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Autore Discussione: Mps, grazie al tandem Lovaglio-Bai, per lo Stato è quasi missione compiuta.  (Letto 820 volte)
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« inserito:: Novembre 20, 2024, 11:53:59 pm »

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ORSI & TORI
Mps, grazie al tandem Lovaglio-Bai, per lo Stato è quasi missione compiuta. Ma occhio ai soci strani
di Paolo Panerai


Grazie al risanamento operato da amministratore delegato e vicedirettore generale ora la banca è stata valutata 7,3 miliardi. Ma la presenza di Caltagirone e Delfin non deve influenzare Bpm | Banche: ecco i titoli su cui puntare dopo l’avvio del risiko | Chi comanda nel terzo polo Banco Bpm, Mps, Anima? Ecco gli equilibri
Ultim'ora news 18 novembre ore 9

Hanno fatto più del loro dovere e hanno salvato Mps. Sono l’amministratore delegato Luigi Lovaglio e il vicedirettore generale Maurizio Bai. Lovaglio, dopo l’ottima operatività in Unicredit (specialmente in Polonia) e poi al vertice del Credito Valtellinese, è arrivato a Siena nel febbraio del 22; Bai è nel Monte dei Paschi dal 1988 e ha percorso lì tutta la carriera, partendo da semplice impiegato.
Appena si sono incontrati, si sono subito intesi e Lovaglio, con grande esperienza ai vertici di altre banche ha capito che Bai, senese, poteva essere l’uomo chiave per il recupero commerciale e tecnico della clientela, tanto è vero che da responsabile business imprese e private banking, lo ha subito promosso a chief commercial officer di imprese e privati e subito dopo, a sottolineare che è il suo numero due, lo ha promosso vice direttore generale, essendo lui, oltre che ad, anche direttore generale.
•   Non salvataggio ma operazione compiuta
È stato in primo luogo grazie a loro se il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, ha potuto piazzare nei giorni scorsi un’altra quota importante della banca senese, vendendo il 15% a 1,1 miliardi, valutando a questi livelli l’intera banca 7,3 miliardi. E mantenendo una quota residua, lo stato ha la possibilità di fare prossimamente un altro importantissimo recupero di quanto ha impiegato per salvare la Banca senese dal disastro che era stato creato negli anni scorsi dai vari gestori che si sono susseguiti da quando era cominciata la crisi.
Quindi, non solo salvataggio ma operazione compiuta, grazie all’ultimo management, con la prospettiva di recuperare tutti i 5,4 miliardi investiti negli ultimi anni per salvare la più antica banca d’Italia e, secondo molte fonti, del mondo intero. Infatti, la capitalizzazione salirà ancora e ai 2,7 miliardi incassati in larga parte con il terzo collocamento, avrà la possibilità di cedere al momento opportuno il restante 11,7% anche per la cifra mancante al recupero o addirittura fare una plusvalenza.
Quindi, per una volta, grazie principalmente management degli ultimi anni, lo stato potrebbe chiudere anche con un guadagno dopo i disastri per altre banche fallite, come quelle venete.
Quale sarà l’approdo di Mps?
Il vero problema ora è quale potrà essere l’approdo di Mps. La banca è incarnata con la realtà e le particolarità di Siena, per anni è stato un dominio degli enti locali, fino a quando è approdata in Borsa. E quando gli enti locali hanno scelto amministratori e dirigenti capaci, il Monte dei Paschi era stata una banca molto efficiente. Direttori generali come Carlo Zini, che aveva fatto pratica alla controllata Banca Toscana, o come Divo Gronchi, avevano sempre onorato il prestigio storico della banca: certo venivano nominati dagli enti locali e dalla Fondazione, ma sapevano far prevalere sempre gli interessi della banca e quindi di Siena e di tutta la comunità.
I problemi sono cominciati quando sono salite le ambizioni dei politici e il culmine è avvenuto quando cominciò la stagione delle privatizzazioni del settore bancario. In particolare, le crepe cominciarono a formarsi quando erano saliti alla presidenza persone meno preparate e quando iniziò la stagione delle fusioni auspicate da Bankitalia per la ristrutturazione del sistema bancario.

