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Autore Discussione: Nadine Gordimer - Il mio Sudafrica, di Emilia Ippolito  (Letto 2636 volte)
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« inserito:: Gennaio 30, 2008, 10:55:29 am »

Il mio Sudafrica

di Emilia Ippolito


Amori. Passioni. Tradimenti. Ma anche l'apartheid, la rivoluzione tradita di Mandela. Nadine Gordimer, regina della letteratura mondiale, si racconta. Alla vigilia dell'uscita del suo nuovo e atteso romanzo. Colloquio con Nadine Gordimer  Un ritratto di Nadine GordimerGli esseri umani sono sempre una sorpresa. Anche se ami una persona, anche se ci vivi insieme per decenni, non la conosci mai abbastanza. Certo, c'è identificazione ed empatia, ma una totale unità di intenti e di sentimenti, quella no. Il fatto è che a tanti di noi piace fare due vite parallele, senza sapere neanche perché. Forse è la forza sorprendente e travolgente della passione... A 85 anni, un Nobel vinto nel 1991, 15 lauree honoris causa tra cui quelle di Yale, Oxford e Cambridge, e con 70 anni di lavoro di scrittrice alle spalle, Nadine Gordimer, è un'acclamata regina della letteratura mondiale, nonché una delle teste più lucide e spregiudicate del globo terrestre.

Sudafricana, militante dell'African national congress, il partito di Nelson Mandela (era tra le prime persone che lui ha voluto vedere, appena liberato dalla prigione di Robben Island; mentre il suo impegno politico diretto risale al massacro di Sharpeville nel 1960), presidente del Pen International, la Gordimer dice a 'L'espresso': "Ho avuto fortuna nella vita, ho conosciuto persone meravigliose come Mandela, ho potuto inventarmi dei personaggi immaginari, ho vissuto tempi di lotta all'apartheid e ho potuto raccontare tutto questo. Durante l'adolescenza mia madre mi incoraggiava a scrivere, forse per questo sono diventata una scrittrice".

Infatti, la bibliografia di Gordimer conta svariate decine di titoli, non solo romanzi e racconti, ma anche testi politici e filosofici. Nata a Springs, un sobborgo di Johannesburg, Nadine a soli 15 anni pubblicava i suoi racconti. Nel 1949 esordisce con un vero libro, 'Faccia a Faccia'. Tra i lavori più recenti: 'L'aggancio', 'Sveglia!', 'Il salto', pubblicati in Italia da Feltrinelli. Ora, sempre da Feltrinelli sta per uscire: 'Beethoven era per un sedicesimo nero'. È un insieme di racconti, lodatissimi dalla critica anglosassone, in cui si parla di identità, amore, rapporti di coppia, e ovviamente del Sudafrica e della violenza. L'anno scorso, la Gordimer infatti fu aggredita a mano armata nella sua villa a Johannesburg. Ma non vuole dare ascolto a chi, tra gli amici, le consiglia di andarsene via. "Sarebbe ridicolo farlo dopo aver sopportato le difficoltà di 46 anni di segregazione razziale. E poi, cosa andrei a fare in Europa? Io sono africana e voglio cambiare la realtà del mio Paese", dice.

Signora Gordimer. Partiamo dal libro. Il racconto da cui prende il titolo 'Beethoven era per un sedicesimo nero' narra la storia di un accademico sudafricano bianco che all'improvviso scopre di avere antenati di colore. Ma la cosa non lo spaventa, anzi è motivo di vanto e gioia.
"Fino a poco tempo fa tutti noi, non soltanto nel mio Paese, ma ovunque, eravamo convinti che i bianchi, gli europei, dovessero governare il mondo. Ora quest'idea è obsoleta. Ovunque stiamo scoprendo che siamo tutti un po' di colore. Non solo. Abbiamo scoperto di avere tante identità, spesso contraddittorie. Pensi a Daniel Barenboim, israeliano e allo stesso tempo, da pochi giorni, cittadino palestinese. Riconoscere e accettare tutte queste nostre identità è auspicabile ed è utile. Non si perde niente, ci si guadagna: altri sogni, altri amici. Le sorprese fanno bene agli umani".

