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Autore Discussione: CONCHITA SANNINO.  (Letto 21026 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Settembre 02, 2011, 09:53:39 am »

L'INCHIESTA

Milanese, parla il generale D'Arrigo "Aveva un grande potere nella GdF"

La testimonianza: "Fu un errore di Tremonti delegargli i rapporti con la Guardia di Finanza".

Orologi e spese folli, nuovi atti alla Camera. Mercoledì prossimo torna a riunirsi la Giunta per le autorizzazioni


di CONCHITA SANNINO


ROMA - Era potente, quel Milanese. Troppo. E il ministro ascoltava solo lui quando si trattava di affrontare ogni questione relativa alla Guardia di Finanza. Persino di fronte alle pianificazioni del comandante generale, i consigli e i legami di Marco Milanese, l'ex consigliere politico del ministro Giulio Tremonti, dettavano la linea, esercitavano il loro peso. Anche quando si discuteva di trasferimenti, promozioni, avvicendamenti. Soprattutto poi, se bisognava bloccare il trasferimento da Roma di un altro eccellente del corpo, evidentemente vicino a Milanese, il generale Emilio Spaziante.

Una lunga testimonianza da parte dell'ex comandante generale della Guardia di Finanza, Cosimo D'Arrigo, sul "notevole potere" concentrato nella figura di Marco Milanese - nel ruolo chiave di trait-d'union tra il ministro Tremonti e le Fiamme Gialle - arricchisce i nuovi atti che la Procura di Napoli è pronta ad inviare alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Dove, tra una settimana, si torna ad esaminare la richiesta di arresto per Milanese, il deputato Pdl accusato di associazione per delinquere, corruzione, rivelazione di segreto.

D'Arrigo aveva già espresso, in un'intervista al Corriere della Sera, il concetto che "fu un errore" da parte di Tremonti "delegare a Milanese", "quasi in toto, il rapporti con noi", cioè con la Finanza. Di fronte al pm Vincenzo Piscitelli, ora D'Arrigo integra, ricorda, sottolinea. E ricorda l'episodio in cui, invitato a parlare con il ministro di alcuni trasferimenti in via d'adozione, D'Arrigo comprese che "Tremonti era al corrente". E fu il ministro a chiedergli di non trasferire il generale Spaziante.

Sono carte destinate a suscitare nuove polemiche e varie analisi, soprattutto sul tema delle cordate interne alla Finanza, contesto confermato dallo stesso Tremonti durante le dichiarazioni rese, a giugno, alla Procura di Napoli.

Mercoledì prossimo, sul caso Milanese, alle 9.15, torna a riunirsi alla Camera la Giunta presieduta da Pierluigi Castagnetti, sei giorni prima del previsto. Un anticipo forse dettato dalla mole di carte da esaminare, provenienti dai fronti opposti dell'inchiesta. Solo pochi giorni fa, infatti, sono arrivati numerosi faldoni dagli uffici giudiziari di Benevento, su richiesta degli avvocati di Milanese, Franco Coppi e Bruno Larosa. Un'iniziativa del tutto inedita, e che spingerà la giunta a chiedere una paradossale autorizzazione affinché Milanese e la difesa prendano visione di atti che essi stessi hanno richiesto, ritenendoli "favorevoli" al punto da volerli sottoporre al Parlamento.

Di contro, ecco il dossier che arriva dal pm Piscitelli. Sullo sfondo, restano molti dubbi ancora irrisolti sulla vicenda della sontuosa casa di via Campo Marzio abitata (fino ai primi di luglio) dal ministro, ma formalmente pagata con un fitto di 8500 euro al mese da Milanese. Quest'ultimo, a sua volta, avrebbe intascato quel denaro sotto forma di tangente - secondo quanto riferito dall'imprenditore Tommaso Di Lernia - da Angelo Proietti, il titolare della società Edil Ars che, guarda caso, aveva ristrutturato gratuitamente l'appartamento e aveva ottenuto appalti dalla Sogei, controllata dal Ministero delle Finanze. Ipotesi di corruzione all'esame dei pm di Roma. Su tale vicenda, il pm di Napoli, insieme alla Procura di Roma, stanno ancora valutando se ascoltare, come teste, il ministro Tremonti.

Il nuovo dossier di Napoli dovrebbe comunque contenere, oltre all'interrogatorio dell'ex comandante D'Arrigo, anche l'esame di un orologio d'oro, un Patek Philippe portato via da una cassetta di sicurezza di Milanese e molto simile a quelli che sarebbero provento "dell'attività corruttiva". E infine, la consulenza superdettagliata da parte del perito della Procura sulle spese fuori controllo e i lussi del superdeputato Pdl: tenore di vita pressocché incompatibile con i redditi di un potente, ancorché favorito, negli affari, dal suo legame con il ministro.
 

(01 settembre 2011) © Riproduzione riservata
da http://www.repubblica.it/politica/2011/09/01/news/milanese_generale-21097899/
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« Risposta #16 inserito:: Ottobre 15, 2011, 05:28:14 pm »

Pisacane, la famiglia acchiappa-poltrone nuovo incarico alla moglie del deputato

Già eletta consigliere regionale, Annalisa Vessella diventa amministratore dell'Istituto per l'agricoltura.

La nomina qualche tempo prima del voto di fiducia al governo. Ma lei: "Stavolta ha pagato il mio curriculum"

di CONCHITA SANNINO

Una premiata ditta che cresce. Anzi, per dirla con la plastica metafora politica già usata del deputato coniuge Michele Pisacane, "la salumeria" si sta ingrandendo. Difatti lei, Annalisa Vessella in Pisacane, è ormai folgorata sulla via della politica, e forse anche degli scambi di favore post-fiducia governativa. Mentre lui, Michele Pisacane, ex controverso sindaco di Agerola che ha abbandonato l'Udc per entrare nel gruppo salva-premier Iniziativa Responsabile, fa finta di niente e continua a esternare la sua fiducia al premier. Sorprendente, la carriera di lei: da sconosciuta "moglie di" delle colline stabiesi, che viene letteralmente spinta dal marito deputato a gestire una (fittizia) campagna elettorale col cognome di lui e perfino col pancione giunto a nove mesi di gestazione pur di aggiudicarsi un posto di consigliere alle ultime regionali in Campania, ora approda ai vertici di un'importante società di Stato. Da poche settimane, infatti, il consigliere regionale Vessella è diventata anche "amministratore delegato con ampi poteri" dell'Istituto per lo sviluppo agricolo Isa, il cui socio unico è il ministero per le Politiche agricole, diretto da Francesco Saverio Romano, il parlamentare ancora sotto inchiesta per collusioni mafiose.

Suo marito intanto, ieri ri-compariva in tutte le foto gallerie dei siti internet accanto a Silvio Berlusconi esultante per il voto di fiducia. Pisacane seduto, il premier e Denis Verdini, Nicola Cosentino e tutti gli altri in piedi accanto a lui. Inutile
chiedere spiegazioni. La Vessella non si capacita dei dubbi. "Scusate, ma è una bellissima esperienza fare l'amministratore delegato ed essere utili alla propria gente, visto che l'istituto Isa finanzia le imprese degli agricoltori. E poi ci siamo riuniti appena un paio di volte, la nomina è di poche settimane fa. Vogliamo dire che anche questa nomina è frutto del legame con mio marito?", si ribella lei. Suo marito non c'entra proprio niente, vero? "No, sono onesta - ragiona, con "Repubblica", il nuovo ad di Isa - . Mio marito ci poteva entrare con l'elezione di consigliere, lui è da sempre conosciutissimo e amato sul territorio, io ero la moglie e durante la campagna elettorale anche incinta, quindi non potei fare nulla. Ma stavolta no, stavolta è solo il mio curriculum a contare, sono stata dirigente, sono laureata in Giurisprudenza".

Nessun imbarazzo ad essere passata, in un anno, dal ruolo di estranea alla politica a un seggio di consigliere e a un posto di amministratore di una società pubblica che dispensa decine di milioni l'anno? "E perché? Ci si imbarazza quando uno non sa da dove cominciare, quando sta lì e non sa come agire, invece io ho avuto quel posto in ragione della mia esperienza, e tra l'altro non posso manco dire "ho fatto questo o quello", perché è presto. Posso dire che riuscirò a fare insieme le due cose, cioè anche il consigliere regionale, e certo, sacrificando il mio privato, il ruolo di madre e moglie, come purtroppo capita a tante donne... ".

Coraggio, Vessella. Quindi non c'entrano niente i voti di fiducia di suo marito, e i legami di lui con il ministro Romano? Val la pena ricordare, infatti, che proprio tra il ministro e il marito della beneficiata, Pisacane, si è instaurata un anno fa quella liason che andò a rafforzare il pacchetto di voti utile al centrodestra per drenare i rischi del crescente dissesto del Pdl. È infatti il 28 settembre 2010 quando Saverio Francesco Romano, Pisacane, Calogero Mannino, Giuseppe Drago e Giuseppe Ruvolo aderiscono al Gruppo misto, e fondano la componente Pid, ovvero Popolari di Italia Domani. Anche Pisacane, raggiunto durante il viaggio da Roma ad Agerola, si mostra infastidito: "Mia moglie è brava, le ho fatto i complimenti. Perché fate sempre le stesse domande? Mamma mia, di mia moglie so solo che sta bene e camperemo tutti e due cento anni". Sua moglie, invece, dirà: "Le letture fuorvianti dei fatti non le amo, ovviamente ciascuno è padrone di pensarla come vuole".

Altra eleganza, rispetto alla prosaicità di un vecchio volpone della politica come suo marito. Che, ai tempi della polemica sulla moglie usata come ferma-posto in consiglio regionale, si spazientì e disse a "Repubblica": "Se c'è un lavoro da fare e uno fa il salumiere, non credo sia giusto privilegiare la salumeria degli altri, vi pare?".

(15 ottobre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/10/15/news/pisacane_la_famiglia_acchiappa-poltrone_nuovo_incarico_alla_moglie_del_deputato-23263526/
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« Risposta #17 inserito:: Dicembre 01, 2012, 11:34:31 pm »


De Magistris battezza la lista arancione e Ingroia promette: "Sono con voi"

Intervento di dieci minuti al teatro Vittopria, quartiere Testaccio a Roma, del sindaco di Napoli.

In platea Antonio Ingroia, Paolo Flores d'Arcais, Moni Ovadia, Citto Maselli, Gildo Claps e gli esponenti No Tav e Dal Molin.

Tra i candidati, il produttore cinematografico Gaetano Di Vaio

di CONCHITA SANNINO


"Io ci sto se vogliamo vincerle queste elezioni. Perché altrimenti ho tanto di quei problemi, lavoro venti ore al giorno come sindaco e non ci metterei tanto impegno". Applausi a scena aperta per il sindaco di Napoli, a Roma. Dieci minuti invece dei sei rigorosamente previsti per i molti e autorevoli Interventi in lista.

