rinegoziare mutui infinitamente meno costosi del tuo, ma con le stesse probabilità di riuscita: vicine allo zero. 

Pensaci, Ben, è il livellamento che i nemici del tuo caro capitalismo hanno sempre teorizzato. C’erano due modi di realizzarlo: mettere tutti nelle condizioni di diventare ricchi oppure di diventare poveri. Si è scelta la seconda ipotesi, di più facile realizzazione e particolarmente apprezzata dagli invidiosi.

Da lastampa.it


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« Risposta #634 inserito:: Ottobre 05, 2014, 07:31:44 pm »

Il primo trombone

03/10/2014
Massimo Gramellini

L’unico capolavoro da sempre in cartellone all’Opera di Roma è l’ottusità di certi sindacati. Pur di difendere privilegi di casta, il partito del demerito è riuscito a fare perdere il posto a duecento orchestrali e coristi. L’Opera è l’Alitalia dei teatri: ha costi da Metropolitan e produttività da banda di paese (con molte scuse alle bande di paese). Appena il piatto ha cominciato a piangere, ci si è trovati a scegliere tra l’aumento dei concerti e la riduzione degli stipendi. Ma i burocrati dello spartito hanno optato per una terza soluzione: ridurre i concerti, lasciando inalterati gli stipendi. E poi si chiedono perché Muti è scappato ululando. Perlomeno non hanno preteso l’aumento, anche se si vocifera di un braccio di ferro con l’amministrazione del teatro sulla diaria giornaliera per le trasferte: 190 euro tra pranzo e cena. I contabili volevano ridurlo a 160, appena sufficienti per un pieno di champagne, ma la proposta è stata respinta come un attentato alla cultura.

Saputo dei licenziamenti, un sindacalista che per ironia della vita occupa lo scranno di primo trombone ha intonato la solita romanza del complotto contro l’arte, confondendo la sacralità di quest’ultima con le bizze da divo di chi talvolta impugna il suo strumento come una pratica d’ufficio da sbrigare con il minore dispendio possibile di energie. Ora i martiri del posto comodo hanno due possibilità. Pretendere da qualche giudice compiacente la restaurazione di un mondo che non tornerà. Oppure fondare una cooperativa e mettersi a lavorare il doppio. Come succede nei teatri di mezza Europa. In giro ci sono troppi diritti da difendere per potersi ancora occupare dei capricci.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/03/cultura/opinioni/buongiorno/il-primo-trombone-DqNX5nBLujMbozNkIcpJPI/pagina.html
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« Risposta #635 inserito:: Ottobre 05, 2014, 07:32:40 pm »

Bobo e Boba

01/10/2014
Massimo Gramellini

Roberto Maroni, il politico famoso per avere solcato vent’anni di storia patria senza mai dire nulla di ricordabile due ore dopo, torna sulle pagine dei giornali per un episodio che gli fa ancora una volta onore. Invitato da Expo 2015 a partecipare a una missione di finto lavoro in Giappone, la versione lombarda dell’uomo invisibile avrebbe potuto rifiutarsi, adducendo di avere cose ben più importanti da fare che andare a rimpinzarsi di sushi in qualche albergo extraluxe del Sol Levante. Invece, forse perché non aveva niente di così importante da fare, la fronte più spaziosa della Lega ha accettato di mettere la faccia barbuta sull’iniziativa, dichiarandosi disponibile a raggiungere Tokyo per farne un sobborgo di Varese. A una piccola, insignificante condizione: portarsi al seguito una delle sue assistenti, Mariagrazia Paturzo, che secondo i soliti inquirenti malevoli sarebbe stata assunta nel simpatico baraccone espositivo milanese per volontà dell’ex dito mignolo di Bossi. 

Maroni avrebbe potuto partire per Tokyo in solitudine («depaturzizzato», direbbe lui). Oppure anticipare i 6500 euro necessari a coprire la trasferta della collaboratrice. Invece ha preferito piegarsi alla soluzione più dolorosa: pretendere da Expo 2015 che la Paturzo paturzasse in Oriente a spese dei contribuenti italo-padani. Vistosi incredibilmente rifiutare la richiesta, per ripicca ha deciso di restare a casa pure lui. Perché da Formigoni non ha ereditato solo la poltrona, ma anche la passione per i viaggi a sbafo.

