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Autore Discussione: Antonello SORO.  (Letto 4025 volte)
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« inserito:: Febbraio 27, 2008, 04:59:39 pm »

Antonello Soro: «Non facciamoci del male, niente muri tra laici e cattolici»

Maria Zegarelli


Anche lui è stato tra coloro che nei giorni caldi degli abboccamenti tra Pd e radicali hanno espresso perplessità su eventuali candidature come quelle -tanto per fare nomi e cognomi- di Marco Pannella e Sergio D’Elia. Ma una volta sciolto il nodo, Antonello Soro, capogruppo del partito alla Camera, ha messo un punto alle polemiche. Che, invece, continuano.

Soro, i cattolici del suo partito sono sul piede di guerra. Siamo di nuovo al “facciamoci del male” che ha contraddistinto la coalizione di centrosinistra?
«Oggi il mio amico Roberto Giachetti definisce questo atteggiamento la sindrome “tafazziana”».

Già, a qualcuno dà fastidio che si stiano creando le condizioni per farcela?
«Non penso che dobbiamo cadere nell’errore di aprire una disputa innaturale all’interno non solo del Pd ma della politica italiana. La missione principale del Pd è quella di ristrutturare il sistema politico abbattendo tutti i muri: sarebbe paradossale erigerne di nuovo uno tra laici e cattolici. Questo partito ha nel suo dna l’idea del dialogo e dell’ascolto come fattori non eludibili. Nei grandi partiti a vocazione maggioritaria nel mondo la dimensione religiosa non è mai uno spartiacque fra le posizioni politiche: ovunque, a partire dal partito democratico americano, convivono senza problemi sensibilità anche distanti».

Se è vero questo, come si spiega la grande preoccupazione per nove radicali in lista vissuti come una minaccia dai cattolici?
«Sono cattolico e non mi sento affatto minacciato. Vorrei che fosse chiaro un concetto: “laicità” non è il contrario di “religiosità”. La laicità è il contrario di “fondamentalismo” “fanatismo” e “clericalismo”. Nel Pd credo che ci siano alcune singole personalità dei due schieramenti estremi che hanno una rappresentazione mediatica assolutamente sproporzionata rispetto alla maggioranza dei democratici».

Non c’è il rischio che l’allarme nell’elettorato Pd e dei potenziali elettori - quello di cui parla Giorgio Tonini - lo creino proprio le polemiche che i politici stanno alimentando?
«Ne sono convinto. Credo che la rappresentazione che viene data di questa fase e della scelta di includere nelle liste del Pd alcuni radicali, sia distorsiva della realtà e possa ingenerare dubbi e tensioni in molti nostri elettori: vorrei ricordare che il Pd contiene al proprio interno un numero di parlamentari cattolici molto alto rispetto a tutti gli altri partiti. Inoltre, da un sondaggio di Famiglia Cristiana, risulta che Walter Veltroni è ritenuto dai cattolici il candidato più affidabile. Noi abbiamo il dovere di riportare la discussione nei termini reali, perché l’idea fondamentale del nostro partito non è quella di caratterizzarsi per una nuova stagione di integralismo né da una parte né dall’altra».

Non sarebbe meglio per il Pd trovare un momento di confronto interno su questi temi?
«Abbiamo avuto un confronto ricchissimo sulla Carta dei Valori approvata all’unanimità e in cui si dovranno riconoscere tutti quelli che si candideranno nelle liste del Pd. È vero che sui giornali finiscono le polemiche, ma anche qui va chiarita una cosa: se si intervistano soprattutto coloro che hanno posizioni estreme nel dibattito politico del Pd se ne da una rappresentazione falsata».

Dunque, non esiste una questione “B”, come è stato definito il botta-risposta Bindi-Bonino-Binetti?
«La scelta di candidare Bonino nelle nostre liste è largamente condivisa perché Emma è uno dei ministri che meglio ha interpretato la politica di innovazione dell’economia italiana e sulla quale spero si possa fare affidamento nella fase che si aprirà all’indomani delle elezioni. Bisogna cessare di assecondare l’idea che i cattolici sono quelli che più pedissequamente manifestano ossequio formale agli orientamenti dei direttori di quotidiani».

Dietro questa polemica non c’è il tentativo di rivendicare candidature blindate?
«Non credo affatto».


Pubblicato il: 27.02.08
Modificato il: 27.02.08 alle ore 9.25   
© l'Unità.
« Ultima modifica: Marzo 11, 2009, 06:30:54 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 08, 2008, 10:19:47 pm »

Antonello Soro: «Di Pietro? Un partito personale che aiuta il Pdl»

Federica Fantozzi




Onorevole Soro: basta risse nel Pd, dite, ma il nervosismo è alle stelle. Dopo le tensioni con i sindaci, ecco Parisi contro Veltroni, e il battibecco Franceschini- D’Alema. Da dove si riparte?