Così Luigi de Magistris "debutta" al teatro Vittoria al Testaccio, a Roma, come uno dei protagonisti dell'appello-assemblea "Cambiare si può", promosso dall'associazione Alba e movimento arancione. In platea tanti volti noti, da Antonio Ingroia a Paolo Flores d'Arcais, da Moni Ovadia a Citto Maselli, fino a Gildo Claps e ai tanti esponenti dell'impegno e dell'antagonismo, dai No Tav ai comitati Dal Molin.

Due ore dopo, standing ovation per il giudice Antonio Ingroia: "Ora bisogna osare quello che  non si è mai osato", dice. "Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni. La vera  anomalia in questo paese è una classe dirigente che si è compromessa con reti criminali, perchè garantendo i criminali garantiva se stessa. Il ventennio berlusconiano è stata l'apoteosi di questa linea tendenzialmrente storica, chea ha inferto ferite molto profonde al Paese e ha creato una frattura quasi insanabilie tra cittadini e istituzioni. Ecco perchè io dico che cambiare non solo si può ma si deve. E io sarò con voi, dal Guatemala o dall'Italia".

Ingroia al popolo arancione: "Italia da cambiare"

De Magistris usa i suoi minuti per raccontare la sua esperienza. "Un ricordo che sarà di buon auspicio. Anche quando ho cominciato io c'era pioggia e vento, mi dicevano "non porta bene" ma poi si è visto. Quella era pioggia pubblica e l'abbiamo trasformata in acqua bene comune con una società creata ad hoc al Comune". Scroscianti applausi.

Aggiunge: "Un altro aspetto determinante è crederci. Io avevo tutti contro: i partiti contro, anche Sel era andata dall'altra parte, i giornali contro, la camorra non ne parliamo proprio..". Applausi. Poi dà la sua versione della genesi del governo Monti: "Qualcuno pensa che Berlusconi sia stato fatto fuori, alla fine i grandi poteri hanno visto che lui era inaffidabile, e hanno  avuto paura di movimenti che intanto stavano avanzando e quindi si sono buttati nelle ammucchiate". E quindi: "Noi dobbiamo dare voce alle maggioranza fuori del palazzo, oggi i deviati sono considerati i normali e sono invece ritenuti i dissidenti quelli che cercano di scassare i poteri forti".

Aggiunge de Magistris: "La riunione di oggi perché mi piace perché qua non ho visto padroni nè proprietari.
Ho visto tante idee, molto  delle quali le condivido".  Infine il sindaco lancia la sua candidatura, in lista, del produttore cinematografico Gaetano Di Vaio".

E  spiega: "I peggiori mafiosi hanno fedina penale pulita. Ecco perché io candido un uomo che è un pregiudicato, perché a vent'anni ha fatto un errore come capita a tanti, ma ora viene premiato a Venezia a Perugia e in giro e parla di come vivere nella legalita e combattendo per la legalità senza finire in braccio alla camorra".

 
(01 dicembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/01/news/al_via_la_lista_arancione_de_magistris_vinceremo-47839469/?ref=HREC1-3
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« Risposta #18 inserito:: Dicembre 01, 2012, 11:35:29 pm »

Ingroia al popolo arancione "Italia da cambiare, sarò con voi"

Ovazioni per il giudice al teatro Vittoria.

Non annuncia formalmente la sua discesa imn campo, ma poco ci manca: "Ora bisogna osare quello che non si è mai osato. Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni".

di CONCHITA SANNINO

Quattro parole chiare. "Io sto con voi", promette Antonio Ingroia di ritorno momentaneo dall'America Latina. E sul finale, ancora: "Io sarò con voi. Perché l'Italia oggi è un paese a sovranità limitata, nel modo in cui intendono alcuni sociologi. E questa vostra iniziativa non solo è lodevole, ma necessaria".

Se non è l'annuncio formale della sua discesa in campo, manca davvero pochissimo, forse qualche dettaglio. E Antonio Ingroia, ospite più acclamato nella lunga ed articolata mattinata romana dell'appello "Cambiare si può" - promosso dal cartello di Alba, dal movimento arancione, e da intellettuali e cittadini vicini alla mobilitazione per l'acqua e i beni comuni - non  fa nulla per dissimularlo.
 
"Io dico che cambiare non solo si può, ma si deve. E poi aggiungo: ora si può. E sarò con voi dall'Italia o dal Guatemala". Ingroia argomenta: "La politica ha bisogno di infezioni pulite, di società civile, di energie autentiche. Ora bisogna osare quello che non si è mai osato. Non bisogna aver paura di aprire il libro dei sogni".

Poi il magistrato torna al suo cavallo di battaglia: "La politica antimafia in Italia non si è mai posta come obiettivo quella di sconfiggere o distruggere  la mafia, ma è sempre stata ispirata al contenimento delle mafie". Ma tutto il discorso breve e intenso di Ingroia verte su un dato: "Il ventennio berlusconiano ha lasciato macerie ovunque e ha determinato praterie di privilegi, di illegalità e soprusi. Rendendo il paese più debole e lo Stato implacabile nei confronti dei deboli ".

È quasi una standing ovation quella che accoglie, nell'affollata platea del Vittoria, teatro del quartiere Testaccio , l'arrivo al microfono di Ingroia, il procuratore aggiunto di Palermo, ormai da mesi al centro del rovente caso della trattativa Stato-mafia (con relativo conflitto apertosi con il Quirinale) e delle polemiche sulla sovraesposizione dei pm nel dibattito  politico. Uno strappo che ha spinto perfino Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, la stessa del procuratore siciliano, a prendere nettamente le distanze da alcuni atteggiamenti pubblici di Ingroia.

Il magistrato, prima di intervenire dal palco, incontra riservatamente Luigi de Magistris, della cui lista nazionale, si sussurra, Ingroia sarà il nome forte. Al riguardo però, ancora una volta il procuratore antimafia non smentisce e non conferma, quasi giocando all'arte di far lievitare l'attesa.

Si limita a precisare che non tornerà a Roma per il 12 dicembre proprio quando il sindaco di Napoli lancerà ufficialmente il suo movimento per le elezioni politiche, "e comunque -aggiunge sornione, a margine, Ingroia - "non credo che de Magistris il 12 dia i nomi dei candidati o la lista". L'affondo dal palco, invece, ancora una volta è diretto e infiamma il popolo del cosiddetto Quarto polo, quelli che anche stamane gli urlano "Politica, politica!" e scandiscono il suo nome.

"La legislazione del ventennio berlusconiano - comincia lui - legislazione dei privilegi delle impunità e delle norme ad personam, ha costruito praterie di malaffare e di illegalità. Ecco, l'Italia in questo senso è un paese a sovranità limitata, sì uno di quei paesi in cui le reti criminali condizionano il sistema politico ed economico. Le reti criminali hanno profondi addentellati con le nostre classi dirigenti. E La vera  anomalia in questo paese è una classe dirigente che si è compromessa con reti criminali, perché garantendo i criminali garantiva se stessa. Il ventennio berlusconiano è stata l'apoteosi di questa linea tendenzialmente storica, che ha inferto ferite molto profonde al Paese e ha creato una frattura quasi insanabile tra cittadini e istituzioni".

Applausi scroscianti lo interrompono. Lui continua: "Da questo ventennio è uscita a pezzi anche la politica, tutta. C'è stata una perdita di credibilità anche dei partiti tradizionali, e la fine dei partiti personalistici. Quindi nessun salvatore della patria potrà risolvere i problemi del paese , non ci sarà nessun leader con la bacchetta magica, ma la politica ha bisogno di iniezioni di energia e di credibilità". La chiosa è altrettanto eloquente: "Ecco perché la vostra iniziativa è lodevole. Per quel che mi riguarda io non mi sono mai tirato indietro dal dibattito civile. Pagando anche un prezzo per questo. Quindi, cambiare si deve. In questo senso io sono con voi".

A chi, poco dopo a margine, gli ricorda provocatoriamente che a Napoli, Sel lo ha battezzato con sarcasmo "l'eroe dei due mondo", lui si limita a giocare ironico: "Non la sapevo, bella questa".

(01 dicembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/01/news/ingroia_al_popolo_arancione_italia_da_cambiare_sar_con_voi-47854832/
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« Risposta #19 inserito:: Dicembre 07, 2012, 03:58:34 pm »

Torna Berlusconi, asse Cosentino-Milanese si ricompatta il Pdl degli inquisiti napoletani

Tra la pioggia degli affettuosi incoraggiamenti per la nuova discesa in campo si distingue il pattuglione dei parlamentari eccellenti sotto inchiesta. E non mancano Cesaro, Laboccetta e Nicolucci, mentre Papa "ci sta pensando"

di CONCHITA SANNINO


Sono i più veloci, i più squillanti quando si tratta di suonare la riscossa. I primi, li celiano i colleghi, a correre verso il baratro. E' comunque il Pdl campano - quella frangia che ha più dimestichezza con le aule di giustizia che con i dibattiti parlamentari - il primo a far quadrato militarmente intorno al Cavaliere. Una pattuglia che vien dal bacino, o sversatoio, di consensi e favori per il Pdl nazionale. Cosentino, Cesaro, Milanese, Nicolucci, Papa. La battuta più calzante gira in queste ore, in Transatlantico, proprio tra le fila del Pdl. "Manca solo la Banda Bassotti che detta: 'bentornato Silvio'. Poi siamo al completo". Tra quelli che ne sorridono, inutile dirlo, c'è il governatore Stefano Caldoro, sebbene sia difficile strappargli un commento al riguardo.

Gli altri, soprattutto indagati e imputati, si sono raccolti puntualmente intorno all'ex premier per l'abbraccio mortale. Proprio mentre per altri esplodeva quel travaglio, altrimenti detto imbarazzo, culminato con il gesto del collega Guido Crosetto, costretto dal suo stesso disagio -  "non poter dire nulla, a non poter dire quello che penso fino in fondo" - a lasciare in mattinata lo studio della trasmissione "Omnibus" a La 7.

Nel versante sud dell'emiciclo di Montecitorio, invece, il tempo non solo torna a scorrere all'indietro, ma segna anche la "gioia" della pattuglia di fedelissimii. Ecco la pioggia di affettuosi incoraggiamenti. Il segnale parte proprio dalla Camera intorno alle 11.30. "Guagliu',
ci dobbiamo organizzare", è la parola d'ordine che passa tra i fedelissimi.

Il primo è Nicola Cosentino, la dichiarazione all'Ansa è delle 12.47. Il deputato scampato all'arresto due volte, grazie al voto contrario della Camera,  e oggi imputato in due processi, riemerge da un lungo torpore (mediatico) per effondere gli effetti del ritrovato slancio: "Il ritorno in campo di Berlusconi ci riempie di rinnovato entusiasmo: siamo al suo fianco, come sempre, pronti ad affrontare la competizione elettorale su un programma basato su pochi punti: meno tasse, più lavoro, più attenzione al Sud".