DA - http://www.lastampa.it/2014/10/01/cultura/opinioni/buongiorno/bobo-e-boba-6vwzqnwdZOSB8X0pDroPtM/pagina.html
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« Risposta #636 inserito:: Ottobre 07, 2014, 05:41:49 pm »

Il disoccupato riluttante

07/10/2014
Massimo Gramellini

Nascere a Berna presenta i suoi vantaggi. Intanto c’è una disoccupazione al 2,6 per cento, per cui hai 97,4 possibilità di trovare un lavoro o di permettere a lui di trovarti. Ma anche nel caso in cui tu faccia le capriole per sfuggirgli, usufruirai delle meraviglie del Renzi Act, che nei cantoni elvetici non è una chiacchiera da bar etrusco ma una legge che garantisce ai senza impiego un sussidio di lauta sopravvivenza. E se lo Stato, in cambio del sussidio, osa accalappiare un lavoro e addirittura proportelo? Potrai sempre fargli causa per mancanza di buongusto. 

È quanto è capitato a un laureato disoccupato e sussidiato, nonché padre di neonato, che da anni studia a spese dello Stato per sostenere l’esame da avvocato. Pur di inserire una dissonanza in quell’esistenza piena di rime, gli hanno offerto un posto da spazzino. Mestiere che in Svizzera rasenta il contemplativo, dato che gli abitanti di quelle lande ossessive raccolgono, oltre alle cicche, anche la cenere e passano la cera pure sui marciapiedi. Per impugnare una ramazza simbolica, al prode laureato hanno garantito uno stipendio di 3600 euro al mese. E lui giustamente si è offeso: non tanto per la cifra, quanto per il disprezzo che da una simile proposta trasudava nei confronti dei suoi studi: un laureato in legge può al massimo spazzare il tribunale o una raccolta di codici polverosi. Lo Stato svizzero lo ha posto di fronte a un ricatto odioso: niente ramazza, niente sussidio. Così il nostro gli ha fatto causa, la prima della sua vita, ma l’ha persa. Forse neanche l’avvocato è il suo mestiere. 

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/07/cultura/opinioni/buongiorno/il-disoccupato-riluttante-kBi6drke2x369by3zrgQ6K/pagina.html
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« Risposta #637 inserito:: Ottobre 09, 2014, 05:02:55 pm »

Robottamati

09/10/2014
Massimo Gramellini

Il capo del personale della Volkswagen ha dunque annunciato che i prossimi operai che andranno in pensione verranno sostituiti da robot. Trattandosi di tedeschi, sulle prime non sarà facile cogliere la differenza. Ma la scelta ha una sua logica e una motivazione inoppugnabile: i robot costano meno. Persino meno di un cinese, che un po’ di riso lo deve pure mangiare. Rimane però irrisolta la questione di fondo. Oltre che per la realizzazione individuale - privilegio di una minoranza di fortunati - il lavoro è stato pensato per corrispondere agli esseri umani i mezzi per il loro sostentamento. Finora lavoratore e consumatore sono stati la stessa persona. Ma se il primo diventa un robot, che ne sarà del secondo? Per chi verranno prodotti i beni di massa se la massa non avrà più un lavoro e quindi il denaro per acquistarli? La riduzione dei costi non potrà durare all’infinito e arriverà un momento in cui i manager dovranno tornare a chiedersi come aumentare i ricavi.

