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Autore Discussione: A diciassette anni, Lepa Radić scelse l’onore invece della vita.  (Letto 23 volte)
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« inserito:: Novembre 07, 2025, 05:00:01 pm »

Gianni Gavioli

Viaggio nella Storia

In un’Europa devastata dall’occupazione nazista, dove il terrore aveva preso il posto della speranza e le strade odoravano di paura, una ragazza di appena diciassette anni decise di non piegarsi.
Il suo nome era Lepa Radić.

Era nata nel 1925, in una piccola cittadina della Bosnia, in una famiglia contadina semplice e orgogliosa. Crebbe tra i campi, i monti e le voci antiche della sua terra. Amava leggere, studiare, sognava un futuro sereno. Ma la guerra le strappò via l’infanzia troppo presto.

Quando le truppe naziste invasero la Jugoslavia nel 1941, Lepa vide il suo paese frantumarsi sotto il peso dell’odio. Vide uomini deportati, case incendiate, bambini rimasti soli. E capì che il silenzio non era più possibile.
Aveva solo sedici anni quando si unì ai partigiani jugoslavi, il movimento di resistenza che combatteva contro l’occupazione tedesca.

Non portava un fucile sulle spalle ogni giorno, ma la sua missione era altrettanto rischiosa: trasportava armi e medicinali, curava i feriti, portava messaggi segreti da un villaggio all’altro. Ogni passo era una sfida alla morte.
Lepa non cercava la gloria. Cercava la libertà.
E lo faceva con una calma e un coraggio che molti uomini adulti non seppero mai trovare.

Nel febbraio del 1943, durante la battaglia di Grmeč, i tedeschi accerchiarono il suo gruppo. Dopo giorni di scontri feroci, Lepa fu catturata. La interrogarono, la picchiarono, cercarono di spezzarla.
Ma non ci riuscirono.

Quando le offrirono la vita in cambio dei nomi dei suoi compagni, Lepa li fissò con occhi limpidi e rispose:
“Non sono una traditrice del mio popolo.”

All’alba del 8 febbraio, la condussero nella piazza di Bosanska Krupa. Aveva il viso gonfio, i capelli disordinati, ma lo sguardo era sereno.
I soldati tedeschi prepararono la corda. La folla, terrorizzata, guardava in silenzio. Qualcuno piangeva.
Lepa salì al patibolo con passo fermo, le mani legate dietro la schiena. Si voltò verso la gente e gridò parole che ancora oggi restano scolpite nella memoria dei Balcani:

“Compagni, non temete per me! Il mio sacrificio servirà alla libertà! Combattete e vincerete!”

Poi sorrise.
Un sorriso lieve, quasi dolce.
Un sorriso che fece impallidire i suoi carnefici.

Pochi istanti dopo, la corda si tese. Ma quel sorriso rimase sospeso nell’aria, come una luce che non si spegne.

Lepa Radić non morì sconfitta: morì invincibile.
Aveva solo diciassette anni, ma il suo nome divenne leggenda. In Jugoslavia fu onorata come Eroina Nazionale — la più giovane del Paese a ricevere quel titolo.

La sua storia non è solo un ricordo di guerra: è un messaggio di coraggio, di lealtà e di dignità.
Ci ricorda che la libertà non è mai gratuita, e che a volte sono i più giovani a insegnarci cosa significa non arrendersi.

A diciassette anni, Lepa Radić scelse l’onore invece della vita.
E in quella scelta trovò l’eternità.

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Nella fotografia:

La Morte vide il tuo Viso Austero e si impauri', . . . lascio' fare al servo nazista!
ggiannig
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