Ma è ancora troppo poco. Passa un'oretta e va a segno Luigi Cesaro, anch'egli inquisito per concorso in associazione mafiosa, che solo per Silvio fa uno sforzo in più e riesuma l'immagine del partito dell'amore. "Il ritorno di Silvio? E' la notizia che da sempre aspettavamo. E' solo attraverso un suo ennesimo gesto di amore, responsabilità e generosità nei confronti di questo paese che l'italia tutta potrà rimettersi in piedi e il nostro partito trovare l'unità e la forza dei tempi migliori".

Il terzo, le 15.27, è Marco Milanese, altro deputato salvato dal carcere grazie il no opposto dall'Aula alla richiesta d'arresto dei magistrati. L'ex ufficiale della Finanza in carriera, diventato poi deputato e braccio destro dell'ex ministro Giulio Tremonti (almeno fino allo scandalo della lussuosa casa di Casa di Campo di Marzio) non vuole essere da meno ai compagni campani e così incita il nuovo corso: "Avanti tutta con Berlusconi".

Riuscendo anche a tenere nella stessa dichiarazione "Berlusconi" e "rinascita". Argomenta, Milanese: "Quello che è avvenuto nell'ultimo anno di legislatura conferma che dopo Berlusconi ci può essere solo Berlusconi, unico leader che oltre ad incarnare un programma di rinascita del nostro Paese rappresenta per il centrodestra, e non solo, la speranza che l'Italia possa superare la crisi".

Cosentino, Cesaro, Milanese. Sono inquisiti eccellenti del 2010 e 2011. Manca l'ultima stagione: Amedeo Laboccetta e Massimo Nicolucci. Laboccetta è indagato per favoreggiamento relativamente all'inchiesta su Massimo Ponzellini e il gruppo Atlantis di Francesco Corallo. Nicolucci, napoletano anche lui come gli altri, è sotto inchiesta per il mega-appalto (poi abortito) delle navi da realizzare per il Brasile da Fincantieri e Finmeccanica, affare che prevedeva la presunta tangente complessiva di ben 5 miliardi di euro, e che vede coinvolto anche l'ex ministro Caludio Scajola. Ci voleva dunque l'incoraggiamento di Nicolucci.

Il quale rassicura: "La candidatura a premier del presidente Berlusconi è sempre stata l'unica scelta credibile per il popolo italiano del centro destra che lo confermerà con il proprio voto alle prossime elezioni".

Finito? No. Manca ancora Alfonso Papa, ancora imputato al processo che si sta celebrando al Tribunale di Napoli per concussione. Papa, ormai paladino dei diritti dei detenuti dopo la lunga permanenza a Poggioreale, bloccato e interpellato a Montecitorio, nicchia con i fedelissimi: "Eh ci sto pensando a dare un sostegno, vorrei dichiarare, ora vediamo...". Più che un elenco di deputati, un verbale di polizia giudiziaria.

Ma il gioiellino dei "dietrofront" è rappresentato dalle nuove definitive parole dell'ex ministro Mara Carfagna.

"Il presidente Berlusconi ha guidato il governo fino ad un anno fa, garantendo la pace sociale e producendo risultati nemmeno lontanamente confrontabili a quelli dell'esecutivo tecnico. Risultati che in campagna elettorale potremo rivendicare con orgoglio. Se si candida, insomma, il nostro lavoro sarebbe certamente più facile".

E' la stessa Carfagna che appena sei mesi fa, il 24 giugno, diceva: "Io sostengo le primarie e credo nel progetto di Angelino Alfano. Berlusconi resta il leader dei moderati ma non ha detto "mi ricandido", la sua è solo una provocazione".

Tant'è che fu subito rintuzzata da un'altra amazzone: "La Carfagna si fa suggestionare dai salotti, c'è una classe dirigente che si fa influenzare dalla moda del momemnto che pensa... Berlusconi non si porta più". Firmato, Michaela Biancofiore, un'altra miracolata della Camera. Una bolzanina eletta a Napoli, tra i "nominati" del collegio: grazie, ovviamente, allo sversatoio campano.   

(06 dicembre 2012) © Riproduzione riservata

da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2012/12/06/news/torna_berlusconi_e_il_pdl_si_ricompatta_asse_cosentino-cesaro-milanese-48212213/?ref=HRER1-1
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« Risposta #20 inserito:: Gennaio 24, 2013, 05:54:20 pm »

Cosentino: "Schifato da Silvio. Io l'ho salvato, lui mi ha tradito"

A casa dell'ex sottosegretario, escluso dalle liste del Pdl: "Pugnalato alle spalle, non muoverò un dito per le elezioni".

E dice: fui io a intervenire dopo il caso Noemi, ma era nulla rispetto a quello che è venuto fuori dopo

dal nostro inviato CONCHITA SANNINO

La fase down è ancora lontana, e anche il Cavaliere può attendere. Nicola Cosentino scivola per la casa silenziosa, ti fissa dietro il suo leggero strabismo. "Mi sta cercando da ore, Berlusconi. Lascia messaggi. Ma non rispondo. Sono schifato, si è svenduto tutta la sua cultura garantista per un pugno di voti. Ma io non muovo un dito per questa campagna". Ripensa alle ultime ore. "Una delusione enorme. Era tutto premeditato? Prima mi chiedono di dare il sangue, fare le liste migliori, allenare la squadra, poi zac, fanno fuori l'allenatore". Una lunga intervista a "Repubblica", qui in versione integrale.

A casa dell'ex sottosegretario

Le 11, Caserta, pioggia sottile. Il "casalese" risponde al citofono di un villino Novecento. Non c'è portiere, zero scorta. Cosentino è più spiazzato che aggressivo. "Ancora domande?", ride. Poi prevale l'educazione contadina, ti invita a salire, prepara il caffè, moglie e figli sono fuori, lui racconta. Della notte "allucinante passata tra Palazzo Grazioli e via dell'Umiltà tra domenica e lunedì". Degli sms con cui Marco Pannella e Marco Pugliese, i Radicali e il Grande Sud, gli offrivano "un posto in extremis per Camera o Senato, altro che smentite". E soprattutto: dell'"incredibile mutazione che ha avuto Berlusconi". Intanto, a pochi
chilometri da questa casa con mobili decapati francesi e camino in pietra, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha appena dato inizio al secondo processo contro di lui.

Cosentino, è stato ex sottosegretario Pdl, ex coordinatore regionale, tra 50 giorni sarà ex deputato e forse anche ex libero cittadino se la mandano in carcere. Perché finisce così la sua prima vita politica?
"Perché sono stato bersaglio di un gioco delle parti, tra più parti. Ora mi difenderò bene nei processi, e mi vergogno di dire che non ho ancora letto con attenzione i miei atti (anche perché ho due avvocati di spessore), tanto mi fanno ridere questi pentiti. Ma chi se l'aspettava un tale trattamento dalla mia Pdl? Chi immaginava che Berlusconi potesse svendere tutti i suoi discorsi sulle garanzie per dedicarsi alle pulizie di stagione (strumentali), l'ultima vanità, dice qualcuno".

Dicono che lei non andrà a votare o annullerà la scheda.
"Come faccio a rinnegare una vita? Questo no. Però non faccio null'altro. D'altro canto, non hanno detto che li danneggio se accosto la mia faccia alla loro? E poi non devo tenere conto delle riflessioni dei giudici? Qua finisco a Poggioreale...".

Lei era in trappola e non lo aveva capito?
"Più ci ragiono, più l'ipotesi di un piano a tavolino si fa strada. Eliminarmi all'ultimo per evitare ogni contraccolpo. Mah. Berlusconi ha subito una specie di mutazione genetica, io non l'avrei ritenuto capace di calcoli miseri. Poi, sia chiaro, io non ammazzo il padre, ha le sue capacità, resta lucido e freddo. Il punto è che Cosentino, con tutti i suoi limiti e col marciume che vogliono buttargli addosso, mai avrebbe fatto questo". Squilla il cellulare, è la fedelissima addetta stampa Paola Picilli, appena divertita: "Senti, il Presidente non ce la può fare che tu non rispondi alle telefonate. Dice che vorrebbe avere "esclusivamente l'opportunità di dirti grazie!"". Cosentino: "Ah sì. Digli che non mi trovi. Anzi no, digli che mi hai trovato ma voglio stare tranquillo". Chiude: "Ai miei tempi si diceva: è il minimo sindacale".

Berlusconi non la teme? Lei è il Cosentino che ha messo a tacere le famiglie di Noemi Letizia e di Roberta Oronzo quando la parola "olgettina" non esisteva, quando un eventuale racconto di quelle minorenni minacciava tutto ciò che aveva costruito l'ex premier, lei è quello che faceva sparire i rifiuti...
"Sì, io ho sempre risolto problemi, ma non ne ho mai creati al Pdl. Faticai tanto a convincere il sindaco di Terzigno, Auricchio, ad aprire la discarica sul Vesuvio, sennò veramente affondavamo tutti nella monnezza. E meno male: allora non c'erano le navi di rifiuti verso l'Olanda. Poi sì, tranquillizzai quelle ragazze...".

Un eufemismo. Passò loro varie utilità, ne comprò il silenzio.
"Diciamo la verità, quelle due ragazze cos'erano a confronto di tutte... di tutto quello che è uscito dopo? Niente".

Qualcuno sospetta che ci fosse lei anche dietro la talpa di Santa Maria Capua Vetere che procurò la "velina" dell'ignobile dossieraggio contro Dino Boffo.
"No, un momento. Stiamo parlando a cuore aperto, mo'? Non scherziamo, io di quella roba là non so niente".

Altro squillo. C'è un'emergenza, richiama la Picilli. "Senti, vorrebbero che ti mettessi tu a ricomporre: hai visto no che la Carfagna spara contro Nitto Palma? Lo vogliono far fuori". Nicola alza solo di un tono la voce. "Ma non hanno capito che io mo' devo pensare a me? Si mettessero loro a riparare i cocci". E chiude.

Cosentino, dalla politica ha avuto tanto. Che cosa ha dato?
"Ho dato moltissimo. Avrei potuto avere quello che era giusto"

Lei ha avuto in mano il partito in Campania.
"Sì, ma oggi potevo essere governatore della Campania. Se non ci fosse stato questo accanimento contro di me. Invece c'è Caldoro, un politico che rispetto ma che non ha nerbo, responsabilità".

Lei e i suoi presunti soci della P4, tutti inquisiti a Roma, faceste un dossier diffamatorio per azzoppare Caldoro. Ora potrebbe dire: oltre che un grave reato, fu un clamoroso errore.
"Certamente quella cosa ha segnato i rapporti, ma io dissi agli altri "buttate quelle carte..." . Io non c'entravo proprio nulla in quella storia. E comunque Caldoro si vede che soffre ad amministrare, non è cosa sua, non ha migliorato di niente le condizioni di vita dei cittadini campani. Basta vedere a che punto è oggi il piano rifiuti, i trasporti...".