Si tratta di problemi epocali, che possono non interessare chi deve fare quadrare i bilanci a fine anno, ma che interrogano chiunque abbia a cuore il futuro dell’umanità: tutti, si presume. Più tecnologia e più rendite uguale meno occupazione e meno benessere. L’equazione al momento è questa. Ma può cambiare, almeno per chi rifiuta il vittimismo e non crede alla profezia di una civiltà che implode su se stessa. La fine dei vecchi lavori non significa la fine del lavoro. Anticipa soltanto la nascita di quelli nuovi. Indietro non si torna, ma per fortuna non si rimarrà fermi ancora a lungo in questo limbo di paura. Nel frattempo bisogna resistere, prepararsi. E immaginare.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/09/cultura/opinioni/buongiorno/robottamati-VLWKnvFF79GjcW5njCzB6H/pagina.html
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« Risposta #638 inserito:: Ottobre 10, 2014, 11:52:04 pm »

Il partito unico di Matteo

10/10/2014
Massimo Gramellini

In Italia è rimasto un solo partito e non è di sinistra. Si chiama ancora Pd, ma è già la versione moderna, senza tessere né sacrestie, della Democrazia Cristiana, la balena interclassista che tutti criticavano e però votavano. Il processo ha raggiunto il suo culmine questa settimana con la sconfitta degli ultimi eredi del Pci sull’articolo 18. Renzi ha celebrato il proprio trionfo con una scelta mediatica significativa: andando a pontificare negli unici talk show che parlano all’ex popolo berlusconiano, quelli capitanati da Porro e da Del Debbio. 

Con la spregiudicatezza tipica delle persone cresciute in un ambiente familiare sereno e quindi molto sicure di sé, l’annunciatore fiorentino sta disintegrando i tabù che hanno paralizzato per decenni i suoi predecessori comunisti e pidiessini. Il timore di avere nemici a sinistra e di mettersi contro la Cgil, ma soprattutto l’imbarazzo nel chiedere voti alla base sociale dell’incantatore di Arcore: liberi professionisti, commercianti, piccoli imprenditori e disoccupati, che secondo l’analisi pubblicata nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore hanno «cambiato verso» alle elezioni europee, dirottando per la prima volta i loro consensi sul partito che finora gli aveva procurato solo attacchi di orticaria. 

La realtà è che oggi chiunque, da Passera a Della Valle, pensi di entrare in politica per rifondare il centrodestra deve prendere atto che al momento non esiste un bacino di voti disponibile. Renzi ha fatto il pieno, lasciando scoperta solo la zona riservata ai piccoli borghesi impoveriti, cioè ai lepenisti italiani magistralmente interpretati dall’altro Matteo, il becero ma efficacissimo Salvini. Il resto è un mondo finito e svuotato di consensi che sopravvive sui giornali per vecchi automatismi che inducono i cronisti a interessarsi alle ultime convulsioni dei tirapiedi e dei traditori di Berlusconi. I voti di Alfano e di Monti sono già tutti in pancia al Pd. E quei pochi che restano a Silvio finiranno in parti uguali a Matteo uno e Matteo due.

L’unica terra di conquista elettorale è dunque quella che un tempo avremmo chiamato Sinistra. Sono i giovani e i precari attratti da Grillo (fino a quando?), i pensionati, i nostalgici dello Stato sociale e in genere gli oppositori di un sistema capitalistico che per un processo apparentemente ingovernabile sta privilegiando le rendite, disintegrando il ceto medio e creando sacche sempre più ampie di povertà. 

Il pigliatutto di Palazzo Chigi, naturalmente, si considera di sinistra anche lui. Anticomunista, ma di sinistra. Solo che la sua non è la sinistra europea e statalista dei Palme e dei Mitterrand, ma quella anglosassone e meritocratica dei Clinton e dei Blair. Per chi non vi si riconosce rimarrebbe uno spazio persino più ampio di quello occupato dagli emuli dilettanteschi del greco Tsipras.

Manca però appunto uno Tsipras. Cioè un leader in grado di indicare un modello sociale alternativo ma praticabile e di perseguirlo con coerenza. Difficile possa esserlo Civati e meno che mai Bersani e D’Alema, con il sostegno delle truppe brizzolate della Camusso. Se i grandi vecchi non se ne vanno dal Pd, non è per fedeltà a un partito che tanto non sarà mai più il loro, ma perché sanno che fuori di lì si condannerebbero all’insignificanza di un Gianfranco Fini. 

