tecnologia
26/11/2012 - la rivoluzione della rete
Arrivano i makers, i nuovi artigiani dell’era digitale
È un fenomeno nuovissimo che ha radici antiche come l’uomo. Gli strumenti dell’elettronica aprono al «fare» frontiere infinite
Continua il viaggio nel nuovo mondo digitale: oggi andiamo alla scoperta dei nuovi modi di produzione, che permettono di dare robuste iniezioni di tecnologia all’arte antica del «fare» e all’ospitalità.
L’artigianato e il turismo sono i temi di questa puntata, che mostra come oggi anche il piccolissimo produttore possa avere come mercato il mondo
Luca Castelli
Torino
L’nventore del terzo millennio pensa in digitale. Progetta su computer, produce su legno, plastica, carta. È un po’ designer, un po’ artista, un po’ appassionato del fai-da-te. Può creare giocattoli per i figli oppure avviare botteghe artigianali. Spesso lavora nella solitudine di un garage, a volte si serve degli strumenti condivisi dai «Fablab», officine di fabbricazione digitale che noleggiano macchinari futuristici come stampanti 3D e macchine a taglio laser; quasi sempre confronta idee, progetti e invenzioni su siti e social network. Fa parte di una comunità vivace, iperconnessa, in espansione, che partendo dalle periferie nordamericane e dai laboratori scandinavi sta conquistando nuovi territori e latitudini, sulle ali di un entusiasmo da neorinascimento tecnologico. L’inventore del terzo millennio ha anche un nome: «Maker» .
I «makers» (dal verbo inglese «make»», fare) sono un fenomeno moderno che affonda le radici in un sentimento antico, innato nell’essere umano: il desiderio di produrre, riparare, modificare gli oggetti. Alzi la mano chi da piccolo non ha architettato nuovi mondi, edifici o veicoli con i Lego. I «makers» seguono lo stesso approccio ma hanno a disposizione un’arma in più: il digitale. Oggi non si limitano a costruire una lampada, ma la dotano anche di un processore wi-fi che controlla Twitter e cambia il colore della luce se qualcuno cinguetta il tuo nome. E in quanto alla forma, la disegnano su computer e stampano in tre dimensioni.
Il segreto della rivoluzione sta proprio nell’intreccio tra digitale e analogico e lo strumento simbolo sono le stampanti 3D: macchine che producono un oggetto solido, tridimensionale partendo da un modello digitale su computer. Allo stato attuale, le limitazioni sono ancora molto rigide: la stampante 3D media è un cubo di 20x20x20cm, lavora su oggetti di piccole dimensioni e in genere riesce a modellare solo un paio di tipi di plastica (Pla e Abs). Ma i limiti vengono continuamente messi sotto pressione: dall’ingegnere toscano che costruisce giganteschi prototipi per costruire edifici usando la sabbia (D-Shape di Enrico Dini), dall’azienda israeliana che produce modelli che «stampano» materiali diversi (Objet), da una progressiva espansione del mercato che genera forti investimenti nelle tecnologie e un progressivo abbattimento dei prezzi.
Dal punto di vista economico, la «digital fabrication» è in forte crescita: secondo la società di consulenza americana Wholers, la stampa 3D varrà 3,1 miliardi di dollari nel 2016, 5,2 miliardi nel 2020. Pur viaggiando ancora sul labile confine tra scienza e fantascienza, suggestioni iniziano ad arrivare anche dalla grande industria (le ipotesi di una produzione 3D di aeroplani della Airbus) e dalla ricerca (il fegato artificiale su cui lavora un team dell’Università della Pennsylvania e del Mit).
La nuova filosofia intanto ha raggiunto il nostro Paese. Non solo le schede elettroniche del progetto piemontese Arduino sono utilizzate dai «makers» di tutto il mondo, ma gli appuntamenti nazionali si moltiplicano: Italiax10 al Festival della Scienza di Genova, la fiera Makers Italy a Rho, la prima edizione europea del Maker Faire, prevista per la primavera a Roma. Partendo dal fascino romantico del singolo inventore e del piccolo artigiano, la rivoluzione della produzione ai tempi del digitale sembra in grado di trasformare diversi modelli di business.
Si muove in modo trasversale, coinvolge gli strumenti interattivi del Web e ha già spinto verso l’innovazione anche imprese iper-tradizionali. Nel suo nuovo libro «Makers», Chris Anderson parla di un «ritorno dei produttori, per una nuova rivoluzione industriale». Mentre il giornalista e blogger Cory Doctorow aggiunge all’immagine dei «makers» anche una sfumatura anti-crisi, celebrandoli come «persone che forzano gli oggetti, il business, i modelli di vita, per rimanere felici e contenti, anche quando l’economia va giù per lo sciacquone».
da -
http://www.lastampa.it/2012/11/26/tecnologia/arrivano-i-makers-i-nuovi-artigiani-dell-era-digitale-h98WXWmtTrsCqXwIzG2bJK/pagina.html