Le ricordo che ai Trasporti c'è un assessore voluto da lei, Sergio Vetrella, uno scienziato che nel settore non si è rivelato un fulmine...
"Però se fossi stato il ras che qualche stupido crede mica avrei consentito a Stefano di farsi i suoi assessori tecnici, per carità. Invece se non gli mettevo le nostre 14 liste ma dove andava lui, con Bocchino, con la Carfagna? Lui si candidò alla Provincia negli anni Novanta, ma chi se n'è accorto, nessuno!"

La guerra tra lei e Caldoro non ha mai avuto soste.
"Ma questa favola della guerra a Caldoro è smentita nei fatti. Se io fossi stato il padre-padrone del partito avrei permesso che lui nominasse gli assessori tecnici che non mi piacevano?"

A chi si riferisce?
"A Trombetti, a Nappi, alla Miraglia, per esempio. Io invece vengo da una scuola politica in cui ho sempre cercato di rispettare le varie sensibilità e intelligenze".

Praticamente lei è un benefattore.
Ride. "Faccio un esempio banale. Io sono subentrato ad Antonio Martusciello, ex coordinatore. Eppure non ho marginalizzato suo fratello Fulvio, che anzi con me è diventato capogruppo in Regione, perché ne riconosco l'intelligenza. Ma, tornando a Caldoro, le sembra giusto che non abbia mai dato ascolto a Nitto Palma quando il commissario ha sempre visto quello che anche io vedevo? E cioè lo strapotere dell'Udc che in Regione sta con noi e a pochi metri, in Comune, ci tradisce e sta con de Magistris. Tra l'altro, Caldoro parla sempre di etica ma si è fatto dare dei punti dal sindaco. Almeno de Magistris ha fatto dimettere i suoi assessori che si candidano al Parlamento. Stefano, neanche quello".

Cosentino, che le accade: sta facendo un complimento al suo acerrimo avversario de Magistris?
"Io penso che de Magistris sia, politicamente parlando, un figlio di buona scuola, ecco".

Deve prenderlo come un complimento?
"Non scherzo. Ci vuole una grande abilità per stare a galla fuori degli schieramenti. Certo, poi bisogna vedere come è amministrata la città".

Torniamo al suo campo. Da 48 ore lei ha aggiunto un nome insospettabile alla lista dei presunti nemici: Luigi Cesaro?
"Con lui ho chiuso, mi faccia dire questo".

Dicono che Cesaro, mentre lei si batteva a via dell'Umiltà per non esser cacciato dalla lista, sgattaiolava tra quarto e quinto piano, andava dal segretario Angelino Alfano a trattare. È vero?
"Io non lo voglio chiamare in nessun modo, né traditore né altro. Io e la mia famiglia non abbiamo spartito lo stesso pane con lui e i suoi fratelli. Io ho il mio stile, loro un altro".

Se è per questo, anche i suoi fratelli sono grandi distributori di petrolio, sono al centro di accertamenti per grandi business.
"Ma i miei fratelli non ottengono appalti per realizzare piscine e opere pubbliche con amministrazioni di destra e di sinistra (chiara allusione ai Cesaro brothers, ndr). Sia chiaro. Ognuno fa quello che vuole. Strade ormai separate".

Ora mi dice quale dei suoi fedelissimi se n'è scappato via con le liste gridando alla "porcata": Michele Izzo o Luciana Scalzi?
"Non avete capito. Lasci perdere Luciana o Michele, sono amici. Chi lo ha fatto, ha agito per proteggere il lavoro che avevamo fatto per settimane, per evitare quello che è successo dopo: quando sono scomparsi all'improvviso dalla lista alcuni nostri referenti perché ne entrassero altri".

Per esempio, come Marco Mansueto, il consigliere comunale?
"Ecco, per esempio".

Squillo. Ora al telefono c'è un tale Cardamuro, del comitato contro le demolizioni di case costruite senza licenza. Nicola declina il suo invito: "No Cardamuro, no. Mi spiace: non partecipo a nessuna iniziativa. No, davvero non posso: e qui si va in galera, se mi agito, è chiaro? Ve la caverete lo stesso. Anzi, ditelo a tutti gli amici: gli abusivi stanno sempre nel mio cuore".

(24 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/01/24/news/cosentino_schifato_da_silvio_io_l_ho_salvato_lui_mi_ha_tradito-51171315/?ref=HREA-1
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« Risposta #21 inserito:: Ottobre 10, 2013, 05:23:32 pm »

Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero" ma i legali degli imputati lo attaccano

Il pm lo difende. Cancellieri: il Paese è con lui

Lo scrittore è in tribunale per testimoniare al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine. Parla della sua vita sotto scorta, ma gli avvocati degli imputati lo attaccano facendo riferimento a una recente causa per plagio

di CONCHITA SANNINO

Saviano in tribunale: "Libero solo all'estero" ma i legali degli imputati lo attaccano  Il pm lo difende. Cancellieri: il Paese è con lui Lo scrittore Roberto Saviano va in tribunale a Napoli come testimone al processo per le minacce ricevute durante l'appello di "Spartacus" dai boss del clan dei casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine tramite i loro legali.

Il dibattimento è in corso davanti alla terza sezione del Tribunale, collegio A. Comincia il pm : "Teste Roberto Saviano, dica al tribunale qual è la sua attività e quali sono le fasi salienti che l'hanno portata a diventare il giovane autore di Gomorra". Sono le 11.36. Lo scrittore, circondato da quattro carabinieri, entra nell'aula 115 del tribunale. Saviano è parte lesa nel processo che vede imputati per "minacce aggravate dall'articolo 7", ovvero dalla finalità mafiosa,  i superboss Bidognetti e Iovine, e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D'Aniello.

"La mia vita comincia a cambiare dopo che a Casal di Principe, invitato dall'allora presidente  Bertinotti e dall'ex assessore regionale Gabriele, dico ad alta voce i nomi dei boss che nessuno aveva mai pronunciato da un palco: i nomi di Schiavone, di Bidognetti, di Iovine. In piazza, mentre io parlavo agli studenti,  in pubblico, di quei nomi che devastavano il territorio , qualcosa successe: il figlio di Schiavone-Sandokan mi fissa, parla e dice delle cose in strada, la gente si gira, non guarda più noi ma guarda lui".
"COSI' EBBI LA SCORTA" - L'aula ascolta in silenzio, Saviano continua. "Già quel giorno avrei dovuto prendere da solo un treno per andare a Napoli a ritirare il Premio Siani. Invece la scorta di Bertinotti o Gabriele mi prende da parte, "il ragazzo viene con noi". Saviano racconta poi, dettaglio per dettaglio, data per data, intimidazioni o messaggi singolari a lui destinati, che segnalano la sua trasformazione da esordiente di successo a simbolo non solo nazionale della testimonianza antimafia. Così si arriva a quelle minacce del 2008.
L'episodio su cui si svolge il dibattimento napoletano  risale infatti al marzo di quell'anno, quando - davanti alla Corte d'Assise di Appello - era in corso il processo Spartacus 2 - l''avvocato Santonastaso, (oggi in carcere per associazione mafiosa) che all'epoca assieme a D'Aniello assisteva Bidognetti e Iovine (quest'ultimo all'epoca ancora latitante) lesse in aula una lunga nota, che in calce recava addirittura la firma dei due padrini, con cui si avanzava la richiesta di trasferire quel mastodontico processo al gotha dei casalesi in un'altra città per legittima suspicione. Il testo della lettera conteneva parole ed espressioni minacciose nei confronti dello scrittore (oltre che dei magistrati Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho, e della giornalista, oggi senatrice Pd, Rosaria Capacchione).

Appena due mesi dopo la lettura di quella lettera in aula in cui si indicava Saviano come presunto autore del condizionamento dei giudici , sarebbe cominciata la stagione di sangue dello stragista dei casalesi Giuseppe Setola: oltre venti omicidi di innocenti nella primavera di sangue di Gomorra.

LE MINACCE DEI BOSS - Continua Saviano: "Ricordo bene quel giorno del 13 marzo 2008. Era la prima volta in assoluto nella storia delle mafie italiane che due boss della pericolosità di Bidognetti e Iovine, peraltro quest'ultimo latitante, si esponevano in un'aula con le firme proprie a indicare il "pagliaccio" per loro responsabile a livello nazionale mediaticamente dei riflettori accesi su di loro, da parole che erano state oggetto di un clamoroso, del tutto imprevedibile passaparola. E fecero lo stesso con la cronista Capacchione , con i magistrati Cafiero de Raho e Cantone".
 
Chiede il pm Antonello Ardituro: come comprese che qualcosa di nuovo o preoccupante era accaduto? "La prima cosa che mi colpì fu che gli altri avvocati del corposo collegio difensivo presero le distanze da questa iniziativa: ma se era una legittima istanza tecnico-legale , perché dissociarsi subito, in fretta, pubblicamente? Mi accorsi poi di un allarme dal tenore delle telefonate che ebbi ad esempio proprio da Cantone, tutti gli addetti lessero qualcosa di strano in quella missiva, ricordo mi chiamò anche Repubblica: "Ehi che sta succedendo?". Non ho avuto paura di Bidognetti o Iovine, figuriamoci... Ma ho avuto paura che si potesse fare una cosa del genere in un'aula di giustizia".

"LIBERO SOLO ALL'ESTERO" - "Immagino - prosegue Saviano - che la mia vita possa essere libera solo all'estero, in Paesi che possano darmi un'altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero".

"Ho la sensazione - aggiunge  - di essere un reduce dopo una battaglia. Vivevo a Napoli e immaginavo la possibilità di una carriera universitaria. I rapporti con i miei familiari sono diventati complicati. Il progressivo aumento della scorta rende difficilissima la vita quotidiana. Non esistono passeggiate, nessuna forma di vita normale, non posso prendere il treno né la metropolitana o scegliere un ristorante senza concordarlo con la scorta".

L'ATTACCO DEGLI AVVOCATI  - Ma mentre prosegue la testimonianza dello scrittore, il processo sembra prendere un'altra piega. I legali dei quattro imputati intervengono, fanno riferimento alla recente causa per plagio allo scrittore, alle querele subite. Il duello si fa acceso al punto che il pm Ardituro interviene richiamando gli avvocati: "Questo non è il processo a Saviano, lui è qui oggi in qualità di testimone".