«Dall’avere sempre presente che, per un tempo non breve, l’unica alternativa a un governo di centrodestra è il Pd. Nessuno può immaginare un progetto che ne prescinda. È una considerazione scontata, ma ogni tanto viene rimossa».

Da chi?

«C’è un vezzo tafazzista al centro e alla periferia del partito. E il sistema di informazione esercita una forza critica sul Pd che non utilizzava quando all’opposizione c’era la CdL. C’è un monitoraggio ossessivo sugli aggettivi».

Colpa dei giornali se i dirigenti litigano? Almeno su questo siete d’accordo con il PdL.

«Certo, un gruppo dirigente responsabile dovrebbe mettere da parte il carosello di personalismi che ha trionfato finora, le scorie di stagioni passate, le nostalgie e frustrazioni che hanno difficoltà ad adattarsi alla novità del Pd. Abbiamo scelto una forma partito che prevede una leadership molto forte. Il ciclo politico di Veltroni è appena iniziato».

Scalfari usa una metafora efficace: il Pd è una casa rabbuiata e tocca a Veltroni illuminarla. Come?

«A Firenze ha dato indicazioni chiare. Il punto di difficoltà è che siamo indietro nello strutturarci sul territorio. La gente deve partecipare alla vita politica, serve una sponda forte in scuole e fabbriche. Bisogna creare un circolo virtuoso con l’opposizione parlamentare».

L’alleanza con Di Pietro è stracciata o viva e vegeta, come sostiene il leader di IdV?

«È semplice: con il governo Prodi e alla vigilia delle elezioni Di Pietro ha condiviso la nostra impostazione riformista. Dopo il voto ha stracciato gli impegni, a partire dal gruppo unico, e ha intrapreso un’opposizione massimalista che di solito è funzionale alla maggioranza come pretesto per rifiutare il confronto».

Quindi addio patto?

«Ci saranno occasioni di convergenza in Parlamento. Ma la nostra prospettiva non è né deve mai essere condizionata da Di Pietro. Abbiamo un orizzonte più ampio del suo partito personale».

Insomma, IdV come l’Udc? Convergenze da verificare caso per caso?

«Sì. Spero che ci saranno anche con l’Udc».

In molti dubitano della linea dialogante con il governo. Secondo lei pagherà?

«Questo è un tormentone. Nell’uso corretto, dialogo è sinonimo di confronto e contrario di inciucio. Sbaglia chi pensa che collaboriamo con il governo, ma se rinunciamo a qualsiasi partecipazione al processo legislativo tanto vale andare a casa».

Sul processo civile Veltroni sembra ipotizzare un esito fruttuoso del dialogo. È così?

«Ci sono materie, penso alle politiche economiche, in cui il dialogo è destinato a non convergere. E altre in cui sono auspicabili intese nell’interesse del Paese. L’efficienza della giustizia era nel programma di entrambi gli schieramenti».

Più spine sul processo penale?

«Sì, ma abbiamo il dovere di ridiscutere le nostre certezze senza ideologismi. L’autonomia dei poteri dello Stato è intoccabile, ma vanno ripensati i modi attraverso cui l’indipendenza dei giudici si esercita. A impedire le riforme in passato non è stato solo il conflitto di interessi di Berlusconi ma anche rigidità corporative dell’Anm. Non dividiamoci nel partito degli amici e nemici dei magistrati».

Sul testamento biologico la Finocchiaro è pronta a discutere tutto perché la priorità è una legge, per Veronesi invece è meglio niente di un testo insoddisfacente come sulla fecondazione. Per lei?

«Noi ci siamo impegnati a fare una legge, io sono per farla e credo si possa trovare un punto di equilibrio nel Pd e con il PdL. Il 25 settembre c’è una riunione del gruppo di Camera e Senato sulla bioetica. Il tema della fine vita è delicato, al di là della fede è difficile dare risposte categoriche. Se per avere una legge tutti dovranno fare qualche rinuncia, lo ritengo doveroso».

