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Autore Discussione: MARCO BRACCONI -  (Letto 5669 volte)
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« inserito:: Gennaio 29, 2008, 05:10:59 pm »

POLITICA

Prima il presidente di Confindustria, poi mons. Betori, infine Sangalli

E il terzetto Bossi-Fini-Berlusconi, che punta tutto sulle urne, rischia l'isolamento

E per il leader del Pd che chiede riforme e meno tasse applausi dei commercianti

Montezemolo, la Cei, Confcommercio

Si allarga il fronte del no alle elezioni

di MARCO BRACCONI

 
ROMA - Luca Cordero di Montezemolo è stato il primo. Definendo addirittura "disperata" la sua richiesta di fare una nuova legge elettorale prima di tornare alle urne. Poi è arrivata la Chiesa, con le parole di monsignor Betori. E quindi la Confcommercio, con la presa di posizione del suo leader Sangalli. Nel Paese, sullo sfondo delle consultazioni al Quirinale, si allarga il fronte del 'no al voto'. E il terzetto dei pasdaran delle elezioni anticipate Bossi-Fini-Berlusconi, pur se fortissimo in termini di peso politico e numeri in Parlamento, rischia di restare isolato.

Tra i leader politici è Veltroni quello più impegnato nella ricerca di una strada che porti ad un governo per le Riforme. Che sia "minimo" (solo la legge elettorale e a voto a giugno) o "massimo" (un programma di riforme più vasto e alle urne nella primavera del 2009). Ma oltre alle alleanze trasversali in Parlamento (Casini e Bertinotti su tutti), su questo tema specifico il capo del Pd può contare sull'appoggio esplicito di pezzi da novanta come Vaticano, Confindustria, Confcommercio. Poteri che pesano in una partita delicata - e ancora apertissima - come quella che si va giocando in queste ore.

Segnali, e nemmeno di fumo, ne arrivano. Per esempio gli applausi ricevuti dallo stesso Veltroni dalla platea dei commercianti, soddisfatti della parola d'ordine sul fisco: "Presione eccessiva, pagare meno per pagare tutti".

Ma quello che più colpisce, nelle dichiarazioni delle ultime ore, la inequivocabilità. Non sono frasi a mezza bocca, né ammiccamenti. Sono discese in campo. Sangalli, presidente di Confcommercio: "Serve governabilità reale, pensiamo che la riforma della legge elettorale sia importante e che il confronto debba arrivare a compimento". Betori, segretario della Cei: "Vorrei esortare tutti i soggetti politici a mettere sempre davanti il bene comune rispetto agli interessi di parte. La soluzione alla crisi di governo dovrebbe nascere da un accordo fra le parti e deve avere come proprio orizzonte il rispetto dell'autentica democrazia".

Di Montezemolo, che anche oggi è tornato ad appellarsi alle "forze migliori del Paese", s'è detto. E volendo si possono mettere nel conto anche le parole pronunciate alcuni giorni fa dal commissario Ue Almunia ("Serve una prospettiva di stabilità"). Ce n'è abbastanza per poter dire che le elezioni anticipate hanno tanti nemici, troppi. Almeno abbastanza da poter dire che l'esito di questa crisi non è affatto scontato.

(29 gennaio 2008)

da repubblica.it
« Ultima modifica: Agosto 27, 2013, 11:45:45 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #1 inserito:: Febbraio 17, 2008, 03:49:29 pm »

IL PUNTO

Casini da solo, irrompe il Centro

di MARCO BRACCONI


ROMA - Il dado è tratto. Si è fatto precedere, come scuola Dc insegna, da annunci tattici e infinite attese dorotee. Ma alla fine la decisione è arrivata. Casini e Berlusconi si separano. Il centrodestra come lo conoscevamo è finito. I Poli della politica italiana diventano quattro. L'Udc si piazza al centro. E scatena un piccolo terremoto che cambia l'intero scenario. Le previsioni sul 13 aprile. Le parole della campagna elettorale. Le strategie per il dopo voto.

La vittoria di Berlusconi, che quasi tutti fino a pochi giorni fa davano ora per scontata, ora è in forte dubbio. Innanzitutto per una questione di numeri. L'Udc non varrà il potenziale 40 per cento del Pdl, ma valeva quei punti che davano al Cavaliere la quasi certezza di prevalere anche al Senato. Ora, quella certezza è svanita. Anzi, grazie alla legge "porcata" di Calderoli, con l'uscita centrista diventa realistica l'ipotesi di diverse maggioranze tra Montecitorio e Palazzo Madama.