CANCELLIERI: IL PAESE E' CON LUI - "Tutto il Paese è con Roberto Saviano": lo ha detto il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che si sente "legata a lui da un rapporto direi di amicizia". "Ho grande stima e considerazione di Saviano - ha affermato a Lussemburgo - Certo, non è facile trovarsi a dover accusare la camorra, ma non dimentichiamo che grazie al suo intervento sono state compute operazioni molto significative. Chiaramente - ha osservato - quando ci si pone in certe posizioni i problemi arrivano, però credo che tutto il Paese sia con lui".


http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/10/07/news/saviano_teste_in_tribunale_per_le_minacce_ricevute-68072815/?ref=HREC1-1
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« Risposta #22 inserito:: Ottobre 19, 2014, 05:33:43 pm »

Pomigliano, Marchionne paga la multa (2654 euro), scarica i suoi dirigenti e cancella l'accusa di condotta antisindacale
L'ad e gli atti discriminatori contro gli operai Fiom: "Non sapevo nulla delle politiche attuate dai dirigenti"

di CONCHITA SANNINO
17 ottobre 2014
   
Non sapeva nulla delle politiche di discriminazione contro gli operai Fiom, «poste in essere dai dirigenti torinesi e campani del gruppo». La sorprendente dichiarazione è del top manager Sergio Marchionne, l’ad del gruppo Fiat-Chrysler che, dinanzi al giudice di Nola, sceglie l’oblazione. E con una cifra irrisoria per il colosso delle automobili, appena 2.654 euro, estingue il reato di condotta antisindacale rilevato dai magistrati, fino al 2013, nella fabbrica di Pomigliano d’Arco.

Parole, quelle di Marchionne, che non passano inosservate all’Ufficio di Procura: i magistrati sospendono letteralmente il giudizio sulla loro «credibilità» ma, tuttavia, esprimono parere favorevole all’oblazione, avendo preso atto di quella circostanza e soprattutto del mutato clima e delle condizioni di uguaglianza tra i lavoratori ristabilite all’interno dello stabilimento.

La stessa ipotesi di reato era stata però contestata anche all’allora direttore dello storico stabilimento automobilistico, Sebastiano Garofalo: il quale, evidentemente essendosene assunto la responsabilità fino all’«avvenuta conciliazione», è pronto a patteggiare dinanzi al gip Aurigemma, a Nola, il prossimo 28 ottobre, versando un’ammenda di 15.600 euro. Marchionne e Garofalo sono entrambi assistiti dagli avvocati Massimo Krogh e Giovanni Anfora.

L’inchiesta è dell’autunno 2012. La “multa” di Marchionne, arriva diciotto mesi dopo. Procedimento archiviato per il top manager dal gip Paola Borrelli, qualche mese fa. Ma la notizia trapela soltanto ora, alla vigilia dell’ultimo atto con cui si chiuderà la vicenda a carico di Garofalo.

A ricostruire le accuse per violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, era stato lo stesso procuratore capo di Nola, Paolo Mancuso, con la pm Cristina Curatoli. Dopo aver ricevuto la denuncia del leader della Fiom di Maurizio Landini, infatti, scattano le indagini a carico del top manager Marchionne, e dell’allora vertice dello stabilimento di Pomigliano: dove, stando ai fatti, continuerebbe la discriminazione degli operai della Fiom, esclusi dal progetto di realizzazione della nuova Panda, nonostante le sentenze del giudice di Torino e di Roma vadano in senso opposto.

Da Nola si punta dunque alle responsabilità del massimo vertice di Fiat, sia per la condotta antisindacale avvenuta in Fip, Fabbrica Italia Pomigliano; sia per la mancata inclusione degli operai appartenenti a quella stessa sigla nella fase di trasferimento dei dipendenti di Fiat Group Automobiles a Fip.
Ma appena diventa pubblica la notizia dell’avviso di chiusura indagini che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio, dal Lingotto arriva una reazione durissima. «Sconcertante e paradossale», commentano dalla Fiat, in un comunicato ufficiale in cui si parla di «accuse infondate» e di «inusitata offensiva giudiziaria avviata dalla Fiom nei confronti della Fiat da più di due anni». Una posizione che sembra stridere con quanto, un anno dopo, l’”indagato” Marchionne dirà alla Procura.

Ecco cosa scrivono il procuratore capo Mancuso e la pm Curatoli, nel parere favorevole inviato al Giudice per le indagini preliminari: «Quanto alla richiesta di oblazione (...) la contestata permanenza degli effetti del reato al momento della formulazione dei capi di imputazione faceva ritenere sussistenti le aggravanti previste, e quindi della previsione di una sanzione a pena congiunta, come tale non oblabile». Poi i magistrati, però, aggiungono: «Non va taciuto che in tale sede l’indagato ha dichiarato di non esser a conoscenza delle scelte di politica aziendale poste in atto dai dirigenti torinesi e campani del gruppo: di tale dichiarazione, di là di ogni valutazione sulla sua credibilità in questa sede, va preso atto in considerazione delle scelte, ben diverse dalle precedenti, adottate dal gruppo datoriale a valle di tale momento».

I pm annotano difatti i successivi accordi sottoscritti tra i vertici e quelle rappresentanze sindacali, da ultimo quello del 30 maggio scorso, che vede protagonisti — scrivono ancora i magistrati — «Fiat Group Automobiles e Fiat Italia
Pomigliano in uno con Fiom-Cgil nazionale e Fiom-Cgil di Napoli che, tra i principali aspetti presi in considerazione, vanta quello avente ad oggetto la definitiva e soddisfacente collocazione lavorativa dei 19 lavoratori iscritti alla Fiom tutelati dall’ordinanza di Roma». Così a Marchionne bastano appena 2.654 euro per attivare l’oblazione e il conseguente provvedimento di archiviazione. La «inusitata offensiva giudiziaria» è un capitolo chiuso.

© Riproduzione riservata 17 ottobre 2014
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« Risposta #23 inserito:: Giugno 05, 2015, 10:56:05 pm »

Cantone: "Bindi ha sbagliato su De Luca. Il presidente entra in carica, solo dopo sarà sospeso"
Il numero uno dell'Anticorruzione: "La Severino è sacrosanta, ma va pensata un'integrazione che la migliori".
E sulla vicenda degli impresentabili: "E' fuorviante istituzionalizzarli, come dare il bollino blu agli altri"

Di CONCHITA SANNINO
   
NAPOLI - "Ora che le elezioni regionali sono alle spalle, si può dire: con il caso Campania siamo finiti in un'impasse giuridica inedita, che sarà anche molto stimolante e interessante sciogliere, a patto di non lasciarsi tirare per la giacca da nessun timore di strumentalizzazioni. Il mio parere? Non do per scontata l'interpretazione secondo cui De Luca debba essere sospeso subito dopo la proclamazione". Raffaele Cantone spezza il silenzio "politico" che, da magistrato e da presidente dell'Anticorruzione aveva opposto durante la lunga, avvelenata campagna delle regionali che ha infiammato i rapporti politici sull'asse Napoli-Roma.

Presidente Cantone, autorevoli giuristi sostengono che De Luca non dovrebbe avere il tempo di nominare la sua giunta, ma essere sospeso un minuto dopo la proclamazione.
"Penso che la questione sia controversa. Esiste secondo me, anche un'altra interpretazione. Gli articoli 7 e 8 del decreto che chiamiamo legge Severino prevedono infatti la decadenza o la sospensione. E quest'ultima interviene nei casi in cui l'amministratore abbia subito una condanna che però non è passata in giudicato, proprio come per De Luca, condannato in primo grado per abuso d'ufficio. In altri termini: se si sospendesse subito, senza consentire ai consiglieri eletti di insediarsi e al consiglio di funzionare anche in rapporto alla giunta, bisognerebbe dichiarare lo scioglimento del consiglio per impossibilità di funzionamento. E la sospensione prevista dalla Severino, che ha una funzione di natura cautelare e un carattere provvisorio, diventerebbe di fatto, una decadenza".

Intanto, l'era De Luca comincia con la querela alla Bindi. Cosa pensa della black list dell'Antimafia?
"Credo che l'onorevole Bindi, nonostante non avesse una specifica esperienza, stesse facendo benissimo il suo lavoro, con quella capacità di impadronirsi degli argomenti e della complessità dei nodi che è propria dei politici di alto livello: una volta gliel'ho anche riconosciuto alla presenza del premier.

Ma questa vicenda degli impresentabili è stato, per me, un grave passo falso, un errore istituzionale".
L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA O SU REPUBBLICA+

© Riproduzione riservata
03 giugno 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/06/03/news/cantone_bindi_ha_sbagliato_su_de_luca_ora_il_governatore_entra_in_carica_solo_dopo_sara_sospeso_-115914497/?ref=HRER1-1
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« Risposta #24 inserito:: Agosto 26, 2015, 11:51:11 am »

L'inchiesta sui Girolamini.
De Caro a Dell'Utri: "Le porto il Vico con il tartufo"
I verbali delle telefonate tra l'ex senatore e il direttore della biblioteca, De Caro: partita la richiesta a Palazzo Madama per la loro utilizzabilità

Di CONCHITA SANNINO
25 agosto 2015

La Biblioteca dei Girolamini a Napoli
Si sentivano, si incontravano continuamente tra Milano e Roma, si scambiavano affari e - soprattutto - dividevano la “merce” più pregiata: i preziosissimi libri della Biblioteca dei Girolamini, i testi trafugati dal tesoro dei testi antichi di Napoli, ormai diventati il loro comune (e assai redditizio) segreto. Anzi: quei volumi erano, come ricostruisce la Procura di Napoli, il pezzo forte delle “cenette” tra Marino Massimo De Caro, ex direttore della Biblioteca di via Duomo (oggi condannato in via definitiva per la prima tranche dell’inchiesta, ma sconta la pena a casa sua, a Verona), e l’ex senatore Pdl Marcello Dell’Utri (da un anno in carcere a Parma dopo la condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa), già noto bibliofilo di spericolato e forse spregiudicato collezionismo.

"Lei c’ha sempre il Vico che l’aspetta eh... Quello lì lo porto io", prometteva De Caro, che lo chiamava ossequioso, “dottore”, nel 2012. Dall’altro lato del telefono, Dell’Utri, gli dava del tu e gongolava: "Eh, bravo, con il tartufo". De Caro: "Esatto. Vico col tartufo", rideva.

Ecco le conversazioni sulle quali tra alcune settimane, per la prima volta, sono chiamati a discutere - e poi a pronunciarsi - i senatori della giunta per le autorizzazioni a procedere.

Sembra avviata a un altro giro di boa, infatti, la maxi inchiesta dei pm napoletani Antonella Serio, Ilaria Sasso Del Verme e Michele Fini, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, sul saccheggio della biblioteca. Ed è sulle ultime ricostruzioni dei pm che il Gip di Napoli, Francesca Ferri, ha inviato a Palazzo Madama la richiesta di "utilizzabilità" di quelle intercettazioni a carico di Dell’Utri, già indagato a Napoli per concorso in peculato con De Caro, ma la cui posizione potrebbe ulteriormente aggravarsi. Il “plico” è partito dall’Ufficio Gip già alla fine di luglio, ma il deposito di quelle intercettazioni - alcune delle quali già note - tra De Caro e Dell’Utri filtra solo nel lunedì dei primi uffici che riaprono.