Pubblicato il: 08.09.08
Modificato il: 08.09.08 alle ore 8.52   
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« Risposta #2 inserito:: Febbraio 17, 2009, 09:13:40 am »

E nella notte Soru saluta i suoi ragazzi


Il riconoscimento ufficiale è arrivato poco dopo l'una, quando a metà scrutinio (902 seggi scrutinati su 1812) è apparso ormai consolidato il divario di oltre cinque punti. «Ho chiamato Ugo Cappellacci - ha spiegato Soru in una breve conferenza stampa - per augurare buon lavoro a lui e alla Sardegna per i prossimi cinque anni». E dal neo governatore è arrivata subito un messaggio di distensione.«Mi auguro che da questa sconfitta possa trovare - ha detto, riferito allo sconfitto - una ragione per lasciare dietro alle spalle veleni, un atteggiamento di contrapposizione e anche la convenzione che la ragione sia solo da una parte».

E se il nuovo presidente ha gia annunciato quelli che saranno i primi passi («riunirò gli alleati per rimboccarci le maniche e iniziare a dare risposte ai giovani senza lavoro, ai poveri, ai cassaintegrati e ai territori abbandonati in questi anni») quello uscente non si sbilancia sul suo futuro («Cosa farò domani? verrò qui in sede e ci penserò». Ma ribadisce di voler essere parte attiva del Pd («ho messo tutto in questo progetto, mi sarebbe piaciuto essere ancora di più di aiuto e la vittoria avrebbe dato una mano in questo senso. Il Pd ha, comunque, un grande futuro davanti».

Si è conclusa così, in piena notte, una giornata che era cominciata con un testa a testa, che col passare però delle ore si era trasformato in un trend positivo a favore di Ugo Cappellacci, dopo un clima di incertezza determinato dal «buco» di notizie, con i giornalisti che in sala stampa per almeno tre ore (dalle 15, orario di chiusura dei seggi, alle 18) cliccavano invano il tasto aggiornamento nei pc alla ricerca di numeri che parevano
inafferrabili.

A causare questo stato di incertezza erano soprattutto le indiscrezioni - che poi trovavano una parziale conferma - su difficoltà in molti seggi a districarsi nelle interpretazione delle norme sul voto disgiunto (preferenza a una candidato delle liste provinciali, ma voto al candidato presidente della coalizione avversaria). E a testimoniare, se non di possibili ricorsi quantomeno di polemiche, c'è il dato su quella che è stata già definita la «terza forza», il partito delle schede nulle e bianche, che a metà spoglio erano più di 10 mila (di cui circa 8 mila nulle).

Intoppi a parte, quando, seppure molto lentamente, sono cominciati ad arrivare i dati, è emerso che le previsioni della vigilia e gli schemi che volevano Soru trainare la sua coalizione, sfruttando anche il presunto effetto boomerang di un Berlusconi che avrebbe oscurato Cappellacci, erano solo parzialmente attendibili. In sostanza, col consolidarsi del risultato si è delineata una situazione che ha visto sì il Governatore uscente premiato rispetto alle liste che lo sostenevano, ma non abbastanza da garantirgli la vittoria.
Questo anche perchè lo scarto nel voto del listino regionale non è apparso così marcato da provocare una forbice tale tra Soru e Cappellacci da compensare il vantaggio delle liste del centrodestra rispetto a quelle del centrosinistra.

A testimoninza di ciò basta citare pochi dati di metà scrutinio: il distacco tra i due sfidanti (1.008 sezioni su 1.812) era di poco più di sei punti a favore di Cappellacci (50,71% contro 44,05), ma quello delle liste metteva quasi il timbro sulla Mission impossible di Renato Soru, con il centrodestra al 55,13% contro il 40,01% del centrosinistra.

17 febbraio 2009
da unita.it
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« Risposta #3 inserito:: Febbraio 17, 2009, 09:14:46 am »

Marcello Fois: «La mia isola e il futuro»

di Tullia Fabiani


Lo spoglio minuto per minuto: le sezioni di Sassari, quelle di Cagliari - «feudo di massoni e costruttori» - e poi quelle di Nuoro, Olbia, e a seguire le altre in tutta l'isola. Un pomeriggio di attese e speranze per Marcello Fois, scrittore, giallista, sardo di nascita e cultura, bolognese d'adozione.

Solo in serata, a risultato quasi definitivo, arriva il momento della riflessione e dei commenti. Ed è l'ora dell'amarezza. «Questa vittoria per la Sardegna significa guai grossi. Sono enormemente deluso. Ugo Cappellacci, per bocca del premier Silvio Berlusconi, ha promesso un'autonomia non in grado di assicurare. Alla prima difficoltà dovrà chiedere aiuto a Roma, e la gente lo manderà a casa, come è accaduto con Mauro Pili. In quel caso si è trattato di uno scontro sollevato dalla questione delle scorie nucleari. E potrebbe essere così anche per Cappellacci».