La pietra dello scandalo
La pietra dello scandalo fu la privatizzazione di Bnl, la principale banca pubblica dello stato. L’idea del governatore della Banca d’Italia di allora, Antonio Fazio, era quella di far fondere Bnl in Mps. Siena non sarebbe più stata padrona della sua banca con oltre 500 anni di vita. E ricordo benissimo che il presidente della fondazione di allora, l’avvocato di origine calabrese, grande appassionato di cavalli, Giuseppe Mussari, si mise assolutamente di trasverso a quella fusione voluta da via Nazionale. Naturalmente dietro Mussari c’era tutta la politica dominante (di sinistra) senese e in realtà l’intera città.
Rifiutata Bnl e vedendo il processo in atto di crescita di dimensione delle banche proprio per aggregazione, Mussari e tutta Siena dietro di lui, a cominciare dall’ex-sindaco e dirigente del Monte, Pierluigi Piccini, concepirono l’acquisto della Banca popolare Antonveneta, dove Silvano Pontello, l’ex-collaboratore di Michele Sindona, che durante la campagna del divorzio aveva portato una tangente ad Amintore Fanfani, era riuscito a creare un grande sviluppo almeno apparente.
La vicenda Antonveneta
A comprare Antonveneta, trasformata in spa, erano stati nel 2007 gli spagnoli di Santander al termine dsll’opa su Abn Amro, che a sua volta aveva rilevato l’istituto padovano dopo una lunga guerra contro la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani e sborsando alcuni miliardi che resero ricchi tutti gli industriali e industrialotti veneti e lombardi che erano stati azionisti della banca.
Fu allora, che per crescere e non fondersi con altre banche, i capi di Mps decisero di impegnarsi per 10 miliardi di euro per prendere la proprietà della banca con sede a Padova. Fu l’inizio della fine.
Ne seguì la crisi, con i vertici indagati e anche il caso della morte dell’addetto alla comunicazione della Banca buttato o caduto dalla finestra. Insomma, tutte cose note. E a seguire si sono succeduti presidenti, compreso il bravo Alessandro Profumo, ex sviluppatore di Unicredit, che ha pagato quel periodo di tempeste con un duro processo da cui è risultato assolto. Ma Mps non reggeva più, schiacciata dai crediti deteriorati, e quindi nel 2017 si è arrivati all’intervento dello stato. Che appunto ora ha la possibilità di recuperare almeno gran parte degli oltre 5 miliardi investiti grazie al lavoro di Lovaglio e Bai.
A chi finirà la banca senese?
Ma il problema è a chi finirà la banca senese, perché naturalmente le ambizioni non mancano e proprio in occasione della vendita del 15% è entrato Banco Bpm (una volta chiamata Banca popolare di Milano), guidata da un banchiere capace come Giuseppe Castagna. Ma insieme hanno anche investito il gruppo Caltagirone e il gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio, che procedono appaiati e con voglia di comando anche in Mediobanca e in Generali oltre ad avere (Caltagirone) interessi profondi, oltre al cemento, anche nei giornali a partire a il Messaggero di Roma per salire tutta la costa adriatica fino a Venezia con il Gazzettino, oltre che una significativa presenza in Puglia.
Castagna, che è banchiere esperto e professionale, pur di ottenere il controllo del Monte dei Paschi o, forse ancor prima della vendita del residuo in mano allo Stato, farà alleanza con Caltagirone e C.? Il fatto che le grandi banche siano controllate, co-controllate o anche solo significativamente partecipate da imprenditori per di più pugnaci, è inusuale e tutt’altro che ideale per l’inevitabile sovrapposizione fra attività industriale (specialmente se c’è anche il controllo di media) e attività di credito, per gli eventuali conflitti di interesse che possono crearsi.
Naturalmente ci sono le banche centrali che hanno poteri di controllo, ma in questo caso ha un ruolo fondamentale anche lo Stato e in particolare il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti: saprà resistere alle pressioni esistenti all’interno del suo governo?
Il nodo dell'indipendenza di Mps
Con in mano ancora una quota che può essere molto importante, c’è da augurarsi che lo Stato, dopo aver usato denaro pubblico per salvare Mps, oltre a rientrare di quanto ha investito, sia animato dalla saggezza di mantenere l’indipendenza della banca, sia pure sotto l’egida di Banco Bpm. Perché il ruolo storico e fondamentale che Mps aveva sempre avuto era verso il sistema delle pmi; un ruolo che aveva perso ma che ora ha recuperato appunto dedicandosi a sostenere la piccola e media impresa, compreso il settore agricolo, tipici della Toscana e delle altre zone dove Mps ha la sua forza.
Castagna, che ha l’attrezzatura e la voglia di creare il terzo polo bancario italiano dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, abbia anche la saggezza di rispettare quanto Lovaglio e Bai hanno saputo fare, cercando tutte le sinergie possibili ma conservando l’approccio verso il vero mondo produttivo piccolo e medio che, lo ripeto, è tipico della zona-cuore di Mps, e che è fondamentale per lo sviluppo delle aziende (poche grandi e pochissime grandissime) nel bacino principale toscano e delle regioni limitrofe dove l’accoppiata Lovaglio-Bai hanno saputo ricreare un tessuto di crediti sani, profittevoli, orientati allo sviluppo.