Va ricordato che, secondo riscontri incrociati, Dell’Utri sarebbe entrato in possesso di almeno 14 volumi sottratti alla biblioteca, tutti di inestimabile valore (tra gli altri, una copia di “Utopia”, di

Thomas More del 1518; una del “De rebus gestis” di Gian Battista Vico; la “Legatura Canevari”). Di questi, Dell’Utri ne ha restituiti solo 5, in sede di interrogatorio a Napoli. Ma, assistito dal suo avvocato Giuseppe Di Peri, ha sempre negato di aver mai saputo di quella provenienza illecita. Tesi insostenibile, per l’accusa.

Ecco una telefonata su cui puntano i pm. È’ del 29 marzo 2012. Dell’Utri. "Massimo, fai il prezzo". De Caro: "Io la prossima settimana sono da solo nel convento, tutto il convento per me, se vuole dottore... da solo! Ho le chiavi perché i padri vanno via". Stando ai pm, era evidente l’intesa tra i due "indicativa della finalità illecita". Ma tutte le telefonate indicate dal gip appaiono andare in un’unica direzione. Come quella del 22 febbraio 2012: De Caro: "Dottore, le dicevo che ho trovato il “De rebus gestis” di Antonio Carafa". Dell’Utri: "Del Carafa sì che non ce lo abbiamo". E più avanti "Bravo Massimo!".

La "consegna del volume" per la Procura avviene nel "mese di marzo successivo a Milano". Uno dei tanti testi trafugati per il senatore. Spesso si univa l’ultile al dilettevole. Come nella telefonata che organizza la cena del 13 marzo 2012. Il dialogo tra i due verte sulle critiche ad alcuni articoli de “La Repubblica” e “Il Fatto” che commentano guai giudiziari di dell’Utri ed entourage berlusconiano. "Gentaglia, sono dei personaggi", dice Dell’Utri. Poi passano al sodo. De Caro: "E poi adesso vedrò... c’è la Pampaloni che ha una copia del Raimondo di Sangro della lettera apologetica...". Dell’Utri: "Ah sì? Caspita". De Caro: "Epperò quella non la compri, gliela do io. Sì, non c’è bisogno, lei c’ha sempre il Vico che l’aspetta". Dell’Utri: "Eh bravo, con il tartufo". De Caro annuisce e annuncia: "Quello lì lo porto io a Milano, poi giovedì viene anche padre Sandro, glielo devo presentare". E annuncia che in congregazione, ai Girolamini di Napoli, "hanno fatto una novena", preghiere per le sue grane. Dell’Utri: "Devo ringraziarli, ma sarà servita a qualcosa...". E De Caro, l’ultimo “illuminista” messo a capo della biblioteca come la volpe sul pollaio, sentenzia: "Della serie “non è vero ma ci credo”, ma tutto serve".

© Riproduzione riservata
25 agosto 2015

Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/08/24/news/de_caro-121566496/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_25-08-2015
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« Risposta #25 inserito:: Gennaio 14, 2016, 06:36:34 pm »

Quarto, le carte dei pm. La Capuozzo: "Sì, a noi voti sporchi"
La confessione ai magistrati sul ricatto subito dal consigliere: “Se non mi sono rivolta alle forze dell’ordine è stato solo per salvare il Comune”. "I valori restano anche senza Beppe "

Dai nostri inviati DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO
13 gennaio 2016
   
 "Cacciata dal Movimento? Direi meglio: espulsa". Si sente tradita? "Mi sento tranquilla. E i miei consiglieri comunali sono uniti. Noi a Quarto porteremo avanti un grande progetto Cinque stelle, ma senza il simbolo ". E allora come fa a chiamarlo ancora M5S? Rosa Capuozzo qui interrompe il passo svelto con cui cerca in tutti i modi di sottrarsi alle domande, offre a labbra serrate una risposta come una rasoiata: "Guardi che il Movimento sono i princìpi". Sottinteso, non Grillo.
Quarto, su Facebook la difesa Di Maio, Fico e Di Battista

È buio quando il sindaco di Quarto esce dalla Procura, dopo tre ore, la sua quinta audizione dinanzi agli inquirenti su quel ricatto in odore di camorra contestato al suo ex consigliere grillino Giovanni De Robbio, collegato all'imprenditore delle pompe funebri vicino ai clan Alfonso Cesarano. Pressioni di cui lei è vittima, ma non ha mai denunciato. Perché? Lei lo avrebbe spiegato così, ieri sera, al pm Henry John Woodcock coordinato dai procuratori aggiunti Filippo Beatrice e Giuseppe Borrelli: "Solo dopo me ne sono resa conto, e se non l'ho detto alle forze dell'ordine è stato per salvare il Comune".

La sua figura tesa e stanca è l'ultima istantanea di un'altra dura giornata: una maratona durante la quale sono stati sentiti come testi anche i due consiglieri grillini, Alessandro Nicolais e Concetta Aprile. Quest’ultima lascia la Procura e dice: "Il Movimento ci ha abbandonato. Come agnelli in mezzo ai lupi. La bomba esploderà vedrete, anche a Roma, a Napoli. Non siamo attrezzati a fronteggiare queste infiltrazioni ".

Intanto dalle carte affiorano altri elementi inquietanti. Oltre a De Robbio, ecco il nome di un altro grillino di punta, Francesco Romano, inizialmente candidato sindaco al posto della Capuozzo (si ritirerà perché anch'egli accostato a un abuso edilizio): non è indagato ma, secondo l'informativa dei carabinieri, "riveste un ruolo importante" ed è mediatore di rapporti opachi con Ferro e Cesarano nella vicenda dell'assegnazione dello stadio comunale ormai sottratto alla squadra antiracket.
Quarto, i 5 stelle: "Niente dimissioni, andiamo avanti"

"CAPUOZZO: DE ROBBIO HA VOTI DI CAMORRA"
Lo sospettava lei stessa. E ora lo dicono le carte. È il 25 novembre scorso, ben venti giorni prima dell'espulsione di De Robbio dal M5s. a Capuozzo viene sentita dal pm su racket delle pompe funebri a Quarto. Le chiedono di De Robbio, lei ammette solo di "non essere in buoni rapporti". Poi, a domanda, risponde: "Sì, non posso nascondere che ho sentito e forse letto come insinuazione che De Robbio sia stato eletto con i voti della camorra".
© Riproduzione riservata
13 gennaio 2016

Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2016/01/13/news/quarto_le_carte_dei_pm_la_capuozzo_si_a_noi_voti_sporchi_-131153714/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_13-01-2016
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« Risposta #26 inserito:: Febbraio 27, 2016, 05:43:47 pm »

Il j'accuse di Saviano: "Napoli senza futuro, per il Pd è un buco nero e De Magistris ha fallito"
L'intervista. A pochi mesi dalle comunali lo scrittore denuncia la mancanza di rinnovamento della politica. Compresi i 5Stelle


Di CONCHITA SANNINO
26 febbraio 2016
   
ROMA. "Lo sa il Pd nazionale come tratta i posti difficili del sud? Come buchi neri. E difatti tende a lavarsene continuamente le mani". Roberto Saviano non ha smesso di scagliare le sue analisi indigeste. "Quello che accade a Napoli e in Campania è esemplare, basta osservare l'offerta politica, l'assenza di un autentico rinnovamento, proprio quando si decide il destino di una capitale del Mezzogiorno sempre più povera, e più preda del crimine". Ma ne ha anche per gli altri. "I Cinque Stelle sono un'estensione della volontà di Casaleggio. E il sindaco de Magistris ha fallito l'unica missione che aveva". Uno sguardo non addomesticato né dalla fama, né dalla (periodica) lontananza. Lo scrittore guarda dall'America al Mezzogiorno e alla sua Napoli, una delle metropoli che a giugno va al voto amministrativo in una sfida che non si annuncia semplice per il Pd di Matteo Renzi.

Saviano, cos'è cambiato cinque anni dopo la svolta arancione che accomunò Napoli a Milano, Genova e Cagliari? Con quale animo andrebbe a votare, se fosse rimasto in città?
"Io non voto a Napoli perché da dieci anni vivo sotto scorta. Forse bisognerebbe chiederlo a chi vive in una città dove si spara quotidianamente, dove è quasi impossibile trovare lavoro, dove non si investe più. Purtroppo, ciò che opprime la vita di tanti cittadini, o li costringe ad andare via, non è cambiato".

De Magistris si ricandida: si è paragonato al Che, poi a Zapata. Cosa salva e cosa boccia della sua "rivoluzione"?
"Il sindaco aveva una missione e l'ha fallita. A fine mandato non è importante isolare cosa va salvato e cosa no, ma quale città si è ereditata e quale città si lascia. L'evoluzione delle organizzazioni criminali a Napoli non ha vita propria, ma si innesta nel tessuto cittadino e in quello politico e imprenditoriale. Se fino a qualche anno fa era quasi solo la periferia a essere dilaniata da continui agguati di camorra, ora si spara in pieno centro. E si spara per le piazze di spaccio. Non una parola sulla genesi di agguati e ferimenti. Non una parola sul mercato della droga che in città muove capitali immensi. Fare politica a Napoli e in Campania dovrebbe voler dire essere l'avanguardia della politica in Italia, avere idee, proposte, e tenersi lontani il più possibile dalle logiche delle consorterie".

Sul Pd ha detto, a Ballaró, che la "più credibile è la vecchia generazione, che con Bassolino ha clientele". Ma lui, osteggiato dai renziani, può raccontarsi come nuovo.
"Lo ripeto. Io vedo che il Pd nazionale si lava continuamente le mani della Campania e di Napoli. Buchi neri, così percepisce le realtà tanto difficili da gestire. Ecco perché non c'è nessuna proposta nuova, nessun percorso alternativo, ma tutto è lasciato ad assetti già esistenti. Cosa c'è da spiegare? È tutto evidente".

Il Movimento 5 Stelle appare ancora segnato dal caso Quarto: da 20 giorni non riesce a indicare il candidato sindaco di Napoli e a sedare malumori.
"Il Movimento 5 Stelle, che sul Sud poteva fare la differenza, sconta un vizio di forma: essere sempre meno un partito e sempre più un'estensione della volontà di Casaleggio. Così il codice d'onore, la multe e - vedi Quarto - le espulsioni assumono un profilo pericoloso perché antidemocratico: quello della cessione di sovranità attraverso la negoziazione privata. Per logica dovrebbe essere: se vengo eletto, credo di poter amministrare secondo le specificità del territorio. Ma nel M5S non è così, perché basta invece prendere una decisione in disaccordo col direttorio per essere cacciato via. Mi domando se gli iscritti al Movimento questa cosa l'abbiano compresa, se la ritengano giusta o la subiscano. La mia sensazione è che anche per loro la politica ormai sia solo comunicazione".

Cosa serve di più al futuro sindaco di Napoli?
"Attenzione costante. E progetti veri: da Roma, dall'Europa. Nessun politico, nessun partito può farcela senza un progetto nazionale e internazionale che sostenga la riforma della città. Chiunque creda di potercela fare inganna se e gli elettori".

