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Autore Discussione: Il potere si sposta a Est Ignacio Ramonet  (Letto 2207 volte)
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« inserito:: Febbraio 11, 2008, 05:52:32 pm »

Il potere si sposta a Est

Ignacio Ramonet


Il taglio dei tassi annunciato dalla Federal Reserve degli Stati Uniti riuscirà ad impedire la recessione in America e a sventare lo spettro di un collasso mondiale? Molti esperti ritengono di sì. Nel peggiore dei casi ritengono che potrebbe intervenire un rallentamento della crescita. Altri osservatori dei Paesi capitalisti sono molto preoccupati. In Francia, Jacques Attali prevede un crollo a Wall Street, sede della Borsa di New York e garante ultimo della piramide dei mutui, mentre Michel Rocard è convinto che sia imminente una crisi mondiale e che il sistema sia sul punto di esplodere.

Ci sono molti segnali di allarme. C’è un rinnovato interesse per le riserve aurifere e c’è una corsa a comprare - il prezzo dell’oro è cresciuto del 32% nel 2007. Tutte le principali istituzioni economiche, compresi il Fondo monetario internazionale (Fmi) e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), prevedono tassi di crescita più bassi in tutto il mondo.

Il tutto è cominciato quando nel 2001 è scoppiata la bolla di Internet. Per salvare gli investitori, l’allora presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan, decise di incoraggiare il mercato immobiliare inaugurando una politica di tassi bassi e riducendo gli oneri fiscali sulle proprietà immobiliari. In questo modo gli intermediari finanziari e gli agenti immobiliari si sentirono incentivati a convincere un maggior numero di persone ad investire nel mattone.

Di qui il sistema dei mutui subprime, i rischiosissimi mutui a tasso variabile per le famiglie a basso reddito o per le famiglie che potevano offrire scarse garanzie. Ma nel 2005 la Federal Reserve alzò quegli stessi tassi che aveva appena ridotto. L’intero sistema andò in tilt e le conseguenze sul sistema bancario internazionale si sono fatte sentire nell’agosto del 2007.

Con tre milioni di famiglie americane in stato di insolvenza e debiti per un totale di 200 miliardi di dollari, alcuni importanti istituti di credito si sono trovati a corto di liquidità. Per far fronte a questa situazione hanno venduto ad altre banche crediti tutt’altro che sicuri. Le banche li hanno inseriti in fondi di investimento speculativi e i fondi sono stati rivenduti alle banche di tutto il mondo. In questo modo la crisi si è diffusa a macchia d’olio investendo l’intero sistema bancario.

Importanti istituti finanziari, tra cui la Citigroup e la Merryl Lynch negli Stati Uniti, la Northern Rock in Gran Bretagna, la Swiss Re e l’UBS in Svizzera e la Societé Generale in Francia, hanno subito perdite enormi - e temo che altre ancora ne debbano subire. Per limitare i danni, molte grosse banche hanno dovuto accettare fondi provenienti da istituti controllati dalle potenze emergenti dell’Asia e dai regimi ricchi di risorse petrolifere.

Il vero ammontare dei danni non è ancora chiaro. Le banche centrali degli Stati Uniti, dell’Europa, del Regno Unito, della Svizzera e del Giappone hanno immesso nell’economia miliardi di dollari dall’agosto del 2007 senza però riuscire a restituire fiducia agli operatori. La crisi si è diffusa dal settore finanziario al resto dell’economia. Diversi fattori - il repentino crollo dei prezzi degli immobili negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Irlanda e in Spagna, la caduta del dollaro, la stretta creditizia - fanno prevedere un declino della crescita. A questo si aggiunga l’incremento del prezzo del petrolio, delle materie prime e dei prodotti alimentari. Sono tutti ingredienti di una crisi destinata a durare, la crisi più grave da quando la struttura dell’economia mondiale si basa sulla globalizzazione.

L’esito dipende dalla capacità o meno delle economie asiatiche di sostituirsi agli Stati Uniti come locomotive dell’economia mondiale. Un altro segno, forse, del declino dell’Occidente e del fatto che il centro dell’economia mondiale sta per spostarsi dagli Stati Uniti alla Cina. Questa crisi potrebbe segnare la fine di un’era.

* * *

Ignacio Ramonet è un giornalista e scrittore spagnolo

È redattore capo di Le Monde diplomatique
© 2008 Le Monde diplomatique
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

Pubblicato il: 11.02.08
Modificato il: 11.02.08 alle ore 8.18   
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