Banco Bpm ha ancora, forse, lo spirito della banca popolare: potrebbe quindi facilmente entrare in sintonia con l’attuale gestione senza necessariamente arrivare alla fusione con la banca più antica del mondo. È un percorso virtuoso che la tecnologia potrebbe favorire. Avrà questo spirito il capo di Banco Bpm, se riuscirà a conquistare il comando di Mps?
Non pochi dubitano, visto che nel capitale di Banco Bpm è già presente il gruppo Caltagirone, anche se solo con quote contenute. La Banca d’Italia e la Consob non hanno niente da dire su ipotesi similari, dove attraverso il controllo di media e partecipazioni industriali, si possano sommare quote su quote di banche e assicurazioni? Oppure prevarrà la posizione politica ben definita e sostenuta da alcuni mezzi di comunicazione?
Crediamo che sia importante per un equilibrato rapporto fra credito, attività industriali e poteri di informare, che le autorità preposte facciano conoscere la loro posizione. Anche perché Castagna, se vuole unirsi a Mps, ha sicuramente anche altre possibilità di sostegno dal mondo propriamente più finanziario. E poi perché non fare di Mps una public company orientata all’unico servizio di risparmiatori, investitori e industrie?
Milano al centro di Euronext
«Milano al centro di Euronext», ha titolato MF di mercoledì 13 novembre, riportando in un’intervista le ottimistiche e teoriche dichiarazioni, proprio a Milano, a Class Cnbc, di Stephane Boujnah, ceo della teorica borsa europea.
Come si può dire che Milano è al centro dell’Europa borsistica, vista in primo luogo la dimensione di Milano e l’assenza da Euronext di Germania, Spagna e non solo?
Non è per polemizzare con l’amministratore delegato di Euronext, che anzi ringraziamo per avere concesso l’intervista, ma le sue parole sono a un tempo irrealistiche e quindi devianti. Capisco che, essendo il capo della Borsa pseudo europea con sede principale a Parigi, tenti di dare in primo luogo un’immagine positiva della Borsa italiana, ma così ci si allontana dalla realtà. Nel mercato principale, da quando è nato Euronext, abbiamo assistito principalmente all’uscita dal listino di alcuni degli stessi maggiori gruppi italiani, che fino ad allora non avevano osato lasciare Piazza Affari per non apparire transfughi; ma ora lo hanno potuto fare in tutta tranquillità perché tanto continuano a essere quotati in Euronext.
Il problema della concorrenza fiscale
Peccato che siano andati quasi esclusivamente ad Amsterdam e per una ragione molto semplice: per la legislazione fiscale e societaria iper-agevolata. Ecco il primo punto, Monsieur Boujnah. Non si può parlare di un successo quando consentendo di entrare nel network con l’appellativo di Euronext, le borse di Paesi come l’Olanda che fanno concorrenza fiscale agli altri membri della Ue, non si fa altro che squilibrare le borse degli altri Paesi. Come regolarmente è avvenuto.
Lei potrà obiettare che lo squilibrio esiste anche fuori dalla Borsa. Vero che alcuni Paesi, non solo l’Olanda, sfruttando la loro natura e dimensione (si pensi all’Irlanda) fanno concorrenza fiscale al resto dell’Unione. Non vi è dubbio che si continua a parlare di Europa unita quando le disparità sono quelle esistenti non fra regioni dello stesso Paese, ma fra Paese a Paese, rendendo così precaria, come si sta verificando anche in questi giorni anche per le differenze politiche, la possibilità di formare un governo della Ue. Personalmente penso che purtroppo la pseudo Borsa con sede principale a Parigi è espressione della pseudo Unione Europea. Con in più la mancanza della borsa del maggior Paese dell’Europa e del quarto, che invece in quest’ultimo caso è alleata e integrata addirittura con la Svizzera. Fino a quando non si riuscirà a far entrare in Euronext Germania e Spagna, oltre a molti altri Paesi, Gentile Monsieur Boujinah, non sarei mai così ottimista come lei.
Bisogna educare i piccoli e medi imprenditori
Lei sa bene che le pmi sono la vera struttura dell’Italia e a Euronext Milano abbiamo appena superato le 200 unità, meno della metà di Parigi. Lei cerca, non è una critica, di dire che Euronext ha fatto in Italia il centro operativo e molte altre cose; che Euronext ha superato per capitalizzazione Londra (ci mancherebbe, visto i Paesi che ne fanno parte). Il suo tentativo di essere ottimista è chiaro, ma è anche chiaro che Euronext è Europa solo nel nome.
Lei ha una grande responsabilità e un grande potere: dovrebbe gestire le cose per evitare vantaggi societari e fiscali così smaccati delle società quotate in Paesi come con l’Olanda. In secondo luogo, visto che tocca lei il tema, occorre che si faccia in modo, con pressione sua sul governo italiano, che Euronext Milano abbia almeno mille società quotate in cinque anni. Per far questo non basta quanto finora è stato fatto. Occorre una propaganda a tappeto e un sistema di educazione dei piccoli e medi imprenditori, per il quale obiettivo, se le fosse utile, le nostre strutture ipermultimediali sono a Sua disposizione. (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 15/11/2024 20:00
Ultimo aggiornamento: 16/11/2024 08:28

Da - https://www.milanofinanza.it/news/mps-grazie-al-tandem-lovaglio-bai-per-lo-stato-e-quasi-missione-compiuta-ma-occhio-ai-soci-strani-202411152004438887

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