Nella città dove i killer sono sempre più "bambini", gli intellettuali si dividono sulla temporanea esposizione a Roma d'una splendida opera del Caravaggio. Ha vinto il no. Lo chiedo a lei che ha fondato una corrente narrativa: ma Gomorra si può esportare e i capolavori d'arte no?
"Capisco la provocazione: un Caravaggio esposto a Roma avrebbe agito ottimamente da marketing per il turismo. Se poi è vero quanto ho letto, e cioè che il prestito avrebbe garantito fondi per una casa rifugio al rione Sanità per donne e bambini, allora credo che certe polemiche non solo siano sterili, ma anche dannose. Il Pio Monte della Misericordia, dove si trova il Caravaggio, è in via dei Tribunali, a due passi da Forcella, dove a Capodanno è stato ucciso un innocente. Mi viene da sorridere quando oltre al vincolo di inamovibilità si fa appello alla comprensione dell'opera solo nel contesto che in cui è inserito. Perché quel contesto è terribile e difficile per chi ci vive e per chi resiste".

© Riproduzione riservata
26 febbraio 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/02/26/news/il_j_accuse_di_saviano_napoli_senza_futuro_per_il_pd_e_un_buco_nero_e_de_magistris_ha_fallito_-134258007/?ref=HRER1-1
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« Risposta #27 inserito:: Ottobre 15, 2016, 07:59:25 pm »

Attori e diritti, nuova battaglia di Artisti 7607 contro il decreto Franceschini

Di CONCHITA SANNINO
Pubblicato il 12 ottobre 2016
Aggiornato il 12 ottobre 2016

ROMA. "Due anni dopo, la battaglia ricomincia daccapo", avverte Claudio Santamaria, il cui sguardo sembra dire che servirebbero tanto i panni di Jeeg Robot. "Noi andiamo avanti e non torneremo al grigiore del monopolio di Vecchio Imaie e alle incongruenze del Nuovo Imaie", sottolinea Neri Marcoré, prima di calarsi in una breve e feroce parodia sul tema "ora vi raccontiamo che fine hanno fatto quei soldi". "A dare ragione ai nostri dubbi e alle nostre domande inevase è arrivata anche l'apertura di una pratica all'Autorità Garante del Mercato, l'Antitrust", puntualizza Cinzia Mascoli.
Ma cosa ci fa quella folla di attori e artisti mischiati ad avvocati ed esperti di diritto amministrativo, nell'uggiosa mattinata, alla Casa del Cinema di Roma? C'è la conferenza stampa convocata dalla collecting "Artisti 7607", capitanata dalla presidente Mascoli. Interpreti e musicisti, non solo della meglio gioventù del cinema italiano, sono infatti di nuovo sul piede di guerra per il mancato completamento della liberalizzazione sulla raccolta e distribuzione dei loro compensi relativi alle repliche di tutti i loro lavori tv.

Si tratta, tecnicamente, della gestione dei cosiddetti "diritti connessi al diritto d'autore": questione di soldi, certo, da indirizzare con trasparenza, ma anche un principio di efficienza e di libera scelta, come quella di affidare la distribuzione del proprio denaro all'associazione che scegli in base alle tue valutazioni, e non più in regime di (opaco) monopolio come accadeva fino a 5 anni fa. Esattamente come sancito da una direttiva europea che già da anni ha aperto il mercato ma non è stata mai completamente recepita in Italia, causa anche le sovrapposizioni, i conflitti di interesse e le commistioni della Roma dello "spettacolo". E a minacciare questo faticoso percorso c'è - denunciano in conferenza - "la bozza di un decreto legislativo" già all'attenzione del ministro Dario Franceschini.
 
Lo scontro politico. Si profilerebbe su questo versante uno scontro politico tra il vertice del Ministero, propenso a limitare questo processo, e la visione del sottosegretario Luca Lotti che invece punta a tenere la barra dritta sulla liberalizzazione. Ma, a rendere anche più amara la denuncia pubblica degli artisti, c'è un elemento di ulteriore gravità: sono le numerose "intimidazioni e pressioni" esercitate su attori e lavoratori per spingerli a tornare in seno al Nuovo Imaie, le cui nuove opere sono già beneficiarie delle agevolazioni fiscali da tax credit, e a cancellare la loro iscrizione dalla "7607”, pena la perdita del lavoro e l'allontanamento dai set cinematografici o televisivi. E cos'è il Nuovo Imaie? Eredità del monopolio Vecchio Imaie cancellato per palese inefficienza visto che circa 100 milioni di compensi giacevano indisturbati senza mai essere stati distribuiti: una clamorosa incognita all'italiana, su cui non è mai stata fatta ancora chiarezza, ma è aperta un'inchiesta con una serie di indagati alla Procura della Repubblica di Roma.
 
Riso amaro in platea.  E' lungo e affollato l'incontro, nella struttura di Villa Borghese. I volti noti di "7607", sorretti dagli avvocati Riccardo de Vergottini e Domenico Sandulli e da Francesco Schlitzer (assistente legale e autore del libro "Imbizzarriti"), con gli altri attori Valentina Correani e con Elio Germano collegato via telefono, mettono nel mirino il decreto "trappola", che sarebbe già sul tavolo del ministro Dario Franceschini, e che rischia di vanificare i pochi e faticosi successi della liberalizzazione. La bozza, insomma, diventerebbe "un pericoloso passo all'indietro" perché "non delinea un coerente riordino del settore" e "di fatto sosterrebbe gli interessi dell'ex-monopolio a danno degli altri intermediari". Marcorè, Santamaria, Riondino, Correani e tutti gli altri - in sala anche registi e attori come Luca D'Ascanio, Paolo Sassanelli, Urbano Barberini, Adalberto Maria Merli - chiedono dunque ufficialmente di "approntare quei correttivi che possano garantirci il pluralismo competitivo, la libertà di scelta degli artisti e l'efficienza del sistema che regola i diritti connessi".

Marcoré la spiega così, provocando ilarità e riflessioni: "E' sempre la stessa storia, la genialata della bad company che si separa dalla new company. Insomma: le cose strane incomprensibili o un po' pasticciate sono la monnezza che finisce in un buco nero, la new company sembra bella e levigata ma non lo è. In questo caso c'era il Vecchio Imaie, diciamo che si chiama Giuseppe. Poi le massime istituzioni, compreso Prefettura, gli dicono "Non vai bene, non sei riuscito a distribuire i soldi agli artisti, non si sa cosa hai fatto" e lo chiudono e aprono un altro, il Nuovo Imaie. Bene, ma è come se tu, per fare un esempio, torni sul luogo e ti trovi sempre Giuseppe. Ah Giuseppe, sei tu? Risposta: "Non sono io, sono nuovo". Beh, allora Giuseppe, mi dai i tuoi vecchi dati, mi fai capire nei tuoi elenchi cosa c'era? Risposta: "Ah no, ma io non sono Giuseppe, sono il Nuovo Giuseppe". Riso amaro in platea.

"La legge deve stabilire norme chiare che mettano tutte le collecting a pari livello e senza alcun vantaggio o prelazione - sottolinea la Mascoli - Poi gli artisti possono decidere liberamente, a parità di norme, da quale istituto farsi rappresentare, quale istituto incaricare per ritirare i propri soldi: non chiediamo altro che chiarezza". Nello stesso solco Barberini va al microfono e dice "Scusate, ma perché il Nuovo Imaie non pubblica i bilanci e non mostra i suoi documenti? Perché non lo fanno, così magari finiscono anche le illazioni, cui non credo, su stipendi da favola ai loro dirigenti, auto di lusso e gli artisti saranno i primi ad andare da loro conquistati da integrità e trasparenza su cui non solleviamo dubbi".
 
Rai e Sky inadempienti. Come funziona oggi? Ogni volta che in tv passa un film, le collecting, vale a dire le società che si occupano della remunerazione dei diritti agli artisti, chiedono alle varie reti i dati relativi a tutto ciò che è stato trasmesso per regolare le quote degli interpreti di ogni singolo film. Un iter che, secondo la Artisti 7607, "quasi sempre è soggetto a malfunzionamento". "La Rai, ad esempio - spiegano alla 7607 - fornisce dati incompleti e insufficienti a una corretta individuazione degli aventi diritto, Sky addirittura non li fornisce e, per chi si sottrae illegalmente alla consegna dei dati, non ci sono sanzioni, si può soltanto ricorrere al tribunale. Soltanto Mediaset, va detto, fornisce dati completi". Claudio Santamaria ha letto alcuni passi del testo della direttiva 2014/26/UE, Riondino legge invece un testo che colpisce molto.
 
Le pressioni e la discriminazione. E' la lettera di forzata rinuncia alla collecting da parte di un artista, che per il pubblico deve restare purtroppo anonimo: un messaggio di raggelante chiarezza: se non mi cancellavo dalle vostre liste, non avrei lavorato. Eccola: "Mi trovo costretto a interrompere i miei rapporti con 7607.  Questa scelta, davanti alla quale trovo sia assurdo essere posti, è nata dalla volontà di sostenere un progetto cinematografico indipendente di grande valore artistico che, per beneficiare del tax credit, è costretto a scegliere attori che siano associati al Nuovo Imaie.

Mi chiedo a che punto si possa arrivare, in un paese dove è sempre più chiaro come le condizioni necessarie per lavorare non siano più la determinazione, la passione e il talento ma al contrario conti essere iscritto "al partito giusto". Incredibilmente, lo stesso nodo veniva colto qualche mese fa dall'Authority Antitrust che su questo conflitto e sulla mancata liberalizzazione ha aperto una istruttoria. Ecco l'analisi dell'Antitrust: " Le modalità mediante le quali il Nuovo Imaie utilizzerebbe i fondi per i bandi ex articolo 7 della legge 5 febbraio 1992, n. 93, finanziati con le risorse" di tutti gli artisti e interpreti "quantomeno sino alla seconda metà del 2013, sarebbero altresì tali da determinare una rilevante discriminazione tra gli artisti da essa tutelati e quelli che si rivolgono ad altre collecting". Non solo: "Da parte di produttori e registi stessi, infine, vi sarebbe una pressione sugli attori per revocare l'adesione ai soggetti nuovi entranti e iscriversi a Nuovo Imaie". La platea rumoreggia, qualcuno pronuncia parole pesanti. C'è chi torna su un set e chi no. Ma per tutti, la battaglia continua.