La convinzione di Fois è che l'impegno di Cappellacci sia fondato solo su un calcolo di utilitarismo politico, senza riscontri futuri sul  territorio. «Il fatto è che come presidente non può pensare di garantire l'autonomia dell'isola prendendo ordini da Arcore o da Roma - dice Fois -  E purtroppo è questo lo scenario prevedibile. Del resto l'ho sempre sostenuto: il programma di Cappellacci è stato fondato su tre punti: i viaggi Cagliari- Roma; i viaggi Cagliari-Arcore; i viaggi Cagliari - Porto Rotondo».

Lo scenario viene descritto in modo pessimo: «Per noi sarà un disastro: cementificheranno tutto ciò che è possibile. E mi spiace davvero pensare che i sardi non hanno capito la prospettiva  della politica di Renato Soru, una politica di sostanza e non di spot. Una politica che chiede a tutti di rimboccarsi le maniche, di lavorare sodo, per fare cose importanti. Per far crescere la Sardegna».

Nel caso di vittoria di Soru, secondo il giallista sarebbe stato premiato «un grande lavoro, un serio lavoro. Lontano da qualunque ruffianeria e centrato sugli interessi reali della Sardegna». E fa esempi precisi: «Sull'istruzione c'è stato un impegno eccezionale, che ha portato la Sardegna più avanti di altre regioni italiane. Tremila ragazzi sono stati mandati a studiare all'estero. Poi la modernizzazione delle infrastrutture, l'intervento sulle nuove tecnologie, il risparmio sul bilancio regionale - 40% in 4 anni - la difesa dell'ambiente».

Ma il premio non c'è stato e, al Pd, Fois non lesina qualche accusa: «Se si è arrivati a questo punto è anche colpa di una fornda del Pd, che ha ostacolato Soru. Dovrebbe pagare un prezzo politico per questo». E poi? «A questo punto considerato il risultato e il fatto che i sardi non hanno capito o apprezzato questa politica,  consiglio a Soru di lasciare la situazione a chi se la merita. E occuparsi della politica nazionale. Certo avrei preferito fosse rimasto in Sardegna, per continuare quello che aveva cominciato. Ma ora spero almeno che la sua politica possa trovare spazio altrove».

16 febbraio 2009
da unita.it
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« Risposta #4 inserito:: Febbraio 17, 2009, 09:18:24 am »

Il governatore ha riconosciuto la sconfitta: "Si vince anche con un voto in più e bisogna rispettare il verdetto.

Credo e crederò nel nostro progetto"

Soru: "Cosa farò adesso? Il mio futuro è nel Pd"

 

CAGLIARI - "Conta chi ha preso un voto in più e lo ha preso la coalizione di centrodestra e Ugo Cappellacci: di questo bisogna avere rispetto".
Lo ha detto Renato Soru rispondendo ai giornalisti che lo incalzavano sui motivi della sconfitta. "Ci sono tanti fattori che hanno determinato l'esito del voto - ha spiegato - Ha influito la crisi economica ma anche certe scelte del governo che si è ricordato solo in questi giorni, a ridosso delle elezioni, di ritirare una opposizione a una legge sarda sui dipendenti regionali".

"Cosa farò domani? Verrò qui in sede e ci penserò". E' la risposta di Soru a chi gli chiede quali siano le sue prospettive politiche (farà il capo dell'opposizione, o avrà un ruolo di spicco nel Pd). L'ormai ex presidente della Regione conferma di voler essere parte attiva all'interno del partito:" ho creduto fino in fondo del Pd, ho messo tutto in questo progetto. Mi sarebbe piaciuto essere ancora di più di aiuto e la vittoria avrebbe dato una mano in questo senso. Il Pd ha, comunque, un grande futuro davanti".

Poi, i saluti e i sentimenti: "E' stata un'esperienza bellissima - ha detto Soru -: c'è stato tanto impegno e tanta passione. Porto nel cuore l'accoglienza di moltissimi sardi e il loro affetto. Approfitto per ringraziarli tutti, soprattutto gli studenti e gli emigrati che sono rientrati apposta per votare. E a loro voglio dire che va bene così".

E ancora un doveroso passaggio sulla 'sua' Sardegna: "Voglio fare gli auguri alla nostra bellissima e amatissima regione per i prossimi 5 anni e per un programma di governo della coalizione a cui ha dato fiducia". "Auguri ad ogni sardo e alla Sardegna - conclude Soru lasciando a notte fonda la sede di piazza del Carmine tra gli applausi dei suoi sostenitori - perchè possa sfruttare al meglio le cose buone fatte negli ultimi 5 anni".

(17 febbraio 2009)
da repubblica.it
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