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Autore Discussione: Temi etici: discutiamo ma decidiamo  (Letto 2242 volte)
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« inserito:: Febbraio 19, 2008, 12:18:50 am »

Temi etici: discutiamo ma decidiamo

Ignazio Marino *


Vince chi riesce a stare più a lungo in silenzio! È la regola di un gioco che si fa coi bambini quando non se ne può più delle loro grida... Ma potrebbe valere anche per gli adulti che, ultimamente, hanno scatenato risse su temi etici. Prima il documento di alcuni ginecologi delle università romane a proposito dell’assistenza ai prematuri, poi la notizia della realizzazione di un trapianto di mitocondri in un embrione (chiamato erroneamente «embrione con tre genitori»).

Pochi giorni fa le forze dell’ordine che si presentano al Policlinico di Napoli durante un’interruzione di gravidanza. Ognuno di questi eventi non avrebbe in sé il carattere dell’eccezionalità se non si inserisse in un contesto di irragionevolezza o per lo meno di temporanea irrazionalità. Purtroppo il fenomeno ha dei precedenti: poco spazio al dibattito, all’analisi, alla documentazione e molto alla polemica, agli schieramenti contrapposti, alla brutalità verbale e non solo. Le discussioni che hanno animato il dibattito sui Dico, sul testamento biologico, sul caso Welby, le ricordiamo tutti. Per non parlare dello scontro tutto ideologico e per nulla scientifico sulla legge 40 e recentemente sulla revisione delle linee guida per adeguare la legge ai progressi medici.

Viviamo in un Paese dove scarseggia la conoscenza scientifica, o dove comunque le viene attribuito poco peso. Ma viviamo in un’epoca dove la scienza entra nelle case, nella vita di tutti i giorni. E chi affronta le implicazioni che essa porta con sé? Politici, giornalisti, opinion leader, certamente pochissimi scienziati. E invece proprio loro dovrebbero essere chiamati in causa, per lo meno per chiarire i termini delle questioni, per fornire gli elementi necessari ad una valutazione seria e rigorosa. È questo l’unico modo per evitare strumentalizzazioni dell’opinione pubblica, per fare in modo che ognuno possa formarsi un’idea propria su basi concrete e razionali. Anche questa è libertà!

Certamente non sono d’accordo con chi descrive gli scienziati come dei pazzi sconsiderati che creano, manipolano o distruggono la vita e per questo da tenere sotto stretto controllo. Gli scienziati hanno un approccio molto codificato: osservano, studiano, traggono delle conclusioni che si chiamano scientifiche proprio perché non hanno nulla a che vedere con le convinzioni personali. Per questo motivo il loro contributo ad un dibattito, o nel momento in cui si vuole proporre una nuova legge al Paese, è non solo utile ma assolutamente indispensabile.

Questo non significa che gli scienziati non abbiano dei principi personali ma, di fronte all’evidenza scientifica, faticano a sostenere il contrario. Facciamo un esempio: è scientificamente fondato il principio della legge 40 secondo cui è obbligatorio impiantare in utero tre embrioni fecondati, non uno di più non uno di meno, sia che si tratti di una donna di 19 anni che di una di 43? Sfido a trovare un ginecologo che dica di sì, anche se personalmente è contrario alla fecondazione assistita.

Facciamo un altro esempio: la legge 194 è da cambiare o va bene così? Chi lo dovrebbe dire? Giuliano Ferrara o l’assemblea delle donne? Perché non partire invece da un dato scientifico, da come è evoluta la medicina dal 1978 ad oggi e cercare di comprendere se ci sono alcuni aspetti sui quali aprire una riflessione nel rispetto dello spirito della legge?

Ogni legge, in quanto scritta da donne e da uomini in un certo momento storico, può essere aggiornata o migliorata; l’importante è che su un tema importante come l’aborto si parta da basi fondate sulla conoscenza e poi si interpretino gli elementi culturali senza muoversi da posizioni aprioristicamente contrarie o favorevoli. La presenza di un dibattito serio e scientifico su questi temi non solo determina il grado di civiltà di un Paese, ma sarebbe una vittoria della società nel suo complesso: significherebbe infatti che siamo finalmente riusciti a mettere da parte le ideologie e gli egoismi partigiani per guardare all’interesse di tutti.

A mio parere il confronto di opinioni è sempre positivo: è infatti il miglior sistema per arricchire le nostre conoscenze; le posizioni intransigenti e ideologiche non sono affatto d’aiuto.

In questo ragionamento mi sta a cuore sottolineare un’ulteriore questione: il problema della ricerca. Si parla tanto di fuga di cervelli, con i nostri giovani migliori costretti a lavorare sottopagati in Italia o ad emigrare verso paesi che premiano meglio la loro creatività. Mi sembra però che spesso le prese di posizione a favore della ricerca si riducano a dichiarazioni propagandistiche: se vogliamo un Paese competitivo e se vogliamo dare ai nostri giovani le opportunità che si meritano bisogna dare in primo luogo fiducia alla ricerca, oltre che fondi. È una questione di approccio mentale, prima ancora che finanziaria. L’avanzamento tecnologico e le nuove scoperte mediche e scientifiche comportano spesso riflessioni sui valori della nostra società, e contribuiscono ad allargare il nostro orizzonte etico. Non dobbiamo avere paura di tutto questo. Dobbiamo invece discuterne serenamente, in un dibattito basato sui fatti, in modo da poter stabilire cosa è eticamente consentito e cosa riteniamo non lo sia; ma il punto di partenza deve essere la fiducia nella ricerca, non il timore di salti nel buio. Questo non è avvenuto, per esempio, nel dibattito sul testamento biologico su cui i cittadini non hanno le esitazioni che abbiamo dimostrato noi nel dibattito parlamentare.

Io credo che il Pd, nell’affrontare tutti i temi etici, debba darsi un metodo e rispettarlo: partire dalla conoscenza, affrontare il dibattito e prendere una decisione che rifletta lo spirito maggioritario del partito, pur nel rispetto di tutte le posizioni minoritarie. Infine, e questo è un punto essenziale, il Pd deve sostenere in tutte le sedi la decisione presa, senza indugiare. Non è un problema se all’interno qualcuno la pensa diversamente, c’è spazio per ogni posizione, ma i cittadini a cui chiediamo di partecipare, di farsi coinvolgere dalla novità, hanno bisogno di sapere quale è la posizione di chi si presenta agli elettori come la forza politica che è in grado di rinnovare il Paese.

*Chirurgo, Presidente commissione sanità del Senato


Pubblicato il: 18.02.08
Modificato il: 18.02.08 alle ore 8.14   
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