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« inserito:: Marzo 28, 2025, 07:10:34 pm » |
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Roberto Weitnauer
L’UCRAINA E QUELLI COME D’ALEMA Massimo D’Alema afferma di avere ricevuto in passato una richiesta d’aiuto, definita come “disperata”, da parte del Presidente Zelensky. L’ha raccontato D’Alema stesso in un recente convegno. Scriverò del rapporto con Zelensky tra poco. Rilevo intanto che nel dibattito tra Gianfranco Fini, presente al convegno, e D’Alema quest’ultimo ha accusato l’Europa di aver voluto spingere per una guerra che secondo lui nessuna delle due parti avrebbe potuto vincere. Questo è dunque il punto di partenza del nostro detentore della sfera di cristallo: una guerra inutile che si poteva concludere subito. Personalmente credo poco al racconto dell’ex-Premier italiano, ma soprattutto vedo come costui con l’età e di fronte alla storia contemporanea si sia ormai ridotto a una miseria intellettuale, incapace di comprendere gli eventi e spiazzato dal mutare dei tempi. D’Alema non è certo il solo. Fra i post-comunisti sono diversi i “pensatori” che mantengono la stessa prosopopea di un tempo, ma si sono raggrinziti, diventando macchiette del tutto paragonabili a Salvini. Il disarmo è l’unica proposta che, irresponsabilmente, sono in grado di avanzare. La loro ideologia si scioglie come neve al sole di fronte alla mancanza della semplice divisione di un tempo tra Occidente e Russia. Ora è più complesso. Gli Usa, da sempre odiati, stanno andando incontro agli idoli di un tempo, quelli che hanno attuato il socialismo reale. D’Alema ha a lungo denigrato la resistenza ucraina contro l’imperialismo di Putin. Ha sostenuto che i veri tiranni sono i paesi democratici occidentali, Usa per primi, e che la Russia non vuole espandersi a ovest, ma cerca soltanto un nuovo assetto multipolare del tutto pacifico. Secondo lui non sarebbe dunque corretta la distinzione tra aggressore e aggredito. Questo punto di vista non farebbe che soffiare ingiustamente e pericolosamente sul fuoco del bellicismo. Russia e Cina, spiega D’Alema, starebbero lottando per un mondo più giusto. È tutto negli annali recenti. E pensare che D’Alema fu quello che accettò di bombardare i serbi, perché altrimenti l’Italia sarebbe rimasta un “paese di serie B” (testuali parole). Ma vabbè. Supponiamo che sia vero che il confronto militare in Ucraina non può avere sbocco. In tal caso assistere militarmente l’Ucraina sarebbe ancora più doveroso per non farla soccombere subito. Viceversa arrivare subito e senza un’assistenza militare a una pace con cessione di territori ucraini implicherebbe porre le premesse per ulteriori aggressioni russe. Il controllo militare della pace sarebbe subordinato all’invio di truppe che la Russia, in quel caso ancora ben in forma, considererebbe come nemici da combattere. In sostanza le argomentazioni di D’Alema conducono comunque alla guerra, feriscono il Diritto Internazionale e proiettano l’Europa in una condizione di molto maggiore insicurezza. Tuttavia quello che D’Alema pone come postulato, cioè che non ci possano essere vincitori, non è vero. Nel corso della storia la Russia ha perso diverse guerre. Per esempio, i russi si sono dovuti ritirare dall’Afghanistan che avevano invaso. Mosca sta ora cercando di ricostituire l’impero su cui dominava prima del crollo dell’URSS; anche quella fu una sconfitta. In questo sforzo assurdo è stata costretta a ricorrere a un’economia di guerra che, insieme alle sanzioni, la sta letteralmente strozzando. La storia che le sanzioni non le facciano male è una barzelletta. Putin non avrebbe potuto continuare a lungo a reggere il logorio di questo conflitto impostato sulla “risposta flessibile” dell’Occidente, per quanto quest’ultima sia stata purtroppo zoppicante. Non è un caso che oggi stia premendo sugli americani per farsi alleviare le sanzioni (cominciando da quelle agricole e sui fertilizzanti). Il confronto tra le risorse economiche occidentali e quelle russe è impietoso. Malgrado le risorse di cui dispone, la Russia ha un Pil nettamente inferiore a quello italiano. Eppure il tiranno sapeva anche che gli occidentali si stavano a loro volta logorando sul piano politico e psicologico; ha quindi fatto di tutto per insistere militarmente, usando la retorica militare e scommettendo pericolosamente sull’abbandono occidentale. Per lui, che proprio un geniaccio non è, l’avvento di Trump è stato una manna; ed è stata una disgrazia per noi. Solo che quelli come D’Alema, con i loro schemi ideologici, non riescono ad adattarsi alla nuova condizione per fare un minimo di proiezione sensata. Come però accennavo, in quel dibattito D’Alema ha raccontato di essere stato interpellato dal Presidente ucraino in cerca di supporto diplomatico. Zelensky gli avrebbe confidato timori relativi allo sfilamento degli americani e all’inaffidabilità degli europei. D’Alema parla inoltre di una richiesta “disperata”, il che mi fa venire molti dubbi, dato che Zelensky aveva mille altre possibilità diplomatiche. Non è che D’Alema, dopo quanto aveva esternato, fosse proprio il soggetto più adatto. Che peso poteva ancora avere D’Alema nel gremio internazionale? L’ex-Primo ministro italiano racconta comunque che è andato prima in Brasile dall’amico Lula per intercedere in favore degli ucraini. Ma il Presidente brasiliano gli avrebbe risposto picche e gli avrebbe consigliato di occuparsi piuttosto dei palestinesi. Fu così la volta dei cinesi, aggiunge D’Alema. A Pechino questi gli avrebbero risposto che pensavano a una coalizione internazionale (come nel Kosovo). In effetti è notizia recente che i cinesi non disdegnerebbero fare parte del gruppo di “volenterosi” che si propongono di supervisionare con la forza militare gli accordi finali tra ucraini e russi. D’Alema racconta infine che il responsabile della politica estera del partito comunista cinese - mica l’ultimo dei sottosegretari, sottolinea il nostro - l’avrebbe congedato con queste parole: “sa, lei è il primo europeo venuto a parlarci di questo, gli altri ci chiedono solo di non sostenere la Russia”. Come se anche i cinesi, come già Zelensky, non aspettassero che uno come lui, il deus ex machina. Insomma D’Alema, tanto per cambiare, se la canta e se la suona. Vuole apparire come una sorta di guru veggente e fa invece una figura meschina. E la stessa figura avvilente la fanno quelli come lui, residuati umani patetici di un’ideologia rigida, inutile come strumento per capire la natura umana e gli eventi che si producono nel pericoloso mondo contemporaneo. Almeno il pacifismo di Salvini, lo spessore intellettuale del quale si misura in nanometri, non ha pretese di richiamarsi a vette del pensiero politico. Si capisce subito che si tratta di un opportunismo da quattro soldi. Quelli come D’Alema vorrebbero invece farsi ancora grandi in un presente che non capiscono e non solo li ha superati, ma anche doppiati. Stanno vivendo una crisi d’identità che dovrebbe farli ragionare, ma piuttosto di ammetterlo, preferiscono mostrare uno Zelensky disperato che si appella proprio a loro e ai loro valori decaduti. Non è opportunismo, è piuttosto ipocrisia e disconoscimento del proprio fallimento. Credo quasi che, più che un'analisi storica, occorra lo psicologo.
da - FB del 28 marzo 2025
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