Nella settimana in cui comincia ufficialmente l’era del partito unico, bisogna riconoscere che l’Antirenzi potrà nascere solo dentro il nuovo Pd, così come i rivali dei leader democristiani venivano prodotti in serie dalla stessa Democrazia Cristiana. Renzi lo sa talmente bene che sta provvedendo a ucciderli tutti nella culla. Ma con la consapevolezza che, come accade sempre in politica, prima o poi qualcuno riuscirà a sopravvivergli e a fargli la pelle.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/10/cultura/opinioni/editoriali/il-partito-unico-di-matteo-wL41pprnrnIETwXnljCBiO/pagina.html
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« Risposta #639 inserito:: Ottobre 13, 2014, 03:07:04 pm »

Questa specie di Stato

11/10/2014
Massimo Gramellini

Non starò a farvi venire il mal di testa con il rimpallo di accuse che ha contraddistinto il comportamento delle autorità alluvionate di ogni ordine e grado durante la giornata di ieri, mentre i genovesi erano per strada in silenzio a spalare. La solita catena burocratica in cui un potere scarica le colpe su un altro potere al fine di allontanare da sé ogni responsabilità. 

Se ho capito bene, ma credo che non l’abbiano capito nemmeno loro, chi avrebbe dovuto dare l’allarme lo ha dato in ritardo, chi avrebbe dovuto reagire all’allarme non aveva preparato alcun piano d’azione, chi avrebbe dovuto ripulire e fortificare i torrenti già esondati in un passato fin troppo recente non ha potuto farlo per un impedimento amministrativo che però il tribunale competente sostiene essere stato superato da mesi. 

La sensazione è la solita: quella di un Paese non governato e forse ingovernabile, dove i cittadini sono abbandonati a se stessi, la prevenzione è una parolaccia, tutti pensano soltanto a pararsi il fondoschiena e nessuno chiede mai scusa. Pressappochismo, disorganizzazione e paralisi burocratica, il tutto condito con una spruzzata di arroganza. Cambiano le generazioni e, purtroppo, la frequenza delle alluvioni, ma il menu di Genova ricorda desolatamente quelli di Firenze, del Polesine, di Messina. Di ogni tragedia «imprevedibile» che da secoli mette prevedibilmente in ginocchio questa specie di Stato. 

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/11/cultura/opinioni/buongiorno/questa-specie-di-stato-dXc287ftVcfdsopiAglx4K/pagina.html
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« Risposta #640 inserito:: Ottobre 15, 2014, 04:49:22 pm »


Il fango nella testa

15/10/2014
Massimo Gramellini

Tu, il rabdomante della rabbia, per anni hai intercettato l’umore dei disperati. Poi succede che Genova, la tua città, venga sommersa dall’alluvione. La notizia ti sorprende a una kermesse romana del tuo movimento. L’istinto fin qui infallibile dovrebbe indurti a fare la cosa giusta: tornare subito a casa per metterti a spalare in silenzio, intestandoti una campagna finalmente positiva. Invece resti al caldo di Roma a grilleggiare contro tutti, senza accorgerti che sei sempre meno efficace. Non esalti né spaventi più. Semplicemente annoi. Al quinto giorno ti degni di farti vedere a Genova. Arrivi in centro con una scorta arrogante, da mandarino della nuova Casta, e ti becchi la contestazione di ragazzi che probabilmente ti hanno pure votato.

Il distacco tra te e loro è emblematico: quelli fanno e tu parli, quelli ricostruiscono e tu continui a distruggere. Perché persino lì, in mezzo al dolore, non trovi di meglio che indicare bersagli contro cui sfogare il rancore. Agli Angeli del Fango che ti danno del pagliaccio come a un Mastella qualunque, additi il solito capro espiatorio, la stampa, accusandola di avere taciuto le vere cause della tragedia. Ma quando fai l’elenco di quelle cause si scopre che sono le stesse che ingombrano le prime pagine dei giornali. Sei fuori forma, incoerente, confuso. Dopo averli umiliati, ti offri ai cronisti per un’intervista in cambio di duemila euro da versare a un tuo fondo per gli alluvionati. Tu, di grazia, quanti ne hai messi? Dici ai ragazzi che non hai problemi a spalare il fango con loro, però poi non lo fai e ti dilegui con la tua scorta. Hai perso il tocco, Beppe Grillo. Che peccato, sei già ieri.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/15/cultura/opinioni/buongiorno/il-fango-nella-testa-BQuyrjMyq5LgsIlwjlQ7yL/pagina.html
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« Risposta #641 inserito:: Ottobre 19, 2014, 05:23:11 pm »