Ma non è solo questione di numeri. Il capo del Pdl, già costretto a inseguire il dinamismo comunicativo di Veltroni e il suo sparigliamento sulle alleanze, deve fare i conti con un mutamento oggettivo del quadro. Con Casini che si posiziona da solo al centro, il Pdl si sposta inevitabilmente un pezzettino più a destra. Una destra i cui confini estremi sono piantonati dall'agguerrito (e arrabbiato) duo Storace-Santanché. Al Cavaliere, insomma, si restringono più che i numeri lo spazio politico, e di certo, a questo punto, assisteremo ad un escalation della campagna per il "voto utile". Campagna che, volontariamente o no, aiuterà anche il capo del Pd.

Ma il problema riguarda anche Veltroni. Che grazie alla solitudine centrista vede la partita elettorale riaprirsi anche sul piano numerico; ma che adesso, valutando il quadro generale, dovrà faticare di più per proseguire quella "marcia alla conquista del centro" iniziata al Lingotto di Torino.

Destra, sinistra, centro. La scelta degli scudocrociati riposizionerà nel circuito mediatico le tradizionali parole della politica. E sarà più complicato, per i contendenti, forgiarle a propri uso e consumo.

C'è poi il dopo voto. Più perdono quota le ipotesi di una maggioranza né schiacciante né chiara, più salgono le quotazioni della Grande coalizione per le riforme. Presto per parlarne, si vedrà la sera del 14 aprile. Ma di certo un Casini autonomo dai due poli avrà il suo bravo spazio da coprire. Indipendentemente da quanti parlamentari riuscirà a portare a casa con queste elezioni.

(16 febbraio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #2 inserito:: Febbraio 17, 2008, 03:50:56 pm »

17/2/2008 - - 57 al voto. Tutti i giorni il punto sulla campagna elettorale 
 
Nel giorno del Signore 
 
Alla caccia del voto dei cattolici 
 
 
ROMA
Da una parte Veltroni apre le sue liste ai Radicali, ma non lascia loro alcun apparentamento. Come a dire: «Se volete venire con noi, dovete sciogliervi». Si intravede, nella posizione del leader del Pd, la voglia di non avere in casa l’anticlericale Pannella e non irritare le gerarchie ecclesiastiche.

Dall’altra parte, Berlusconi scarica Casini e la lista anti abortista di Ferrara. Forse perché i canali con Oltretevere sono garantiti dal neo gentiluomo di Sua Santità, Gianni Letta, il centrodestra non ha paura, lasciando l’Udc, di perdere il voto cattolico. Al centro i tre partiti che si vanno formando hanno in comune il riferimento a valori cristiani, ma nonostante questo, avranno difficilmente un’adeguata rappresentazione.

Un centrosinistra più cattolico, un centrodestra più laico ma sempre cattolico, un centro cattolicissimo. È questa la nuova geopolitica del voto? E chi proporrà i Dico, ora?
 
Veltroni in lista come numero due dietro a tre giovani. Forse è la volta buona per svecchiare la politica?
 
Veltroni ieri ha comunicato che si presenterà in tre circoscrizioni ma in nessuna di esse  correrà da capolista. Farà il numero due dietro due giovani trentenni al centro e al sud e dietro un under 40 al nord. Non uno qualsiasi, ma Matteo Colaninno, oggi presidente dei giovani di Confindustria.
Dietro la "tattica della lepre", che costringe Berlusconi a inseguire, c'è anche la consapevolezza di rimotivare gli under 30 a tornare a votare.
La politica non parla ai giovani e i giovani hanno poco da chiedere alla politica.  Esiste, in Italia, una “quota grigia”: La politica è riservata a persone mature e parla ad esse. Su la voce.info c’è un’ottima analisi sul caso con una proposta provocatoria (http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000244.html).
Chi voterà per la prima volta quest’anno è nato dopo l’89. Altroché muro di Berlino. I ragazzi di oggi hanno preso coscienza, sono cresciuti e hanno maturato idee e valori, in piena Seconda Repubblica. Avevano tre-quattro anni quando Berlusconi scese in campo.
Condividete questa svolta giovanilistica?
Pensate che Berlusconi seguirà? Quali potrebbero essere altri giovani da premiare con un posto in Parlamento (e poi.... sarebbe un premio?)
 
da lastampa.it
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« Risposta #3 inserito:: Luglio 11, 2013, 10:31:08 am »


10
lug
2013


Marco BRACCONI

Il gioco di Silvio

L’uso strumentale dell’antiberlusconismo come alibi dei propri ritardi culturali e a fini di coesione interna è stato uno degli errori storici del Pd.
I democratici hanno pagato e pagano ancora questo posizionamento miope, che li ha portati a chiudersi per un ventennio in un recinto di comodo, illudendosi di poter godere di una rendita gratuitamente offerta dal vulnus politico-culturale rappresentato dal Cavaliere.

