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Autore Discussione: Sara Doris: “Bisogna dare credito anche quando c’è la recessione”  (Letto 20 volte)
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« inserito:: Ottobre 16, 2024, 06:38:15 pm »




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L’intervista

Sara Doris: “Bisogna dare credito anche quando c’è la recessione”
La vicepresidente di Banca Mediolanum: con la rete dei family banker sosteniamo imprese e persone. Nel 2008 Berlusconi e mio papà presero 120 milioni dai conti di famiglia per rimborsare i clienti

Giuseppe Bottero
14 Ottobre 2024 alle 01:00

TORINO. Sara, chi era suo padre? «Una persona geniale, capace di dare tanto, nel lavoro e nella vita». Tre anni dopo la morte di Ennio Doris, il banchiere che dal nulla ha creato l’impero Mediolanum, parla la figlia, vicepresidente del gruppo. «Quando se n’è andato pensavo che mi sarei sentita persa, invece continuo a sentire la sua forza e la sua determinazione esattamente come prima», dice.

Come si manifesta la genialità?
«Si manifesta nelle piccole cose. L’altro giorno ero all’abbazia benedettina di Orta San Giulio, sul Lago Maggiore. Sono andata a vedere una monaca di clausura a cui un nostro family banker aveva regalato il libro che racconta la vita di papà. Ci siamo scritte, poi l’incontro. Ed è stata una esperienza meravigliosa, suor Lucia mi ha raccontato la sua storia, è lì da 40 anni. Mi ha trasmesso una gioia e una pace contagiose, abbiamo parlato di Dio e mi ha detto “Sara, Dio è nelle pentole”».
Che cosa significa?
«Che il destino te lo costruisci, nella vita e nel lavoro».
In che modo?
«Non con i grandi gesti, ma a partire dalla tua famiglia e poi, mano a mano, ti allarghi: i vicini, i collaboratori. La genialità è riconoscere che la tua storia la crei nel quotidiano».
Com’è crescere da figlia di un grande banchiere?
«Penso di parlare anche a nome di mio fratello Massimo. È stata una fortuna. Siamo partiti dall’essere una famiglia semplicissima, a Tombolo, in un contesto modesto. Andavamo dai nonni il sabato e la domenica, facevamo le gite in montagna a Pasquetta, vivendo moltissimo la comunità, il paese. I miei organizzavano le feste di Carnevale, qualcuno portava qualcosa da mangiare, i dischi, cantavano e ballavano tutti assieme. Sembrava venisse giù la casa».
Poi il business vi ha portati a Milano.
«Era il 1982. Ma tutti i fine settimana tornavamo a Tombolo, con le sue trattorie, le colline, le mangiate di pollo e costicine».
Lo storico socio di suo padre era Silvio Berlusconi, conosciuto a Portofino. Che cosa ricorda?
«Tra i due c’era un grande rispetto, c’erano stima e amicizia. Quando ero ragazzina lo incontravo più che altro alle convention, aveva una capacità di motivare incredibile. La settimana prima che mancasse eravamo a cena a casa sua. Ci eravamo messi d’accordo per una serata fuori, noi e i suoi figli, e il Cavaliere l’ha saputo. Ci ha invitati da lui».

Come stava?
«Era appena uscito dall’ospedale, ma aveva uno spirito incredibile, una grande determinazione, si era fatto un pacco di appunti di idee sul futuro di Forza Italia, più passavano le ore e più raccontava aneddoti divertenti».
Che rapporto c’era con suo papà?
«Quando mio padre decise di rimborsare i clienti dopo il crac di Lehman Brothers, Silvio gli disse “quello che fai tu faccio io”. Erano 120 milioni di euro, dai conti di famiglia».
Eppure in quegli anni andava di moda il banchiere squalo…
«Lui diceva che è troppo faticoso essere diversi a seconda delle situazioni. Il modello di mio padre era Amadeo Peter Giannini, il banchiere che fondò Bank of America e, con il banchetto tra le macerie, dava credito agli italiani dopo il terremoto di San Francisco. Non è forma, è sostanza».

La famiglia, la banca. Altre passioni?
«Il ciclismo. Per lui Fausto Coppi era un idolo, ha scritto alcuni libri e sapeva dei dettagli incredibili, come i secondi di distacco dal secondo. L’Italia era divisa in due, Bartali e Coppi. Lui aveva scelto Fausto».
Lei ha cinque figli. Come si trasmettono certi valori?
«Facendoli sentire adulti come faceva papà con noi. Le racconto un aneddoto. Ero a New York per un weekend, c’era anche mio fratello. E mio padre, che aveva interesse ad acquistare un appartamento, ha chiesto a noi di andarlo a vedere. Abbiamo detto “no, non va bene”. Stop, l’affare non si è fatto. Sono cose che ti fanno sentire la stima».

Pensa che i figli di Berlusconi scenderanno in politica?
«Sono scelte personali, non mi sento di consigliare nulla. Ognuno dentro di sé sente qual è la sua strada».
Lei oggi è vicepresidente di Banca Mediolanum. Di cosa si occupa?
«Quello in cui io sento di poter dare una mano a Massimo è sostenere le imprese, continuando a stare tra le persone. Io cerco di essere presente nella rete dei family banker, organizziamo tante serate per raccontare i nostri valori».

E poi c’è la Fondazione Ennio Doris.
«L’abbiamo creata io, mia mamma e mio fratello per portare avanti i progetti che seguiva personalmente. Mio padre a 10 anni aveva avuto la nefrite, non ha fatto il venditore di bestiame ma è andato a scuola e ha potuto studiare grazie a borse di studio. La nostra missione è aiutare ragazzi meritevoli dando loro non solo sostegno economico, ma creando una rete con cui star loro vicini. Per rompere le barriere, abbiamo organizzato una sorta di Masterchef, divisi a gruppi. Io non so cucinare, ed è gravissimo perché a Tombolo le donne cucinano bene, quindi il team leader era una ragazza. Le ho detto “Io so pulire e eseguire gli ordini”. Insieme abbiamo vinto».

Lei ha raccontato la storia di suo padre in un libro. Pensa che esperienze del genere siano ancora possibili? O quella è una generazione difficile da eguagliare?
«Di sicuro la fame ti rende più resiliente, perché vuoi conquistare qualcosa. Guardavo su Netflix “NBA Starting Five” che racconta le storie dei grandi campioni. Quando parti dal niente, impari che se hai un’occasione non la vuoi perdere. Ma non dipende solo da questo, quello che conta è comprendere che nella vita occorre lasciare una risposta unica e irripetibile».

Da - https://www.lastampa.it/economia/2024/10/14/news/sara_doris_recessione_intervista-14714559/?ref=LSHA-BH-P5-S3-T1
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