Mazzette di Stato

17/10/2014
Massimo Gramellini

Un gufetto amanuense ha infilato nelle pieghe della Renzi Detax alcune mance niente male. Duecentocinquanta milioni per i padroncini dei camion, cento per i lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo e centoquaranta per un vecchio classico, i forestali calabresi: più numerosi lì che in tutto il Canada. Si tratta di mazzette di Stato, atte a scongiurare le code natalizie di cotechini scaduti al passo del Brennero, gli assembramenti di masanielli nelle piazze del Sud e il consueto crepitio di fuocherelli estivi lungo i boschi della Sila. Ma non si era cambiato verso, come da annuncio? Si sarebbe tanto voluto, ecco. Ma la carne è debole e la fantasia immensa. Le regalie non sono state accolte nella Legge di Stabilità vera e propria, ma in apposite micronorme che le saltellano intorno tutte festanti. 

Micronorme, nome delizioso: fa pensare a un ninnolo, a un omaggio, a una carineria. «Amico forestale, gradirebbe una micronorma? Su, la prenda, per farci giocare un po’ i bambini. Microscatterà dal 2017, anche se avevo appena annunciato che avremmo accorpato i forestali ai poliziotti: era una microbattuta. In compenso ho confezionato un macroscherzo alle Regioni, confidando sull’appoggio dei cittadini, che le considerano a ragione un crocevia di camarille e ruberie. Pensi come sono furbo: ho ridotto le tasse statali con i soldi destinati ai governatori locali, che così saranno costretti ad aumentare l’addizionale Irpef, facendosi odiare ancora di più. Ma lei stia sereno e si goda la sua micronorma: qui si cambia verso perché nulla cambi».

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/17/cultura/opinioni/buongiorno/mazzette-di-stato-ARgHzLQDV3SIwO3ivwXLSJ/pagina.html
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« Risposta #642 inserito:: Ottobre 28, 2014, 03:56:37 pm »

Il Papa scandinavo

25/10/2014
Massimo Gramellini

Se avesse parlato di lobby gay o di comunione ai divorziati, avrebbe attirato come sempre l’attenzione del mondo. Ma stavolta papa Francesco ha osato scagliarsi contro la pena di morte, la carcerazione preventiva, addirittura l’ergastolo. E il buco nero dell’indifferenza ha inghiottito anche lui. La notizia è subito scivolata in fondo ai giornali web e non ha sollevato dibattiti su Twitter o negli altri areopaghi nevrotici della contemporaneità. Temo che identica sorte sia già toccata a questo articolo, perché le carceri sono il vero argomento tabù del nostro tempo. Chi se ne occupa, e magari preoccupa, è considerato un santo, se è il Papa, e un bizzarro ipocrita, se non lo è. Il terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione («Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato») è stato declassato a mera dichiarazione di intenti scandinavi da parte di chi lo vorrebbe cancellare assieme al quarto, che ha abolito la pena di morte. 

Una società che giustamente si commuove per le sofferenze inferte agli animali, poi si corazza il cuore di piombo quando affiorano le condizioni di vita bestiali dei galeotti. Le anime sensibili versano sporadiche lacrimucce di indignazione per l’innocente sbattuto in galera, ma il pensiero inconfessabile di quasi tutti è che, quando uno finisce dentro, se la sia andata a cercare. 