Amore, passione, tradimento, le tensioni tra desiderio di una famiglia e allo stesso tempo di eterna indipendenza, la perdita dell'innocenza e l'illusione dei sogni di gioventù. Coppie che vivono questi conflitti popolano i suoi libri. Da dove prende spunto per queste tormentate vite di coppia?
"L'essere umano è sostanza complessa e non convenzionale, che genera storie intricate. Abbiamo mariti che all'improvviso si innamorano di una giovane donna dopo trent'anni di matrimonio perfetto, o donne in carriera che hanno un amante per anni, vivendo nell'ambiguità di una vita matrimoniale armoniosa da un lato e di una passione torrida dall'altro".

E come si vive questa ambiguità?
"Più o meno tranquillamente. Si vivono infatti due vite parallele. Ma sarebbe riduttivo e banale dire che tutto questo lo si fa semplicemente per soddisfare un latente desiderio di trasgressione".

Vale a dire?
"Bisogna accettare le persone, partner inclusi, per quello che sono".

'Sognando i morti' e 'Allesverloren', altri due racconti del libro in uscita, trattano il tema dell'aldilà, della negazione della morte e della perdita a essa legata. Nel testo ricorda due dei suoi migliori amici che sono mancati da pochi anni: Susan Sontag ed Edward Said. La memoria può alleviare il dolore di una perdita definitiva?
"La memoria ha un doppio valore. Può essere magnifico ricreare lieti eventi del passato legati a persone che abbiamo perso. È bello sognare gli amici o i genitori che non ci sono più. Ma può essere terribile ricordare eventi spiacevoli, specie se legati a errori o a brutalità. Molti sudafricani neri ricordano ogni giorno l'esperienza del carcere, o i propri morti assassinati. E questi ricordi influenzano il presente e quindi anche il futuro. Dall'altro lato esiste il ricordo personale, per esempio di una appassionata storia d'amore. Ma un bel ricordo di torride passioni ognuno se lo tiene gelosamente per sé, nell'ambito strettamente individuale".

Lei lo fa? Non usa le sue passioni come materiale narrativo?
"Io faccio la scrittrice. La letteratura non è autobiografia".

Da tutto quello che ha detto si può desumere che la vita, per essere degna di essere vissuta, deve essere sorprendente. Lo suggerisce anche in 'Finali alternativi', dove auspica addirittura la necessità di una varietà di finali in romanzi e racconti.
"Gli scrittori non amano parlare di come scrivono. Si scrive e basta. Certo, ci vuole empatia e fantasia. Mi spiego. Se decidessi di scrivere su di lei, una giornalista che, un giorno, interrompe le sua attività quotidiane per chiedere di parlare con una scrittrice straniera all'altro capo del mondo, immaginerei lei, la sua casa, la sua giornata, le sue attività, i suoi pensieri ed emozioni. In altre parole: in questo istante sto inventando la sua vita. Questa sua nuova vita inventata, quindi alternativa, non corrisponderebbe però alla sua vita reale, dal momento che non la conosco. Ecco le vite e i finali alternativi. Sono scelte arbitrarie che un autore compie di continuo, fa parte del mestiere".

Nei suoi racconti parla però spesso della difficile situazione economica, e non solo, nel suo Paese, e della politica delle pari opportunità che al momento colpisce i bianchi a vantaggio dei neri. Qualche volta la fiction ricalca la realtà?
"Le difficoltà le provano soprattutto i cittadini di colore".

Ma se il Sudafrica è pieno di manager neri...
"Nelle grandi città i neri stanno facendo carriere eccellenti, uguali ai bianchi. Ma nelle zone rurali vivono nelle baracche, senza luce, acqua o gas. Per quanto riguarda le pari opportunità, non dimentichiamo che il razzismo in Sudafrica è stato istituzionalizzato per 46 anni, quindi non credo che noi sudafricani bianchi abbiamo motivo e diritto di lamentarci. Dobbiamo fare i conti con una eredità terribile e vecchia alcuni secoli. È a partire dal '700 che i bianchi, da questa parte, hanno oppresso chiunque fosse di colore diverso. Adesso tanti si sorprendono e mi chiedono: come mai ci sono tuttora tanti problemi in Sudafrica? Trovo questa ingenuità storica sconcertante. Scusate, ma siamo una democrazia da appena 13 anni, meno di una generazione. Persino antichissime democrazie europee, come quella francese, si confrontano quotidianamente con problemi di criminalità e sicurezza legati a conflitti razziali e sociali. Dateci tempo".

