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Autore Discussione: La nostra Costituzione tradita dai governi. - Di Montesquieu  (Letto 35 volte)
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« inserito:: Ottobre 19, 2024, 11:46:47 pm »

La nostra Costituzione tradita dai governi
Montesquieu
18 Ottobre 2024 alle 01:00
(afp)
La sensazione si fa strada, ed è inquietante. Inquietante per chi ha realizzato che, per cambiare la fisionomia e i connotati dell’Italia disegnata dai padri costituenti, per mettersi alle spalle il formidabile salto di qualità prodotto dall’avvento della Repubblica e dalla sepoltura della dittatura, il metodo più efficace, subdolamente efficace, sia iscriversi ufficialmente al partito della grande rivoluzione democratica, e da lì operare silenziosamente in controtendenza. Basta una fotografia mentre si giura al Quirinale e poco altro, se si ha la ventura di far parte di uno dei mille governi, o anche meno: per poi lavorarla ai fianchi, la nuova Italia, se serve tra un inchino e una riverenza. Per i più arditi, e forse i più astuti, può bastare dichiarazione di antifascismo, altrettanto generica.
Che la nostra Costituzione, quella di cui ci diciamo orgogliosi perché ci rende davvero orgogliosi – democrazia tra le scomparenti democrazie –, sia oramai un testo tanto più aggirato, contraddetto, anche tradito, a volte sfacciatamente violato, di quanto sia magnificato, diciamo pure che non è un’opinione: è, ahimè, una desolante, difficilmente controvertibile constatazione quotidiana. A una quasi ottantina d’anni dalla incontestata vigenza, possiamo amaramente constatare che le istituzioni democratiche, Camere in testa, pacificamente rispettate nella forma solenne in cui continuano a fare bella e serena mostra di sé nel libro della nostra democrazia, hanno preso a non “esercitare “dopo alcuni decenni di buona ginnastica quotidiana (fino ai primi anni’90), per divenire un riferimento puramente teorico. In sintesi, è un fatto che chi ha onestamente (e compatibilmente con il modello) professato l’intenzione di modificare, aggiornare, rivedere l’impianto del nostro quadro istituzionale, si è trovato davanti il muro del popolo una volta tanto sacrosantamente sovrano; mentre chi ha operato sotto traccia, senza eccedere in ambiziose e plateali velleità di mutamenti di sistema, essenzialmente privilegiando il proprio tornaconto, ha fiaccato, incrinato, fino a tranciare la corrispondenza tra dettato costituzionale e vita delle istituzioni.
Questo è successo, nemmeno subdolamente, quando è “salito” al potere (ovvero, “sceso” in campo) un avversario irriducibile della centralità del Parlamento, bisognoso per i suoi legittimi obiettivi che l’azione incisiva, rapida e intensa, indisturbata, del governo da lui presieduto non incontrasse ostacoli di sorta. Difficile trovare, per tutta quella non breve esperienza, proclami di insofferenza costituzionale, efficacemente surrogati da una silenziosa attività parlamentare e istituzionale, incompatibile con le regole del sacro testo. Esempi: leggi che ignorano il requisito della generalità per mirare a situazione specifiche e addirittura personali; gli indaffaratissimo legali del capo del governo messi a guidare i processi legislativi; un corpo a corpo tanto formalmente riguardoso, quanto nella pratica insofferente dei poteri di garanzia, quindi di tutela costituzionale, per smorzare i potere del capo dello Stato, geniale invenzione dei costituenti; e, sullo sfondo, per sterilizzare le prerogative, potenti e macchinose, di una Corte costituzionale realmente terza. Ha inciso sulla nostra Costituzione, incrinandola e intaccandone i meccanismi, assai più il sostenitore incallito della centralità del proprio governo, Silvio Berlusconi, disinteressato alle riforme, privo di pulsioni ideologiche, che non il riformatore ortodosso e ufficiale, Matteo Renzi, scoperto e bocciato dagli elettori costituzionali, riscopertosi popolo sovrano.

Perché oggi questo all’apparenza inutile ragionamento, in presenza di un capo di governo che, come nessun predecessore, proclama i propri intenti di revisione, meglio di svuotamento della Costituzione? In chiave assai distonica con la Costituzione, spirito e corpo, fin dalla nascita della stessa? La madre di tutte le riforme, addirittura, quasi una novella Carta dei principi: senza scontare, appunto, la propria discendenza dichiaratamente anticostituzionale, non intaccata da quel piccolo giuramento al capo dello Stato. Meglio ripeterlo: tanto generico, quel giuramento, da non avere riferimento alcuno con la completezza e la intensità della nostra Carta. Perché non siamo gli unici a pensare che quel disegno roboante e presuntuoso non sia più l’obiettivo reale del nostro primo ministro: per le difficoltà via via emerse, e per il sentiero di ostacoli che si intravede (e, ancora una volta, incarnato più dal popolo, se chiamato ad esercitare la propria normalmente ignorata sovranità, che non dai partiti sedicenti costituzionali). O, magari, per la memoria che riemerge delle vicende dell’imprenditore governocentrico e del riformatore ortodosso? Forse l’insieme di tutto: corroborato dalla facilità del potere più forte di applicare la legge del più forte, ai danni degli altri poteri, costituzionali e non. Quello che forse sta già succedendo.
Da - Montesquieu

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