Se domattina l’intera popolazione carceraria venisse risucchiata da un vortice al centro della Terra, la maggioranza silenziosa che parla solo dietro lo schermo anonimo dei sondaggi si fregherebbe le mani e penserebbe: bene, un problema di meno.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/25/cultura/opinioni/buongiorno/il-papa-scandinavo-pq1U2pBihVv7c5FRaNTYJO/pagina.html
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« Risposta #643 inserito:: Ottobre 28, 2014, 04:15:49 pm »

Rom a parte

24/10/2014
Massimo Gramellini

A Borgaro, sobborgo di Torino sulla strada per l’aeroporto, la giunta di sinistra ha deciso di sdoppiare la linea numero 69. Un autobus salterà la fermata del campo rom, mentre un altro si limiterà a fare la navetta tra il capolinea e il campo. Di fatto la prima servirà i cittadini integrati e la seconda i nomadi. Un apartheid non legato a pregiudizi razziali ma a comportamenti illegali. Da troppi anni la linea 69 è l’incubo dei residenti di Borgaro. Alla fermata del campo salgono ragazzini che rubacchiano e molestano: a una adolescente hanno bruciato i capelli, a un’altra li hanno tagliati. Per qualche settimana il Comune ha fatto salire dei vigili a bordo, poi ne aveva bisogno altrove e la sarabanda è ricominciata. Fino alla proposta di ieri che fa doppiamente scalpore: perché non ha precedenti in Italia e perché a prenderla non sono stati la Lega e Casa Pound, ma un sindaco di Renzi e un assessore di Vendola.

Molti lettori condivideranno la loro scelta. E anch’io mi guardo bene dal demonizzarne le motivazioni. Le leggi valgono per tutti ed è inaccettabile che la comunità rom si arroghi il diritto di violarle con sistematicità, adducendo il rispetto di tradizioni che giustificano il furto e l’accattonaggio infantile. Eppure la soluzione adottata sembra l’ennesima pezza appoggiata sopra la ferita: più per non vederla che per guarirla davvero. Un sindaco non può fare altro che separare gli autobus, probabilmente. Ma uno Stato dovrebbe provare a riunire le persone: in nome della legge. Smettendo di ignorare chi non la rispetta.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/24/cultura/opinioni/buongiorno/rom-a-parte-4MbJwlBbD2WnGrtc3xaSWI/pagina.html
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« Risposta #644 inserito:: Ottobre 29, 2014, 06:49:50 pm »

Libriamoci

29/10/2014
Massimo Gramellini

Ascoltare un libro letto a voce alta è una di quelle godurie impalpabili che molti di noi non si concedono più dall’infanzia. Rivedo mia madre, seduta di sbieco sul letto, con una collana di favole tra le mani. Io, che già allora mi distraevo di continuo (e senza neanche avere l’iPhone), le strappavo il volume dal grembo per tornare alla pagina precedente e capire chi diavolo fossero quei sette nani. Lei si riprendeva il libro e mi sgridava: «Massimo, fai uno sforzo! Se la mia faccia ti distrae, chiudi gli occhi. Le storie più belle sono quelle che si leggono a occhi chiusi». Li chiudevo così bene che mi addormentavo quasi subito. Ma evidentemente continuavo ad ascoltare le sue favole anche nel sonno, perché me le ricordo ancora.

Da adulto ho tentato di ripetere lo schema con gli audiolibri. Funzionano in auto, durante i viaggi lunghi, a condizione di scegliere un romanzo diverso da «Cent’anni di solitudine» perché la sovrabbondanza di personaggi che si chiamano Arcadio e Aureliano mette a dura prova memorie anche meno volatili della mia. Ho dunque accolto col cuore gonfio di gratitudine la notizia che da oggi a venerdì decine di artisti entreranno nelle scuole italiane per cimentarsi con gli studenti nella lettura a voce alta dei classici. «Libriamoci» è il titolo dell’iniziativa, che sarebbe piaciuta al teorico della leggerezza Italo Calvino. Una splendida occasione per saltare le interrogazioni e smanettare sui telefonini come ossessi. Oppure per chiudere gli occhi e riscoprire quel che la velocità del vivere tecnologico sembra ignorare: il senso delle cose.

Da - http://www.lastampa.it/2014/10/29/cultura/opinioni/buongiorno/libriamoci-WX4G5LtNd15IEdTrBuzHgP/pagina.html
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