Da anni, inascoltate, alcune voci a sinistra invitano a uscire dal gioco di specchi, mantenendo ferma l’alterità da Berlusconi e dal berlusconismo, ma intanto cercando unità, progettualità e identità in positivo e non solo in negazione.

Negli ultimi mesi questa riflessione ha fatto strada, al di là della formula di necessità del governone.
Ed è un bene, perché la riformulazione su nuovi basi dell’essere e dell’agire politico del Pd è indispensabile al futuro della nostra democrazia.

Tanto lavoro, perché vent’anni non te li scrolli in una settimana. Tanta fatica, perché c’è pure da governare assieme.
Tanto coraggio, perché una parte dell’elettorato risponde a dinamiche ormai pavloviane.

Poi ti alzi una mattina e il Pdl fa questa vergognosa sceneggiata, figlia di un senso dello Stato inesistente, estranea all’abc della democratica divisione dei poteri, dimentica di ogni buon senso istituzionale.

E allora ti dici che sì, l’alibi dell’antiberlusconismo ha fatto il suo tempo, ma con questi qui è proprio difficile continuare a ragionare con saggezza, perché un senso di scoramento e di rabbia te lo tirano fuori a forza, indipendente da ogni ragionamento politico, al di là di ogni saggezza e lungimiranza di prospettiva.

Ma questo è il gioco al quale lo stesso Berlusconi, con sapienza e furbizia, gioca da vent’anni.
Costringere gli altri a misurarsi su di lui e solo su di lui, nel bene o nel male, è stata sempre la sua vera carta vincente.

E invece non bisogna cadere nella trappola. E resistere, resistere, resistere.

(Detto cio’, votare lo stop al lavoro delle Camere per questa faccenda è un errore e una forzatura. Epifani puo’ anche fare  mezz’ora dopo la voce grossa, ma è una stata scelta sbagliata e incomprensibile. Punto)

da - http://bracconi.blogautore.repubblica.it/?ref=HREA-1
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« Risposta #4 inserito:: Agosto 27, 2013, 11:47:15 pm »


26
ago
2013

Marco BRACCONI

I leader in minore

Berlusconi vuole aggirare a tutti i costi la legge Severino, solo che qualche mese la legge Severino il suo partito l’ha votata come un sol uomo.

Grillo vuole votare col Porcellum, solo che fino a qualche mese fa il Porcellum era una schifezza che la casta puzzona e golpista usava per farlo fuori.

Renzi vuole che il segretario Pd sia anche candidato premier, solo che qualche mese fa per correre alle primarie quella regola  Renzi ha chiesto fosse debitamente derogata.

Se il finanziamento pubblico gli convenisse elettoralmente, Grillo lo incasserebbe in pompa magna.  Se l’incandidabilità riguardasse i suoi avversari, Berlusconi manderebbe il suo esercito a difenderla. E se la rottamazione diventasse all’improvviso impopolare Renzi farebbe un ticket con D’Alema, Bindi o Veltroni.

La buona politica è avere principi saldi e idee flessibili. Ma la narrazione degli attori politici italiani con il pragmatismo non ha nulla a che vedere. E’ pura forma, significante al posto del suo significato.

Ovunque si guardi si trovano leader in minore, sensibilissimi all’ottovolante bambinesco che frigna dai social network ma ottusi davanti alla necessità di costruire nel tempo una visione che possa imporsi e durare.

Subalterni alla popolarità piuttosto che al consenso, continuano a forgiare a propria immagine e somiglianza l’opinione pubblica più paracula d’Europa. Una platea sempre ben disposta a cambiare idea per la convenienza del momento o perfino per un semplice sentito dire, perché va tanto di moda.

Ora sembra troppo tardi per quasi tutto. Per vent’anni la politica ha coltivato scientemente il suo contrario, e ora che il matrimonio d’intersse con l’antipolitica è andato in crisi la politica è incapace di esprimere uomini e donne che riescano a passare per l’impopolarità conquistando un vero consenso.

Quelli che resistono sono mummie ingessate dalla loro coazione a ripetere. E quelli che si propongono sguazzano dinamici ed entusiasti in un habitat disegnato apposta per loro. Quello dove il tempo è un tamburo isterico e battente, e nulla dura, e tutto si corrompe. Il posto più ostile  possibile per il funzionamento di una democrazia.

da - http://bracconi.blogautore.repubblica.it/?ref=HREC1-1
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