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Autore Discussione: Il filosofo Massimo Cacciari sulla poesia (Seconda parte...  (Letto 352 volte)
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« inserito:: Settembre 26, 2024, 12:43:28 am »

ATHENA'S WORLD  ·
Ros Lo Conte  ·
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Il filosofo Massimo Cacciari sulla poesia
(Seconda parte.
Continuazione del post pubblicato ieri, 18 sett. 2024, con lo stesso titolo su Athena's World)

...Il linguaggio filosofico-scientifico serve precisamente a definire e a determinare, e lì si esaurisce: nel semainein.
Non avviene questo nella Poesia; nella Poesia vi è un pathos che si esprime, sì, in modo esatto e preciso, ma non si esaurisce nel significare; da ciò "l'oscurità" essenziale della Poesia, che molto cattivo senso comune imputa alla Poesia come ne fosse il vizio, mentre l'oscurità è qualcosa di assolutamente essenziale alla Poesia.
Non originario della Poesia in quanto un'arte specifica, ma originario del linguaggio una volta che si comprenda come esso, appunto, non sia "nostro", non sia un bene che possediamo, ma un bene che ci possiede, non sia uno del tanti bona, ma in qualche modo il bonum che caratterizza e determina la nostra stessa essenza.
Così va interpretata l'espressione classica dell'uomo come di "quel vivente che è dotato di logos": non nel senso che egli abbia il logos come suo possesso, ma nel senso che egli è determinato dal logos, che ha il logos come propria essenza.
Ma allorché si comprende questo si comprende anche la "necessità" della Poesia; la necessità della Poesia consiste nel resistere a ogni riduzione del linguaggio a mezzo destinato a un significato univoco e lì ad esaurirsi; quest'ultima è appunto la forza del linguaggio filosofico-scientifico, ma il linguaggio filosofico-scientifico è lungi dall'aprire alla dimensione originaria del linguaggio.
Questo fa invece la Poesia, e da ciò la sua necessità, e anche la sua necessaria oscuritá, perché appunto essa non si esaurisce nella determinazione del significato.
Si comprende allora anche perché si possa parlare di "scuola di resistenza" a Platone, di "Antiplatone": da Platone, infatti, l'episteme occidentale tutta rivendica per il logos una destinazione univoca, esente da ogni oscurità e confusione, esige che esso predichi la verità univocamente.
Simplex sigillum veri: questa è la cifra della potenza e nobiltà della ricerca filosofica-scientifica.
Ma guai a dimenticare che questa è "una" dimensione del linguaggio, quella al servizio del semainein, è "una", non è "il" linguaggio.
Se lo dimentichiamo, cadiamo nella logocrazia, in una concezione totalizzante del linguaggio filosofico, scientifico, tecnico.
Massimo Cacciari
(dalla Lectio Magistralis tenuta nella Sala delle Cariatidi, Milano, il 14.1.2008, pubblicata nella Rivista Poesia n.225/2008)
*Continua per la terza e ultima parte.

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