Da - http://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2016/10/12/news/la_battaglia_degli_attori_di_7607_contro_il_decreto_franceschini-149587320/?ref=HREC1-41
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« Risposta #28 inserito:: Aprile 29, 2017, 12:56:04 pm »

Il Pd all’attacco: "Il 5 Stelle Di Maio sostenuto dai La Torre"
Le ombre della camorra sulle amministrative a Mondragone, provincia di Caserta.
Il parlamentare messo in imbarazzo da una foto su Facebook

Di CONCHITA SANNINO
24 aprile 2017

Il Pd all’attacco: "Il 5 Stelle Di Maio sostenuto dai La Torre"
Di Maio in compagnia di alcuni giovani, attivisti del M5S di Mondragone.
Tra i commenti, quello di Francesco Tiberio La Torre

La lezione di Quarto, con il suo retaggio di regolamenti interni e ferite politiche al di là dell'inchiesta anticamorra, non sembra essere servita a molto. E un durissimo botta e risposta - ieri - tra l'eurodeputata Pd Pina Picierno e il vicepresidente della Camera del M5S Luigi Di Maio mostra come sia ancora alto e irrisolto il rischio di attrazione tra alcuni giovani di famiglie a rischio per il Movimento, in particolare. Benché - bene ribadirlo - i sospetti di collusioni non abbiano mai risparmiato in questi anni, né i democrat, né la destra, più o meno cosentiniana.

Al centro dello scontro, stavolta, tra Pd e pentastellati ci sono le presunte ombre di camorra che potrebbero allungarsi sul voto amministrativo di Mondragone, nel casertano, terreno esposto da sempre ai tentacoli di Gomorra. E ancora una volta c'è una foto, postata via Fb, che rischia di mettere in imbarazzo il vicepresidente della Camera: sostenuto (almeno via Facebook) dal figlio di uno spietato padrino di camorra, Augusto La Torre.

Quei precedenti che Di Maio spiegò
Non è la prima volta. Nel novembre scorso, Di Maio si era dovuto giustificare per una foto casualmente scattata con Salvatore Vassallo, il fratello dello stake holder dei rifiuti della camorra, Gaetano, praticamente il "ministro" del business immondizia del cartello dei casalesi, l'uomo che portava a casa 2 miliardi di vecchie lire l'anno per sotterrare tonnellate di liquidi e scarti pericolosi di natura industriale. Nel marzo 2014, altra zona dell'hinterland, Giugliano, Di Maio aveva invece spiegato la vicinanza con il figlio del boss cutoliano Corrado Iacolare: ma quel giovane, Franco, incensurato, era già attivista dei M5S a Giugliano da anni e aveva scelto un'altra strada rispetto a quell'ingombrante genitore. Già, perché l'anziano Iacolare - di cui il figlio dice "Non lo posso rinnegare, ma ho scelto un'altra vita, mi occupo di tre gelaterie"- vive da anni in Uruguay ed è sfuggito alla giustizia italiana perché considerato "inestradabile": nonostante le accuse per vari omicidi e la condanna, passata in giudicato, per associazione mafiosa.

Il nipote e il figlio di La Torre
Ad accendere stavolta lo scontro, ecco un'immagine di gruppo e messaggi di sostegno comparsi su Fb a sostegno di Di Maio, firmati, tra gli altri, dal figlio di uno spietato padrino di camorra, Augusto La Torre: prima "collaboratore di giustizia", poi espulso dal programma di protezione, oggi detenuto. La Picierno apre il fuoco, riportando quella foto di gruppo in cui compare Di Maio in compagnia di alcuni giovani, attivisti del M5S di Mondragone, tra i quali c'è un nipote (incensurato) del boss. Tra i commenti, poco più in basso, ecco arrivare anche il sostegno firmato da Francesco Tiberio La Torre, figlio del superboss: "Aria nuova - scrive lui - la speranza per i giovani si intravede, forza ragazzi".

La Picierno attacca: "A Mondragone ci saranno tra poco le elezioni amministrative, e Di Maio oggi è venuto a supportare la lista M5S. Il figlio del boss La Torre commenta entusiasta. Ma Di Maio che messaggio invia a chi a Mondragone si batte ogni giorno contro la camorra? Di Maio sa che il figlio di La Torre non ha mai preso le distanze dalla terribile storia criminale del padre? Spero voglia chiarire immediatamente da che parte sta. Sulla camorra non si scherza".

"Il M5S è contro la camorra"
Di Maio replica. "Il M5s è contro la camorra con tutte le sue forze e quindi contro quella famiglia. Non rispondo di commenti o foto rubate". Chiudendo con l'hashtag #Fantasie. E di nuovo la Picierno: "Mi fa piacere, comunicalo anche ai parenti dei boss che ti acclamano". Una storia particolare, comunque, quella del boss La Torre, che ha sempre avuto eccellenti magistrati come interlocutori : sia tra coloro che  lo accusavano, come Raffaele Cantone all'epoca pm; sia tra quelli che avevano ormai scelto il mestiere di avvocati. Difatti il padrino fu difeso a lungo dall'ex magistrato Libero Mancuso, successivamente è stato assistito dall'ex sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia, che poi ha lasciato quella difesa.

Il vicesindaco: "Fatto di inaudita gravità"
Sulla vicenda fioccano attacchi dai parlamentari Pd. Ma in particolare fa rumore "l'indignazione" del vicesindaco di Mondragone, Benedetto Zoccola, che in passato ha denunciato la camorra e vive sotto scorta.  "Che un vicepresidente della Camera, appartenente a un Movimento che ha fatto della lotta alla corruzione il proprio mantra, si faccia sostenere sui social dal figlio del boss Augusto La Torre, pluriomicida, appoggiandolo perfino in campagna elettorale, è inaccettabile. Un fatto di inaudita gravità", sottolinea Zoccola, il numero due del comune di Mondragone.

Intanto due anni fa, proprio da Quarto, zona flegrea -  dove intorno alla presunta estorsione esercitata sulla sindaca Rosa Capuozzo dall'allora consigliere Giovanni De Robbio esplose il bubbone dell'attrazione pericolosa - arrivò quell'intercettazione che avrebbe dovuto far riflettere.

 "Facciamo un passo indietro tutti i vecchi... mettiamo i ragazzi avanti... i nuovi... e noi ci stiamo dietro", teorizzava uno degli ex politici locali parlando con un amico ex Pd, Mario Ferro, poi indagato. Ed è quest'ultimo ad annuire: "L'abbiamo fatto proprio a Quarto... con questi dei Cinque Stelle". Una spia che, ben oltre le eventuali conseguenze giudiziarie, avrebbe dovuto - politicamente - parlare a tutti. Soprattutto ai "nuovi".
 
© Riproduzione riservata 24 aprile 2017

Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/04/24/news/il_pd_all_attacco_il_5_stelle_di_maio_sostenuto_dai_la_torre_-163741968/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S3.4-T1
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« Risposta #29 inserito:: Giugno 05, 2017, 11:36:50 am »

Saviano: "In Italia giustizia da incubo. E la lotta alla mafia è sparita dalle priorità politiche"

Intervista all'autore di Gomorra dopo la decisione che riammette alla professione di avvocato l'uomo che lo ha minacciato per conto dei clan: "La camorra vince nell'indifferenza di un Paese perduto.
Il ministro Orlando? Non può lavarsene le mani"

Di CONCHITA SANNINO
01 giugno 2017

NAPOLI - "Oggi la camorra ha vinto, ha vinto definitivamente". Durissimo, quasi scritto di pancia, il post su Facebook di Roberto Saviano. Lo scrittore guarda dall'America alla parabola di un avvocato accusato di collusioni per quell'istanza di remissione letta in un'aula nel 2008: eppure "riabilitato" alla professione per automatismi di garanzia interni. L'autore di Gomorra non parla solo come suo ex bersaglio di minacce. "La camorra vince nell'indifferenza di un Paese perduto e di una politica che, cercando solo consenso, fa spallucce a chi chiede giustizia", riflette. "Io ho una voce pubblica, ascolto. Tanti altri, no".

Saviano, è solo un problema di giustizia pigra e distante?
"L'amministrazione della giustizia in Italia è più che un incubo: è un dramma. E forse è il principale responsabile del collasso delle nostre istituzioni e della nostra credibilità internazionale".

Si aspettava questo epilogo?
"Non mi aspettavo certo che dopo quasi dieci anni da quella lettura in aula fatta da Santonastaso, non ci fosse ancora un giudizio definitivo. A quasi dieci anni, un uomo condannato per aver minacciato in aula per conto dei clan di camorra, un signore che - secondo la sentenza - ha cambiato per sempre la "comunicazione di camorra", diventando portavoce dei clan e indicando dei bersagli in caso di condanna, oggi torna a fare l'avvocato. Detto questo, penso che c'è anche una marginalizzazione del problema mafie".

Sta dicendo che la priorità del contrasto ai vari livelli del crimine è sempre meno sentita, anche dalla politica?
"È evidente, nel momento in cui la politica ha come unico obiettivo quello di costringere la cittadinanza a continue elezioni, la lotta ai clan non è l'unica cosa ad essere definitivamente sparita tra le priorità della politica. Il Mezzogiorno è completamente sparito dall'agenda, non esiste più. Si parla di 6mila licenziamenti all'Ilva e la risposta della politica è l'ennesima campagna elettorale. Viene voglia di stracciare la scheda elettorale".

Il ministro Orlando sottolinea che i provvedimenti disciplinari dell'avvocatura non sono materia in cui un Guardasigilli può intervenire. Sono garanzie, è la democrazia.
"Ma il collasso di una democrazia è attestato anche dal fatto che nessuno ha torto, ma nessuno ha ragione. Il ministro della Giustizia dice che la decisione è sottratta alla sua giurisdizione: vero, anche paradossale. Prendiamo il processo nato dalle minacce che mi ha rivolto Santonastaso in aula nel 2008: la condanna di primo grado è arrivata a novembre 2014. Quasi tre anni dopo, il processo di appello non è ancora iniziato tra composizione anomale del collegio giudicante, difetti di notifica, e due diverse richieste di astensione da parte del presidente del collegio a causa di rapporti di conoscenza con l'imputato. Richieste incredibilmente rigettate dal presidente della Corte di Appello di Napoli. La giustizia è al collasso, questo è il punto. Su questo, il ministro della giustizia non può lavarsene le mani. Non su questo".

La criminalità ha molti mestieri: si spara nel napoletano, ma i clan gestiscono insediamenti produttivi, dirottano voti alle amministrative.
"È evidente a chiunque conosca il Sud e le sue dinamiche criminali, a chi lo ama e vede lo stato

 di totale abbandono in cui versano intere province, che nessuno dei partiti sulla scena politica attuale è in grado di controllare il proprio elettorato al Sud. Perché, dopo aver lasciato morire l'economia, ha in gran parte consegnato il Sud alle cosche. I clan dirottano i loro voti, è vero, ma attenti: nel rapporto tra la politica e organizzazioni criminali, non è la politica a controllare le cosche. Sono i cartelli dei boss a controllare la politica".

© Riproduzione riservata 01 giugno 2017

Da - http://napoli.repubblica.it/cronaca/2017/06/01/news/saviano_giustizia_da_incubo_e_la_lotta_alla_mafia_e_sparita_dalle_priorita_politiche_-166936360/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P5-S1.8-T1
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