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« inserito:: Novembre 24, 2024, 07:14:24 pm »

Il sondaggio
L’Autonomia differenziata piace solo a 3 italiani su 10
Sulla riforma resta il divario tra un Nord possibilista e un Sud più preoccupato, il 25% non risponde. La divisione del Paese e la burocrazia i timori più frequenti. Nell’opposizione i più contrari votano M5S

Alessandra Ghisleri
14 Ottobre 2024 alle 01:00

L’autonomia differenziata è un concetto che si riferisce alla possibilità di alcune regioni di avere maggiore indipendenza rispetto alle decisioni centrali del governo nazionale. In realtà in Italia esistono regioni a statuto speciale che godono già di un livello di autonomia stabilito dalla Costituzione. Queste amministrazioni hanno ottenuto il loro status speciale come riconoscimento di particolari esigenze storiche, culturali o geografiche. Con la proposta del ministro agli affari regionali Roberto Calderoli ci si riferisce invece alla possibilità che anche le regioni a statuto ordinario possano ottenere una maggiore autonomia attraverso un processo negoziale. In Italia oggi, questo tema è particolarmente rilevante nel contesto delle riforme, in cui le regioni possono richiedere maggiori poteri in aree come l’istruzione, la sanità e lo sviluppo economico.
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La varietà territoriale del nostro Paese, passando dalle montagne al mare attraverso le colline, i laghi, le pianure, gli appennini, i vulcani, le isole, offre all’autonomia differenziata l’opportunità di rispondere meglio alle esigenze locali attraverso leggi e politiche mirate. Tuttavia questo dibattito suscita delle opinioni contrastanti che ad oggi rimangono cristallizzate nei sondaggi tra un 33,8% di coloro che si dichiarano favorevoli, perché sostengono che possa portare ad un miglioramento dei servizi erogati, e un 41,2% identificati come fortemente scettici, perché temono che si possano accentuare quelle diseguaglianze tra le regioni – che già esistono – minando l’unità nazionale. Su questa linea i più favorevoli si ritrovano concentrati nel nord Italia mentre dal centro al sud fino alle isole i contrari alla proposta risultano in grande maggioranza.
Tra chi non condivide si riconoscono anche coloro che sono convinti che un sistema maggiormente decentralizzato possa aumentare la burocrazia e i costi amministrativi, rendendo ancora più complessi e costosi i coordinamenti tra le varie regioni e il governo centrale. Addirittura in alcune situazioni affiora il sospetto che l’autonomia differenziata possa permettere ai governi locali di adottare delle politiche che non rispecchino gli interessi o i valori della popolazione nel suo complesso, ma solo alcuni nuclei di interesse. La quota di coloro che non hanno saputo o voluto rispondere è intorno al 25%. Questo significa che un cittadino su 4 potrebbe non avere informazioni sufficienti sui vantaggi o sugli svantaggi dell’autonomia differenziata, il che potrebbe portare a preoccupazioni basate su malintesi o informazioni incomplete.
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Le indicazioni politiche fornite dai leader di partito guidano anche i giudizi degli elettori: se gli elettori della Lega di Matteo Salvini e di Fratelli d’Italia trovano in maggioranza importanti vantaggi nella possibile applicazione dell’autonomia differenziata a livello regionale, gli azzurri di Forza Italia sono più incerti dividendosi tra chi indica maggiori benefici (42,2%) e chi proietta la possibilità di danni (40%). I partiti di centro sinistra – come si può immaginare – guardano con molto scetticismo all’idea di una maggiore autonomia regionale ad eccezione di Azione di Carlo Calenda che, con il 53% delle preferenze si schiera sui vantaggi della proposta pur sostenendo l’importanza della centralità dello Stato. Nel complesso il 36,4% degli italiani intravede maggiori svantaggi, mentre il 34% ne intuisce i vantaggi. Sullo sfondo esiste anche il timore che una maggiore autonomia possa sfociare in un aumento del nazionalismo regionale minando ulteriormente l’unità del Paese. Per un cittadino su 3 (31,3%) questo argomento potrebbe essere uno dei fattori di rischio per la stabilità del governo.
Lo stesso Matteo Renzi spinge su questa posizione dichiarando in più interviste che Giorgia Meloni rischia molto sull’autonomia, perché secondo il suo punto di vista fa male alle imprese del nord e alla sanità del sud. E sono proprio questi gli argomenti che dividono l’opinione pubblica nazionale. Una migliore gestione delle risorse, i servizi del territorio e di conseguenza le tasse locali, emergono come importanti benefici possibili soprattutto nel Nord Italia – dal Piemonte all’Emilia Romagna-, mentre nel centro Italia – Toscana, Lazio Umbria e Marche – ciò che spicca come possibile vantaggio è la migliore gestione delle risorse locali.
La responsabilità e l’attenzione degli amministratori sono i lati positivi indicati dai cittadini del Sud. Significativo è il fatto che tali identificazioni non compaiano in nessuna dichiarazione registrata nelle altre parti d’Italia. Questo sembra riflettere il desiderio di cercare rappresentanti che mettano al centro delle loro politiche le esigenze della gente, rispondendo ai loro bisogni, agendo con integrità e trasparenza. Le motivazioni di coloro che si dichiarano contrari all’autonomia differenziata si alzano a gran voce nel grido che chiama in causa la disparità tra sud e nord. Ed è la dimensione e la modalità del fenomeno che cattura l’attenzione, proprio sui servizi con al centro una delle voci più sentite dalla popolazione, ovvero quella della sanità. Questo richiamo aumenta il suo volume da nord verso sud insieme a scuola, istruzione e servizi come principali voci. In un mondo che mette al centro l’Io e il benessere individuale, il timore di non poter accedere a servizi essenziali risulta motivato da questioni legate alla sicurezza, all’economia, alla salute e al benessere sociale, ma soprattutto dai rumors politici di fono, tutti aspetti che rendono la questione autonomia differenziata cruciale per il funzionamento di una società coesa e prospera.

Da - https://www.lastampa.it/politica/2024/10/14/news/autonomia_differenziata_sondaggio_italiani-14714454/?ref=LSHA-BH-P4-S1-T1
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