Lei, oltre a scrivere libri, è militante dell'Anc. Nel suo precedente romanzo 'Sveglia!' (2006), parla di Aids, inquinamento, analfabetismo.
"Sono problemi da risolvere. E ci sono le idee per affrontarli. Manca però il personale. I migliori professionisti vanno all'estero, dove sono meglio retribuiti. E sono preoccupata per la recente elezione di Jacob Zuma alla presidenza dell'Anc (carica da cui vorrebbe candidarsi a presidente della Repubblica, ndr). Zuma è sospettato di corruzione in traffico d'armi. Si parla di somme ingenti. Ma non c'è ancora una data per il processo. E non sappiamo se ci sarà, e se verrà condannato".

Sta raccontando di una rivoluzione fallita. Da Mandela a Zuma: un leader che tutti dicono essere corrotto e autoritario. Una parabola, classica nel mondo moderno, arrivata in Sudafrica. E i valori di Mandela che hanno incantato il mondo intero?
"Sa cosa mi rattrista di più? Zuma era un eroe durante l'apartheid. Si battè coraggiosamente e sacrificò molto alla lotta contro quella demagogia che ora egli stesso rappresenta. Mi chiedeva dei valori. Bisogna guardare alla storia, prima che ai valori. In Sudafrica a molti mancano generi di prima necessità. Queste persone non hanno istruzione, e quindi non hanno accesso a buoni posti di lavoro. Ecco perché arriva un demagogo e promette loro il paradiso. Qualche volta penso alla Germania che diede credito a Hitler. Ma ho una speranza. Diceva Lenin: prima la politica, poi l'economia. Dobbiamo eleggere un buon governo, e così anche l'economia andrà bene: siamo pur sempre il Paese più ricco del continente. E Zuma sarà solo un brutto ricordo, un avventuriero fallito".

Torniamo alla questione dell'identità. Lei spesso critica chi in Europa soffre di complessi di colpa nei confronti all'Africa. Perché?
"Perché è sbagliato e riprovevole. Il senso di colpa di voi europei nei confronti di noi africani è un'idea che rende l'Africa soltanto un riflesso della coscienza, sporca, dell'Europa. Siamo invece africani e orgogliosi di esserlo. Che l'Europa si trovi altri clichés con cui identificarsi".

In Sudafrica ci sono bravi autori di ottimi romanzi come Damon Galgut ('Il buon dottore', Guanda), sono stati prodotti film come 'Tsotsi' (Oscar come miglior film straniero nel 2006), ma anche 'Blood Diamond' con Leonardo DiCaprio, o 'Il Giardiniere Costante' con Ralph Fiennes e Rachel Weisz...
"Ma mancano scuole, biblioteche, giornali letterari. 'Tsotsi' è un ottimo film, una produzione anglo-sudafricana con cast e regista autoctoni. Ma trovo le produzioni americane con star non sudafricane irritanti".

Alcuni dei suoi romanzi si prestano a una sceneggiatura: 'Un'arma in casa', 'L'aggancio', 'Sveglia!'. Come accoglierebbe eventuali proposte?
"Mia cara, nessuno me ne ha fatte, finora! Be', a dire il vero un film tratto da un mio vecchio romanzo, 'Un mondo di stranieri '(1958), fu realizzato qui negli anni dell'apartheid con cast sudafricano, da un regista danese: Henning Carlsen. Era un buon film".

Perché non le fanno proposte?
"Forse perché sanno che rifiuterei sceneggiature che modificassero troppo la trama dei miei libri o ne cambiassero il senso".

Qualche consiglio agli aspiranti scrittori?
"Leggete più che potete, e rileggete con occhio critico. Lasciate perdere i corsi di scrittura creativa, e non fate mai leggere ad altri un lavoro in corso, non si sa mai, qualcuno potrebbe poi avere la vostra stessa idea... Si immagini che Thomas Mann leggeva ogni sera alla sua famiglia quanto aveva scritto durante la giornata. Mamma mia!".

Progetti per il futuro? Idee, nuovi lavori...
"Ho una certa età. Ma ho sempre nuovi progetti. E non ne parlo prima di averli terminati, come ho appena detto".

(30 gennaio 2008)

da espresso.repubblica.it
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