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Autore Discussione: Luigi Bonanate. Il voto e l'ombra delle Torri  (Letto 2310 volte)
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« inserito:: Febbraio 12, 2008, 03:32:56 pm »

Il voto e l'ombra delle Torri

Luigi Bonanate


La notizia è più clamorosa di quanto possa apparire a prima vista: il Pentagono, una struttura militare, si sostituisce alla legge, si comporta da Pubblico ministero e chiede la condanna di sei presunti terroristi! Ci avevano insegnato, gli stessi Padri del costituzionalismo americano, che la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) era una delle principali garanzie del sistema democratico. Ora, se la toga viene indossata da un militare, che dire: sembrerà un «travestito»!

Ma ancora più imponente è un secondo profilo: dopo che ha subito un oltraggio tremendo come quello delle Torri Gemelle, lo stato democratico ha o no il diritto di mettersi sullo stesso piano dei criminali che persegue? La punizione può esser tratta dallo stesso livello del delitto?

Anche su questo la civiltà giuridica, e ancora con una lezione che viene almeno dai tempi di Cesare Beccaria, ci ha ammonito: la legge sta al di fuori, al di sopra, delle nostre passioni e delle nostre indignazioni. Non esiste neppure un crimine che possa giustificare una condanna a morte — ormai l’abbiamo compreso quasi tutti. Quasi: i codici penali militari continuano a prevedere, in effetti, praticamente in tutto il mondo, anche la pena di morte per reati gravissimi in situazioni di eccezione e di straordinaria urgenza. Ora, si dovrà pur ammettere che, per quanto grave sia stato lo sfregio, in questo momento non c’è alcuna urgenza che prema alle porte. Anzi, un processo ben fatto, con tutte le garanzie del caso, con i riflettori puntati sui giudici e sugli avvocati, con un pubblico attento, ebbene tutto ciò sarebbe proprio quanto di meglio uno Stato che sappia vivere la sua democrazia senza panico e senza complessi possa fare. E invece ci sentiamo già dire che non tutte le prove a carico potranno essere sottoposte alla verifica degli avvocati difensori: specie quelle raccolte nelle prigioni segrete o per mezzo di torture (ammesse dallo stato d’eccezione del «Patriot Act») non potranno essere sottoposte a controinterrogatorio. Se inoltre l’accusa è (secondo il generale Hartmann, che conduce l’azione giudiziaria per il Pentagono) di aver dato vita a un «piano di lungo termine per attaccare gli Stati Uniti d’America», che cosa ci si può aspettare, se non un accanimento contro chi, di attaccare gli Stati Uniti - se le parole hanno ancora un senso - non si era mai sognato?

Tutto ciò, comunque, non è il risultato di un’istruttoria in piena regola, come siamo abituati a vederne (e poi critichiamo la nostra magistratura!), in cui un’intercettazione estorta viene annullata, ma la decisione assunta da un organo militare che si investe di una dignità giurisdizionale, con la richiesta di condanna a presunti terroristi uno dei quali (per non fare che un esempio) sarebbe accusato di aver fatto da istruttore di volo per alcuni di coloro che poi pilotarono davvero gli aerei. Prove evanescenti, difficili da corroborare, specie in un sistema processuale come quello americano con gli interrogatori incrociati. Chi interrogherà chi, in questo caso? Ci saranno davvero la pazienza e la voglia di ascoltare gli accusati e farli cadere in contraddizione, oppure essi partiranno già condannati?

Vecchi fantasmi ogni tanto sembrano nuovamente turbare la nostra quiete. È fin dai tempi della prima guerra mondiale che i vincitori processano i vinti; e lo hanno purtroppo sempre fatto in processi del tutto irrituali e non garantiti. Ma la forza della vittoria acquisita poteva anche giustificare qualche arroganza. Ora no: e ce lo dobbiamo dire tutti ben chiaro l’uno all’altro. Il terrorismo non si sconfigge con le condanne; i terroristi non formano un esercito, sgominato il quale si torna in pace. Il terrorismo può essere battuto soltanto dalla democrazia, dalla saldezza delle istituzioni che non solo non vacillano sotto nessun colpo (per quanto pesante sia), ma anzi reagiscono rifuggendo dal puro e semplice spirito di vendetta, imponendo la superiore forza della legge così come essa è difesa dallo stato di diritto.

Forse nelle prossime ore i concorrenti alla Casa Bianca dovranno esprimersi su questa nuova zeppa che casca loro tra i piedi (Guantanamo non ha fatto che produrne, in continuazione): scommetto che le loro risposte ci daranno la possibilità di esprimere il nostro giudizio sulla loro caratura democratica.

Pubblicato il: 12.02.08
Modificato il: 12.02.08 alle ore 10.07   
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